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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 15/07/2015 Scarica PDF

L'azione revocatoria "semplificata": dubbi di costituzionalità dell'art. 12 d.l. 83/2015

Antonella Antonucci, Avvocato in Frosinone


Sommario: 1. Segregazione del patrimonio personale e revocatoria ordinaria. - 2. L'intervento del d.l. 83/2015. - 3. I dubbi di costituzionalità.


     

1. Segregazione del patrimonio personale e revocatoria ordinaria

Costituzione di fondo patrimoniale (art. 167-171 c.c.), atto di destinazione (art. 2645 ter c.c.), trust c.d. interni  (riconosciuti ai sensi della Convenzione dell'Aja del 1989): tutti casi di segregazione patrimoniale che racchiudono nel perimetro della destinazione porzioni di patrimonio personale,  rendendole intangibili rispetto alle pretese di creditori estranei allo scopo dell'atto istitutivo del vincolo.

Tal genere di limitazione si inserisce nella fattispecie di responsabilità patrimoniale disegnata dal codice civile  all'art. 2740, che al 1° comma qualifica la responsabilità patrimoniale del debitore come generale e, al 2° comma, riserva alla legge il riconoscimento di ipotesi di limitazione della responsabilità. Riservando, con ciò, al legislatore la valutazione comparativa della reciproca meritevolezza dell'interesse della generalità dei creditori e di quello perseguito nelle distinte ipotesi di segregazione prima elencate, salvaguardato dalla limitazione di responsabilità ai debiti contratti in relazione allo scopo.

Con la segregazione si realizzano interessi disomogenei e talora dotati di rilievo costituzionale. Costituzionalmente tutelato è l'interesse normativizzato in via esclusiva per il fondo patrimoniale (evoluzione che la riforma del diritto di famiglia del 1975 assegnava al risalente patrimonio familiare), funzionale a «far fronte ai bisogni della famiglia» (art. 167 c.c.), mentre la situazione è più variegata - potendo in concreto ricorrere posizioni costituzionalmente tutelate - per gli altri strumenti prima ricordati, in cui l'individuazione dell'interesse perseguito è rimessa ai margini dell'autonomia privata, ancorata ad un ampio spettro di finalità per l'atto di destinazione, non per i trust. L'atto di destinazione può, infatti, perseguire "interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche"[1], rimettendo quindi alla valutazione giurisprudenziale il riconoscimento in concreto della meritevolezza ex art. 1322, 2° co. c.c.; valutazione giurisprudenziale che pari peso assume nel riconoscimento di trust interni ex art. 13 Conv. dell'Aja[2].

I creditori che si ritengano lesi dalla costituzione del vincolo  hanno come tipico rimedio l'azione revocatoria ordinaria, esperibile con una probabilità di vittoria ormai alquanto elevata: il diffondersi - nel morso della crisi - del ricorso a strumenti di segregazione orientati a salvaguardare porzioni di patrimonio dall'esecuzione di creditori, in concreto quasi sempre bancari, sta infatti portando la giurisprudenza[3] a decisioni che paiono talora quasi insofferenti rispetto all'uso di tali strumenti.

 

2. L'intervento del d.l. 83/2015

Come noto, il d.l. 27.6.2015.n. 83 porta una serie disomogenea di "Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria" che risultano  in vario modo funzionali ad agevolare il rientro e la gestione delle sofferenze bancarie, trascorrendo dalle procedure concorsuali, al trattamento fiscale delle perdite nei bilanci bancari, a misure di velocizzazione delle procedure esecutive e di ampliamento del loro possibile oggetto[4].

In questo'ultimo ambito, il Titolo II del d.l. si apre con l'introduzione del nuovo art. 2929 bis c.c. (art. 12 d.l. 83/2015) che - sotto la rubrica "Espropriazione di beni oggetto di vincoli di indisponibilità o di alienazioni a titolo gratuito" - consente di esperire azione esecutiva senza dover  previamente attendere l'esito dell'azione revocatoria rivolta a rimuovere l'efficacia del vincolo o dell'atto di disposizione a titolo gratuito,  se   compiuto successivamente al sorgere del debito e avente ad oggetto beni immobili o mobili registrati. Quale che sia il vincolo o l'atto, il discrimine è dato dalla aggredibilità di beni da cui era già possibile attendere un ragionevole realizzo (quali auto o natanti), diverrebbe possibile con altra misura dello stesso d.l. 83/2015, che modifica i parametri di determinazione del valore dell'immobile ai fini dell'espropriazione, ancorandolo al valore di mercato (art. 13, 1° co., lett. o, che sostituisce l'art. 568 c.p.c.).

L'azione è esperibile a condizione che, alla data del pignoramento, non sia decorso un anno dalla data di trascrizione dell'atto, cioè dall'adempimento che lo rende (conoscibile e) opponible.

La Relazione che accompagna il decreto, presentandolo per la conversione (AC 3201 del 27.6.2015), si trattiene diffusamente ad illustrare la nuova azione, che sarebbe un'azione ad oggetto plurimo - comprendendo la domanda esecutiva e, solo implicitamente, quella revocatoria (ma v'è necessità di farne espressa menzione?) - regolata in maniera atta a paralizzare le 'astuzie' del debitore: "Che la domanda esecutiva abbia tale valore [anche di domanda revocatoria] non è scritto expressis verbis, per non indulgere in definizioni dottrinali, ma si evince dal complessivo impianto e in particolare dalla considerazione che l’opponente non può eccepire la prescrizione della revocatoria, se essa non era maturata alla data del pignoramento o dell’intervento compiuto dal creditore, ossia la domanda esecutiva ha effetto interruttivo ".

Prendendo atto del diffuso ricorso strumentale a fondo patrimoniale e trust[5], la norma è attraversata da una sorta di valutazione a priori della ricorrenza dei presupposti di revocabilità per gli atti compiuti in quello che la Relazione definisce "periodo sospetto".

Tanto da invertire l'onere della prova,  in maniera che  agevola - sottolinea la Relazione - "la posizione del solo creditore anteriore all’atto. Resta quindi esclusa la posizione del creditore successivo, che dovrebbe provare, in termini tipicamente più rigorosi, la 'dolosa preordinazione' "[6].

Per cui - è ancora la Relazione - "la cognizione sulla domanda revocatoria in forma esecutiva è recuperata a posteriori tramite opposizione all’esecuzione".

La norma (art. 2929 bis, 3° co.) fissa anche il tema dell'opposizione avendo riguardo alla revocabilità dell'atto, ma pare da escludere in radice che tale restrizione tematica investa ogni aspetto dell'opposizione alla domanda (anche) esecutiva, potendo esistere molteplici motivi di controversia in ordine a sussistenza ed ammontare del credito azionato.

Pur fornendo interpretazione conforme ai principi dell'assunta limitazione del tema dell'opposizione, resta il fatto che il recupero a posteriori della cognizione sulla revocatoria è soggetto a due handicap: quello probatorio e quello, ancor più grave, legato agli effetti sospensivi dell'opposizione, che sono affidati alla discrezionalità del giudice dell'esecuzione, nei parametri di cui all'art. 624 c.p.c. Con ulteriore rimessione alla magistratura di disagevoli valutazioni discrezionali.

Ed è proprio la carenza di automatico effetto sospensivo che la Relazione esalta come il plus della nuova azione: "Va da sé che l’opposizione non ha effetto sospensivo dell’esecuzione. Vale l’articolo 624 del codice di procedura civile e ciò rimarca la distanza tra la revocatoria semplificata e quella prevista dall’articolo 2901, dove il debitore può intraprendere iniziative

dilatorie e puramente defatigatorie al fine di ritardare il passaggio in giudicato".

Si costruisce così un'azione dai molteplici benefici, così vantati  dalla Relazione: "Il beneficio per il ceto creditorio consiste in una riduzione di tempi e costi necessari al realizzo coattivo del credito, in considerazione del fatto che la revocatoria è azione costitutiva e i relativi effetti si ritengono quindi subordinati, secondo stabile giurisprudenza, al passaggio in giudicato della sentenza. Il beneficio per l’amministrazione della giustizia consiste nella possibile riduzione di contenzioso, in ragione dell’eventualità che il debitore o terzo assoggettato a esecuzione non proponga opposizione".

   

3. I dubbi di costituzionalità

A far data dal 28 giugno scorso[7], dunque, pronto recupero a minor costo per i creditori, criminalizzati i debitori che intasano le aule di giustizia - la Relazione parla genericamente di "una sopravvenienza di circa 6.500 nuovi fascicoli" l'anno, senza precisare se son tutti per revocatoria - per esercitare il proprio diritto di difesa (art. 24 Cost.) e in relazione ad interessi (anche costituzionalmente) tutelati. Qui, le norme di riferimento costituzionale variano, tenendo conto del disomogeneo spettro di interessi perseguibili con gli strumenti di segregazione considerati.

Che la nuova azione sia atta ad agevolare il rientro di posizioni bancarie in sofferenza è palese.

Che il perseguimento di tale finalità debba far premio sulla piena esplicazione del diritto di difesa e sulla tutela dell'interesse della famiglia, dei disabili o di altri soggetti deboli è una scelta legislativa che - noncurante dei parametri costituzionali - scarica sulla parte debole della collettività sia la carenza di una soluzione di sistema per la gestione delle sofferenze bancarie (il progetto di c.d. bad bank pare disperso nelle pieghe burocratiche nazionali ed europee), sia le conseguenze di  difetti nelle procedure di  gestione del rischio di credito da parte delle banche, di cui tali intermediari professionali sono normativamente responsabili nell'ambito della loro 'autonomia vigilata'.

Autorevole banchiere, all'epoca dell'ingresso nel nostro ordinamento degli atti di destinazione (l. 273/2005),  paventando l'uso distorto dello strumento, individuava rimedi contrattuali che gestissero il relativo rischio, quali "clausole che impongano al 'conferente' un obbligo di sollecita e puntuale informativa a carattere preventivo in favore della banca, in ordine alla determinazione di trascrivere atti di destinazione ex 2645-ter, espressamente sanzionando tale inadempienza con la facoltà di recesso da parte della banca dai relativi affidamenti (ciò, appunto, al fine di poter consentire alla banca una valutazione in concreto circa l'integrale permanenza delle garanzie patrimoniali prestate)"[8].

Ma clausole di tal genere non risultano inserite, a quanto consta, nella contrattazione uniforme bancaria, con l'effetto ultimo che la noncuranza delle banche nel monitoraggio delle esposizioni e nella conservazione delle relative garanzie personali viene riversato sulla generalità della clientela con strumenti di dubbia legittimità costituzionale.

   


[1] L'atto di destinazione 'atipico' è oltremodo flessibile, tanto da aver indotto ad includere nei suoi confini anche i trust interni (Trib. Brindisi, 28.3.2011, in Trusts, 2011, 639). Oltre che per la tutela di anziani, disabili, enti no profit, se ne è tentato anche l'uso per rafforzare la fattibilità di una proposta di concordato preventivo (v. Trib. Reggio Emilia, sez. fall., 27.1.2014, al sito www.altalex.com).

[2] Cfr. Cass. 9.5.2014, n. 10105, fra l'altro in NGCC, 2014, I, 1024.

[3] Che pare orientata ad uniformarsi a Cass. 22.3.2013, n. 7250, diffusamente presente e commentata in rete.

[4] Anche mediante la rimozione del tetto del quinto pignorabile delle somme a vario titolo riconducibili a remunerazione di prestazione lavorativa, attuata modificando gli artt. 545 e 546 c.p.c. (art. 13, 1° co., lett. l e m, d.l. 83/2015).

[5] Che rientrano in ambito di applicazione idoneo a ricomprenderne anche altre fattispecie di segregazione di patrimonio, sia personale che societario (cfr. artt. 2447 bis ss. c.c.) che involgano beni immobili o mobili registrati.

[6] E va a riguardo ricordato che il sorgere del debito si collega alla concessione di fideiussione (cfr. da ultima, con specifico riferimento a fondo patrimoniale istituito in corso di fideiussione bancaria, rispetto alla quale non è ancora maturato un debito certo, Cass. 16.10.2014, n. 21938)  per cui, nelle diffusissime ipotesi di fideiussioni in favore di banche, che assistono rapporti di norma pluriennali, ogni 'debitore' non potrebbe perseguire gli interessi (anche costituzionalmente) tutelati dagli strumenti di segregazione ricordati in apertura, pena la loro revocabilità, ordinaria o 'agevolata'.

[7] L'art. 23, 6° co. d.l. 83/2015 prevede che la norma si applichi solo alle procedure  esecutive iniziate dopo l'entrata in vigore del decreto, che l'art. 24 fissa al giorno stesso della pubblicazione in G.U.,  avvenuta nella stessa data portata dal decreto (G.U. n. 147 del 27.6.2015).

Come rilevato anche dal Dossier di documentazione della Camera a supporto dell'AC 3201, la norma fa "erroneo riferimento alla disciplina transitoria dell’articolo 12, comma 1, lettera b) (partizione interna all’articolo non presente nella disposizione richiamata), precisandone l’applicazione esclusivamente alle procedure esecutive iniziate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge (28 giugno 2015)". Anche qui, una valutazione conforme ai principi  porta ad escludere che tale "errore"  sia frutto di una volontà, caduta per difetto di coordinamento interno, di attribuire il significato implicito di domanda revocatoria alle azioni esecutive in corso.

[8] Carlo Fratta Pasini, Il nuovo articolo 2645-ter del codice civile (le preoccupazioni del mondo bancario), al sito http://elibrary.fondazionenotariato.it.


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