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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 03/12/2014 Scarica PDF

Crediti dei subappaltatori pubblici e fallimento dell'appaltatore (nota a Tribunale Bolzano, 25 febbraio 2014: un'ipotesi di composizione del contrasto giurisprudenziale)

Lia Sadile, Avvocato


Sommario: 1. Fonte generatrice dell’obbligo di pagare le spettanze al subappaltatore. - 2. Insorgenza dell’obbligo di pagare le spettanze al subappaltatore. - 3. Calcolo delle spettanze del subappaltatore. - 4. Modalità di pagamento delle spettanze del subappaltatore. - 4. 1. Pagamento diretto - 4. 2. Pagamento indiretto per il tramite dell’appaltatore. - 4. 2.a. Inosservanza dell’obbligo di presentazione delle fatture quietanzate: sospensione del pagamento successivo. - 4. 2.b. Deroga all’obbligo di presentazione delle fatture quietanzate e di sospensione integrale del pagamento successivo. - 5. Ipotesi procedurale. - 6. Conclusioni.


     

Caso: alcuni subappaltatori di lavori pubblici si sono opposti al decreto di esecutività dello stato passivo del fallimento del proprio appaltatore, contestando l’ammissione del proprio credito in chirografo invece che in prededuzione. A tal fine hanno invocato l’applicazione dell’art. 118 - comma 3 - del D.Lgs. 163/06 e s.m.i. (d’ora innanzi il Codice dei contratti pubblici), così come interpretato dalla Corte di Cassazione con la sentenza del 5 marzo 2012 n. 3402[2], con la quale i supremi giudici hanno affermato, fra l’altro, che “Al di fuori dell'ipotesi in cui il credito si riferisca ad obbligazione contratta direttamente dagli organi della procedura per gli scopi della procedura stessa, il collegamento "occasionale" ovvero "funzionale" posto dal dettato normativo deve intendersi riferito al nesso, non tanto cronologico nè solo teleologico, tra l'insorgere del credito e gli scopi della procedura, strumentale in quanto tale a garantire la sola stabilità del rapporto tra terzo e l'organo fallimentare, ma altresì nel senso che il pagamento di quel credito, ancorchè avente natura concorsuale, rientra negli interessi della massa, e dunque risponde allo scopo della procedura in quanto inerisce alla gestione fallimentare. In questa prospettiva, la prededuzione attua un meccanismo satisfattorio destinato a regolare non solo le obbligazioni della massa sorte al suo interno, ma tutte quelle interferiscono con l'amministrazione fallimentare ed influiscono per l'effetto sugli interessi dell'intero ceto creditorio”. Il pagamento del credito della subappaltatrice ricorrente ai sensi della disciplina che lo governa, è destinato, dunque, ad avviso della Cassazione, ad incidere sulla gestione fallimentare nel senso che si atteggia quale condizione di esigibilità del credito che la fallita vanta a sua volta nei confronti della stazione appaltante, a pena della sospensione del pagamento successivo quale forma di garanzia delle ragioni creditorie del subappaltatore che, in qualità di contraente più debole, è tutelato nel caso di eventuali abusi da parte dell'appaltatore stesso, visto che quest'ultimo non può percepire i pagamenti successivi, né il prezzo del ribasso pattuito in sede di stipula del contratto di subappalto.

Il Giudice di merito [3] contesta la sentenza della Cassazione sulla base di una complessa motivazione che si può sintetizzare nei seguenti punti:

Ø  La prededuzione può essere riconosciuta solo ai crediti sorti nel corso della procedura sicchè quelli antecedenti in quanto concorsuali devono essere sottoposti al principio della par condicio creditorum.

Ø  La ratio dell’art. 118 citato risiede nella tutela dell’interesse della pubblica amministrazione appaltante ad ottenere il conseguimento dell’opera: ciò presuppone la continuazione del rapporto d’appalto che invece è esclusa dalla dichiarazione di fallimento, visto che essa determina lo scioglimento ope legis del relativo contratto.

Ø  I principi della legge fallimentare prevalgono sul Codice dei contratti pubblici.

Ø  E’ impossibile comunque il rilascio delle fatture quietanzate, visto che il pagamento delle spettanze de quo può essere perfezionato solo a seguito di riparto.

Ø  E’ impossibile che il fallimento possa anticipare importi.

Per affrontare correttamente la questione giuridica che ci occupa, occorre ricostruire in via preliminare il pagamento delle spettanze del subappaltatore nei suoi molteplici aspetti.


1. La fonte generatrice dell’obbligo di pagare le spettanze al subappaltatore è il contratto di subappalto con il quale un soggetto assume, nei confronti dell'appaltatore (che diventa subappaltante), l'obbligazione di eseguire a proprio rischio — organizzando manodopera, mezzi d'opera e materiali (cd. fattori della produzione) — parte dei lavori appaltati.

Pur trattandosi sul piano civilistico di una pattuizione vincolante esclusivamente per le parti contrattuali, il collegamento genetico con il contratto d’appalto ed il rapporto di diretta derivazione da quest’ultimo lo rende idoneo a produrre  i propri effetti nei confronti della stazione appaltante, alla condizione però che la stessa rilasci la prescritta autorizzazione, che comunque non incide sulla sua posizione di terzietà.

Ne consegue che il rapporto-base rimane invariato fra le parti originarie: quindi da un lato l’obbligo di versare il corrispettivo del subappalto è a carico dell’appaltatore e da quell’altro l'appaltatore continua ad essere responsabile esclusivo dell'esecuzione dei lavori, in applicazione del principio generale di cui all'art. 1228 c.c., in base al quale il debitore che nell'adempimento dell'obbligazione si avvalga dell'opera di terzi risponde anche dei fatti dolosi e colposi di costoro i quali, nel caso di specie, sono gli esecutori materiali della prestazione subappaltata. Si tratta più esattamente di una responsabilità per fatto altrui, confermata dalla previsione dell'azione di regresso verso il subappaltatore di cui all'art. 1670 c.c..


2. L’obbligo di pagare le spettanze al subappaltatore insorge a seguito dell'adempimento pieno ed esatto da parte del subappaltatore dell'obbligazione di eseguire a proprio rischio — organizzando in autonomia i fattori della produzione di cui si è detto — parte dei lavori oggetto del contratto d'appalto in maniera collaborativa e strumentale al conseguimento del risultato dedotto nel contratto principale nonchè rispettosa delle direttive e prescrizioni degli organi pubblici responsabili della gestione tecnica e del controllo del cantiere, anche sotto il profilo della sicurezza.

A prescindere dalle modalità di pagamento, tale adempimento è documentato dalla contabilità generale dei lavori [4] di cui all’art. 181 e seguenti del D.P.R. 207/10 (d’ora innanzi il Regolamento).

In altri termini, se il subappaltatore è adempiente la contabilità dei lavori registra, fra le altre, le lavorazioni da lui eseguite; se invece è inadempiente nel senso che non ha realizzato in tutto o in parte i lavori subaffidatigli la contabilità ovviamente non potrà registrare alcun lavoro o la parte di essi ineseguita; nel frattempo l’appaltatore è esposto però al rischio dell’applicazione a suo danno della penale da ritardo. Se è inadempiente nel senso che ha realizzato i lavori subaffidatigli in maniera difforme dal progetto, dalle disposizioni degli organi di cui si è detto o dalle regole dell’arte tanto che essi presentino difformità e vizi esecutivi la contabilità dei lavori, a seconda della gravità degli stessi, non allibrerà alcuna lavorazione oppure apporterà alle singole lavorazioni contabilizzate le detrazioni ritenute necessarie e congrue. Ovviamente nel caso di riconducibilità al subappaltatore dei fatti contestati dalla committenza, l’appaltatore, fermo restando la propria responsabilità nei confronti della committenza medesima, a tutela delle proprie ragioni può esercitare l’azione di regresso verso il subappaltatore stesso, con inevitabili riflessi, come si vedrà (4.2b), sul pagamento delle relative spettanze.


3. Per la quantificazione del credito dell’appalto e del  subappalto[5], è necessario l’approfondimento, fra gli altri atti tecnico-contabili, dello stato d’avanzamento dei lavori (d’ora innanzi S.A.L.) che designa al tempo stesso l’avanzamento complessivo dei lavori rispetto all’importo contrattuale e quindi la percentuale di esecuzione dei lavori stessi ad una certa data, coincidente con quella fissata contrattualmente al raggiungimento dell’importo minimo ovvero alla scadenza del trimestre solare e l’importo da corrispondere di volta in volta all’appaltatore, vale a dire i singoli crediti maturati da quest’ultima.

In altri termini, dato un appalto di € 1.000.000,00 eseguito per € 1.000.000,00 ed una previsione del capitolato speciale d’appalto che fissa l’avanzamento dei lavori al raggiungimento dell’importo di € 300.000,00, ipotizzando un andamento regolare dei lavori medesimi, si deve concludere che il corrispettivo d’appalto viene versato in n. 4 S.A.L. di cui n.3[6] di valore pari al minimo contrattuale e l’ultimo (cd. corrispondente al finale, perché registra i lavori alla data di ultimazione degli stessi) di valore pari ad € 100.000,00.

Come si vede, mentre i primi tre S.A.L. devono rispettare il valore minimo, altrimenti il credito non matura, l’ultimo, proprio in quanto tale, deroga alla regola del valore e quindi può essere pari a qualsiasi importo contabilizzato, anche inferiore a quello ipotizzato, visto che la contabilità dei lavori potrebbe registrare minori quantità di lavorazioni  rispetto a quelle progettate.

Tutti i S.A.L. sono accomunati dalla regola delle ritenute di legge (0,50%) operate su ciascuno di essi. Sicchè il corrispettivo d’appalto viene versato in realtà in n.5 pagamenti di cui n.4 a titolo di S.A.L. che, a seconda degli importi sopra ipotizzati, vengono corrisposti, al netto delle ritenute di legge (0,50%), nella misura di € 298.500,00 e di € 99.500,00 e n.1 a titolo di saldo contrattuale composto di norma proprio dall’ammontare complessivo delle ritenute operate (€ 5.000,00).

Tale saldo può recare anche un importo superiore nei casi di cd. esubero di spesa, vale a dire di contabilizzazione di maggiori lavori ordinati dalla Direzione dei Lavori rispetto a quelli convenuti contrattualmente e ammessi in contabilità dal collaudatore ai sensi dell’art. 228 del Regolamento, ovvero di ottemperanza alle prescrizioni tecniche del collaudatore stesso che si sono tradotte nell’esecuzione di specifiche lavorazioni aggiuntive. In tali casi dunque il saldo si compone delle ritenute di legge e del maggior importo contabilizzato.

Ciò detto, spesso l’appaltatore matura il S.A.L. con la collaborazione di un subappaltatore[7].

Perciò, venendo al tema che ci occupa, questi percepisce la quota/parte del S.A.L. stesso[8], al netto del ribasso[9] e delle ritenute[10] concordati in sede di stipula del contratto di subappalto.

Sicchè se al S.A.L. di € 300.000,00 ha concorso un subappaltatore per € 100.000,00, a prescindere dalla modalità di corresponsione di cui si dirà da qui a breve, le spettanze dovute, nell’ambito del S.A.L. in esame, al subappaltatore che abbia concordato un ribasso pari al 20% e ritenute pari al 10% sono pari ad € 71.640,00[11]. Il saldo che egli dovrà percepire al collaudo provvisorio dei lavori è pari ad € 7.960,00 (vale a dire all’importo che l’appaltatore ha percepito dalla stazione appaltante nell’ambito dell’acconto in esame e ha trattenuto a garanzia della buona esecuzione dei lavori subappaltati), oltre ad € 500,00 che invece l’appaltatore percepisce nell’ambito del proprio saldo, dopo l’approvazione del collaudo provvisorio stesso e previa presentazione della polizza a garanzia del saldo medesimo ovvero al collaudo definitivo e quindi alla scadenza del biennio di legge che decorre dal collaudo provvisorio, per un totale di € 80.100,00.

L’appaltatore dunque sul corrispettivo del subappalto può trattenere in via definitiva solo l’importo corrispondente al ribasso concordato (€ 19.900,00), visto che esso rappresenta il proprio legittimo utile.


4. Sebbene, come si è detto, il soggetto obbligato nei confronti del subappaltatore sia senz'altro l'appaltatore, la modalità di pagamento delle spettanze del subappaltatore, in linea di principio[12], dipende dalla scelta che la stazione appaltante ha operato nel bando di gara, ai sensi dell'art. 118, citato: pagamento diretto del subappaltatore o indiretto, per il tramite dell'appaltatore medesimo.


4. 1. Il pagamento diretto volontario[13] pone a carico dell'appaltatore l'obbligo di inviare alla stazione appaltante apposita proposta motivata in ordine alla parte delle prestazioni eseguite dal subappaltatore ed al relativo importo, a riprova ulteriore che la committenza è estranea al contratto di subappalto e perciò non è tenuta ad entrare nel merito dell'effettiva consistenza del credito. Tuttavia, in concreto si ritiene che il Responsabile del Procedimento, con la collaborazione della Direzione dei Lavori, debba comunque effettuare l’analisi di congruità tecnico-economica dell’importo dedotto nella suddetta proposta, la stessa analisi che, come si vedrà, è tenuto a fare nel caso di pagamento indiretto.

Ciò detto, si deve ritenere che l'appaltatore sia gravato da un obbligo nel senso suddetto, altrimenti non si potrebbe sanzionare[14] un suo comportamento dilatorio o addirittura definitivamente omissivo, motivato dalle più disparate e pretestuose ragioni.

La sussistenza di siffatto obbligo appare evidente dalla considerazione che il soggetto debitore è proprio l'appaltatore, la stazione appaltante è solo il braccio operativo all'interno dello schema tipico dell'accollo[15]visto che l'iniziativa  in tal senso è dell’Amministrazione committente/accollante. Tenuto conto che essa è parte solo del rapporto di provvista, la dottrina e giurisprudenza prevalenti inquadrano l'accollo in generale nello schema del contratto a favore di terzo, il quale nella specie coincide con il subappaltatore accollatario.

Ciò detto, l'accollo in esame trova la sua fonte nella volontà delle parti la quale perfeziona la fattispecie modificativa in esame in tempi successivi: dalla pubblicazione del bando di gara, che senz'altro rende irrevocabile tale accollo, ai sensi dell'art. 1273 c.c., all'aggiudicazione e stipula del contratto d'appalto che, mediante l’inserimento della clausola  relativa al pagamento diretto, suggella l'accordo fra la committenza e l'appaltatore così come esso scaturisce dal bando di gara e filtra nei vari atti inseriti nel procedimento di evidenza pubblica. La sottoscrizione invece di un contratto di subappalto, a cura del legale rappresentante della subappaltatrice, benchè derivato da quello d'appalto e assoggettato alle regole fissate con il bando stesso non può essere ritenuta assimilabile alla sua adesione all'accollo, non potendo egli impegnare in tal senso la committenza in quanto terza rispetto a siffatto contratto. La diversità dunque della fonte delle obbligazioni derivanti dai contratti d'appalto e di subappalto[16] induce ad escludere la responsabilità diretta e/o solidale della stazione appaltante rispetto al credito dei subappaltatori e quindi a concludere che l'accollo conservi una rilevanza limitata ai rapporti fra l'appaltatore e la stazione appaltante: quest'ultima infatti nei confronti del subappaltatore è tenuta all'adempimento di un obbligo altrui (art. 1180 c.c.).

Alla luce di quanto detto, si deve confermare perciò che nei casi di tal fatta ricorre un'ipotesi di accollo interno che quindi non modifica la posizione del creditore (il subappaltatore) verso il quale rimane obbligato solo il debitore originario (l’appaltatore).

Ciò detto, nel caso in cui la stazione appaltante è posta in condizione di effettuare il pagamento in esame, il versamento è disposto contestualmente al pagamento dell'acconto contrattuale su proposta del Responsabile del Procedimento, che a tale scopo deve acquisire le fatture di entrambi i creditori e quindi quella in originale dell'appaltatore e quella in copia emessa dal subappaltatore nei confronti di quest’ultimo[17], in coerenza con l'effettiva posizione debitoria ed emettere un unico certificato di pagamento nel quale si sostanzia la doppia proposta di pagamento. La corresponsione dell'acconto, ordinata con un unico mandato di pagamento, produce il doppio effetto estintivo verso l'appaltatore nei cui confronti sussiste a bilancio il titolo contrattuale che giustifica l'uscita e verso il subappaltatore al quale viene materialmente corrisposto, con apposito bonifico, l'importo di propria spettanza. Quindi, l’aggettivo “ diretto” è riferito all’erogazione materiale degli importi remunerativi delle prestazioni da loro eseguite.

Ritenendo concorsuali i crediti dei subappaltatori (in realtà, a giudizio di chi scrive, è quanto meno dubbio che lo siano, visto che l’appaltatore ne detiene la titolarità solo formale), la sopravvenuta dichiarazione di fallimento imporrebbe comunque il versamento dei relativi importi nelle mani del curatore che poi, come si vedrà meglio nel paragrafo successivo, dovrebbe ammettere gli stessi al passivo fallimentare in prededuzione degli altri crediti.

La previsione del bando relativa al pagamento diretto delle spettanze dei subappaltatori dunque, in caso di fallimento è inapplicabile così come lo è l’art.4- comma 2- del Regolamento che disciplina il pagamento diretto delle spettanze degli enti di previdenza e assistenza.


4. 2. Il pagamento indiretto, come quello diretto, inteso solo come erogazione materiale del denaro non sorretta dall’emissione a favore del subappaltatore del mandato di pagamento ad hoc,è imposto dalla posizione di terzietà rivestita dalla committenza rispetto al contratto di subappalto. Esso pone a carico dell'appaltatore l'obbligo di trasferire[18] (quindi non di anticipare [19]) al subappaltatore le sue spettanze contenute nel pagamento dell'acconto ricevuto dalla stazione appaltante (€ 71.640,00 nell’esempio di cui si è detto), e di documentarne il pagamento mediante la presentazione, entro il termine di legge (20 giorni) che sostituisce automaticamente eventuali termini pattizi difformi, della copia delle relative fatture quietanzate[20] le quali, ai sensi di legge, devono specificare le ritenute di garanzia effettuate.


4. 2.a. L’inosservanza dell’obbligo di presentazione delle fatture quietanzate è sanzionata mediante la sospensione del pagamento successivo, che, introdotta dal D.Lgs. 113 del 31/07/07[21] (cd. secondo correttivo al Codice dei contratti pubblici in vigore dall’01/08/07) quale ipotesi speciale della cd. eccezione di inadempimento[22] prevista in via generale dal codice civile (art. 1460), è finalizzata ad evitare lunghe esposizioni finanziarie del subappaltatore, le quali potrebbero incidere sulla buona esecuzione dell'opera.

Proprio la ratio legis, consente di ritenere ragionevole la seguente interpretazione correttiva:

· Se, nonostante la ritardata trasmissione delle fatture quietanzate, il pagamento al subappaltatore risulta effettuato nel termine di 20 giorni di cui si è detto, che si ritiene prevalente, come si è detto, rispetto ad un eventuale diverso termine pattizio, si procede senz'altro nel pagamento successivo;

· se, invece il pagamento al subappaltatore risulta effettuato oltre il suddetto termine non si procede nel pagamento successivo solo se esso è imminente (o quasi); se invece deve essere disposto dopo qualche mese, fermo restando l'eventuale responsabilità risarcitoria nei confronti del subappaltatore sotto forma di corresponsione degli interessi moratori, non si comprende né il senso della norma, né la sua efficacia deterrente. Ciò non toglie però che è tanto opportuna quanto necessaria l'immediata contestazione all'appaltatore della violazione del termine di legge in esame, al doppio scopo di segnalare che la reiterata violazione dello stesso potrebbe ritenersi quale grave inadempimento contrattuale, attesa la natura inderogabile della norma in esame posta a presidio in ultima analisi del buon andamento dei lavori e di far emergere il prima possibile l’eventuale stato di crisi[23] che, unitamente al ritardo nei pagamenti già effettuati, concorre a giustificare, ai sensi di legge, i pagamenti diretti in deroga del bando di gara di cui si è detto.

Solo se intesa nel senso di prolungato ritardo nel pagamento che incide su quello successivo o addirittura di mancato pagamento se ne può comprendere la configurazione in termini di condizione di esigibilità del pagamento successivo.

Ciò detto, a parere di chi scrive, essa costituisce anche la prima misura anticrisi, come dimostra il contesto storico nel quale si inserisce l’intervento riformatore in esame, connotato dalle prime avvisaglie dell’attuale crisi economico - finanziaria, finalizzata a scongiurare che l’omesso versamento delle spettanze dei subappaltatori, motivato dalle più disparate ragioni, potesse farli entrare in crisi, più o meno irreversibile, con inevitabili ricadute sul piano dell’economia nazionale.

A tale scopo, ha inteso sottrarre i crediti dei subappaltatori alla disciplina squisitamente civilistica, visto che essi scaturiscono direttamente da quello d'appalto. Non potendo essere diversamente, altrimenti si violerebbero lo storico divieto di cessione (in tutto o in parte) del contratto d’appalto, il legislatore della riforma ha inteso apprestare una tutela speciale ai subappaltatori sul presupposto che la committenza pubblica si avvantaggia del risultato del loro lavoro. 

In altri termini, tenuto conto che il subappaltatore, dopo la necessaria autorizzazione ed il perfezionamento degli adempimenti successivi, si sostituisce all’appaltatore nel processo esecutivo dei lavori, ha diritto di godere della sua stessa tutela giuridico - economica[24]. Così come, in deroga al principio della post-numerazione del corrispettivo d'appalto, le stazioni appaltanti devono  corrispondere acconti agli appaltatori in modo da evitare la loro prolungata esposizione finanziaria, che potrebbe pregiudicare il buon andamento dei lavori, allo stesso fine devono anche accertarsi che i loro subappaltatori ricevano quanto è a loro dovuto.

D’altro canto, ciò è coerente con la considerazione che sia il contratto principale che quello derivato condividono la stessa natura di contratto d’appalto, caratterizzato dalla prevalenza della cd. prestazione di fare, finalizzata al conseguimento del risultato dedotto nell'appalto.

Raggiunto tale risultato è in un certo senso indifferente per l’Amministrazione committente il soggetto che lo abbia effettivamente raggiunto. Se questo soggetto è il subappaltatore quindi, vale a dire colui che non ha alcun rapporto giuridico - economico con la stazione appaltante, occorre tutelarlo in qualche modo essendo un soggetto debole esposto al doppio rischio: quello generale, come si è detto, di entrare in crisi o addirittura di diventare insolvente, a causa dei mancati incassi; quello specifico di poter essere oggetto di abusi da parte dell’appaltatore, che è lo stesso rischio che ha indotto a fissare per legge, come si è detto, il limite massimo del ribasso concordato in sede di stipula del contratto di subappalto.

Questa, è la ratio legis, già chiarita peraltro dalla Cassazione con la sentenza 3402/12 citata, la quale lascia trasparire la compenetrazione fra interessi pubblici e privati che connota ogni procedimento inserito in un appalto pubblico, a prescindere dalla natura amministrativa o meno del procedimento stesso. Si potrebbe addirittura affermare che anche quelli privati appena passati in rassegna sono in qualche modo da intendersi pubblici nel senso sopra chiarito: la tenuta delle imprese subappaltatrici soddisfa, infatti, il bene superiore della tenuta dell’intero tessuto socio-economico, almeno nell’ambito degli appalti pubblici.

Anche per questo non si può dubitare che la disciplina del Codice dei contratti prevale sulle altre discipline normative, compresa quella fallimentare, visto che essa, al contrario di quest’ultima governa la gestione di molteplici interessi vitali mediante l’esercizio di un doppio ruolo affidato alle amministrazioni committenti, vale a dire di titolari della funzione pubblica e di garanti della legalità formale e sostanziale dei singoli procedimenti.

La ratio sopra descritta, unitamente alla considerazione che per tutto quanto detto, il pagamento oggetto di sospensione, salvo i casi di cui all’art. 170 del Regolamento di cui si dirà nel paragrafo successivo, può essere tanto l’acconto quanto il saldo, priva del suo presupposto la tesi del giudice di merito circa la necessità che via sia la continuazione del rapporto d’appalto affinchè possa trovare applicazione l’art.118 in esame, da cui ha fatto derivare l’inapplicabilità dello stesso in caso di dichiarazione di fallimento dell’appaltatore, visto che essa determina lo scioglimento ope legis del relativo contratto.

Non è questa la sede per affrontare una così complessa questione.

Ci si può limitare a dire che, a prescindere dallo scioglimento o meno del contratto d’appalto, dal punto di vista del fallito, anche allorquando si ipotizzasse una continuazione dell’appalto mediante un cessionario/affittuario d’azienda del fallito, si tratta sempre di definire i reciproci rapporti giuridico- economici mediante il pagamento del cd. corrispondente al finale (tale diventa qualsiasi S.A.L. nel quale si inserisce cronologicamente la dichiarazione di fallimento) e del saldo contrattuale, entro le rispettive scadenze[25].


4. 2.b. L’art. 170, comma 7, del Regolamento prevede che “In caso di mancato rispetto da parte dell'esecutore dell'obbligo di cui all'articolo 118, comma 3, del Codice dei contratti, qualora l'esecutore motivi il mancato pagamento con la contestazione della regolarità dei lavori eseguiti dal subappaltatore e sempre che quanto contestato dall'esecutore sia accertato dal direttore dei lavori, la stazione appaltante sospende i pagamenti in favore dell'esecutore limitatamente alla quota corrispondente alla prestazione oggetto di contestazione nella misura accertata dal direttore dei lavori”.

Così come formulato introduce innanzitutto una deroga all'obbligo di presentazione delle fatture quietanzate che, come si è avuto modo di anticipare, è motivata dalla sussistenza di un contenzioso, anche solo potenziale, fra le parti del contratto di subappalto in ordine alla regolarità della prestazione eseguita dal subappaltatore, alla condizione però che la contestazione sia accertata nell’an e nel quantum dalla Direzione dei Lavori.

In altri termini, la prestazione dedotta nell’appalto presenta difformità o vizi tali da imporne il rifacimento, evidentemente perché non è ritenuta accettabile dalla committenza, nemmeno operando eventuali detrazioni economiche dalle singole lavorazioni contabilizzate. Ciò che è controverso quindi è solo il profilo dell’imputabilità o meno della relativa responsabilità al subappaltatore all’interno del rapporto instaurato dal contratto di subappalto, visto che nei confronti della stazione appaltante, come si è detto, è l’appaltatore il responsabile esclusivo tanto che egli, a seconda dei casi, subisce la detrazione del credito o è destinatario dell’ordine di rifare le lavorazioni non eseguite a regola d’arte, che può eseguire in proprio, se è munito della relativa qualificazione, ovvero mediante affidamento ad un altro subappaltatore[26] nel caso contrario. Tenuto conto che quando subisce la detrazione del credito trasferisce a sua volta al subappaltatore il minor valore si comprende l’estraneità di questa ipotesi rispetto alla previsione in esame, nel senso che l’appaltatore è comunque tenuto a presentare le fatture quietanzate per il minor importo.

La norma in realtà quindi si riferisce ai ripristini[27] ritenuti necessari dopo l’accredito integrale delle singole lavorazioni[28] dal momento che in questa ipotesi la committenza versa all’appaltatore l’acconto dovuto del quale però trasferisce al subappaltatore le spettanze di sua spettanza, al netto del valore dei ripristini che coincide con l’importo oggetto della sospensione. Ed è per questo che in realtà la norma in esame introduce anche una deroga all’obbligo di sospendere integralmente il pagamento successivo di cui si è detto, visto che, per tutto quanto detto, esse sono strettamente connesse.

Occorre precisare però che la prima deroga opera se l’importo oggetto di contestazione è pari o superiore al valore delle spettanze del subappaltatore dal momento che nel caso contrario per la differenza l’appaltatore è comunque tenuto a pagare e presentare le fatture quietanzate. Ciò equivale a dire rispettivamente che egli a monte non è tenuto al versamento delle suddette spettanze o invece è tenuto a pagare le stesse e quindi a presentare le relative fatture quietanzate per un importo ridotto.

In entrambi i casi la sospensione del pagamento successivo è tarata sul valore della controversia fra le parti: da una parte quindi, salvo che l’acconto sia stato maturato con l’apporto esclusivo del subappaltatore, non riguarda l’intero pagamento perché non può sanzionare un comportamento dell’appaltatore giustificato dalla legge e da quell’altra lascia intendere che l’appaltatore non può riscuotere importi che a sua volta non può versare al subappaltatore. Sarebbe in un certo senso un pagamento senza causa che potrebbe dare vantaggi non giustificati all’appaltatore e sottrarre risorse al subappaltatore, che al termine della controversia potrebbe risultarne il legittimo titolare.

Da tutto quanto detto, appaiono chiare le ragioni a sostegno del convincimento che, a prescindere dalle modalità di pagamento del subappaltatore, l’Amministrazione appaltante deve sempre effettuare una verifica di congruità tecnico-economica degli importi di competenza del subappaltatore, altrimenti sarebbe agevole per l’appaltatore eludere il precetto normativo che vi è sotteso.


5. Se l’interpretazione dei crediti prededucibili “sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali” proposta dalla Cassazione, a giudizio del giudice di merito, contrasta con l’indirizzo prevalente e consolidato fondato sull’accezione restrittiva della prededuzione, è doveroso esplorare un altro percorso logico-giuridico che possa comunque consentire al subappaltatore il recupero degli importi di cui egli è l’effettivo titolare.

Tenuto conto che gli appaltatori, come si è detto, detengono la titolarità solo formale dei crediti dei loro subappaltatori, chi scrive ritiene che il curatore debba innanzitutto accertare l’entità dei crediti del subappaltatore e quindi riscontrare, se del caso con la collaborazione di un perito tecnico, nella contabilità dei lavori, custodita in originale dalla Direzione dei Lavori, i lavori oggetto di autorizzazione in modo da determinarne l’ammontare complessivo, ripartito nei singoli S.A.L..

In base all’avanzamento dei lavori e alle fatture quietanzate in proprio possesso,  ritiene che debba inoltre accertare, nei modi sopra descritti, da un lato i pagamenti già effettuati al subappaltatore e l’entità delle ritenute del subappalto sino ad allora operate e da quell’altro i pagamenti da effettuare. Questi ultimi, come si è detto, consistono senz’altro nella restituzione delle ritenute del subappalto stesse e nella corresponsione delle ritenute di legge che sono contenute nel saldo finale da corrispondere all’appaltatore fallito dopo gli adempimenti successivi al rilascio del certificato di collaudo provvisorio. Possono consistere anche nei lavori eseguiti dal subappaltatore nel S.A.L. finale, vale a dire in quello nel quale è inserita la dichiarazione di fallimento.

Acquisiti gli elementi contabili appena descritti, chi scrive ritiene che il curatore debba, ai sensi dell’art. 35 della Legge fallimentare, compendiare gli stessi in una proposta di ricognizione dei crediti del subappaltatore da sottoporre al comitato dei creditori la quale, per quanto concerne gli importi non ancora versati, si deve ritenere equivalente alla proposta di riconoscimento dei corrispondenti debiti.

Quest’ultima precisazione è importante dal momento che consente di ritenere chiuso il subprocedimento di liquidazione delle spettanze in esame.

Al fine di conferire la necessaria chiarezza a bilancio, ad avviso di chi scrive, il curatore deve inoltre, ai sensi della suddetta norma, sottoporre al comitato dei creditori la contestuale proposta di riduzione dei crediti d’appalto iscritti al bilancio per intero[29] all’importo corrispondente alla percentuale di ribasso convenuta con il contratto di subappalto ed applicata sull’importo dei lavori effettivamente eseguiti, visto che è l’unico importo che può essere effettivamente incassato in via definitiva[30].

L’approvazione della suddetta proposta, motivata dagli oggettivi vantaggi per i creditori che così riscuotono quanto prima i propri crediti senza subire ulteriori falcidie derivanti questa volta dalle spese della procedura stessa - in questo senso, chi scrive ritiene che la Cassazione non a caso abbia sottolineato la strumentalità del pagamento del credito del subappaltatore rispetto agli interessi della procedura medesima - consente di depurare il bilancio dalle voci quantomeno formali, per non dire fittizie, non essendo peraltro correlate ad effettivi costi sostenuti dall’appaltatore fallito e di liberare risorse, se ve sono ovviamente, a favore dei legittimi titolari che le incassano in quanto tali e non invece in quanto soggetti preferiti rispetto ad altri.

In altri termini, a parere di chi scrive,  i crediti dei subappaltatori non fanno parte del patrimonio del fallito, proprio come non vi fanno parte le cose di cui l’impresa fallita sa di avere solo la detenzione. A differenza però di queste ultime rispetto alle quali il proprietario vanta il diritto all’immediata restituzione, senza alcuna formalità, i crediti in esame, avendo concorso alla formazione dei flussi finanziari del fallito, devono essere identificati a bilancio, al fine ultimo di consentirne l’estinzione.

Sicchè se la committenza deve pagare l’ultimo acconto e l’impresa in bonis ha percepito nell’ambito dell’acconto precedente anche le spettanze del subappaltatore (che sembra essere la fattispecie dedotta nella sentenza in esame) non vi è dubbio che l’appaltatore fallito deve presentare le fatture quietanzate quale condizione di esigibilità dell’acconto stesso. Il fallimento non ha alcuna funzione esimente, visto che non sembra realistico ipotizzarne la sopravvenuta dichiarazione nel breve lasso di tempo (n.20 giorni) entro il quale l’impresa stessa avrebbe dovuto trasferire gli importi al proprio subappaltatore. 

Se non è in grado di adempiere all’obbligo di legge perché in realtà non ha provveduto ad estinguere il debito a causa del reimpiego delle risorse di spettanza del subappaltatore, magari sotto forma di parziale copertura dell’esposizione finanziaria verso le banche, tale debito deve essere estinto dalla curatela fallimentare che, come sottolineato dalla Cassazione in esame, non può fare altro che procedere in tal senso mediante l’ammissione del relativo credito in prededuzione degli altri dal momento che questo è l’unico modo per restituire ai subappaltatori[31], sebbene in moneta fallimentare[32], gli importi di loro spettanza, conciliando la regola per cui il curatore è legittimato in via esclusiva a ripartire il patrimonio dell'appaltatore fallito e le ragioni del subappaltatore che avrebbe dovuto riscuotere anzitempo il proprio credito, peraltro per intero visto il vincolo di destinazione che di fatto la legge ha impresso sul credito stesso a tutela dei legittimi titolari.

Diversamente opinando, si dovrebbe ritenere condivisibile il paradosso che il corrispettivo dei subappalti, benché sottoposto a siffatto vincolo, vada a finanziare parte dei debiti del fallito!

Ciò detto, è gioco-forza ritenere peraltro che l’ammissione in prededuzione sia equivalente al rilascio delle fatture quietanzate: da una parte, infatti, esse non possono essere ovviamente rilasciate prima del riparto dell’attivo, da quell’altra però gli adempimenti procedurali di cui si è detto, essendo presidiati dagli organi fallimentari, si devono ritenere idonei a certificare l’adempimento dell’obbligazione a carico dell’appaltatore fallito e satisfattoria delle ragioni creditorie del subappaltatore, sia pure nei limiti di capienza della massa attiva.

La prededuzione nella materia che ci occupa va intesa dunque in senso pragmatico come mera modalità operativa – peraltro l’unica - e non in senso tecnico quale istituto giuridico che, ai sensi di legge, consente di riconoscere ad alcuni una preferenza nel riparto dell’attivo fallimentare.

In questo senso, chi scrive ritiene superabile il contrasto giurisprudenziale che è scaturito dall’ampliamento concettuale della prededuzione stessa.

In concreto però non è tanto questione di accezione estensiva o restrittiva della prededuzione quanto di esatto inquadramento dei fatti sottesi al soddisfacimento dei crediti in esame.

In altri termini, l'ammissione in prededuzione dei crediti dei subappaltatori rende esigibile il pagamento dell’ultimo acconto contrattuale, risolvendo anche il potenziale conflitto che potrebbe insorgere fra le ragioni creditorie dei subappaltatori e quelle delle associate nel caso di fallimento della capogruppo di un’A.T.I, appaltatrice, visto che il fallimento stesso, ai sensi di legge, determina lo scioglimento del mandato  su cui si fonda l’A.T.I. e, a giudizio della Cassazione, conferisce alle associate la legittimazione a ricevere la parte del corrispettivo d’appalto di propria spettanza, in qualità di parte sostanziale del contratto d’appalto.

Solo distinguendo l'esigibilità del credito complessivo che scaturisce da un unico contratto d'appalto e da un'unica contabilità dalla legittimazione a ricevere in via diretta i singoli pagamenti mediante l’emissione dei relativi mandati, è possibile ordinare i pagamenti di ciascun esecutore secondo un criterio logico-giuridico ineccepibile: l’adempimento delle obbligazioni contrattuali è condizione necessaria per ottenere il pagamento delle proprie spettanze. A maggior ragione nel caso che ci occupa, visto che i subappaltatori concorrono alla maturazione del S.A.L., dando un apporto decisivo all’A.T.I. nella sua interezza.

Si comprende quindi che ogni indugio nell'ammissione al passivo fallimentare dei crediti dei subappaltatori in prededuzione degli altri crediti danneggia anche la posizione creditoria delle associate.

Ciò chiarito, con riferimento agli importi ancora da incassare (ritenute dell’appalto di € 500,00 ed eventuali importi maturati nell’ambito del cd. corrispondente al finale) chi scrive ritiene che la ricognizione e riduzione dei crediti di cui si è detto possano consentire il pagamento diretto[33] anche in senso formale, vale a dire mediante l’emissione del mandato di pagamento intestato al subappaltatore, previo rilascio da parte sua di fattura nei confronti della stazione appaltante, la quale dopo la dichiarazione di fallimento, esegue l’obbligazione oggetto di accollo, sulla scorta della proposta di pagamento da parte del debitore accollato (appaltatrice prima, curatela fallimentare poi).

In altri termini, la committenza pagando in adempimento di un “obbligo proprio”, vale a dire quello derivante dall’accollo, potrebbe così giustificare l’uscita a bilancio a nome del subappaltatore. Si tratta comunque di un accollo interno, sicchè il subappaltatore non può pretendere il pagamento delle proprie spettanze in mancanza della relativa proposta da parte della curatela che così, accertato l’adempimento pieno ed esatto da parte del subappaltatore, chiude il subprocedimento di liquidazione delle relative spettanze.

E’ solo un modo per rendere più chiaro che una volta ottenuto attraverso la suddetta ricognizione dei crediti il riconoscimento dei corrispondenti debiti verso i subappaltatori ed acquisita la proposta di pagamento di cui si è appena detto, sarebbe un’inutile complicazione procedurale il pagamento alla curatela fallimentare che poi dovrebbe trasferire gli importi al subappaltatore. Lo stesso si dica nel caso dei pagamenti in deroga al bando di gara (introdotti proprio per affrontare le conseguenze della crisi finanziaria dell’appaltatore) e a maggior ragione di quelli obbligatori per legge, motivati dall’incidenza economica sull’appalto delle prestazioni superspecialistiche richiamate dall’art. 37 citato.

In altri termini, non importa se i primi sono costruiti ab initio sull’accollo interno, mentre i secondi sulla delegazione di pagamento. Ciò che conta è la scelta obbligata dell’amministrazione appaltante, se vuole contribuire a risolvere la questione che ci occupa, di voler eseguire alle condizioni sopra descritte, l’obbligazione oggetto di accollo originario o di voler assumere l’obbligazione stessa dopo l’estinzione del mandato a supporto della delegazione di pagamento, visto che il pagamento diretto al curatore fallimentare dell’appaltatrice, quale logica conseguenza di siffatta estinzione non darebbe un’idonea chiusura al contratto d’appalto, non dando a monte attuazione ad un inderogabile obbligo di legge,.

Ciò detto, la semplificazione procedurale proposta peraltro, sul piano sostanziale, avvicina il subappaltatore stesso all’associato nel senso che entrambi, possono essere sebbene per motivi diversi[34], destinatari diretti, anche in senso formale, delle loro spettanze in quanto esecutori dell’appalto. Entrambi infatti hanno in realtà un diritto proprio ad ottenere parte del corrispettivo d’appalto, indipendentemente dal se l’appaltatore sia in bonis o fallito. Nel primo caso prevale la regola per cui il debito verso le associate e i subappaltatori può essere estinto solo nelle mani dell’appaltatore, in considerazione, rispettivamente, dell’opportunità di dare alla committenza un unico interlocutore e della posizione di terzietà della committenza stessa rispetto al contratto di subappalto. Nel secondo caso deve prevalere la regola dei pagamenti diretti anche in senso formale, altrimenti si determinerebbe una disparità di trattamento fra soggetti che hanno contribuito magari in egual misura alla realizzazione dell’opera – addirittura il subappaltatore potrebbe aver risolto all’appaltatore anche un problema di qualificazione in sede di gara (cd. avvalimento sostanziale) – giustificata solo da un diverso titolo giuridico. 

La suddetta semplificazione consente inoltre di effettuare, in caso di irregolarità contributiva del subappaltatore, il pagamento diretto agli enti di previdenza ed assistenza che sarebbe precluso nell’eventualità in cui si procedesse nel pagamento alla curatela fallimentare dell’appaltatrice, in coerenza con la logica di sistema.

In sintesi, quindi, avvalendosi dell’esempio sopra illustrato, l’importo di € 71.640,00 ricevuto nell’acconto precedente rispetto a quello cui si riferisce la dichiarazione di fallimento e le ritenute del contratto di subappalto di € 7.960,00 (anch’esse già incassate) devono essere ammesse in prededuzione mentre l’importo delle ritenute dell’appalto (€ 500,00) ed eventuali altri importi maturati nell’ultimo acconto possono essere pagati direttamente dall’amministrazione committente.


6. L’impressione che si ricava dalla lettura delle sentenze di merito è che la preoccupazione per una dilatazione della nozione della prededucibilità dei crediti dell’impresa fallita possa far perdere di vista qual è il vero problema da risolvere: il soddisfacimento “pieno”, per quanto possibile, delle ragioni creditorie dei subappaltatori pubblici, visto che in tal senso depone con inequivocabile chiarezza il relativo Codice che compendia, unitamente al relativo Regolamento, la normativa speciale di riferimento.

Anche in considerazione della natura degli interessi ad esso sottesi, oltre che in ragione dei criteri cronologico e di specialità - peraltro già evidenziati dalla sentenza in esame – essa prevale su ogni altra normativa, compresa quella fallimentare, conservando intatti i propri principi anche allorquando interferisca con quest’ultima.

Ed è per questo che il principio di fondo  in base al quale ciascun esecutore, a qualsiasi titolo, di un appalto pubblico deve essere tutelato nelle proprie ragioni creditorie, visto che nella sostanza condivide la stessa committenza la quale si avvantaggia del lavoro di ciascuno di essi, non si può ritenere compromesso dalla sopravvenuta dichiarazione di fallimento dell’appaltatore. A maggior ragione nell’attuale contesto storico connotato da una chiara volontà legislativa nel senso di scongiurare il rischio di un effetto a catena del fallimento dell’appaltatore sugli altri operatori economici coinvolti nell’esecuzione di un appalto pubblico. La tutela dei loro crediti consente in definitiva il mantenimento dei livelli occupazionali e quindi, a giudizio del legislatore, la tenuta del sistema economico nazionale.

Perciò qualsiasi altra soluzione si voglia dare al problema che ci occupa, occorre tener conto della complessità degli interessi in gioco presidiati dalle stazioni appaltanti nella doppia veste di titolari della funzione pubblica e di garanti della legalità formale e sostanziale anche nell’ambito dei procedimenti privatistici, come quello in trattazione.

Non può essere diversamente: la gestione di un contratto d’appalto e la relativa chiusura non possono prescindere dall’accertamento, a cura delle amministrazioni appaltanti che ne sono responsabili, dell’adempimento di tutte le obbligazioni del contratto d’appalto, compresa quella riferita ai crediti dei subappaltatori. Ed è per questo che esse sono tenute a sospendere i pagamenti nei confronti degli appaltatori falliti, così come esse stesse facevano prima del 2007 sollevando l’eccezione di inadempimento di fonte civilistica. La sospensione ovviamente determina un oggettivo stallo procedurale che pregiudica inevitabilmente gli interessi di tutti i soggetti coinvolti nelle relative procedure: innanzitutto quello del subappaltatore all’incasso degli importi maturati; poi quello degli appaltatori falliti alla chiusura della procedura fallimentare ed infine quelli delle amministrazioni stesse alla definizione delle procedure amministrativo-contabili, visto che esse implicano costi di gestione, motivati anche dal costante monitoraggio del relativo stato di trattazione. In altri termini, se le amministrazioni non sono in grado di definire tali procedimenti a causa dell’insussistenza anche di uno solo degli atti che ne scandiscono la sequenza, nella specie le fatture quietanzate, sono tenute per legge a sospendere il pagamento successivo qualsiasi esso sia (oltre che a bloccare il deposito cauzionale), peraltro contro il proprio interesse alla definizione delle procedure amministrativo-contabili.

Ciò dimostra che vi è in tal caso un’impossibilità oggettiva che non si può ritenere superata sic et simpliciter mediante il pagamento al curatore fallimentare.

Lo sforzo interpretativo deve essere finalizzato perciò a colmare in qualche modo la suddetta lacuna istruttoria nel rispetto ovviamente dei principi ispiratori della normativa fallimentare ma nella consapevolezza che non è a rischio quello alla par condicio creditorum, visto che, ad avviso di chi scrive, solo il ribasso convenuto con il contratto di subappalto concorre a formare la massa attiva. Tenuto conto che il pagamento delle spettanze dei subappaltatori è al netto di tale ribasso, non vi è alcuna interferenza con le ragioni degli altri creditori. Non si ritiene perciò che costoro possano negare l’autorizzazione alla riduzione a bilancio del credito effettivo dell’appaltatrice fallita, preceduta da quella relativa alla ricognizione dei crediti dei subappaltatori.

D’altro canto, ad avviso di chi scrive, questo è l’unico modo per fare chiarezza a bilancio e per consentire al curatore fallimentare l’ammissione in prededuzione degli importi incassati dall’appaltatore in bonis e alla stazione appaltante il pagamento diretto, in senso anche formale, degli importi ancora da versare secondo le scadenze dell’appalto.



[1] Estratto dal Volume “Il subappalto dei lavori pubblici. Commento e modulistica” a cura di Lia Sadile, Giuffrè Editore, Milano 2014.

[2] Recepita peraltro dall’ex Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici (ora Autorità Anticorruzione, d’ora innanzi l’Autorità) con il parere n. AG 26/12 del 7/03/13)

[3] In senso conforme si vedano le sentenze del Tribunale di Pavia del 26 febbraio 2014 e del Tribunale di Milano del 17 luglio 2014.

[4] Ed è per questo che l'impresa subappaltatrice può esercitare il diritto d'accesso nei confronti della stazione appaltante, estraendo copia o prendendo visione del contratto d'appalto e dei relativi atti tecnico-contabili. La giurisprudenza (sentenze del T..A.R. del Lazio Sez. III del 7 ottobre 2013, n. 8639 e del 14 maggio 2014, n. 5080 ed anche del Consiglio di Stato Sez. IV, 4 febbraio 1997, n. 82) ha ravvisato la sussistenza di un interesse concreto ed attuale a tale 'accesso ritenuto compatibile con la natura privatistica della documentazione richiesta dal momento che essa rientra comunque nella nozione di “documento amministrativo”, ai sensi dell' art. 22, comma 1, lett d) della Legge sul procedimento, essendo adottata da un ente pubblico che, come noto, persegue le proprie finalità pubblicistiche anche attraverso strumenti di diritto privato. È dunque la strumentalità con i fini pubblici ad imporre l'assoggettabilità della documentazione sopra descritta al regime dell'accesso e, quindi, l'ostensibilità al privato.

[5] La quantificazione del credito del subappaltatore non scaturisce dal procedimento di liquidazione dell’acconto ma dal subprocedimento inserito nel rapporto di subappalto. L’Amministrazione appaltante quindi, in coerenza con la sua posizione di terzietà, ne rimane estranea. Tuttavia, come si vedrà nel corso della presente trattazione, la committenza pubblica è sempre tenuta ad accertare la congruità tecnico-economica degli importi liquidati dall’appaltatore, a prescindere dalla modalità di pagamento del corrispettivo del subappalto.

[6] Gli atti tecnico-contabili, al S.A.L. n.3 documentano il raggiungimento della percentuale del 90% dei lavori eseguiti sino a quella data corrispondente all’importo complessivo di € 900.000,00, mentre al S.A.L. n.4 documentano l’integrale esecuzione dei lavori medesimi alla relativa data di ultimazione.

[7] Ovviamente l’appaltatrice può avvalersi anche di più subappaltatori. La scelta del singolare è motivata da un’esigenza di semplificazione della trattazione.

[8] Il S.A.L. a sua volta è già depurato dal ribasso offerto dall’appaltatore in sede di gara e dalle ritenute di legge (0,50%) di cui si è detto.

[9]La legge prescrive che il ribasso non può eccedere il 20 % dei singoli prezzi dell’appalto.

[10] Nel silenzio del legislatore sul punto, in linea di principio, possono ritenersi oggetto di libera contrattazione. L’argomento è tuttavia controverso.

[11] € 100.000,00 (che è la quota/parte del S.A.L. eseguita dal subappaltatore, calcolata al netto del ribasso d’appalto) – le ritenute di legge dello 0,50% (€ 99.500,00) - il ribasso del 20% (pari ad € 19.900,00) = corrispettivo del subappaltatore di € 79.600,00 - ritenute di € 7.960,00 (che costituiscono il saldo del subappaltatore) = € 71.640,00.

[12] L’art. 37 – comma 11 - del Codice dei contratti pubblici prevede infatti un’ipotesi di pagamento diretto obbligatorio.

[13] L'ultima riformulazione della norma in esame a cura del D.L. del 23/12/13 n. 145 (art. 13, comma 10) convertito con modifiche con la legge 21/02/14 n. 9, ha legittimato mediante la riformulazione dell’art. 118 citato - comma 3 - e l’introduzione del comma 3- bis le stazioni appaltanti, a procedere nel pagamento diretto del subappaltatore per i contratti d'appalto in corso d'esecuzione, anche in deroga alle previsioni del bando di gara. Ovviamente non cambia l’operatività dell’istituto in esame.

[14] A parere di chi scrive, l’inosservanza dell’obbligo in esame deve essere sanzionata alla stessa maniera prevista dalla legge nel caso di pagamento indiretto, vale a dire con la sospensione del pagamento successivo, visto che la sostanza del fenomeno non cambia: in entrambi i casi vi è un appaltatore indebitato con un subappaltatore, che rispettivamente non documenta l'intervenuta estinzione del debito o non pone l'amministrazione committente nella condizione di adempiere.A ben vedere, l'effettivo precetto risiede nel pagamento delle spettanze del subappaltatore e non invece negli adempimenti riferiti alle singole modalità di pagamento. Ne deriva perciò l'unitarietà della sanzione che è la sospensione dell'acconto successivo, anche se essa sembra prevista solo con riferimento al pagamento indiretto.

[15]L'Autorità con il parere del 07/03/13 citato ha ritenuto che si tratti di una delegazione di pagamento ex lege.

[16]Sebbene i rapporti in esame sembrino formalmente autonomi, essendo generati da contratti distinti, in realtà non lo sono dal momento che entrambi sono riconducibili al contratto d'appalto. Sicchè i rapporti stessi, sul piano giuridico, appaiono strettamente compenetrati ed in particolare quello di valuta si inserisce in quello di provvista quale suo segmento, come conferma anche la proposta di pagamento da una parte e la maturazione del S.A.L. da quell'altra quali condizioni necessarie per disporre il relativo pagamento.

[17]Nel caso in cui l'appaltatore è costituito in forma associativa il subappaltatore deve emettere fattura, in caso di A.T.I. nei confronti della capogruppo, indipendentemente dal se abbia collaborato con la capogruppo stessa o con un'associata mentre invece in caso di consorzio nei confronti del consorzio medesimo.

[18]Tenuto conto che nell’accollo interno l’assuntore è tenuto a provvedere direttamente all’adempimento o ad anticiparne i mezzi (C.M. BIANCA - “Manuale di diritto civile”- Vol. 4 - Giuffrè Editore), si deve ritenere che anche il cd. pagamento indiretto configuri un’ipotesi di accollo.

[19] Anzi, ad avviso di chi scrive, è inopportuno che lo faccia dal momento che nel caso di eventuale accertamento dell'irregolarità contributiva la stazione appaltante è comunque tenuta ad effettuare il pagamento diretto agli enti dal momento che a tal fine rileva l’attualità del debito derivante dal contratto d’appalto e quindi dal rapporto di provvista. Ne consegue che l'appaltatore si assume il rischio che la subappaltatore non gli restituisca l'importo versato anticipatamente.

[20] Per l’approfondimento del concetto di quietanza in generale si rinvia alla sentenza della Cassazione a Sezioni Unite del 22 settembre 2014, n. 19888.

[21] Art.2 – comma 1- lett. bb) del D.Lgs. 113 del 31/07/07 (cd. secondo correttivo al Codice dei contratti pubblici in vigore dall’01/08/07).

[22] L’eccezione di inadempimento si spiega agevolmente se si considera che l’obbligo di trasferire le spettanze al subappaltatore costituisce oggetto di una specifica obbligazione, sebbene abbia ad oggetto un prestazione a favore di un soggetto terzo rispetto alla committenza, assunta dall’appaltatore con la stipula del contratto d’appalto. Nella prassi quindi, anche prima dell’introduzione della sospensione ex lege, si procedeva comunque in tal senso proprio argomentando sulla base dell’eccezione di inadempimento di fonte civilistica.

[23] A parere di chi scrive, l’appaltatore è comunque tenuto in ottemperanza agli obblighi derivanti dalla buona fede esecutiva, ad informare la committenza circa il proprio stato di crisi, a maggior ragione ora che vi è una norma finalizzata proprio ad evitare che gli importi incassati per conto dei subappaltatori non vadano a destinazione perché assorbiti dai debiti verso le banche.

[24] Analoghe ragioni hanno storicamente indotto il legislatore a riconoscere ai dipendenti del subappaltatore la medesima tutela sul piano retributivo e previdenziale/assicurativo prevista per i dipendenti dell'appaltatore medesimo.

[25] L’acconto, entro n. 60 giorni dalla maturazione del S.A.L. di cui n.30 per il rilascio del certificato di pagamento a cura del Responsabile del Procedimento e n.30 giorni per l’emissione del mandato; il saldo, dopo l’approvazione del collaudo provvisorio stesso, entro n. 90 giorni dalla presentazione della polizza a garanzia del saldo medesimo ovvero al collaudo definitivo e quindi entro n. 90 giorni dalla scadenza del biennio di legge che decorre dal collaudo provvisorio.

[26] E’ evidente che se l’ordine fosse eseguito dal subappaltatore originario non vi sarebbe il problema.

[27] Sull’argomento si segnala il Parere sulla Normativa del 10/02/11 espresso dall’Autorità.

[28] Nel caso di ripristini ritenuti necessari prima ancora di tale accredito si ricade nell’ipotesi delle detrazioni.

[29] Per evitare ciò, si ritiene opportuno che l’iscrizione a bilancio degli importi fatturati al lordo delle spettanze dei subappaltatori venga effettuata con una modalità che renda subito chiara che si tratta di una sorta di partita di giro.

[30] Gli importi incassati e versati al subappaltatore prima della dichiarazione di fallimento per tutto quanto detto sono neutri rispetto alla soluzione proposta.

[31] Proprio perché vi è un obbligo in tal senso, chi scrive ritiene che il curatore debba, già al momento delle comunicazioni ai creditori, rendere edotti i subappaltatori pubblici circa gli importi già incassati dall'appaltatore fallito e chiedere conferma dell'importo di quello ancora da incassare in modo da consentire loro la corretta presentazione della domanda in prededuzione, adempiendo così ai doveri del proprio ufficio, la cui ampiezza è motivata proprio dalla speciale natura dei relativi crediti in ambito pubblico.

[32] Ed è per questo che, ad avviso di chi scrive, il reimpiego di siffatti importi ai danni dei relativi titolari impone anche una verifica sotto il profilo dell'eventuale rilevanza penale della condotta posta in essere dai responsabili dell'impresa fallita.

[33] Ovviamente, il pagamento diretto dei lavori contenuti in tale acconto deve essere effettuato, al netto della relativa percentuale di ribasso concordata in sede di stipula del contratto di subappalto, visto che essa corrisponde al legittimo utile dell’appaltatore.

[34] L’associato perché è parte sostanziale del contratto d’appalto, il subappaltatore perché è il soggetto accollatario.


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