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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 28/11/2008 Scarica PDF
Enti locali e strumenti finanziari derivati: evoluzione normativa
Pierluigi Fadel e Andrea Marangoni, AvvocatiSommario: 1. Premessa; 2 L'accesso ai mercati ed alle operazioni in strumenti derivati; 3. Enti territoriali e strumenti finanziari derivati: margini di utilità e rischi; 4. La disciplina delle delegazioni di pagamento nel sistema degli enti locali.
1. Premessa
Il progressivo riconoscimento in capo agli enti locali di una perfetta
autonomia finanziaria, iniziato nel 1994 con l'eliminazione del regime di
monopolio della Cassa Depositi e Prestiti nell'erogazione del credito(1) e
continuato con la nota riforma costituzionale del 2001(2), ha comportato la
necessità per questi enti di reperire nuove risorse esterne per il
finanziamento delle proprie spese di investimento.
Come già sottolineato dalla Corte dei Conti nel 2005, questa "difficile
situazione" ha indotto gli enti territoriali "a ritagliarsi percorsi
di sostenibilità finanziaria, rivolgendosi a nuovi canali di finanziamento per
controbilanciare recenti tagli dei finanziamenti e far fronte ad una
dilatazione della spesa rigida"(3).
In un simile scenario, caratterizzato dal sempre maggior utilizzo di strumenti
di raccolta del denaro quali mutui passivi e prestiti obbligazionari, si è
assistito ad un progressivo sviluppo, in una logica di gestione attiva del
debito, nell'utilizzazione di strumenti di finanza c.d. innovativa, quali
appunto i contratti derivati(4).
Da un punto di vista strettamente normativo, il ricorso all'indebitamento da
parte degli enti locali trova regolamentazione nell'art. 202 del Testo Unico
sugli Enti Locali, D. Lgs. n. 267 del 2000 (c.d. T.U.E.L.), il quale,
prevedendo che "il ricorso all'indebitamento da parte degli enti locali è
ammesso esclusivamente nelle forme previste dalle leggi vigenti in materia e
per la realizzazione degli investimenti", fissa il principio generale in
base al quale l'indebitamento di tali enti può essere destinato a finanziare
solo spese in conto capitale e non spese correnti. Invero, la stessa norma
consente il ricorso a mutui passivi anche per il finanziamento di debiti fuori
bilancio e per altre destinazioni di legge, così legittimando interpretazioni
distorsive di tale principio generale.
Sulla questione è intervenuto in modo decisivo il legislatore costituzionale,
laddove al nuovo art. 119 della Costituzione, riconoscendo l'autonomia
finanziaria degli enti pubblici territoriali, ha stabilito come gli stessi
"possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di
investimento"(5).
Un simile vincolo di destinazione (per cui un investimento dev'essere
finanziato con risorse proprie o, come estrema ratio, attraverso l'assunzione
di nuovi prestiti), impone come corollario, secondo un'elementare logica di
economia aziendale, la necessaria "sincronia temporale" tra periodo
di utilizzo del bene acquistato e fonte di finanziamento(6).
Al fine di dare attuazione a tale dettato costituzionale, il legislatore, con
la legge finanziaria per il 2004(7), ha definito le regole per il ricorso
all'indebitamento da parte delle regioni e degli enti locali, individuando
specificamente le operazioni riconducibili, appunto, al concetto
d'indebitamento.
In particolare, ai sensi dell'art. 3, comma 17 della normativa citata,
costituiscono indebitamento "l'assunzione di mutui, l'emissione di
prestiti obbligazionari, le cartolarizzazioni di flussi futuri di entrata non
collegati a un'attività patrimoniale preesistente e le cartolarizzazioni con
corrispettivo iniziale inferiore all'85 per cento del prezzo di mercato
dell'attività oggetto di cartolarizzazione valutato da un'unità indipendente e
specializzata. Costituiscono, inoltre, indebitamento le operazioni di
cartolarizzazione accompagnate da garanzie fornite da amministrazioni pubbliche
e le cartolarizzazioni e le cessioni di crediti vantati verso altre
amministrazioni pubbliche". Diversamente, non rientrano nel concetto di
indebitamento "le operazioni che non comportano risorse aggiuntive, ma
consentono di superare, entro il limite massimo stabilito dalla normativa
statale vigente, una momentanea carenza di liquidità e di effettuare spese per
le quali è già prevista idonea copertura di bilancio".
Per quanto riguarda poi gli strumenti di gestione del debito pubblico
utilizzabili dagli enti locali nella propria attività di gestione finanziaria,
la legge finanziaria per il 2002 ha avuto modo di affermare come tali enti
"possono emettere titoli obbligazionari con rimborso del capitale in unica
soluzione alla scadenza, previa costituzione, al momento dell'emissione, di un
fondo di ammortamento del debito, o previa conclusione di swap per
l'ammortamento del debito". Altresì, gli stessi "possono provvedere
alla conversione dei mutui contratti successivamente al 31 dicembre 1996, anche
mediante il collocamento di titoli obbligazionari di nuova emissione o
rinegoziazioni, anche con altri istituti, dei mutui, in presenza di condizioni
di rifinanziamento che consentano una riduzione del valore finanziario delle
passività totali a carico degli enti stessi"(8).
In uno scenario quale quello qui brevemente descritto, emerge chiaramente come
l'attività di gestione attiva del debito da parte dell'ente pubblico territoriale
debba essere valutata soprattutto con riferimento alle finalità cui la stessa
mira.
In tal senso, la gestione attiva del debito, soprattutto nell'ipotesi in cui si
utilizzino strumenti di finanza innovativa (quali appunto i contratti
derivati), impone scelte che si rivelano finanziariamente convenienti e
politicamente corrette nella misura in cui le stesse siano effettuate
all'interno di un piano di razionalizzazione della gestione degli investimenti
e dei finanziamenti, rappresentando, viceversa, operazioni tecnicamente miopi e
politicamente deprecabili laddove eseguite per far fronte ad esigenze di spesa
corrente, così concretizzandosi in una politica finanziariamente dissennata
volta a eludere i limiti dell'indebitamento o comunque a traslare nel medio
lungo periodo gli oneri dei propri debiti(9).
Sul punto, e coerentemente con quanto fin qui detto, la Corte dei Conti ha
avuto modo di sottolineare come "la rincorsa ai nuovi prodotti finanziari
[...] nei casi in cui rappresenti una scelta necessitata, a causa di un
insostenibile costo del debito tradizionale, include maggiori rischi"(10).
2. L'accesso ai mercati ed alle operazioni in strumenti derivati
Con D.M. 1 dicembre 2003, n. 389, attuativo dell'art. 41, comma 1 della legge
n. 488 del 2001 (finanziaria per il 2002)(11), il ministero dell'Economia e
delle Finanze ha dettato, limitatamente alle operazioni di finanziamento a
medio e lungo termine o di cartolarizzazione di importo pari o superiore a 100
milioni di Euro, i precetti fondamentali regolanti l'accesso al mercato dei
capitali da parte degli enti locali.
In particolare, e per quanto qui maggiormente interessa, sono stati: da un
lato, con riferimento al citato art. 41 della L. 488 del 2001, delineati gli
elementi propri della struttura di ammortamento (fondo di ammortamento del
debito ovvero swap per l'ammortamento del debito) imposti da tale normativa in
presenza di un'operazione di emissione obbligazionaria realizzata nella forma
bullet, con obbligo di rimborso del capitale in un unica soluzione a
scadenza(12); dall'altro, in via del tutto innovativa, sono state previste importati
novità con riferimento all'utilizzo di strumenti finanziari derivati(13).
Con riferimento al primo punto, è stato sancito che i contratti relativi alla
gestione di un fondo per l'ammortamento del capitale da rimborsare (c.d.
sinking fund) o, alternativamente, per la conclusione di uno swap per
l'ammortamento del debito (c.d. amortizing swap), possano essere conclusi
solamente con intermediari contraddistinti da un adeguato merito creditizio,
cosi come certificato da note agenzie di rating riconosciute a livello
internazionale. Con particolare riferimento al fondo di ammortamento, è stato
previsto che le somme accantonate possano essere investite esclusivamente in
titoli obbligazionari di enti e amministrazioni pubbliche nonché di società a
partecipazione pubblica di Stati appartenenti all'Unione Europea.
Per quanto concerne invece l'operatività degli enti territoriali in strumenti
derivati, il decreto ministeriale ha previsto, in caso di operazioni di
indebitamento effettuate in valute diverse dall'Euro, l'obbligo, per gli enti
esposti a tale rischio di cambio, di stipulare contratti di "swap di tassi
di cambio", finalizzati alla copertura di detto rischio.
Inoltre, in una logica di raggiunta autonomia finanziaria, il decreto ha
concesso la possibilità per gli enti territoriali di sottoscrivere contratti di
interest swap; di essere "parte acquirente" in contratti di forward
rate agreement, di interest rate cap e di interest rate collar; di concludere
altre operazioni derivate contenenti combinazioni delle fattispecie negoziali
precedenti, in grado di consentire il passaggio da tasso fisso a variabile e
viceversa al raggiungimento di un valore soglia predefinito o passato un
periodo di tempo predefinito; nonché altre operazioni derivate finalizzate alla
ristrutturazione del debito(14).
In quest'ultimo caso, e cioè laddove l'accesso alla finanza derivata risulti
funzionale alla ristrutturazione del debito, la stipula di tali contratti è
ammessa a condizione che i flussi con essi ricevuti dagli enti interessati
siano uguali a quelli pagati nella sottostante passività e non implichino, al
momento del loro perfezionamento, un profilo crescente dei valori attuali dei
singoli flussi di pagamento, a eccezione di un eventuale sconto o premio da
regolare al momento del perfezionamento delle operazioni non superiore all'1%
del nozionale della sottostante passività.
Di fatto, le disposizioni riportate nel decreto tendono ad escludere il
realizzarsi di condizioni che siano in grado di originare "profilo
crescente dei valori attuali", tramite il divieto di posticipare le
scadenze o di percepire elevate somme up-front e collegando, di fatto,
l'operazione derivata e la posizione di mutuo sottostante le cui scadenze
vengono a coincidere(15).
In generale, tali operazioni derivate possono essere concluse solamente in
corrispondenza di passività effettivamente dovute ed indicizzate esclusivamente
a parametri monetari di riferimento nell'area dei Paesi appartenenti al Gruppo
dei sette più industrializzati.
Al pari di quanto detto precedentemente in relazione alla conclusione delle
diverse strutture di ammortamento, anche le operazioni in contratti derivati
possono essere concluse unicamente con intermediari controparti contraddistinti
da un adeguato merito creditizio certificato da agenzie di rating riconosciute
a livello internazionale.
In data 24 maggio 2004 (G.U. del 3 giugno 2004, n. 128), il Ministero
dell'Economia e delle Finanze ha emesso una circolare esplicativa al fine di
chiarire alcuni aspetti interpretativi necessari per una corretta applicazione
delle norme contenute nel suddetto regolamento.
In particolare, per quanto concerne l'investimento delle somme accantonate nel
fondo di ammortamento (sinking fund), in "considerazione del fatto che il
rischio sul portafoglio dei titoli conferiti al fondo di ammortamento rimane
comunque a totale carico dell'ente", si sottolinea l'importanza del rating
nella selezione dei soggetti emittenti i titoli utilizzati per la costituzione
del fondo e si fissano dei limiti oggettivi in merito alle tipologie
utilizzabili, secondo una chiara logica di riduzione del rischio di credito(16).
Inoltre, secondo un principio che nelle precedenti pagine è stato definito di
"sincronia temporale", viene fatto obbligo per gli enti
sottoscrittori di vincolare la scadenza degli investimenti alla durata del
fondo di ammortamento.
In modo assolutamente decisivo, il Ministero specifica come, nella loro
attività discrezionale di gestione finanziaria, gli enti territoriali devono,
nella fase precontrattuale di strutturazione di un'emissione obbligazionaria,
considerare il costo complessivo della stessa, comparando i vantaggi e gli
svantaggi, non solo meramente economici, che una struttura con rimborso unico a
scadenza del capitale, c.d. bullet, comporta rispetto ad una in ammortamento,
c.d. amortizing, valutando, per quanto desumibile dalle condizioni di mercato
al momento dell'emissione, "la relazione tra tale differenziale di costo
ed il maggiore rischio sopportato dall'ente in virtù della costituzione del
fondo o dello swap per l'ammortamento". Una simile valutazione deve
altresì tener conto del fatto che "le emissioni bullet, ancorché associate
ad uno swap di ammortamento, pesano per l'interno ammontare fino alla scadenza
ai fini delle rilevazioni Eurostat del debito pubblico".
Per quanto riguarda i criteri volti all'individuazione degli intermediari con i
quali è ammissibile concludere i contratti relativi alla gestione di un fondo o
allo swap per l'ammortamento del debito, in termini analoghi a quanto previsto
per la stipula di contratti derivati, la Circolare individua criteri oggettivi
per la determinazione del rating creditizio di tali intermediari(17).
Con riferimento alle operazioni in strumenti derivati previste dall'art. 3,
comma 2, alle lett. a-d del D.M., la Circolare precisa come le operazioni
ammesse siano esclusivamente quelle concluse nella forma "plain
vanilla", escludendo dunque qualsiasi forma di opzionalità, ed altresì
vietando la conclusione di strumenti derivati che sfruttino l'effetto leva o
comunque moltiplicatori di parametri finanziari.
Per quanto attiene le "altre operazioni derivate" previste dal
precedente regolamento, le stesse devono in ogni caso essere riconducibili a
combinazioni delle strutture base indicate, escludendo in tal modo il
perseguimento di qualsivoglia finalità speculativa. Come precisato dalla
Circolare "si ritiene infatti che queste tipologie siano coerenti con il
contenimento dell'esposizione dell'ente ai rischi finanziari conseguenti al
rialzo dei tassi di interesse e quindi con l'obiettivo del contenimento del
costo dell'indebitamento".
Si precisa inoltre come sia concessa la possibilità agli enti territoriali di
rinegoziare gli strumenti derivati originariamente sottoscritti in funzione
delle caratteristiche proprie della nuova struttura di finanziamento(18).
Il provvedimento ministeriale si conclude con un tanto corretto quanto poco
ascoltato auspicio, laddove ricorda che "considerata, infine, la
particolare caratteristica di rischiosità strettamente connessa con l'attività
in derivati, si raccomanda che gli enti destinatari del decreto n. 389 del 2003,
a fine cautelativo, facciano riferimento alle norme del Regolamanto di
attuazione del D. Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, adottato dalla CONSOB con
Delibera del 1° luglio 1998 e successive modificazioni, con particolare
riguardo agli articoli da 25 a 31 ed al "Documento sui rischi generali
degli investimenti in strumenti finanziari" allegato al predetto
Regolamento CONSOB".
A regolare la materia è poi intervenuto l'articolo unico della L. 27 dicembre
2006, n. 296 (Finanziaria 2007), in parte ribadendo ed in parte innovando
quanto fin qui detto.
In particolare, ai sensi e per gli effetti del comma 736, viene espressamente
confermata la finalità di mera copertura che necessariamente devono avere le
operazioni di gestione del debito tramite utilizzo di strumenti derivati, le
quali "devono essere improntate alla riduzione del costo finale del debito
e alla riduzione dell'esposizione ai rischi di mercato"(19). Una simile
prescrizione, così come descritto dalla relativa circolare esplicativa, emanata
dal Ministero dell'Economia e della Finanza in data 31 gennaio 2007 (G.U. del 5
febbraio 2007, n. 29), richiama l'esigenza di "coniugare il doveroso
rispetto dell'autonomia della finanza locale con l'imprescindibile riguardo
all'economicità complessiva delle operazioni poste in essere dagli enti per la
gestione del debito".
Con riferimento alla "riduzione del costo finale del debito", è
possibile sottolineare come quest'ultima espressione non possa essere intesa in
senso letterale, posto che un giudizio "di merito" sull'operazione
non può essere dato ex post, ma piuttosto ex ante, attraverso un'attenta
analisi del valore di mercato del contratto al momento della stipula (mark to
market) volta ad accertare l'assenza di eventuali "costi impliciti
abnormi" (valutazione preliminare di congruità economica), nonché, ove
tale giudizio risultasse negativo, attraverso un giudizio complessivo in merito
alla corretta gestione finanziaria dell'ente esprimibile in termini di
sostenibilità o di adeguatezza dell'operazione rispetto al rischio assunto. Un
simile giudizio si dovrebbe concretizzare nella verifica volta ad accertare che
l'obbiettivo della tendenziale riduzione del costo del debito sia stato
perseguito attraverso una coerente assunzione di rischio, compatibilmente con
la specifica situazione finanziaria dell'ente, in un'ottica di elevata prudenza
finanziaria cui deve necessariamente conformarsi l'azione delle amministrazioni
pubbliche(20).
Inoltre, in modo del tutto innovativo, la legge finanziaria del 2007 ha
previsto particolari oneri informativi in capo agli enti territoriali in
ipotesi di operazioni di ammortamento di titoli bullet e le operazioni in
strumenti derivati, stabilendo l'obbligo di trasmettere al Dipartimento del
Tesoro i contratti ad esse relativi(21). La violazione di tale precetto
risulta, per espressa previsione legislativa, causa d'invalidità del contratto,
stante l'efficacia costitutiva cui la norma de qua riconduce alla stessa
trasmissione(22).
Frutto delle preoccupazioni sorte sul finire del 2007 a seguito dei noti
scandali emersi dalle indagini giornalistico televisive(23), la L. 24 dicembre
2007, n. 244 (legge finanziaria 2008) ha previsto l'invalidità (rectius
inefficacia), oltre per quei contratti che non siano stati correttamente
trasmessi, a cura degli enti contraenti, al Ministero dell'Economia e delle
Finanze prima della loro sottoscrizione, anche per quelli che, dovendo essere
"informati alla massima trasparenza"(24), non risultino idonei ad
assicurare, secondo la procedura indicata(25), il rispetto dei presupposti di
trasparenza contrattuale previsti(26).
Ultimo in ordine cronologico si segnala l'art. 62 del D. Lgs. 25 giugno 2008,
n. 112, contenente "Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la
semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e
la perequazione Tributaria", il quale vieta agli enti locali di
sottoscrivere, fino all'entrata in vigore di uno specifico regolamento,
strumenti finanziari derivati e contestualmente impone di ricorrere a forme
d'indebitamento solamente attraverso strutture che prevedano modalità di
rimborso mediante rate di ammortamento, escludendo in tal modo la possibilità
per gli enti locali di emettere prestiti obbligazionari con rimborso
interamente a scadenza (c.d. bullet)(27).
3. Enti territoriali e strumenti finanziari derivati: margini di utilità e
rischi
Dalla descrizione della normativa di settore è emersa la possibilità per gli
enti territoriali di concludere, nell'ambito della propria autonomia
finanziaria, strumenti finanziari derivati con Intermediari abilitati(28).
Tali contratti, che trovano nel nostro ordinamento espresso riconoscimento nel
Testo Unico della Finanza (di qui in avanti solo T.U.F.)(29), si
caratterizzano, come precedentemente anticipato, per il fatto che il loro
valore dipende (quindi "deriva") dal prezzo di mercato di un'attività
sottostante ovvero dal valore di un parametro finanziario di riferimento.
Pur riconoscendo l'impossibilità di definire in modo unitario le diverse
fattispecie riconducibili alla categoria dei "contratti
derivati"(30), è comunque possibile, a meri fini esplicativi, sottolineare
come tutte queste fattispecie negoziali si caratterizzino per la presenza di un
capitale nozionale di riferimento, idoneo a determinare, in funzione dei valori
assunti dalla variabile di riferimento nel corso del rapporto, le reciproche
prestazioni delle parti. In tal senso, il prezzo o, meglio, il valore dello
strumento (mark to market), si determina in funzione della traslazione nel
tempo dell'operazione sottostante, ovvero dell'attualizzazione di quelle che
sono le (ipotetiche) prestazioni future.
Concentrando l'attenzione sui contratti maggiormente sottoscritti dagli enti
locali, è possibile sottolineare come questi contratti over the counter, ed in
particolare: interest rate swap, con il quale due parti si scambiano a date
prestabilite flussi di pagamenti calcolati applicando ad un determinato
capitale di riferimento due differenti tassi d'interesse; amortizing swap, il
cui capitale nozionale varia in funzione di un piano di ammortamento
prestabilito; credit default swap, legato allo scambio di posizioni di credito;
currency swap, reso obbligatorio, ex art. 3, comma 1, D.M. n. 389 del 2003, per
la copertura del rischio di cambio laddove l'ente abbia concluso operazioni di
indebitamento effettuate in valute diverse dall'Euro.
Per quanto attiene il contratto di interest rate swap, raramente questo si
configura nella forma più semplice (c.d. plain vanilla), essendo generalmente
accompagnato dalla presenza di particolari opzioni che condizionano le
prestazioni delle due parti(31). In particolare, nella costruzioni di tali
strumenti complessi si utilizzano quelle figure negoziali note con il nome di
interest rate options, ed in particolare interest rate cap, interest rate floor
ed interest rate collar, che possono, da un punto di vista giuridico, essere
tutte definite come quei contratti con i quali una parte, verso pagamento di un
premio, si obbliga a pagare all'altra una o più somme di denaro entro i limiti convenuti
al verificarsi di certe variazioni del tasso di interesse(32). Sotto un profilo
più strettamente funzionale, tali figure si distinguono in quanto con un
contratto di interest rate cap il compratore, a fronte del pagamento del premio
stabilito, si tutela contro il rischio di rialzo dei tassi di interesse
viceversa, attraverso un interest rate floor, il compratore si tutela contro il
rischio di ribasso dei tassi. Nel caso di interest rate collar, le parti
assumono reciprocamente la posizione di venditore e di compratore, essendo il
contratto assimilabile per ciascun contraente all'acquisto di un cap con
simultanea vendita di un floor, oppure all'acquisto di un floor con simultanea
vendita di un cap. In tal modo, le parti "incrociano" le rispettive
attese, assumendo a riferimento un tasso minimo ed un tasso massimo. Vengono
così coperte le posizioni assunte "all'esterno del collar", cioè per
valori inferiori al tasso minimo ovvero superiori al tasso massimo presi a
riferimento, mentre non si verificano pagamenti per valori compresi fra questi
due valori, situati cioè "all'interno del collar".
Da un punto di vista normativo si è già detto come la possibilità per gli enti
pubblici di concludere operazioni in strumenti derivati sia stata riconosciuta
dall'art. 3, comma 2, D.M. n. 389 del 2003, il quale la condiziona alla
corrispondenza di passività effettivamente dovute e, in generale, secondo
quanto ribadito nella finanziaria per il 2007, al perseguimento di finalità di
mera copertura(33).
In ipotesi di interest rate swap è possibile sottolineare come, laddove questo
sia concluso tra soggetti privati, la causa del contratto, anche nella sua
componente concreta e non meramente astratta(34), non sembra risentire delle
motivazioni personali delle parti (siano esse di copertura, speculative o di
arbitraggio)(35), essendo individuabile nella mera volontà dei soggetti
contraenti di scambiarsi reciprocamente flussi finanziari calcolati sulla base
di parametri di riferimento predeterminati(36).
Diversamente, laddove il contratto abbia come parte un ente territoriale,
coerentemente con quanto affermato dalla più recente giurisprudenza
contabile(37), l'espresso vincolo finalistico previsto dalla normativa di
settore non può che condizionare, tanto nella fase genetica quanto in quella
funzionale, lo stesso elemento causale, inficiando la validità del negozio
laddove siano perseguite finalità diverse da quelle di mera copertura(38).
Assai controversa risulta poi l'analisi sulla coerenza dell'attività di
ristrutturazione o rinegoziazione di questi contratti rispetto alla normativa
vigente, nonché la qualificazione della somma corrisposta a titolo di premio di
liquidità (up-front) che a questa generalmente consegue.
La rinegoziazione di un contratto derivato, infatti, assume necessariamente
finalità speculativa, in quanto posticipa la sopportazione di una perdita
confidando in eventi futuri che in qualche modo possano neutralizzarla o
ridurla. Il contratto rinegoziato ha quindi la funzione di finanziare la
perdita del primo contratto (perdita per il cliente, guadagno per la banca) che
la sua chiusura anticipata ha definitivamente consolidato(39).
Tale operazione finanziaria si struttura generalmente attraverso i seguenti
elementi: posticipazione della scadenza dell'operazione iniziale; incremento
del nozionale; aumento della leva finanziaria; variazione del sottostante. Un
simile intervento ha l'effetto di aumentare l'esposizione al rischio del
cliente, presentando, per tale motivo, indubbi profili di criticità, in termini
di adeguatezza per tipologia, se lo scopo che muove le parti del contratto non
è quello di trarre profitto, ma diversamente quello di ridurre le perdite
eventuali derivanti dal modus operandi dell'investitore.
Con riferimento agli enti locali, per i quali è prevista la possibilità di
ristrutturare le passività relative a contratti derivati in essere solo in
presenza di condizioni di mercato diverse rispetto a quelle presenti al momento
della stipula contrattuale(40), appare lecito chiedersi se l'attività di
rinegoziazione possa realmente dirsi improntata alla riduzione del costo finale
del debito e alla riduzione dell'esposizione ai rischi di mercato (in tal modo
rispettando il vincolo finalistico imposto dalla normativa di settore), ovvero
se la stessa abbia la sola funzione di posticipare la perdita relativa al
contratto in essere, speculando su eventuali mutamenti delle condizioni di
mercato future.
Inoltre, con riferimento all'utilizzazione del premio di liquidità (upfront)
derivante dalla rinegoziazione dei contratti, è opportuno ricordare come lo
stesso, non potendo essere considerato un semplice anticipo dei futuri ed
eventuali flussi finanziari del contratto estinto ma piuttosto il valore
negativo del contratto al momento della sua conclusione, debba essere
considerato, a tutti gli effetti, una forma di indebitamento da parte dell'ente
e, come tale, non possa essere utilizzato, diversamente da quanto riscontrato
nella prassi, per finanziare spese correnti, ma, eventualmente, solo spese di
investimento, nel rispetto del principio costituzionale sancito dall'art. 119
della Costituzione(41).
Oltre al contratto interest rate swap, un secondo strumento di finanza derivata
utilizzato dagli enti territoriali nella loro attività di liability management
è rappresentato dal contratto di amortizing swap. Come detto, la conclusione di
tale contratto è stata imposta, in regime di alternatività con la costituzione
di un sinking fund, in ipotesi di emissione di un prestito obbligazionario
bullet (con unica soluzione a scadenza) da parte degli enti territoriali.
In particolare, tramite l'amortizing swap l'ente si obbliga a versare
all'intermediario, progressivamente, quote periodiche di ammortamento, secondo
un piano prestabilito, e, per converso, l'intermediario finanziario si impegna
a pagare, alla scadenza del periodo contrattuale relativo all'emissione
obbligazionaria, una somma pari all'intero debito obbligazionario.
Si tratta invero di una sorta d'investimento finanziario nell'ambito del quale
l'ente pubblico versa all'intermediario delle somme di denaro che quest'ultimo
si impegna a restituire alla scadenza. In tal senso, considerata la natura
finanziaria dell'operazione, deve essere prevista una remunerazione a carico
dell'intermediario in favore dell'ente territoriale, quale costo di utilizzo
del denaro, in linea con i tassi di mercato. Il modo più elementare per
remunerare tale versamento consiste nel far divergere la somma delle quote di
ammortamento versate periodicamente dall'ente e la somma complessiva di
capitale restituito dall'intermediario a scadenza, somma questa che non
dovrebbe comunque essere inferiore a quella relativa al debito obbligazionario.
Diversamente, il sinking fund si struttura come un fondo che accoglie gli
accantonamenti disposti periodicamente dall'ente al fine di precostituire i
mezzi finanziari per l'estinzione del prestito obbligazionario. La differenza
fondamentale rispetto alla conclusione di uno swap di ammortamento risiede nel
fatto che tale fondo comporta un'attività di gestione la quale, anche laddove
non effettuata dall'ente stesso ma delegata ad un intermediario finanziario,
implica per l'ente il rischio sul portafoglio dei titoli, a fronte comunque di
fisiologici oneri di gestione finanziaria.
In merito, però, la normativa di settore appare estremamente lacunosa, poiché
prevede l'accumulo in un fondo senza fornire alcuna indicazione in ordine alla
disponibilità, all'utilizzo ed alla gestione dello stesso, tematiche queste
interamente lasciata alla libertà contrattuale delle parti(42).
In particolare, la disciplina normativa non stabilisce se il fondo che l'ente
costituisce mediante i versamenti periodici della quota capitale debba rimanere
nella disponibilità dell'ente territoriale ovvero possa essere affidato in
gestione ad un istituto bancario o ad un altro intermediario finanziario.
Ove l'ente si privi della disponibilità del fondo, è evidente che lo stesso sia
comunque tenuto a negoziare forme di garanzia specifiche a carico
dell'intermediario finanziario in ordine alla restituzione dell'intero capitale
alla data di scadenza del prestito obbligazionario, anche al fine di non
accollarsi il rischio dell'eventuale insolvenza dell'intermediario finanziario.
Al riguardo le indicazioni normative non sono sufficienti perché si limitano a
prevedere che il contratto debba essere concluso con intermediari finanziari
dotati di adeguato rating creditizio e che il rischio venga frazionato,
ripartendo l'operazione fra più intermediari in modo che ciascuno di essi venga
coinvolto per una frazione non superiore al quarto dell'intero ammontare.
La ripartizione del potenziale rischio fra più operatori è sicuramente elemento
positivo, ma l'indicazione che l'operazione sia conclusa con un operatore
dotato di un adeguato rating creditizio non fornisce alcuna garanzia, se non in
relazione al momento della conclusione del contratto.
Ciò posto, il fatto che la norma non detti regole specifiche non significa che
gli enti territoriali siano liberi di affidare la gestione all'intermediario
finanziario, senza avere una precisa garanzia in ordine alla restituzione del
capitale che viene versato nel fondo.
In tal senso, l'importanza di considerare attentamente i rischi insiti in
operazioni di questo tipo deriva dal fatto che, nel caso in cui alla scadenza
del prestito l'intermediario versi in uno stato di insolvenza, l'ente
territoriale sarebbe costretto a far fronte ai pagamenti nei confronti degli
obbligazionisti con risorse proprie, sempre che, considerato l'elevato importo
dei prestiti obbligazionari, ne abbia la reale disponibilità.
L'accumulo progressivo in un fondo della quota capitale può essere dunque
elemento utile nell'economia del rapporto contrattuale ma, considerata la
natura degli enti pubblici e la circostanza che i capitali che essi gestiscono
sono di "proprietà" della collettività, appare necessario che prima
di utilizzare questa modalità contrattuale l'ente valuti con attenzione i
rischi connessi e predisponga un regolamento contrattuale che tuteli in modo
specifico il patrimonio progressivamente accumulato, anche in relazione alle
modalità di restituzione imposte all'intermediario finanziario.
Sulla base di tali premesse "la scelta di una regolamentazione
"leggera" in questa materia solleva notevoli perplessità poiché le
modalità di costituzione e gestione del fondo sono estremamente rilevanti,
anche in considerazione della lunga durata dei prestiti obbligazionari e del
conseguente rischio che l'ente assume in caso di insolvenza dell'intermediario
finanziario al quale è affidata la gestione del fondo"(43). In
conclusione, "anche se la disciplina normativa non prende espressamente in
considerazione le problematiche inerenti le modalità di costituzione e gestione
del fondo, l'ente territoriale non può trascurare di considerare il rischio
inerente la gestione"(44).
Da un punto di vista più strettamente economico funzionale, laddove la gestione
del fondo venga delegata ad un intermediario finanziario, appare fondamentale
disciplinare, in una chiara logica di corretta gestione, la ripartizione dei
proventi da essa derivanti, i quali, laddove interamente destinati
all'intermediario gestore, devono trovare, al pari di quanto detto con
riferimento al contratto di amortizing swap, un corrispettivo a favore
dell'ente quale remunerazione per l'utilizzazione del capitale gestito.
Da quanto fin qui detto emerge come una valutazione complessiva dell'attività
di gestione attiva del debito da parte degli enti territoriali, realizzata
attraverso strumenti di finanza derivata, non possa dunque prescindere da
un'attenta analisi in merito al carattere non speculativo (così come definito
dall'autorità di Vigilanza(45)) degli strumenti utilizzati, nonché in generale
dell'efficacia e della congruità di questi rispetto alle finalità ed ai limiti
legislativamente previsti(46), ribadendo che il mancato rispetto di tali
precetti non può ricondursi alla mera violazione di norme di comportamento da
parte dell'intermediario, ma comporta, ex art. 1418 c.c., l'invalidità (rectius
nullità) dello stesso per mancanza o illiceità dell'elemento causale e
comunque, in via residuale, per contrarietà a norma imperative volte alla
tutela di interessi pubblici e generali(47).
Inoltre, stante la struttura complessa che lega i diversi contratti stipulati
in relazione alla ristrutturazione del debito (prestito obbligazionario,
derivati per la copertura del tasso, swap o fondo per l'ammortamento, derivati
per la copertura del rischio di credito), appare oltremodo difficoltoso,
soprattutto per controparti che non possano sostanzialmente definirsi
qualificate, realizzare in sede precontrattuale una corretta due diligence
sull'operazione di investimento. In tal senso, appare assolutamente discutibile
affidare, come spesso accade, l'attività di consulenza finanziaria
sull'investimento allo stesso intermediario finanziario parte della stessa
struttura contrattuale, il quale opera, fisiologicamente ed inevitabilmente, in
conflitto di interessi(48).
4. La disciplina delle delegazioni di pagamento nel sistema degli enti locali
Nel sistema normativo vigente, assoluto rilievo assume il particolare
meccanismo di garanzia che il legislatore ha previsto con riferimento ai
contratti di finanziamento a favore degli enti territoriali.
In particolare, secondo quanto disposto dall'art. 206 del T.U.E.L.(49), è
previsto che "quale garanzia del pagamento delle rate di ammortamento dei
mutui e dei prestiti gli enti locali possono rilasciare delegazione di
pagamento a valere sulle entrate afferenti ai primi tre titoli del bilancio
annuale" mentre "per le comunità montane il riferimento va fatto ai
primi due titoli dell'entrata". A tale fine "l'atto di delega, non
soggetto ad accettazione, è notificato al tesoriere da parte dell'ente locale e
costituisce titolo esecutivo". Tale sistema di garanzia, così come
previsto dall'art. 220 del T.U.E.L., prevede che "a seguito della notifica
degli atti di delegazione di pagamento di cui all'articolo 206 il tesoriere è
tenuto a versare l'importo dovuto ai creditori alle scadenze prescritte, con
comminatoria dell'indennità di mora in caso di ritardato pagamento".
Il sistema della delegazione di pagamento si sostanzia dunque nella
concessione, da parte dell'ente pubblico ai soggetti finanziatori, di un titolo
giuridico esecutivo per la soddisfazione del proprio credito, il quale, per
altro, prevede procedure più snelle per il pagamento delle rate di
ammortamento(50).
Giova qui ricordare come, a fronte di una mera possibilità concessa dal
legislatore, l'utilizzazione di tale istituto sia divenuta prassi abituale e,
si potrebbe dire, quasi doverosa, tramutando la delegazione di pagamento in una
forma di privilegio assoluto, valevole anche in caso di dissesto e che, di
fatto, azzera il rischio di insoluto per le banche.
In tal senso, diversamente da quanto avviene nel settore privato, nel quale, a
fronte di un vero mercato finanziario, le risorse vengono negoziate ad un tasso
commisurato anche al rischio di insolvenza del finanziato e quindi alla sua
solidità; nel settore pubblico, annullato tramite il sistema delle delegazione
di pagamento il reale rischio di insolvenza dell'ente, è venuta meno, per gli
operatori finanziari, la necessità di valutare in concreto la solvibilità
futura dell'ente, rinunciando al ruolo di controllo nella gestione
dell'investimento, che, in tal modo, può risultare assolutamente incongruo alle
caratteristiche del finanziato(51).
Seppur comprensibile e giustificabile da un punto di vista teorico, il sistema
delle delegazioni di pagamento sembra essersi tramutato in un disincentivo per
gli istituti finanziatori nel compimento di quella che dovrebbe essere
un'attenta valutazione del merito creditizio degli enti, con gravi conseguenze
in termini di congruità nelle gestione finanziaria e di trasparenza contabile.
Con riferimento particolare ai contratti derivati, il Ministero dell'Economia e
delle Finanze, con Circolare esplicativa del 22 giugno 2007 (G. U. 2 luglio
2007, n. 151), "a seguito delle modifiche normative intervenute sugli
strumenti derivati e sulla definizione di indebitamento, nonché alla luce
dell'evoluzione del ricorso al mercato dei derivati da parte degli enti
territoriali", ha ritenuto opportuno affermare espressamente la "non
applicabilità delle delegazioni di pagamento alle operazioni in derivati
concluse da enti territoriali".
Dall'analisi complessiva della disciplina legislativa e regolamentare in
materia di indebitamento e derivati per gli enti territoriali infatti, il
Ministero, partendo dal presupposto che "nessun derivato è configurabile
come una passività", sottolinea come i derivati debbano essere considerati
come "strumenti di gestione del debito e non come indebitamento".
In particolare, "considerato che gli strumenti derivati [...] non
rientrano nella fattispecie dei mutui e prestiti né tanto meno nell'accezione
più ampia della definizione di indebitamento" deve evincersi che "su
tali prodotti non devono essere rilasciate delegazioni di pagamento".
Da ciò sembra corretto far discendere l'invalidità (rectius nullità) delle
delegazioni di pagamento concesse in violazione di tale precetto, sulla base
della violazione, ex art. 1418, comma 1, c.c., del principio di tassatività che
caratterizza l'art. 206 T.U.E.L., il quale, non essendo rimesso alla
disponibilità delle parti, non può che configurarsi quale norma imperativa.
1) Legge 23 dicembre 1994, n. 724, così come attuata con il D.M. 5 luglio 1996,
n. 420.
2) Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
3) Cfr. Audizione dei rappresentanti della Corte dei conti del 3 marzo 2005 in
merito alla "Indagine conoscitiva sulle problematiche relative alla
diffusione di strumenti finanziari derivati" condotta dalla VI Commissione
finanze della Camera dei deputati, p. 25.
4) Sul punto in dottrina, a mero titolo indicativo, cfr. S. AMOROSINO, Spunti
in tema di strumenti finanziari ed enti locali (Relazione al Convegno
organizzato dal dipartimento di diritto pubblico e studi sociali
dell'Università di Cagliari sul tema: "Strumenti finanziari e risorse per
le autonomie", Cagliari, 16-17 marzo 2007), in Il Diritto dell'economia,
2007, fasc. 2, pp. 413 e ss; M. ATELLI, Gli strumenti derivati negli enti
locali, Il Sole 24 Ore Pirola, 2008; A.M. DENTE, Il reperimento delle risorse
mediante gli strumenti di finanza innovativa (seconda parte), in La Finanza
locale, 2006, fasc. 3, pp. 137 e ss; M. GIACOMINI, I prodotti derivati negli
enti locali, in Informator, 2007, fasc. 1, pp. 18 e ss; G. MAROTTA, Indagine
sull'uso degli strumenti derivati: referti della corte dei conti, in La Finanza
locale, 2006, fasc. 3, pp. 96 e ss; F. PETRONIO, Le indicazioni della Corte dei
conti per l'adozione di operazioni di finanza derivata da parte degli enti
locali, in La Finanza locale, 2008 fasc. 3, pp. 95 e ss; ID., Opportunità e
rischi connessi all'impiego di nuovi strumenti finanziari da parte degli enti locali,
in La Finanza locale, 2006, fasc. 4, pp. 143 e ss; M. SPECA, Profili generali
ed elementi di rilievo emersi dalla diffusione degli strumenti derivati da
parte degli enti locali, in Rivista dei tributi locali, 2006, fasc. 4, pp. 359
e ss; F. STROCCHIA, Operazioni in derivati per la gestione del debito e
normativa relativa, in Nuova rassegna di legislazione, dottrina e
giurisprudenza, 2007, fasc. 11, pp. 1198 e ss.
5) Cfr. art. 119 Cost., comma 1, dove si afferma che "I Comuni, le
Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di
entrata e di spesa".
6) Cfr. S. POZZOLI, Assunzione di mutui e prestiti, in Gli strumenti finanziari
derivati negli enti locali. Aspetti contrattuali, contabili e profili di
responsabilità, a cura di M. ATELLI, Milano, 2008, p. XII.
7) Cfr. art 3, commi 16-21, legge 24 dicembre 2003, n. 350.
8) Art. 41, comma 2, legge 28 dicembre 2001, n. 448.
9) Così S. POZZOLI, Assunzione di mutui e prestiti, cit., p. XXI.
10) Cfr. Audizione dei rappresentanti della Corte dei conti del 3 marzo 2005,
cit., p. 25.
11) D.M. 1 dicembre 2003, n. 389, Regolamento concernente l'accesso al mercato
dei capitali da parte delle province, dei comuni, delle città metropolitane,
delle comunità montane e delle comunità isolane, nonché dei consorzi tra enti
territoriali e delle regioni, emesso dal Ministro dell'economia e delle
finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, ai sensi dell'art. 41, comma
1, della l. 28 dicembre 2001, n. 448.
12) Cfr. art. 41, comma 2, legge 28 dicembre 2001, laddove, come detto, si
afferma che gli enti "possono emettere titoli obbligazionari con rimborso
del capitale in unica soluzione alla scadenza, previa costituzione, al momento
dell'emissione, di un fondo di ammortamento del debito, o previa conclusione di
swap per l'ammortamento del debito".
13) Invero, l'utilizzo di contratti derivati da parte di enti locali è stato
per la prima volta disciplinato dall'art. 2 del decreto del Ministro del tesoro
del 5 luglio 1996, n. 420. Tale norma prevedeva che, nell'ipotesi in cui
fossero emessi da enti locali prestiti obbligazionari in valuta e su mercati
esteri, questi avrebbero dovuto stipulare, per la copertura del rischio di
cambio derivante dalla sottostante operazione di indebitamento in valuta, un
contratto swap a copertura del rischio di cambio.
14) Cfr. art. 3, comma 2, D.M. n. 389 del 2003, laddove si afferma che "in
aggiunta alle operazioni di cui al comma 1 del presente articolo e all'articolo
2 del presente decreto, sono inoltre consentite le seguenti operazioni
derivate: a) «swap di tasso di interesse» tra due soggetti che assumono
l'impegno di scambiarsi regolarmente flussi di interessi, collegati ai
principali parametri del mercato finanziario, secondo modalità, tempi e
condizioni contrattualmente stabiliti; b) acquisto di «forward rate agreement»
in cui due parti concordano il tasso di interesse che l'acquirente del forward
si impegna a pagare su un capitale stabilito ad una determinata data futura; c)
acquisto di «cap» di tasso di interesse in cui l'acquirente viene garantito da
aumenti del tasso di interesse da corrispondere oltre il livello stabilito; d)
acquisto di «collar» di tasso di interesse in cui all'acquirente viene
garantito un livello di tasso di interesse da corrispondere, oscillante
all'interno di un minimo e un massimo prestabiliti; e) altre operazioni
derivate contenenti combinazioni di operazioni di cui ai punti precedenti, in
grado di consentire il passaggio da tasso fisso a variabile e viceversa al
raggiungimento di un valore soglia predefinito o passato un periodo di tempo
predefinito; f) altre operazioni derivate finalizzate alla ristrutturazione del
debito, solo qualora non prevedano una scadenza posteriore a quella associata
alla sottostante passività. Dette operazioni sono consentite ove i flussi con
esse ricevuti dagli enti interessati siano uguali a quelli pagati nella
sottostante passività e non implichino, al momento del loro perfezionamento, un
profilo crescente dei valori attuali dei singoli flussi di pagamento, ad
eccezione di un eventuale sconto o premio da regolare al momento del
perfezionamento delle operazioni non superiore a 1% del nozionale della
sottostante passività".
15) Così M. SPECA, Profili generali ed elementi di rilievo emersi dalla
diffusione degli strumenti derivati da parte degli enti locali, cit., p. 366.
16) Cfr. art. 2, Circolare 24 maggio 2004, cit., secondo cui "per quanto
concerne invece l'investimento delle somme accantonate nel fondo o nello swap
di ammortamento, la gamma degli strumenti ammessi a tal fine è circoscritta ai
titoli obbligazionari, emessi esclusivamente dagli emittenti indicati al comma
2 dello stesso decreto n. 389 del 1° dicembre 2003, che non dovranno essere
ulteriormente strutturati mediante operazioni derivate che rendano il profilo
di esposizione creditizia difforme da quello consentito. In considerazione del
fatto che il rischio sul portafoglio dei titoli conferiti al fondo di
ammortamento rimane comunque a totale carico dell'ente, si sottolinea che la
selezione degli emittenti dei suddetti titoli deve essere conforme allo spirito
di riduzione del rischio creditizio. Si raccomanda, inoltre, la massima
trasparenza, nei contratti, sui criteri con i quali i titoli conferiti al fondo
di ammortamento sono selezionati ed eventualmente sostituiti, attribuendo la
massima attenzione al rating".
17) In tal senso la Circolare prevede che "in merito al rischio di
credito, gli intermediari con i quali è ammesso concludere operazioni derivate
devono essere necessariamente dotati di un merito di credito (rating)
certificato dalle agenzie di rating riconosciute a livello internazionale,
attualmente: Standard & Poor's, Moody's e FitchRatings. Nel caso in cui i
rating attribuiti dalle agenzie siano difformi tra loro, si deve prendere in
considerazione quello più basso. Si ritiene che il "rating adeguato"
della controparte non debba essere inferiore a BBB / Baa2 / BBB. Pertanto
qualora l'intermediario subisca una riduzione di rating anche di un solo
"notch" al di sotto di tale livello minimo, le posizioni accese
dovranno essere chiuse al più presto".
18) In particolare la Circolare prevede che "nel caso in cui si verifichi
una variazione della passività sottostante ad un derivato, ad esempio perché è
stata rinegoziata o convertita oppure perché ha raggiunto un ammontare
inferiore a quanto inizialmente previsto, la posizione nello strumento derivato
può essere riadattata sulla base di condizioni che non determinino una perdita
per l'ente; solo nel caso in cui l'ente ritenga di dover chiudere la posizione
nello strumento derivato è ammissibile la conclusione di un derivato uguale e
di segno contrario con un'altra controparte".
19) In modo non dissimile da quanto previsto dal D.M. n. 389 del 2003, il comma
736 della l. 27 dicembre 2006, n. 296 prevede che "gli enti possono
concludere tali operazioni solo in corrispondenza di passività effettivamente
dovute, avendo riguardo al contenimento dei rischi di credito assunti".
20) In questi termini si esprime Cfr. G. DE MARCO, Il quadro normativo, in Gli
strumenti finanziari derivati negli enti locali. Aspetti contrattuali,
contabili e profili di responsabilità, a cura di M. ATELLI, Milano, 2008, p.
14.
21) Cfr. il comma 737 della L. 27 dicembre 2006, n. 296, laddove si dice che
"nel quadro di coordinamento della finanza pubblica di cui all'articolo
119 della Costituzione, i contratti con cui le regioni e gli enti di cui al
testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, pongono in
essere le operazioni di ammortamento del debito con rimborso unico a scadenza e
le operazioni in strumenti derivati devono essere trasmessi, a cura degli enti
contraenti, al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento del
tesoro".
22) Ibidem, laddove si legge che "tale trasmissione, che deve avvenire
prima della sottoscrizione dei contratti medesimi, è elemento costitutivo
dell'efficacia degli stessi".
23) A mero titolo di esempio e limitatamente all'anno 2007: S. ELLI E F.
PAVESI, Ecco i "derivati beffa" di Italease, in Finanza e Mercati, 5
luglio 2007; I. BUFACCHI, Derivati sul filo del rischio, in Il Sole 24 Ore, 15
luglio 2007; A. PUATO, Derivati, il rimedio è peggiore del male, in Corriere
Economia, 16 luglio 2007; C. CONTI, I PM accendono un faro sui derivati di
Italease, in Libero Mercato, 25 luglio 2007; M. FRISONE, Derivati, sotto tiro
le Pmi del Nord, in Il Sole 24 Ore, 28 luglio 2007; I. BUFACCHI, Derivati,
banche sotto esame, in Il Sole 24 Ore, 31 agosto 2007; R. BOCCIARELLI, Pressing
Bankitalia sugli istituti di credito, in Il Sole 24 Ore, 7 settembre 2007; M.
PLATERO, Derivati, una roulette russa, in Il Sole 24 Ore, 22 settembre 2007; S.
TAMBURELLO, "Report", la grande speculazione dei derivati ad alto
rischio, in Corriere della Sera, 15 ottobre 2007; D. LEPIDO, Enti locali, paura
derivati, in Il Sole 24 Ore, 16 ottobre 2007; S. IACOMETTI, Enti locali
incastrati in 13 miliardi di derivati, in Libero Mercato, 31 ottobre 2007; M.
FRISONE, Derivati con costi occulti, in Il Sole 24 Ore, 10 novembre 2007; M.
FRISONE, Derivati imprese: buco a 5 miliardi, in Il Sole 24 Ore, 17 novembre
2007; M. FRISONE, Derivati, il cliente paga sempre, in Il Sole 24 Ore, 1
dicembre 2007. Con riferimento all'ambito televisivo, ci si limita a ricordare
lo scalpore suscitato dalla trasmissione Report, condotta da Stefania Rimini,
nel corso della puntata dal titolo Il Banco vince sempre, andata in onda il 14
ottobre 2007.
24) Cfr. art. 1, comma 381, L. 24 dicembre 2007, n. 244, secondo cui "i
contratti di strumenti finanziari anche derivati, sottoscritti da regioni ed
enti locali, sono informati alla massima trasparenza".
25) Dal combinato disposto dell'art. 1, commi 382 e 383, L. 24 dicembre 2007,
n. 244, emerge come tali contratti "devono recare le informazioni ed
essere redatti secondo le indicazioni specificate in un decreto del Ministero
dell'economia e delle finanze, da emanare sentite la CONSOB e la Banca
d'Italia. Il Ministero dell'economia e delle finanze verifica la conformità dei
contratti al decreto". Sempre al fine di una maggior trasparenza "La
regione o l'ente locale sottoscrittore di strumenti finanziari di cui al comma
381 deve attestare espressamente di aver preso piena conoscenza dei rischi e
delle caratteristiche dei medesimi, evidenziando in apposita nota allegata al
bilancio gli oneri e gli impegni finanziari derivanti da tali attività".
26) Cfr. art. 1, comma 384, L. 24 dicembre 2007, n. 244, secondo cui "il
rispetto
di quanto previsto ai commi 382 e 383 è elemento costitutivo dell'efficacia dei
contratti".
27) Cfr. art. 6, comma 1, D. Lgs. 25 giugno 2008, n. 112, secondo cui "Ai
fini della tutela dell'unità economica della Repubblica e nel rispetto dei
principi di coordinamento della finanza pubblica previsti agli articoli 119 e
120 della Costituzione, alle regioni, alle province autonome di Trento e
Bolzano e agli enti locali è fatto divieto di stipulare fino alla data di
entrata in vigore del regolamento di cui al comma 2, contratti relativi agli
strumenti finanziari derivati previsti all'articolo 1, comma 3, del decreto
legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, nonché di ricorrere all'indebitamento
attraverso contratti che non prevedano modalità di rimborso mediante rate di
ammortamento comprensive di capitale e interessi".
28) Per un'analisi compiuta in merito alla natura ed agli elementi propri di
tali strumenti negoziali, si rinvia all'ampio dibatto dottrinale che ha
accompagnato tali figure. In particolare, a mero titolo indicativo: R.
AGOSTINELLI, Struttura e funzione dei contratti swap, in Banca Borsa e Titoli
di Credito, 1991, fasc. 4, pp. 437 ss; ID., Swap contract: struttura e profili
civilistici di una nuova tecnica finanziaria, in Quadrimestre, 1991, pp. 10 ss;
ID., I modelli ABI di interest rate e currency swap, in Banca Borsa e Titoli di
Credito, 1992, fasc. 2, pp. 261 ss; ID., I modelli ABI di forward rate
agreement e di currency soption, in Banca Borsa e Titoli di Credito, 1993,
fasc. 5, pp. 735 ss; ID., Le operazioni di swap e la struttura contrattuale
sottostante, in Banca Borsa e Titoli di Credito, 1997, fasc. 1, pt. 1, pp. 112
ss; F. ANNUNZIATA, Il mercato italiano dei futures e la cassa di compensazione
e garanzia. Una nuova tappa della riforma dei mercati mobiliari, in Rivista
delle Società, 1993, fasc. 1-2, pp. 306 ss; F. BOCHICCHIO, I contratti in
strumenti derivati e la disciplina del mercato mobiliare tra regolamentazione
dell'attività d'impresa e valutazione del rischio soggettivo, in Giurisprudenza
Commerciale, 1996, fasc. 4, pt. 1, pp. 593 ss; S. BO, C. VECCHIO, Il rischio
giuridico di prodotti derivati, Milano, 1997; R. CAIAZZO, Gli swap nella
disciplina fallimentare, in I derivati finanziari a cura di Riolo, Milano,
1993, pp. 103 ss; G. CAPALDO, La disciplina contrattuale delle operazioni di
swap tra intermediari finanziari, in Bancaria, Vol. 2, 1993, pp. 49 ss; ID., La
disciplina contrattuale delle operazioni di swap e gioco, in Rivista di Diritto
Privato, Vol. 3, 1997, pp. 587 ss; ID., Profili civilistici del rischio
finanziario e contratto di swap, Milano, 1999; F. CAPRIGLIONE, I prodotti
derivati: strumenti per la copertura dei rischi o per nuove forme di
speculazione finanziaria?, in Banca Borsa e Titoli di Credito, 1995, fasc. 3,
pp. 359 ss; F. CAPUTO NASSETTI, Un documento di lavoro per un contratto tipo
italiano di swap, in Diritto del Commercio Internazionale, 1992, fasc. 1, pp.
95 ss; ID., Considerazioni in tema di swap, in Diritto del Commercio
Internazionale, 1993, fasc. 2, pp. 321 ss; ID., Profili Civilistici dei
contratti "derivati" finanziari, Milano, 1997; ID., I contratti
derivati finanziari, 2007; S.M. CARBONE, Derivati finanziari e diritto
internazionale privato e processuale: alcune considerazioni, in Diritto del
Commercio Internazionale, 2000, fasc. 1, pp. 3 ss; A.M. CAROZZI, V. DEL SOLE,
Financial derivatives, in I nuovi contratti nella prassi civile e commerciale.
Banca, Borsa e Titoli di Credito, Torino, 2004, pp. 449 ss; R. CLARIZIA, Le
option fra disciplina codicistica e regolamentazione pattizia, in I derivati
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DI CAMBIO DELLA BORSA VALORI DI MILANO, I contratti futures : nuovi strumenti
per il mercato finanziario, Milano, 1988; C.L. CORTI, Esperienze in tema di
opzioni, in I derivati finanziari a cura di Riolo, Milano, 1993, pp. 125 ss; A.
CONFORTI, I forward rate agreement, in Bancaria, 1986, fasc. 1, pp. 9 ss; P. DE
BIASI, Strumenti ben temperati. Alcuni profili giuridici e regolamentari
dell'operatività in derivati OTC, Siena, 2000; ID., Un nuovo master agreement
per strumenti finanziari sofisticati, in Banca Borsa e Titoli di Credito, 2001,
fasc. 5, pt. 1, pp. 644 ss; F. FERRARINI, I derivati finanziari tra contratto a
termine e contratto differenziale, in I derivati finanziari a cura di Riolo,
Milano, 1993, pp. 27 ss; G. GALASSO, Options e contratti derivati, Contratto e
Impresa, 1999, fasc. 3, pp. 1269 ss; E. GIRINO, I contratti derivati, cit.; B.
INZITARI, Swap (contratto di), in Contratto e Impresa, 1988, pp. 597; C.M. DE
IULIIS, Lo swap di interessi o divise nell'ordinamento italiano, in Banca Borsa
e Titoli di Credito, 2004, fasc. 3, pp. 391 ss; KPMG (a cura di), Guida agli
strumenti derivati, aspetti operativi per la banca e la finanza, Roma, 1996; G.
MAZZOLANO, F. PAPA, Forward rate agrement, in Amministrazione e finanza, 1988,
pp. 1153 ss; M. MORI, Swap: una tecnica per l'impresa, Padova, 1990; M.
PERRINI, I contratti di swap nella recente giurisprudenza arbitrale, in Diritto
del Commercio Internazionale, 1999, fasc. 1, pp. 63 ss; A. PERRONE, Contratti
di swap con finalità speculative ed eccezione di gioco, in Banca Borsa e Titoli
di Credito, 1995, fasc. 1, pp. 82 ss; ID., La riduzione del rischio di credito
negli strumenti finanziari derivati : profili giuridici, Milano, 1999; D.
PREITE, Recenti sviluppi in tema di contratti differenziali semplici (in particolare
caps, floors, swap, index future), in Diritto del Commercio Internazionale,
1992, fasc. 1, pp. 171 ss; L. RADICATI DI BROZOLO, Il contratto modello di swap
dell'International Swap Dealers Association, in Diritto del Commercio
Internazionale, 1993, fasc. 2, pp. 321 ss; M. RAGNO, Commodity swaps conclusi
tra non intermediari e disciplina dei servizi di investimento, in
Giurisprudenza Commerciale, 2004, fasc. 1, pt. 1, pp. 158 ss; F. ROSSI, Profili
giuridici del mercato degli swap di interessi e di divise in Italia, in Banca
Borsa e Titoli di Credito, 1993, pt. 1, pp. 602 ss; ID., Aspetti legali del
mercato degli swap in Italia, in I derivati finanziari a cura di Riolo, Milano,
1993, pp. 87 ss; N. TREMANTE, La compensazione nelle operazioni internazionali
di swap, in I derivati finanziari a cura di Riolo, Milano, 1993, pp. 113 ss; L.
VALLE, Contratti future, in Contratti e Imprese, pp. 307 ss..
29) Art. 1, comma 2, lett. d-j, D. Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 "Testo
unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi
degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52", così come
modificato dal D.Lgs. n. 164 del 17 settembre 2007 (c.d. "MiFid"),
dal D.Lgs. n. 195 del 6 novembre 2007 (c.d. "Trasparency") e dal
D.Lgs. n. 229 del 19 novembre 2007 (c.d. "Opa").
30) In tal senso, i contratti derivati possono essere ricondotti a cinque
schemi negoziali base. Un primo, che rileva nel caso di contratti swaps,
prevede l'obbligo da parte dei soggetti contraenti di effettuare reciproci
pagamenti il cui ammontare è determinato sulla base di parametri di riferimento
diversi. Un secondo, riconducibile allo schema tipico del contratto di
compravendita ed applicabile nel caso di contratti futures su titoli, su valute
ovvero su commodities. Un terzo, che rileva in ipotesi di financial futures su
indici o su tassi di interesse, ovvero nel caso di forward rate agreements, e
che può essere ricondotto allo schema negoziale del contratto differenziale
semplice, attraverso cui le parti convengono di liquidare le reciproche
obbligazioni con il pagamento delle mere differenze. Un quarto, applicabile nel
caso di interest rate options, attraverso cui si prevede l'obbligo per uno dei
soggetti contraenti di pagare una somma di denaro al verificarsi di certe variazioni
di un parametro di riferimento, a fronte del pagamento di un premio da parte
dell'altro contraente. Infine un quinto, utilizzabile nel caso di financial
options ed assimilabile allo schema negoziale tipicamente previsto dal codice
civile all'art. 1331 in relazione al contratto di opzione, con cui una parte
resta vincolata alla propria dichiarazione, mentre l'altra ha la facoltà, ma
non l'obbligo, di accettarla.
31) In questo caso la struttura negoziale sarebbe riconducibili alle
"altre operazioni derivate" di cui all'art. 3, comma 2, lett. e, D.M.
n. 389 del 2003.
32) Al fine di evitare facili equivoci è opportuno sottolineare come l'interest
rate option vada tenuta distinta dalle c.d. opzioni codicistiche, disciplinate
all'art. 1331 c.c., secondo cui si "quando le parti convengono che una di
esse rimanga vincolata alla propria dichiarazione e l'altra abbia facoltà di
accettarla o meno, la dichiarazione della prima si considera quale proposta
irrevocabile per gli effetti previsti dall'art. 1329". La differenza tra i
due istituti sembrerebbe evidente laddove si consideri che, nelle opzioni su
tassi, il rapporto contrattuale è già perfetto al momento della stipula, non
configurandosi un rapporto di soggezione del venditore alla volontà del
comoopratore, se non nei limiti della richiesta di pagamento. Differentemente,
nelle opzioni civilistiche, il contratto è inteso a rendere irrevocabile la
dichiarazione (così già manifestata), di una delle parti, relativa ad un
contratto da concludersi in tempo futuro. Cfr. F. CAPUTO NASSETTI, I contratti
derivati finanziari, cit., p. 308; R. CLARIZIA, Le option fra disciplina
codicistica e regolamentazione pattizia, cit., p. 121; C.L. CORTI, Esperienze
in tema di opzioni, cit., p. 87 ss.
33) Cfr. il comma 736 della L. 27 dicembre 2006, n. 296, secondo cui "le
operazioni di gestione del debito tramite utilizzo di strumenti derivati, da
parte delle regioni e degli enti di cui al testo unico di cui al decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267, devono essere improntate alla riduzione del
costo finale del debito e alla riduzione dell'esposizione ai rischi di
mercato".
34) Individuabile negli interessi che concretamente il contratto è diretto a
realizzare al di là del modello tipico utilizzato. Cfr. sul punto G.B. FERRI,
Negozio Giuridico, in Digesto delle Discipline Privatistiche, Sezione Civile,
IV ed., Torino, 987, Vol. 12, pp. 76 ss; R. SACCO, G. DE NOVA, Il Contratto, in
Trattato di Diritto Civile diretto da R. Sacco, Torino, 2004, Vol. 1, pp. 780
ss.
35) Le quali, secondo la disciplina di diritto comune, possono rilevare
unicamente nei limiti di liceità sanciti dall'art. 1345 c.c..
36) Cfr. F. CAPUTO NASSETTI, I contratti derivati finanziari, cit., p. 75;
nello stesso senso M. MORI, Swap: una tecnica per l'impresa, cit., p. 318; G.
CAPALDO, Profili civilistici del rischio finanziario e contratto di swap, cit.,
p. 27.
37) Cfr. Corte dei Conti, Sezione Regionale di Controllo per la Lombardia,
Deliberazione n. 52/2008, laddove si è affermato che "in particolare per
gli enti territoriali, il collegamento funzionale in quanto espressamente
previsto dalla legge e connaturato con la natura degli enti pubblici entra
nella causa giuridica del negozio, perché elemento oggettivo previsto dalla
legge. Ne consegue che per detti enti la mancata funzionalizzazione del
contratto all'andamento dei rischi di mutui stipulati dall'ente si riflette
sulla causa genetica dei contratti di swap di tasso di interesse, facendola
venire meno. In effetti per gli enti pubblici detti contratti sono consentiti
solo per le finalità innanzi indicate e in limiti di rischio propri delle
tipologie di contratti di derivati previsti dal legislatore, fissando così
anche limiti alla aleatorietà del contratto".
38) Così G. ASTEGIANO, Enti territoriali e strumenti finanziari derivati:
margini di utilità e rischi, in Azienditalia, maggio 2008, n. 5, p. 5, laddove,
si afferma che tale finalità di copertura "assume rilievo essenziale in
relazione ai contratti stipulati dagli enti pubblici, cosicché il collegamento
funzionale, in quanto espressamente previsto dalla legge o connaturato, con la
loro natura entra nella causa giuridica del negozio, in quanto elemento
oggettivo dello stesso previsto dalla legge. Con l'ovvia conseguenza, finora
non esplorata dalla giurisprudenza, che in relazione agli enti pubblici la
mancata funzionalizzazione del contratto all'andamento dei rischi dei mutui
precedentemente stipulati dall'ente si riflette sulla causa genetica dei
contratti di swap di tasso di interesse".
39) Cfr. M. LEMBO, La rinegoziazione dei contratti derivati: brevi note sulle
problematiche civilistiche e fallimentari, in Diritto Fallimentare e delle
Società Commerciali, 2005, pp. 345 ss.
40) Nei limiti comunque di uno sconto o premio da regolare al momento del
perfezionamento delle operazioni non superiore a 1% del nozionale della
sottostante passività; cfr. art. 3, comma 2, lett. f, D.M. n. 389 del 2003,
così come interpretato dall'art. 3 della Circolare esplicativa del 24 maggio
2004, cit..
41) Sul punto si rinvia ai Principi contabili per gli enti locali, redatti
dall'Osservatorio per la finanza e la contabilità degli enti locali, n. 3,
punto 47, secondo cui "l'eventuale entrata derivante dalla contrazione di
swap finalizzati alla ristrutturazione dei tassi di interesse del residuo
debito riguarda la rimodulazione del debito precedentemente contratto per
investimenti ed incide sulle condizioni economico-finanziarie e gli equilibri
del bilancio di medio-lungo termine; pertanto, va considerata una entrata straordinaria
da allocare nel titolo IV delle entrate".
42) Cfr. Corte dei Conti, Sezione Regionale di Controllo per la Lombardia,
Deliberazione n. 52/2008, secondo cui "la disciplina normativa non
stabilisce se il fondo che l'ente costituisce mediante i versamenti annuali (o,
comunque periodici) della quota capitale debba rimanere nella disponibilità
dell'ente territoriale ovvero possa essere affidato in gestione ad un istituto
bancario o ad un altro intermediario finanziario. Ove l'ente si privi della
disponibilità del fondo, è evidente che deve negoziare forme di garanzia
specifiche a carico dell'intermediario finanziario in ordine alla restituzione
dell'intero capitale alla data di scadenza del prestito obbligazionario, anche
al fine di non accollarsi il rischio dell'eventuale insolvenza
dell'intermediario finanziario".
43) Corte dei Conti, Sezione Regionale di Controllo per la Lombardia,
Deliberazione n. 52/2008, secondo cui "l'accumulo progressivo in un fondo
della quota capitale può essere elemento utile nell'economia del rapporto
contrattuale, ma considerata la natura degli enti pubblici e la circostanza che
i capitali che essi gestiscono sono di "proprietà" della
collettività, è necessario che prima di utilizzare questa modalità contrattuale
l'ente valuti con attenzione i rischi connessi e predisponga un regolamento
contrattuale che tuteli in modo specifico il patrimonio che l'ente accumula di
anno in anno, anche in relazione alle modalità di restituzione da parte
dell'intermediario finanziario".
44) Ibidem.
45) La distinzione è stata sancita dalla Consob nella Comunicazione n.
DI/99013791 del 26 febbraio 1999, laddove ha ritenuto che possono essere
considerate "di copertura" le operazioni su strumenti finanziari
derivati nel caso in cui: a) siano esplicitamente poste in essere al fine di
ridurre la rischiosità di altre posizioni detenute dal cliente; b) sia elevata
la correlazione tra le caratteristiche tecnico-finanziarie (scadenza, tasso
d'interesse, tipologia etc.) dell'oggetto della copertura e dello strumento
finanziario utilizzato a tal fine; c) siano adottate procedure e misure di
controllo interno idonee ad assicurare che le condizioni di cui sopra ricorrano
effettivamente.
46) Ed in particolare, come più volte detto, tali operazioni devo essere
accessorie rispetto a passività effettivamente dovute nonché volte a consentire
la riduzione del costo finale del debito, la riduzione dell'esposizione ai
rischi di mercato nonché il contenimento dei rischi di credito assunti.
47) Nello stesso senso G. ASTEGIANO, Enti territoriali e strumenti finanziari
derivati: margini di utilità e rischi, cit., p. 9, secondo cui
"considerata la natura del contratto e le limitazioni introdotte dal
legislatore che richiamano espressamente la finalità di copertura che il contratto
deve avere si può dubitare della validità di tutti i contratti che sono stati
conclusi per altre finalità o che, comunque, presentino una struttura che non
sia idonea a raggiungere questa finalità. In questi ultimi casi viene ad essere
dubbia l'esistenza della causa o la sua idoneità al raggiungimento dello scopo
e questa circostanza può comportare la nullità dell'intero contratto che
potrebbe essere fatta valere da chiunque ne abbia interesse e, quindi, anche
dagli stessi enti territoriali dinanzi al giudice civile". In generale,
con riferimento alle ipotesi di nullità virtuale per lesione di interessi
generali, cfr. C.M. BIANCA, Il Contratto, in Diritto Civile, Milano, 2000, Vol.
3, pp. 613 e ss; R. SACCO, Le invalidità, in Trattato P. Rescigno, Obbligazioni
e Contratti, X, Torino, 2002, pp. 618; G. DE NOVA, Il contratto contrario a
norme imperative, in Rivista Critica del Diritto Privato, 1985, pp. 436 e ss.
48) In tal senso si è espressa anche l'Associazione Italiana degli Analisti
Finanziari (A.I.A.F.), secondo cui "è essenziale che l'incarico volto
all'attività di "due diligence" sia conferito ad un soggetto diverso
e del tutto indipendente da quello che procederà alla successiva attività di
negoziazione volta alla ristrutturazione degli strumenti finanziari e/o del
debito. In altri termini chi parteciperà alla selezione per l'incarico avente
ad oggetto la "due diligence" (consulenza oggettiva), dovrà essere
automaticamente escluso da ogni incarico relativo alla conseguente
ristrutturazione". Cfr. A.I.A.F., Nota di "Best Practice"
riguardante le modalità di assegnazione ed i contenuti degli incarichi, da
parte degli enti locali, finalizzati alla valutazione tecnica di strumenti
finanziari derivati in essere, in www.aiaf.it.
49) Testo Unico sugli Enti Locali, d. lgs. n. 267 del 2000.
50) In tal senso si vedano anche l'art. 183, comma 2, lett. b del T.U.E.L.,
secondo cui "con l'approvazione del bilancio e successive variazioni, e
senza la necessità di ulteriori atti, è costituito impegno sui relativi
stanziamenti per le spese dovute [...]per le rate di ammortamento dei mutui e
dei prestiti, interessi di preammortamento ed ulteriori oneri accessori",
nonché l'art. 185, comma 4, del T.U.E.L., secondo cui "Il tesoriere
effettua i pagamenti derivanti da obblighi tributari, da somme iscritte a
ruolo, da delegazioni di pagamento, e da altri obblighi di legge, anche in
assenza della preventiva emissione del relativo mandato di pagamento. Entro
quindici giorni e comunque entro il termine del mese in corso l'ente locale
emette il relativo mandato ai fini della regolarizzazione".
51) Così S. POZZOLI, Assunzione di mutui e prestiti, in Gli strumenti derivati
negli enti locali, cit., p. XIII.
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