CrisiImpresa
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 11/01/2016 Scarica PDF
La finanza interinale nel concordato preventivo fra nuovi interventi d'urgenza e urgenza del debitore in stato di crisi
Carla Scribano, Avvocato in TorinoLa materia dei finanziamenti alle imprese in crisi è, non da oggi, al centro del dibattito.
Dopo l’introduzione, ad opera del d.lgs n. 122/2010, dell’art. 182 quater sui finanziamenti in funzione e su quelli in esecuzione del concordato, il legislatore del 2012, con la previsione di una norma ad hoc, l’art. 182 quinquies, aveva inteso colmare la lacuna relativa alla c.d. finanza - ponte.
Le modifiche introdotte con la legge di conversione del d.l. n. 83 del 27 giugno 2015 suggellano la nozione di finanza interinale, recependo alcune delle previsioni già contenute nella bozza del c.d. Investment Compact circolata verso la fine del 2014, ma non accolte nella versione finale del decreto legge n. 3 del 24 gennaio 2015 (Misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti) complice, inter alia, la ritenuta impraticabilità politica di derogare alla disciplina in tema di usura prevista proprio per i finanziamenti autorizzati ex art. 182 quinquies[1].
*Il presente saggio riproduce, con alcune integrazioni e l’aggiunta di note, il testo della relazione tenuta al convegno “Le novità in materia fallimentare a seguito del d.l. 27 giugno 2015, n. 83” tenutosi a Milano in data 18 settembre 2015.
Benché la filosofia del nuovo impianto normativo, come sostenuto nei primi commenti, sembri ispirata al riequilibro del rapporto debitore/creditori, ritenuto a torto o a ragione eccessivamente sbilanciato in favore del primo, le previsioni in tema di finanza interinale si pongono in controtendenza, essendo improntate, sia pure prima facie, al favor verso l’imprenditore che si trova in stato di crisi, oltre alla tutela del credito (anzitutto, com’è ovvio, quello bancario).
E ciò sembra evidente a cominciare dal regime transitorio che, diversamente dalle altre previsioni introdotte nel testo licenziato dal Senato, consente l’applicazione della nuova disciplina anche ai procedimenti di concordato preventivo introdotti anteriormente alla entrata in vigore del citato decreto legge 83/2015 (intervenuta il 21 agosto 2015, con la legge di conversione 6 agosto 2015 n. 132).
La prima novità del nuovo impianto normativo è rappresentata dalla possibilità che il tribunale autorizzi, anche nella fase prenotativa del concordato, i finanziamenti all’impresa in crisi, stanti le previsioni contenute nel primo e nel terzo comma dell’art. 182 quinquies.
Cominciando proprio dal primo comma, secondo quanto enunciato nella Relazione illustrativa, la ratio della norma risiede nell’intento di favorire le concrete prospettive dell’impresa in crisi, laddove l’interpretazione sino ad ora accolta – demandando al debitore l’allegazione del piano nella relativa istanza autorizzativa – era suscettibile di ritardare il momento in cui l’impresa può accedere alla finanza interinale.
Stando alle prime letture fornite, l’inserimento nel primo comma dell’inciso “anche prima del deposito della documentazione di cui all’articolo 161, commi secondo e terzo” risulterebbe pleonastico[2] e ciò in quanto non si sarebbe mai dubitato che la norma consentisse al tribunale di concedere l’autorizzazione a concedere finanziamenti interinali durante la fase prenotativa della domanda di concordato.
Il legislatore avrebbe semplicemente recepito l’interpretazione già accolta[3], nonché le prassi adottate dai tribunali[4] ai quali – ancor prima della modifica introdotta – sarebbe stata rimessa la valutazione sulla possibilità di autorizzare l’impresa a contrarre finanziamenti in corso di procedura prededucibili sulla base dell’attestazione dell’esperto, pur in assenza del piano e della proposta.
Cionondimeno, è evidente come non resti agevole per il tribunale valutare la richiesta di autorizzazione a contrarre finanza interinale (non essendo appunto previsto il deposito del piano ed essendo sufficiente a corredo documentale la sola relazione dell’esperto); senza dire che al professionista incaricato viene demandato, pur in assenza del piano – previa verifica del fabbisogno finanziario sino all’omologazione – di predisporre la propria attestazione sulla funzionalità dei finanziamenti alla migliore soddisfazione dei creditori.
E ciò è tanto vero se si considera quale sia la reale prospettiva della relazione di attestazione che di là dagli imprescindibili requisiti di analicità, completezza e coerenza[5], dovrebbe evidenziare gli effetti positivi e tangibili sui creditori sociali del finanziamento richiesto.
Secondo un primo indirizzo interpretativo lo scenario disegnato dalla norma non muterebbe dunque rispetto al regime previgente e, pertanto, il tribunale continuerebbe a subordinare autorizzazione all’erogazione dei finanziamenti richiesti all’allegazione di una bozza di piano, tanto più volendo (o dovendo) svolgere gli altri accertamenti cui la norma fa riferimento “assunte se del caso sommarie informazioni”[6].
Sulla base invece di altra opinione prospettata in dottrina (che aveva già dubitato della conciliabilità dell’autorizzazione a contrarre finanza interinale in caso di domanda di prenotativa[7]) la prassi di richiedere al debitore il deposito della bozza di piano (e dell’attestazione) subordinandovi il provvedimento autorizzativo – già in passato considerata da alcuni, in assenza di dati testuali a conforto, praeter legem – dovrebbe, oggi, ritenersi, probabilmente, contra legem[8].
In ogni caso, di là dall’esegesi che si ritiene di privilegiare, l’attestazione dell’esperto resta un elemento di particolare significatività alla luce dei suoi corollari, quali, da una parte, l’esimente dal reato di bancarotta semplice e preferenziale per le operazioni di finanziamento autorizzate e, dall’altra, la severa responsabilità penale per il professionista che, in ipotesi, esponga informazioni false o ometta di riferire informazioni rilevanti ex art. 236 bis l.fall. [9]
Pur in assenza di chiari elementi testuali, la disciplina contemplata nel primo comma dovrebbe ritenersi estesa anche al concordato liquidatorio (anche nella fase di pre-concordato) sulla base della ratio della norma tesa ad accordare tutela alla nuova finanza subordinatamente alla sola funzionalità di essa alla migliore soddisfazione dei creditori, a prescindere dalla circostanza che il piano preveda la continuazione dell’attività o la sua interruzione. Ed infatti, anche in questa ipotesi, i finanziamenti erogabili potrebbero corrispondere all’interesse dei creditori indipendentemente dalla continuità aziendale come accade, ad esempio, in certi casi di immobili in costruzione o, comunque, di cantieri da ultimare[10].
La novità di maggior impatto della novella è senz’altro rappresentata dalla previsione contenuta nel nuovo terzo comma all’art. 182 quinquies, che contiene la sub-categoria dei finanziamenti interinali “urgenti e funzionali all’attività aziendale”, fattispecie ispirata all’istituto dei first day orders del Chapter 11 del Bankruptcy code statunitense.
La Relazione illustrativa chiarisce che siffatta previsione contempla i finanziamenti prededucibili (di regola di importo modesto) necessari a sostenere l’attività aziendale per il periodo necessario a preparare l’istanza di autorizzazione del vero e proprio finanziamento interinale.
Se questa è la finalità della norma, si può affermare che tali finanziamenti si differenziano da quelli contemplati nel primo comma dell’art. 182 quinques, volti – come si legge sempre nella Relazione illustrativa – al reperimento della provvista finanziaria in vista della conclusione dei concordati e, quindi, di finanza erogabile sino all’omologazione.
Ma quali sono le peculiarità dei predetti finanziamenti?
Innanzitutto, l’utilizzabilità in un arco temporale ristretto, vale a dire, dal deposito:(i)della domanda c.d. prenotativa di ammissione al concordato preventivo fino alla scadenza del termine, eventualmente prorogato, fissato dal tribunale per la presentazione della proposta “piena” e della relativa documentazione prescritta; (ii) della domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell’art. 182 bis, primo comma, fino all’udienza di omologazione e/o della proposta di accordo ai sensi dell’art. 182 bis, sesto comma, fino al termine di non oltre sessanta giorni, stabilito dal tribunale, per il deposito dell’accordo di ristrutturazione.
In secondo luogo, occorre che il debitore, a suffragio dell’istanza autorizzatoria, adduca l’esigenza di reperire risorse (in via d’urgenza) al fine di fronteggiare impellenti necessità relative all’esercizio dell’attività aziendale.
Sul piano della concreta applicazione, quali sono le ipotesi che giustificano il ricorso al finanziamento in parola?
In attesa del formarsi di precedenti e a titolo meramente esemplificativo, si potrebbe pensare: i) al pagamento dei fornitori strategici; ii) all’acquisto di beni da impiegare nel ciclo produttivo; iii) alla sottoscrizione di un contratto preliminare per acquisizione di un cespite immobiliare; iv) al pagamento di debiti contributivi correnti, non anteriori, ai fini del rilascio del DURC. Vi è chi ha osservato come siffatte risorse non potrebbero essere utilizzate per il pagamento delle spese di procedura o dei compensi ai professionisti [11] come, peraltro, già confermato dalla giurisprudenza di merito[12].
I presupposti dell’indifferibilità e dell’utilizzo produttivo segnano il confine fra tale previsione e quella contemplata nel primo comma, per la quale resta imprescindibile l’attestazione specifica dell’intervenuta verifica della veridicità dei dati aziendali[13].
Di conseguenza, ove non si riscontrino i requisiti dell’urgenza e della necessità, il regime normativo resta quello di cui al primo comma dell’art. 182 quinquies, con la tassativa allegazione dell’attestazione di funzionalità.
Ad ulteriore conforto della richiesta autorizzativa di cui all’art. 182 quinques, terzo comma, il debitore dovrebbe altresì dichiarare: (i) la destinazione dei finanziamenti; (ii) di non essere in grado di reperire altrimenti tali finanziamenti; (iii) che, in assenza di tali finanziamenti, deriverebbe un pregiudizio imminente e irreparabile all’azienda.
Alla luce di tali integrazioni, è evidente come il provvedimento in parola assuma le vesti tipiche del provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c. e ciò in quanto il tribunale deve pronunciarsi in via sommaria, in camera di consiglio e con decreto motivato, entro dieci giorni dal deposito dell’istanza, assunte sommarie informazioni sul piano e sulla proposta in corso di elaborazione, convocando il commissario giudiziale (ove nominato), sentendo senza formalità i creditori. Nella sostanza, quindi, al tribunale viene demandato di valutare la fondatezza del petitum (vale a dire la destinazione ed attività aziendale), nonché la sussistenza del periculum in mora (id est, l’insostituibilità del finanziamento e il rischio di danno imminente).
L’audizione dei creditori, come chiarisce la Relazione illustrativa, dovrebbe consentire il bilanciamento fra le esigenze di celerità che impongono un meccanismo deformalizzato, con quella di fornire al tribunale ulteriori elementi di valutazione grazie alle informazioni di cui dispongono i creditori, unitamente al loro atteggiamento verso il debitore anche in relazione a suoi pregressi comportamenti.
A tutta prima, non potrebbe che destare sorpresa la mancata estensione di tale disciplina anche per il debitore che depositi una domanda di concordato pieno, non potendosi escludere che, anche in questo caso, sussista l’urgenza di approvvigionarsi di nuova finanza.
Sul punto, però, vi è chi ha già offerto una diversa lettura della norma che, a dispetto del tenore letterale, consentirebbe l’autorizzazione al finanziamento interinale anche nell’ipotesi di concordato pieno in conformità con quanto previsto per l’accordo di ristrutturazione attraverso il richiamo sia al primo sia al secondo comma dell’art. 182-bis.
A suffragio di tale opinione si sostiene, infatti, che una lettura di segno opposto, ancorché aderente al dato testuale, risulterebbe irrazionale e perniciosamente limitativa dell’ambito di applicazione della norma[14].
L’ultimo periodo del terzo comma prevede, nell’ambito dei finanziamenti in parola, il mantenimento di linee di credito autoliquidanti in essere al momento del deposito della domanda.
Tale puntualizzazione, come è stato condivisibilmente sostenuto, sembra fonte solo di equivoci[15].
Come noto, infatti, le linee di credito[16] sono contratti di credito in corso di esecuzione nel momento in cui il debitore presenta la domanda prenotativa ex art. 161, sesto comma e, pertanto, non si comprende perché non possano proseguire ordinariamente, come si è ritenuto sino ad oggi a mente dell’art. 161, settimo comma (essendo atti di ordinaria gestione) e, quindi, senza la necessità di apposita autorizzazione, come sembrerebbe invece indicare il nuovo comma terzo comma dell’art. 182 quinquies.
Sul punto, l’opinione espressa dalla dottrina più avvertita[17], in linea con l’orientamento della giurisprudenza[18], conferma infatti che l’utilizzo delle linee di credito preesistenti alla data di apertura del procedimento di concordato (anche nella fase prenotativa) non può che intendersi quale esecuzione di un contratto pendente e, quindi, in linea di principio, atto di ordinaria amministrazione [19] che non necessita, né di autorizzazione ex art. 161 settimo comma l. fall., né tantomeno di autorizzazione ai sensi dell’art. 182 quinquies l. fall.
Tale interpretazione ha trovato accoglimento in un recentissimo provvedimento, avente ad oggetto il mantenimento di linee autoliquidanti, ove il tribunale ha escluso la necessità di applicare le previsioni di cui terzo comma dell’art. 182 quinquies l.fall. nella versione novellata e, quindi, implicitamente confermando la sua sussunzione nell’ambito di un contratto pendente [20].
In controtendenza rispetto allo spirito delle nuove norme – id est, facilitare il reperimento della provvista finanziaria in vista della conclusione dei concordati– sembra atteggiarsi l’assenza di una chiara ed univoca indicazione in ordine alla stabilità del provvedimento autorizzatorio per il riconoscimento del beneficio della prededuzione ai finanziamenti erogati.
Ed infatti, se è vero che la norma in parola, sia pure con una formulazione un po’ ellittica[21] continui a contemplarla, è altrettanto vero che, nella prassi, le banche hanno sempre dubitato che siffatta previsione fosse sufficiente ad escludere il rischio che, in caso di fallimento susseguente al concordato preventivo, il giudice delegato negasse la prededucibilità in sede di verifica del passivo, considerando ex post insussistenti i requisiti per l’ottenimento dell’autorizzazione e del beneficio della prededuzione.
Sulla scorta di quanto precede, è evidente che si è persa un’occasione di attribuire, mediante una previsione certa e definitiva, il rango della prededucibilità ai finanziamenti interinali, una volta concessa l’autorizzazione[22].
Il che avrebbe certamente risolto in radice la questione, rendendo stabile il beneficio della prededuzione, tale da non essere più revocabile o non riconoscibile ex post, neanche in caso di successivo fallimento e favorito concretamente l’erogazione della finanza alle imprese in crisi, pure dovendosi comunque rilevare a rigore che, in assenza di attivo, il riconoscimento della prededuzione resterebbe comunque lettera morta per le banche.
Ultimo elemento di novità è l’inserimento del quarto comma, laddove si consente espressamente al debitore concordatario di cedere crediti prima dell’omologa, come forma di garanzia del finanziamento equipollente a quelle già previste (pegno e ipoteca).
Secondo i primi commenti[23] si tratterebbe di una modifica solo apparentemente innocua, poiché la cessione dei crediti in garanzia, diversamente dall’ipoteca e dal pegno, consentirebbe al creditore garantito, in caso di inadempimento, di rifarsi immediatamente sul credito ceduto. Dal che, discenderebbe una soddisfazione fuori concorso e non semplicemente una soddisfazione preferenziale, utilizzando beni destinati, di norma, alla liquidazione e quindi alla paritaria distribuzione fra i creditori.
Del resto, vi è chi ha già osservato, come la cessione dei crediti in garanzia rappresenti per gli istituti di credito la modalità di rientro più sicura e, pertanto, se è ben vero che tale operazione agevola lo svolgimento delle attività d’impresa, è altrettanto vero che blocca i flussi a vantaggio del solo creditore bancario[24].
Infine, quanto al sesto comma, l’inserimento nella legge di conversione di un richiamo alle previsioni contemplate nel quinto comma consente ora al debitore, che presenti un domanda di omologazione di un accordo ex art. 182 bis primo comma o una proposta di accordo ai sensi dell’art. 182 bis, sesto comma, di poter effettuare il pagamento di crediti anche anteriori per prestazioni di beni e servizi.
Nella sostanza, la norma recepisce gli orientamenti giurisprudenziali già formatisi, confermando anche in questa ipotesi l’esenzione da responsabilità penale ai sensi dell’art. 217 bis c.p.
Nel complesso, la pur apprezzabile iniziativa del legislatore di agevolare l’imprenditore in crisi nel beneficiare di risorse da parte delle banche o di altri intermediari avrebbe, forse, potuto attuarsi anche nell’ambito del quadro già esistente e, quindi, senza implementare lo scenario, di per sé già complesso, dei finanziamenti interinali, come da altri già osservato[25].
Ed invero, il nuovo impianto normativo non pare pienamente risolutivo delle criticità riscontrate già in precedenza, testimoniate del resto dalla assai limitata applicazione dell’art. 182-quinquies, complice il rigore con cui i tribunali hanno sempre valutato le richieste autorizzatorie di detti apporti.
Senza dire, infine, che l’assenza di una chiara ed esplicita indicazione sulla prededucibilità dei crediti da rimborso, come sopra evidenziato, resta il vero “tallone d’Achille” della normativa qui commentata.
[1] L’osservazione si rinviene in Ambrosini, La disciplina della domanda di concordato preventivo nella “miniriforma” del 2015, in www.ilcaso.it, p. 3.
[2] Così, Bottai, Speciale decreto “Contendibilità e soluzioni finanziarie” n. 83/2015: i finanziamenti interinali, in www.IlFallimentarista.it, p. 6; Lamanna, La miniriforma (anche) del diritto concorsuale secondo il decreto contendibilità e soluzioni finanziarie” n. 83/2015: un primo commento, parte III: (segue) le modifiche riguardanti il concordato preventivo. Finanziamenti e contratti pendenti), ivi, p. 4.
[3] Bonsignore, Finanza interinale nel concordato con riserva, in IlFallimentarista.it.; Amatore, Revoca del concordato preventivo ex art. 173 l. fall. per mancata autorizzazione di finanziamento interinale, ivi; Ambrosini, I, I finanziamenti bancari alle imprese in crisi nei nuovi articoli 182-quater e 182-quinquies, l. fall., ivi, p. 9; Panzani, Il concordato in bianco, ivi, p.1.
[4] Nel provvedimento citato, il tribunale ha respinto un’istanza ex art. 182-quinquies, primo comma l.fall. sostenendo, da una parte, che il debitore non avesse fornito alcuna indicazione sul contenuto del piano in elaborazione, con riferimento al valore dei beni immobili non strategici che intendeva dismettere per far fronte ai debiti annuali e, dall’altra, omesso di indicare le condizioni concordate con uno o più istituti di credito per l’erogazione del mutuo. Il tribunale ha quindi concluso che difettassero gli elementi da cui desumere la ragionevolezza dell’aggravamento dell’esposizione in funzione del complessivo impianto del piano di concordato che, peraltro, non risultava neppure delineato nelle sue linee essenziali (Trib. Treviso, 16 ottobre 2012, in www.IlFallimentarista.it); si vedano anche Trib. Monza, 21 gennaio 2013, in www.Ilcaso.it; Trib. Roma, 20 febbraio 2013, in www.IlFallimentarista.it.
[5] Sul punto, le Linee Guida Linee – Guida per il finanziamento alle imprese in crisi, in www.assonime.it, prevedono nella raccomandazione n. 31: “Nella relazione che, nell’ambito del concordato preventivo, accompagna la richiesta di autorizzazione al finanziamento di cui all’art. 182-quinquies comma 1°, il professionista attesta che la concessione del finanziamento è necessaria per impedire una perdita di valore del patrimonio del debitore. Egli riferisce altresì sullo stato di avanzamento degli accertamenti sulla veridicità dei dati aziendali.
[6] Lamanna, op. ult. cit., pp. 3-4.
[7] Ambrosini, Accordi di ristrutturazione dei debiti e finanziamenti alle in crisi, Bologna, 2012, p. 149
[8] Ambrosini, Il nuovo concordato preventivo alla luce della miniriforma del 2015, in Dir. fall., 2015, I, p. 381.
[9] Vitiello, La "nuova" responsabilità penale del professionista attestatore, in www.IlFallimentarista.it.
[10] AMBROSINI, Accordi di ristrutturazione dei debiti e finanziamenti alle imprese in crisi, op. cit. p. 151.
[11] Bottai, op. ult. cit., p. 8.
[12] Trib. Modena, 16 dicembre 2014, in www.Ilcaso.it.
[13] Così Trib. Terni, 14 gennaio 2013 in www.ilcaso.it; Trib. Bergamo, 26 giugno 2014, ivi; Trib. Verona, 21 luglio 2014, ivi.
[14] Ambrosini, Il diritto della crisi d’impresa alla luce della miniriforma del 2015, in www.ilcaso.it, p. 45.
[15] Lamanna, op. ult. cit., p. 10.
[16] Frigeni, Linee di credito “autoliquidanti” e (pre)concordato preventivo, in BBTC, 2013, I, p. 537.
[17] Patti, Contratti bancari nel concordato preventivo tra bilateralità e unilateralità di inesecuzione, in Fall., 2015, p. 563.
[18] Trib. Venezia, 20 gennaio 2015, in Fall., 2015, p. 558; Trib. Treviso, 2 febbraio 2015, ivi, 2015, p. 559; Trib. Milano, 11 dicembre 2012, in www.ilcaso.it.
[19] Trib. Terni, 12 ottobre 2012 e Trib. Verona, 21 luglio 2014, in www.ilcaso.it; Trib. Milano, 30 maggio 2013, in banca dati De Jure.
[20] Trib. Rovigo, 26 novembre 2015, in www,ilcaso.it.: “la disposizione contenuta nell’art. 182 quinquies l. fall. (…) appare superflua alla luce del principio generale della regolare prosecuzione dei contratti pendenti, in mancanza di istanza di sospensione o di scioglimento ai sensi dell’art. 169-bis l. fall.”.
[21] Lamanna, op. cit., p. 4.
[22] Ambrosini, Il nuovo concordato preventivo alla luce della miniriforma del 2015, op. cit., pp.383-384: “la legge continua a tacere in ordine alla persistenza – che andava invece stabilita ex professo – del rango prededuttivo dei relativi crediti nell’eventualità in cui l’impresa sia successivamente assoggettata a fallimento o amministrazione straordinaria”.
[23] Lamanna, op. cit., p. 6.
[24] Bottai, op. ult. cit., p. 9.
[25] Fabiani, L’ipertrofica legislazione concorsuale fra nostalgie e incerte contaminazioni ideologiche, inwww.ilcaso.it, p.19.
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