CrisiImpresa
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 30/10/2015 Scarica PDF
Concorrenza nel mercato e per il mercato delle crisi d'impresa. Le innovazioni del D.L. 83/2015 per la procedura di concordato preventivo
Giuseppe Savioli, Professore1. Premessa
Il legislatore, con il D.L. 83/2015, convertito nella L. 132/2015, ha inserito alcuni elementi di concorrenza nella procedura di concordato preventivo, in precedenza caratterizzata da una situazione rispondente per vai tratti alla definizione economica di “monopolio”.
Toccando appena alcuni concetti della teoria economica, il monopolio è una forma di mercato, caratterizzata dalla presenza di un unico attore a seguito di circostanze storiche (monopolio di fatto), delle caratteristiche dello specifico settore di attività (monopolio naturale, tipico delle infrastrutture quali rete ferroviaria, rete stradale ed autostradale, rete per la distribuzione dell'acqua, del gas, dell'elettricità, ecc., dove la presenza di più operatori porterebbe a funzioni di costo maggiori rispetto a quella della singola impresa) o di previsioni normative (monopolio legale).
Conseguenza del regime monopolistico è una minore efficienza dell’unica impresa operante, a causa dell’assenza delle continue sollecitazioni operate dai concorrenti all’innovazione e al contenimento dei costi, oltre che una minore efficacia nell’esaudire le esigenze dell’utente per la probabile (e naturale) ritenzione di un margine di extra-profitto da parte del monopolista e di una sua minore attenzione alle esigenze del cliente, il quale si trova senza alternative.
Nel caso della crisi d’impresa possiamo assimilare l’utente al creditore ed individuare la sua funzione di utilità dalla massimizzazione del recupero del proprio credito. Vero è che altre funzioni di utilità possono essere individuate per singoli creditori o per categorie di essi, quali la continuazione di relazioni commerciali con l’impresa in crisi o la conservazione del posto di lavoro, ma le stesse
a) non sono apprezzate normativamente, tanto che il concordato di continuità è ammissibile alla condizione che la prosecuzione dell’attività d’impresa sia funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori (art. 186 bis, c. 2, lett. b);
b) non rappresenterebbero comunque una condizione unificante dell’intero ceto creditorio.
In tale prospettiva la regolamentazione precedente aveva le seguenti due fortissime limitazioni:
a) la proposta poteva pervenire unicamente dal debitore, scontando quindi il suo unico punto di vista, capacità, relazioni e visione prospettica;
b) non era richiesta alcuna gara per il miglior realizzo del patrimonio destinato alla soddisfazione dei creditori.
Ci riferiamo, per quest’ultimo punto, ai noti e frequenti casi di “concordati chiusi”, con previa individuazione del soggetto disposto ad acquisire i cespiti del patrimonio del debitore (spesso l’azienda o il compendio immobiliare) ed il relativo prezzo, con l’unica alternativa offerta ai creditori consistente nella non accettazione dell’offerta.
Se l’efficacia economica delle procedure concorsuali consiste, come sopra esposto, nella massimizzazione della soddisfazione dei creditori, è evidente come l’indicata struttura normativa si presentasse sub ottimale, potendosi prestare a trattenere utilità economiche eccedenti quelle necessarie per la sua attuazione all’interno dell’impresa (nel caso di concordato di continuità) o a trasferire le stesse a soggetti terzi diversi dai creditori (concordato chiuso).
2. La concorrenza per e nella procedura
Il titolo del presente paragrafo vuole evidenziare come gli innesti pro-concorrenziali introdotti dal legislatore con la riforma in premessa citata siano ascrivibili a due livelli:
· il primo concerne la possibilità di presentare da parte di soggetti terzi proposte concordatarie (e connesso piano) alternative a quella del debitore (art. 163);
· il secondo attiene alla necessaria ricerca da parte del tribunale di offerte concorrenti a quelle contenute nel piano del debitore in ordine all’acquisto di singoli beni, di diritti, di complessi di beni, dell’azienda, dell’affitto dell’azienda o di tutte le operazioni da qualificarsi come atti di straordinaria amministrazione (art. 163-bis).
Vale subito la pena precisare come la proposta rappresenti l’offerta negoziale presentata dal debitore ai propri creditori ed attenga quindi alla percentuale, tempi e modalità di soddisfazione dei medesimi, mentre il piano rappresenti le modalità attraverso le quali la proposta potrà essere adempiuta (in genere mediante una serie di atti, liquidatori o di gestione).
Eventuali proposte concorrenti di cui all’art. 163 riguardano quindi l’aspetto strategico della procedura, ossia la fissazione dell’obiettivo e l’indicazione delle azioni ritenute necessarie per il suo conseguimento. Una proposta concorrente potrebbe prevedere, ad esempio, una diversa percentuale di riparto a favore dei creditori mediante una diversa modalità attuativa o nell’attribuzione ai creditori (o ad alcune classi di questi o a coloro che si rendessero disponibili) di azioni o quote di una società conferitaria dell’azienda anziché di somme di denaro o, ancora, la conversione di parte dei debiti in capitale, ecc.
Le offerte concorrenti riguardano invece solo una o più delle azioni attuative della strategia indicata dal debitore, la quale non muta, ma che potrebbe portare ad un risultato migliore del previsto in seguito alla massimizzazione del valore di realizzo di un suo singolo elemento. E’ infatti evidente come il meccanismo concorrenziale della gara consente di evitare o limitare la massima appropriazione di utilità da parte dell’unico attore.
Il primo livello di intervento è molto simile a quello che la teoria economica ha individuato per recuperare i benefici della concorrenza nel caso di monopoli naturali: quando non è possibile che la concorrenza possa avvenire “nel” mercato, a causa condizioni strutturali o tecnologiche che impediscono il confronto quotidiano e continuativo fra diversi operatori, i relativi vantaggi sono ricercati mettendo in gara i diversi competitor per aggiudicarsi “il” mercato, ossia il diritto ad operarvi in via esclusiva.
Se la proposta concorrente sarà ritenuta più vantaggiosa dai creditori, sarà questa che rappresenterà le modalità di soluzione della crisi.
Il secondo livello di intervento rappresenta invece una tradizionale applicazione del regime di concorrenza “nel” mercato del singolo fattore produttivo od utilità posta in vendita: tutti gli interessati potranno partecipare attraverso una gara per la sua aggiudicazione, attivando così il più immediato e diretto meccanismo concorrenziale.
Per la verità, occorre annotare ancora qualche timidezza nella piena apertura a logiche concorrenziali. Infatti l’art. 163 limita la possibilità di presentare proposte concorrenti ai soli creditori e a condizione che questi raggiungano il 10% dell’ammontare complessivo dei crediti, comprimendo così fortemente il novero dei soggetti potenzialmente partecipanti alla gara. La circostanza appare singolare, soprattutto alla luce del fatto che il concordato fallimentare può essere proposto non solo da ciascuno qualsiasi dei creditori, qualsiasi sia l’ammontare de proprio credito, ma anche da terzi (art. 124).
3. La riduzione dell’asimmetria informativa
Introdotto il regime di gara sia per le modalità di soluzione della crisi che nei singoli atti di gestione della stessa, rimane da assicurare, affinché il meccanismo concorrenziale possa effettivamente ed efficacemente operare, che le informazioni rilevanti siano disponibili in maniera indistinta per tutti gli attori del interessati.
Nel caso delle procedure di concordato preventivo esiste, ad evidenza, una fortissima asimmetria informativa poiché l’unico soggetto a disporre delle informazioni è il debitore ed è altrettanto evidente come, essendo le informazioni destinate a suoi concorrenti, anche nell’ipotesi in cui lo stesso venisse obbligato a fornirle, lo farebbe in maniera non spontanea e, ove possibile, limitata, rallentata e distorta.
Senza informazioni pari o simili a quelle in possesso del debitore, i terzi non sarebbero però in grado di formulare proposte alternative o, se lo facessero, non potrebbero che formulare proposte caratterizzate da estrema prudenza, per l’alea insita nell’inappropriato pannel informativo a disposizione, con un risultato sub ottimale in termini di efficacia della procedura, come sopra declinata.
Il legislatore ha parzialmente ovviato a tale seconda limitazione attribuendo al commissario giudiziale un compito di “regolatore” del mercato con le funzioni di:
· garantire l’accesso alle informazioni;
· valutare le proposte;
· intervenire per la correzione di distorsioni.
3.1 Le informazioni per le proposte concorrenti
Il commissario è stato deputato a fornire agli interessati le informazioni necessarie a predisporre proposte concorrenti in luogo del debitore per l’incongruenza logica ed economica che si avrebbe nel caso in cui a ciò fosse chiamato uno dei contendenti.
La circostanza pone alcune questioni non marginali. Innanzitutto il commissario non conosce e non può conoscere l’azienda in maniera sufficiente per acquisire tutte le informazioni rilevanti. I compiti che il legislatore gli attribuisce ed il termine che gli concede per il loro espletamento (ulteriormente abbreviato dal D.L. 83/2015) fanno si che lo stesso non possa adempiere al compito affidatogli che richiedendo le informazioni al debitore (meglio, alla struttura amministrativa del debitore, quando questi sia una società di una qualche consistenza).
Vero è che il comma 4-bis dell’art. 163, introdotto dal D.L. 83/2015, impone al debitore di consegnare al commissario giudiziale entro sette giorni dalla data del decreto di ammissione copia informatica o su supporto analogico delle scritture contabili e fiscali obbligatorie.
Ma vero è anche, per contro, che, da un lato, l’esame analitico di una contabilità pluriennale di un’azienda di medie dimensioni rappresenta un’attività estremamente impegnativa, se non impossibile, nel breve tempo a disposizione e che, dall’altro, molte delle informazioni rilevanti per le decisioni aziendali non risiedono nelle scritture contabili obbligatorie, ma in dati statistici, di contabilità analitica ed industriale (ad esempio ordini in portafoglio, marginalità per cliente, difettosità del prodotto, costo unitario diretto di produzione, incidenza dei costi dei singoli fattori produttivi sul costo totale, entità dei costi fissi, ecc), a cui il commissario non può avere accesso diretto.
E’ per tale motivo che il terzo comma dell’art. 165, anch’esso neo introdotto dal D.L. 83/2015, prevede che il commissario fornisca agli interessati non solo tutte le informazioni utili allo scopo derivanti delle scritture contabili obbligatorie, ma anche ogni altra informazione rilevante in suo possesso.
Ma se l’informazione è necessaria per stimolare la concorrenza, la stessa è anche un elemento strategico sulla base del quale si rafforzano o si indeboliscono posizioni di mercato: informazioni strategicamente rilevanti veicolate ad un concorrente potrebbero rappresentare la base per una concorrenza sleale (o comunque più forte) da parte di un terzo, andando ad erodere il marginale vantaggio competitivo dell’azienda in crisi, anziché consentire una virtuosa gara per la sua aggiudicazione al maggior prezzo possibile.
La divulgazione di informazioni riservate potrebbe cioè avere l’effetto opposto a quello desiderato: svilire il valore dell’asset e le sue performance future, con detrimento delle ragioni dei creditori.
Il legislatore, con il citato terzo comma dell’art. 165, si dimostra perfettamente consapevole della circostanza richiedendo che il commissario sia particolarmente cauto nella divulgazione delle informazioni
· valutando previamente la congruità della richiesta e
· assumendo opportuni obblighi di riservatezza.
La congruità della richiesta deve essere esaminata non solo in relazione all’oggetto (tipologia di informazioni) ma anche del soggetto (dimensioni, composizione societaria, identificazione dei beneficiari reali, dotazioni patrimoniali, ecc.).
Gli obblighi di riservatezza, che rappresentano una prassi in qualsiasi negoziazione di aziende, seppur doverosi, sono solo parzialmente efficaci nel caso di soggetti non operanti nello stesso settore; lo sono in misura molto inferiore (se non nulla) nel caso di soggetti operanti nello stesso mercato. Quando si tratti di un concorrente diretto il trade off tra esigenze di trasparenza per la formulazione dell’offerta e quelle di riservatezza per la preservazione del valore dell’azienda è cioè massimo.
3.2 Le informazioni per le offerte concorrenti
Il meccanismo delle offerte concorrenti, ossia l’attivazione della competizione “nella” procedura per l’acquisizione da questa di un bene, dell’azienda o di una qualsiasi utilità si apre, ovviamente, nei soli casi di “concordati chiusi”, ossia di proposte contenenti un’offerta da parte di un soggetto determinato ad un prezzo prefissato.
In tali circostanze, è il tribunale, a norma dell’art. 163 bis, che dispone la ricerca di interessati all’acquisizione mediante l’apertura di un procedimento competitivo. Il relativo decreto stabilirà le modalità di presentazione delle offerte, di partecipazione alla gara e le forme ed i tempi di accesso alle informazioni.
Le offerte devono, ovviamente essere irrevocabili (non avrebbe altrimenti senso l’apertura della gara) e comparabili, per l’esigenza di pervenire ad una valutazione di convenienza economica.
E’ il tribunale, che con il decreto di apertura della procedura competitiva fissa le modalità di accesso alle informazioni, i limiti al loro utilizzo e le modalità con cui il commissario deve fornirle a coloro che ne fanno richiesta. Forse in parziale contrasto o sovrapposizione con la disposizione di cui sopra, contenuta nel secondo comma dell’art. 163 bis, è quella contenuta nel quarto comma dell’art. 165, il quale prevede che il commissario è comunque tenuto a fornire le informazioni utili per la presentazione delle offerte concorrenti con le stesse modalità e cautele, sopra esaminate, per il caso di proposte concorrenti.
4. La valutazione delle proposte
4.1 La valutazione delle proposte concorrenti
Il commissario è anche il soggetto deputato a comparare le proposte concorrenti, illustrandole ai creditori nella relazione integrativa richiesta dal secondo comma dell’art. 172, introdotto dal D.L. 83/2015.
Il disposto normativo richiede che la comparazione delle proposte sia “particolareggiata” e non anche che il commissario esprima un proprio parere su quella che egli ritiene preferibile per le ragioni dei creditori. La circostanza è perfettamente coerente con il ruolo di garante della competizione che assume il commissario nel descritto contesto, teso unicamente, da un lato, a fornire agli attori concorrenziali le informazioni utili per la formulazione della proposta e, dall’altro, ad illustrare le proposte concorrenti alla luce dell’acquisita conoscenza dell’azienda, del suo patrimonio e dei rischi cui è lo stesso soggetto, fornendo la miglior base possibile per un voto consapevole dei creditori.
Il fatto che la relazione possa essere effettivamente ed esaustivamente “particolareggiata” appare però una pretesa normativa poco compatibile con i tempi che il legislatore assegna allo scopo al commissario, soprattutto nel caso in cui le proposte originarie vengano modificate. Le proposte concorrenti possono infatti essere presentate entro trenta giorni dalla data fissata per l’adunanza dei creditori (art. 163, comma 5) ed il commissario deve riferire con relazione da depositare in cancelleria e comunicare ai creditori almeno 10 giorni dell’adunanza medesima (art. 172, comma 2), conservando perciò un tempo, più o meno ragionevole, di 20 giorni per il loro esame.
Ma poiché le proposte, compresa quella del debitore, possono essere modificate sino a 15 giorni prima dell’udienza (art. 172, comma 2), in tale evenienza al commissario residuerebbero solo 5 giorni per l’attività istruttoria richiesta, tempo da giudicarsi del tutto insufficiente, ancorché si tratti di rilevare solo le modifiche a proposte già conosciute.
4.2 La valutazione delle offerte concorrenti
Poiché fra i proponenti offerte concorrenti si aprirà una gara, per la quale il decreto del tribunale fisserà anche l’ammontare del rilancio minimo, queste dovranno essere standardizzate e variare essenzialmente per un solo elemento, ossia il prezzo; in caso contrario la valutazione multidimensionale delle offerte, seppur astrattamente fattibile con la previsione di pesi diversi per le variabili ammesse, risulterebbe estremamente complessa.
In effetti il comma 3 dell’art. 163 bis prevede che le offerte, da presentarsi in forma segreta, non siano efficaci se non conformi a quanto previsto nel decreto.
Quando il bene oggetto di gara è complesso, come nel caso di un’azienda, il bando dovrà quindi essere preceduto da una intensa attività preparatoria, in cui il commissario intuibilmente avrà un ruolo rilevante, di standardizzazione delle condizioni quali, ad esempio, le garanzie offerte, i tempi di pagamento, i livelli occupazionali garantiti, ecc.
In tale attività verranno in rilievo anche tutte le informazioni che il commissario avrà acquisito in azienda e sul mercato in relazione alle effettive condizioni di appetibilità del bene.
Per poter partecipare alla gara anche l’offerente indicato nella proposta concordataria dovrà modificare l’offerta coerentemente con il bando di gara, rendendo con ciò irrevocabile l’offerta stessa (art. 163 bis, comma 3).
5. Gli interventi del tribunale e del commissario per l’attuazione della proposta concorrente
Quando i meccanismi concorrenziali non nascono spontaneamente dal mercato per le condizioni di operatività che lo caratterizza, ma sono indotti dall’esterno mediante regolamentazioni tese ad evitare o limitare gli effetti negativi di condizioni di monopolio, occorre prevedere interventi e modalità volte a verificare l’effettiva attuazione dei meccanismi pro-competitivi.
Nel caso in esame si tratta della paradossale circostanza, dal punto di vista della razionalità economica (peraltro indotta dal dato normativo di cui all’art. 167, secondo il quale il debitore conserva l’amministrazione dei propri beni e l’esercizio dell’impresa), per cui la proposta concorrente deve essere posta in essere dal concorrente sconfitto.
Per ovviare ai possibili atteggiamenti dilatori o di inattività da parte di quest’ultimo il legislatore ha previsto
a) l’obbligo da parte del commissario giudiziale di vigilare sull’adempimento da parte del debitore della proposta concorrente approvata, riferendo al tribunale in caso di omissioni o ritardi;
b) la possibilità di denuncia al tribunale degli indicati atti dilatori od omissivi da parte del creditore proponente;
c) la possibilità da parte del tribunale di attribuire al commissario i poteri necessari a provvedere al compimento di singoli in luogo del debitore;
d) la possibilità da parte del tribunale di revocare l’organo amministrativo della società debitrice, sostituendolo con un amministratore giudiziario al quale può essere anche attribuito, quando la proposta preveda un aumento del capitale sociale della società debitrice, il compito di convocare l’assemblea straordinaria dei soci ed il voto nella stessa.
6. Gli interventi nel caso di offerta concorrente
Nel caso di apertura della gara e di aggiudicazione di un’utilità ad un offerente a condizioni diverse da quelle contenute nella proposta originaria, il debitore è ovviamente tenuto a modificare conseguentemente la proposta ed il piano originari per tener conto delle nuove modalità di liquidazione dell’attivo.
In tal caso al commissario è attribuito un compito del tutto inusuale rispetto alle proprie attribuzioni, ossia quello di disporre in favore del primo offerente il rimborso delle spese sostenute per la formalizzazione dell’offerta, entro il limite massimo del tre per cento del prezzo in essa indicato.
Se non che, ma l’annotazione è del tutto marginale per l’economista aziendale ed interessa più il giurista, il commissario non è un organo di gestione, ma solo di supervisione e controllo, per cui non può liquidare l’entità di una spesa di gestione, salvo che si tratti di un atto meramente ricognitivo di verifica di spese effettivamente sostenute ed inerenti all’oggetto e, ancor meno, può disporre il pagamento, non avendo alcun potere di firma o di impegnare la società.
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