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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 01/12/2008 Scarica PDF

La valutazione dell'adeguatezza e dell'appropriatezza di strumenti finanziari e servizi di investimento

Luigi Gaffuri, Professore a contratto di Diritto degli Intermediari Finanziari


1. INTRODUZIONE
La verifica da parte degli intermediari dell'adeguatezza delle operazioni disposte dalla clientela ha sempre rappresentato una fase operativa molto delicata nello svolgimento dei servizi di investimento.
Il mancato rispetto della disciplina della suitability rule espone infatti i soggetti abilitati al rischio di possibili contestazioni da parte della clientela, con conseguenti richieste di reintegrazione dei danni subiti, nonché a possibili sanzioni da parte delle Autorità di vigilanza. Nelle numerose sentenze di merito che hanno condannato gli intermediari a risarcire gli investitori, con particolare riferimento alle situazioni di default dei titoli obbligazionari, l'esecuzione di operazioni non coerenti con il profilo del cliente, in assenza della necessaria informativa preventiva al cliente, ha costituito sino ad oggi la violazione più ricorrente accertata dai giudici, violazione ritenuta strettamente correlata al danno subito dagli investitori.


Gli intermediari sono stati costretti ad effettuare in passato significativi investimenti in sistemi informativi che consentissero di sintetizzare le informazioni necessarie per definire il profilo di rischio del cliente.
L'impegno era sostanzialmente richiesto per tutti i servizi di investimento; anzi a ben vedere lo svolgimento dei servizi meno complessi quali la ricezione e trasmissione ordini creava maggiori difficoltà in quanto la verifica doveva essere effettuata su operazioni decise il più delle volte autonomamente dal cliente, relative ad un numero elevatissimo di strumenti finanziari, non sempre facilmente classificabili a priori.


L'impostazione che è stata data dalla MiFID ha comportato una graduazione dell'impegno richiesto agli intermediari e della tutela riservata agli investitori in funzione delle tipologia del servizio prestato.
Per i servizi ad alto valore aggiunto (la consulenza e la gestione di portafogli) che maggiormente possono influire sulle scelte di investimento, le nuove disposizioni richiedono una conoscenza più ampia del cliente e la valutazione dell'adeguatezza, con conseguente maggior impegno per l'intermediario e un più elevato grado di tutela per l'investitore.


Per tutti gli altri servizi di investimento in relazione ai quali l'intermediario si limita ad eseguire disposizioni del cliente è prevista una più ridotta conoscenza dell'investitore e la valutazione dell'appropriatezza, con conseguente minor impegno per l'intermediario e minor tutela per il cliente.
Per i servizi di esecuzione ordini per conto terzi e ricezione e trasmissione ordini è poi prevista la possibilità, in presenza di determinate condizioni, di evitare l'acquisizione di qualsiasi informativa sul cliente e, conseguentemente, anche la verifica dell'appropriatezza. La mera esecuzione degli ordini (execution only) rappresenta un nuovo modo di porsi in posizione del tutto passiva rispetto all'attività di intermediazione svolta.


2. LA DISCIPLINA DELL'ADEGUATEZZA
2.1 La raccolta delle informazioni necessarie per la verifica dell'adeguatezza
Nella prima fase di applicazione della disciplina previgente le difficoltà incontrate nel trattamento delle informazioni e la mancanza di linee guida di comportamento alle quali uniformarsi hanno indotto alcuni intermediari a incoraggiare la clientela a dichiarare il rifiuto, parziale o totale, di fornire le informazioni previste dall'art. 28 del Regolamento Consob n. 11522/98. Si riteneva infatti che il rifiuto del cliente non consentisse la verifica dell'adeguatezza e pertanto la relativa disciplina si rendesse di fatto inapplicabile.


Entro breve tempo la Consob aveva tuttavia precisato che, anche in assenza delle informazioni fornite spontaneamente dai clienti, gli intermediari fossero comunque tenuti a valutare l'adeguatezza delle operazioni basandosi su altri parametri quali l'età, la professione o l'operatività pregressa degli investitori1.
I chiarimenti forniti dall'Autorità di Vigilanza hanno obbligato gli intermediari ad adottare procedure operative sempre più sofisticate che, in assenza di informazioni fornite dal cliente, consentissero il monitoraggio nel corso del tempo degli investimenti, al fine di desumere la propensione al rischio e la coerenza delle nuove operazioni alla struttura del patrimonio del cliente nel suo divenire.
Ora, un principio importante previsto dal sesto comma dell'art. 39 del nuovo Regolamento Intermediari stabilisce che qualora gli intermediari non ottengano dal cliente le informazioni "necessarie" per lo svolgimento del servizio di consulenza in materia di investimenti e di gestione di portafogli devono astenersi dalla prestazione di tali servizi.


Si tratta di una regola che può condizionare notevolmente l'attività degli intermediari in quanto può realmente impedire di continuare a prestare i servizi in questione nei confronti di buona parte della clientela.
L'art. 39 del Regolamento Intermediari prevede tre categorie generali di informazioni che devono necessariamente essere acquisite dagli intermediari:
- le informazioni relative alla conoscenza ed esperienza nel settore di investimento rilevante per il tipo di strumento e servizio;
- le informazioni relative alla situazione finanziaria;
- le informazioni relative agli obiettivi di investimento.
In relazione ad ognuna di queste tre categorie, l'articolo 39 indica specifiche informazioni che, tuttavia, devono essere acquisite soltanto se, sulla base di alcuni parametri, si rivelino effettivamente necessarie per la prestazione del servizio.
Nell'ambito delle informazioni riferibili alla conoscenza ed esperienza del cliente sono previste informazioni specifiche relative: a) ai tipi di servizi, operazioni e strumenti finanziari sui quali il cliente ha dimestichezza; b) alla natura, al volume e alla frequenza delle operazioni su strumenti finanziari realizzate dal cliente e il periodo durante il quale queste operazioni sono state eseguite; c) al livello di istruzione, alla professione o se rilevante alla precedente professione del cliente.


Dette informazioni devono essere acquisite nella misura in cui siano "appropriate" (vale a dire, si rendano effettivamente necessarie) "tenuto conto delle caratteristiche del cliente, della natura e dell'importanza del servizio da fornire e del tipo di prodotto od operazione previsti, nonché della complessità e dei rischi del servizio, prodotto od operazione".
Non può pertanto escludersi che in considerazione dei parametri di valutazione previsti dalla norma l'acquisizione di alcuni elementi informativi si renda superflua.
Allo stesso modo, con riferimento alla situazione finanziaria del cliente, l'art. 39 stabilisce ulteriori elementi specifici quali la fonte e la consistenza del reddito del cliente, del suo patrimonio complessivo e degli impegni finanziari, ma anche in questo caso l'acquisizione si rende obbligatoria quando tali elementi siano "pertinenti".
Infine, coerentemente con l'impostazione data per le prime due categorie generali di informazioni, anche per quanto attiene gli obiettivi di investimento è prevista, sempre se "pertinenti",la richiesta al cliente di ulteriori informazioni, relative al periodo di tempo per il quale il cliente desidera mantenere l'investimento, le sue preferenze in materia di rischio, il suo profilo di rischio e le finalità dell'investimento.


Gli intermediari sono chiamati pertanto a valutare preventivamente quali informazioni specifiche devono acquisire in relazione al servizio prestato e la scelta adottata assume rilevanza strategica.
La decisione di acquisire tutti gli elementi informativi contemplati dall'art 39 consente di evitare possibili rilievi e contestazioni in merito all'acquisizione di informazioni ritenute necessarie, ma comporta inevitabilmente: a) una più complessa gestione delle informazioni e, conseguentemente, maggiori difficoltà nella valutazione dell'adeguatezza delle operazioni; b) il rischio di non riuscire ad acquisire dati sensibili (quali il reddito e il patrimonio) e, conseguentemente, l'impossibilità di svolgere i servizi di gestione e di consulenza per una parte significativa della clientela.
Si consideri a questo riguardo che in passato la situazione finanziaria rappresentava un elemento che gli intermediari, nella maggior parte dei casi, evitavano di acquisire, conoscendo le remore degli investitori a rivelare dati particolarmente sensibili; come si è detto in precedenza, non può escludersi che in alcune circostanze siano stati effettivamente gli intermediari a consigliare i propri clienti a non dichiarare i dati relativi al reddito e al patrimonio, anche al fine di semplificare la procedura relativa alla verifica dell'adeguatezza; è chiaro che a seguito dell'entrata in vigore della nuova disciplina potrà rivelarsi compito non semplice convincere la clientela che quei dati sono ora diventati indispensabili per continuare a svolgere le medesime attività del passato.
Dal primo novembre 2007 un investitore che non ritenga di dover fornire dati sensibili quali l'entità del reddito e del patrimonio è costretto ad effettuare i propri investimenti autonomamente in quanto non ha più la possibilità di affidare il patrimonio ad un gestore o di beneficiare dei suggerimenti di un consulente. Sotto questo profilo la nuova disciplina dell'adeguatezza, anziché rafforzare la tutela dei risparmiatori, rischia di ridimensionarla, impedendo ai diretti interessati di avvalersi della professionalità degli intermediari nella scelta degli investimenti più adatti.
Va osservato che l'art. 39, settimo comma, precisa che gli intermediari non possono incoraggiare i clienti a non fornire le informazioni previste dal medesimo articolo. Si tratta di una previsione priva di rilevanza per i servizi di gestione di portafogli e di consulenza; l'intermediario, per i motivi suesposti, non può certamente avere interesse a indurre i propri clienti al rifiuto in quanto così facendo non potrebbe più svolgere tali attività.
Nell'ambito degli elementi informativi previsti dall'art. 39, quelli relativi al periodo di tempo per il quale il cliente desidera conservare l'investimento e alle finalità dell'investimento sono connessi alla natura della specifica operazione e pertanto potrebbero rivelarsi coerenti con i primi investimenti raccomandati al cliente, ma non con quelli successivi. Il problema si pone soprattutto in relazione al servizio di consulenza allorché vengano suggerite nel corso del tempo operazioni di natura eterogenea (ad esempio, compravendite di titoli obbligazionari e azionari).
Potrebbe in questo caso risultare difficile acquisire preventivamente, in una sola occasione, informazioni coerenti con raccomandazioni volte all'acquisto di strumenti finanziari di diversa natura che sono caratterizzati da un orizzonte temporale e da finalità di investimento differenti. Le informazioni fornite dal cliente potrebbe rivelarsi infatti contraddittorie e, per tale motivo, la valutazione dell'adeguatezza potrebbe essere ritenuta non corretta. Per evitare possibili rilievi il questionario relativo al test dell'adeguatezza dovrebbe specificare che il cliente ha la possibilità di dichiarare più orizzonti temporali e vari obiettivi di investimento se, attraverso i consigli del consulente, intende realizzare nel corso del rapporto investimenti di diversa natura.
Gli intermediari sono tenuti a richiedere preventivamente le informazioni necessarie per valutare l'adeguatezza, ma non è detto che quanto dichiarato dagli investitori possa necessariamente essere preso in considerazione.
L'art. 39, quinto comma, dispone che le informazioni fornite dai clienti (o dai potenziali clienti) potrebbero rivelarsi "manifestamente superate, inesatte o incomplete" e in tale circostanza gli intermediari non possono "fare affidamento" su quelle informazioni.
Si rende pertanto necessario un continuo monitoraggio della posizione del cliente per stabilire se le informazioni:
- sono manifestamente superate in quanto acquisite da troppo tempo e pertanto potrebbero non essere più in linea con l'effettivo profilo del cliente (ad esempio, il patrimonio del cliente si è ridotto a seguito di perdite relative agli investimenti);
- sono manifestamente inesatte in quanto non sono coerenti con altre notizie acquisite dall'intermediario in base ad altre modalità (ad esempio dall'operatività pregressa del cliente si rileva una propensione al rischio diversa da quella dichiarata; nel modulo di raccolta informazioni utilizzato dal collocatore sono presenti elementi non conformi a quelli indicati nei questionari predisposti dalle società prodotto);
- sono manifestamente incomplete e non consentono di valutare l'adeguatezza dell'investimento (ad esempio, nel corso del rapporto è aumentata la complessità delle operazioni raccomandate al cliente e si rende necessario acquisire nuovi elementi informativi per valutare l'adeguatezza).
Nell'ipotesi in cui le informazioni rese dai clienti rivelino le anomalie descritte, l'intermediario sarà tenuto a richiedere tempestivamente una integrazione degli elementi forniti o, in alternativa, a sospendere lo svolgimento del servizio comunicandone le ragioni agli interessati.


2.2. Oggetto della valutazione dell'adeguatezza
Sulla base delle informazioni ricevute dal cliente e tenuto conto della natura e delle caratteristiche del servizio fornito, gli intermediari devono valutare che la specifica operazione consigliata nell'ambito del servizio di consulenza o realizzata attraverso il servizio di gestione soddisfi le condizioni indicate dall'art. 40 del Regolamento e sia pertanto adeguata.
In particolare, è previsto che la specifica operazione: - corrisponda agli obiettivi di investimento del cliente;
- sia di natura tale che il cliente sia finanziariamente in grado di sopportare qualsiasi rischio connesso all'investimento, compatibilmente con i suoi obiettivi di investimento;
- sia di natura tale per cui il cliente possieda la necessaria esperienza e conoscenza per comprendere i rischi inerenti all'operazione o alla gestione del suo portafoglio.
Si rileva una contraddizione letterale tra il contenuto dell'art. 40 che prescrive i criteri per effettuare la valutazione dell'adeguatezza riferendosi alla specifica operazione e il contenuto dell'art. 39 che finalizza la raccolta delle informazioni per raccomandare non solo gli strumenti finanziari, ma anche i servizi di investimento. Se oggetto della valutazione dell'adeguatezza è la singola operazione, non è chiaro per quale motivo l'art. 39 disponga che le informazioni devono essere utilizzate per raccomandare anche i servizi di investimento adatti al cliente nella prestazione dei servizi di gestione e di consulenza.
Tale incongruenza è peraltro presente anche nel testo delle direttive comunitarie. L'art. 35, comma 1, della direttiva di secondo livello (norma dalla quale è derivato il testo, pressoché invariato, dell'art. 40 del Regolamento Intermediari) prevede che la valutazione dell'adeguatezza consiste nel verificare "che la specifica operazione raccomandata o realizzata nel quadro della prestazione del servizio di gestione di portafoglio soddisfi" determinati criteri.
L'art. 19, comma 4, della direttiva 2004/39CE estende la verifica anche ai servizi di investimento disponendo che "quando effettua consulenza in materia di investimenti o gestione di portafoglio, l'impresa di investimento ottiene le informazioni necessarie per essere in grado di raccomandare i servizi di investimento e gli strumenti finanziari adatti al cliente o potenziale cliente". Analogo contenuto è ripreso dal considerando n. 58 della Direttiva 2006/73CE in base al quale l'impresa "è tenuta a valutare se i servizi di investimento e gli strumenti finanziari siano adeguati per un dato cliente solo quando gli fornisce una consulenza in materia di investimenti o ne gestisce il portafoglio"
Al di là delle contraddizioni riscontrate nei testi normativi e regolamentari, va considerato che il servizio di gestione e di consulenza non possono avere per oggetto servizi di investimento ma, come è precisato dall'art. 1 del TUF, soltanto strumenti finanziari.
Vi è da chiedersi quali regole di comportamento debbano essere osservate dall'intermediario che fornisca ai propri clienti anche raccomandazioni personalizzate concernenti la sottoscrizione di servizi di investimento prestati da altri soggetti abilitati2, con particolare riferimento ai servizi di gestione di terzi.
Non potendo ammettersi la possibilità che il consulente possa consigliare, ad esempio, una linea di gestione non adeguata, si ritiene debbano trovare applicazione nell'ipotesi prospettata le regole generali di comportamento previste dall'art. 21, comma 1, lett. a) del TUF che impongono ai soggetti abilitati, nella prestazione dei servizi di investimento e accessori, di comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza.
Va considerato peraltro che qualora il cliente dovesse decidere di sottoscrivere il contratto di gestione proposto dal consulente, sarebbe comunque tutelato per il fatto che la valutazione dell'adeguatezza verrebbe effettuata dall'intermediario gestore. In definitiva, la sottoscrizione di una linea di gestione non adeguata raccomandata da un intermediario rappresenta un'ipotesi soltanto teorica.


2.3. I criteri applicati nella valutazione dell'adeguatezza
L'applicazione dell'art. 29 del Regolamento Consob n. 11522/98 in passato avveniva generalmente mediante procedure che prevedevano la raccolta preventiva delle informazioni, la classificazione del cliente nell'ambito di categorie standardizzate di investitori (suddivise per profili di rischio), la classificazione preventiva degli strumenti finanziari (in base a classi di rischio) e, infine, la verifica dell'adeguatezza sulla base della corrispondenza tra lo strumento finanziario e la categoria di appartenenza dell'investitore3.
Nella classificazione del cliente le informazioni previste dall'art. 28 del Regolamento (situazione finanziaria, obiettivi di investimento, propensione al rischio, esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari) venivano generalmente "sintetizzate" e "pesate" nel senso di attribuire maggiore importanza alla propensione al rischio dichiarata e alla situazione finanziaria (raramente precisata dal cliente).
A titolo di esempio, il cliente caratterizzato da un'elevata propensione al rischio e da una media esperienza nel campo finanziario poteva essere considerato investitore idoneo ad effettuare investimenti a rischio elevato; per converso, un' elevata esperienza nel campo finanziario associata ad una propensione al rischio media non giustificava un'operazione a rischio elevato.
L'impostazione fornita dall'art. 40 del nuovo Regolamento Intermediari prevede che tutte le informazioni abbiano la stessa rilevanza e debbano essere valutate separatamente con riferimento ad ogni operazione consigliata o eseguita dal gestore.
La specifica operazione deve corrispondere agli obiettivi di investimento del cliente. Ciò significa che lo strumento finanziario deve avere un orizzonte temporale conforme (o comunque non superiore) al periodo di tempo per il quale l'interessato intende mantenere l'investimento e deve essere caratterizzato da un rischio non superiore a quello che l'investitore ha dichiarato di essere disposto a correre e da elementi di redditività coerenti con le finalità dichiarate dell'investimento.
L'operazione può considerarsi inoltre adeguata soltanto se, in base alle informazioni fornite sulla esperienza e conoscenza, il cliente si dimostri capace di comprendere i relativi rischi.
Il cliente deve infine essere in grado di sopportare qualsiasi rischio connesso all'investimento e ciò compatibilmente con i suoi obiettivi di investimento. E' questa la condizione più difficile da accertare in quanto presuppone la stima del rischio massimo dell'investimento tenendo conto del suo importo rapportato alla situazione finanziaria del cliente (in termini di reddito, patrimonio e impegni finanziari) e degli obiettivi dichiarati dal cliente. Si tratta di una condizione "personalizzata" che impone all'intermediario una valutazione quantitativa difficilmente gestibile mediante una procedura standardizzata. Per maggior chiarezza, l'appartenenza del cliente alla categoria di investitori con profilo di rischio più elevato non rappresenta una condizione sufficiente per valutare in termini positivi qualsiasi investimento; l'importo dell'operazione, correlato alla situazione finanziaria, rappresenta infatti l'elemento decisivo per stabilire se il cliente è in grado di sopportare "qualsiasi perdita".
Per quanto attiene la tipologia delle operazioni oggetto di verifica, il tenore letterale della norma sembra escludere dall'ambito di applicazione dell'art. 40 i disinvestimenti; la terza condizione che si è analizzata prevede infatti espressamente che il cliente sia in grado di sopportare qualsiasi rischio "connesso all'investimento". In realtà, l'operazione di liquidazione di un investimento potrebbe rivelarsi non adeguata allorché alteri la composizione del patrimonio del cliente (ad esempio, incrementando la percentuale delle posizioni investite in strumenti finanziari di natura azionaria) non rendendola più coerente con il suo profilo di rischio.
Non vi è dubbio inoltre che la liquidazione delle attività finanziarie, modificando la struttura del portafoglio del cliente, possa influire sulla valutazione dell'adeguatezza degli investimenti successivi.
L'intermediario è tenuto a valutare l'adeguatezza delle operazioni volte a modificare l'investimento originario quali, ad esempio, le conversioni (switch) da un fondo/comparto ad un altro del medesimo OICR. Il rischio e le caratteristiche del nuovo strumento finanziario potrebbero infatti essere differenti rispetto a quelle del primo investimento oggetto di conversione e non essere coerenti con il profilo dell'investitore.


2.4 Il divieto di effettuare operazioni di gestione e fornire consigli non adeguati
L'art. 29 del Regolamento Consob n. 11522/98 prevedeva espressamente che gli intermediari, nell'ipotesi di operazione non adeguata, informassero gli investitori di tale circostanza e delle ragioni per cui non era opportuno dar corso alla sua esecuzione, legittimandoli tuttavia ad eseguire la disposizione non adeguata qualora il cliente, pur essendo stato avvertito, ritenesse comunque di confermare il proprio ordine.
La possibilità di effettuare o proporre operazioni non adeguate non è contemplata dalla normativa vigente in quanto il gestore e il consulente sono tenuti rispettivamente a realizzare e consigliare soltanto operazione adeguate.
E' questa una regola estremamente rigida che in linea di principio può apparire condivisibile, ma che in determinati casi rischia di ridurre la tutela degli investitori. Si pensi al caso, non raro, di un investitore che abbia maturato una scarsa esperienza e conoscenza dei mercati finanziari e che tuttavia sia dotato di un'elevata propensione al rischio e di una florida situazione finanziaria, e per questo sia intenzionato ad investire il proprio patrimonio anche in strumenti finanziari complessi e rischiosi. Ad un simile investitore la nuova disciplina dell'adeguatezza preclude la possibilità di avvalersi della professionalità di un consulente o di gestore che possano assisterlo nella scelta degli investimenti desiderati. A tale cliente è tuttavia data la possibilità di decidere autonomamente, sulla base della propria limitata esperienza e conoscenza, le operazioni finanziarie più complesse e rischiose nell'ambito di altri servizi di investimento ai quali non si applica la disciplina dell'adeguatezza e che prevedono, quale unica tutela, l'avvertimento che le operazioni richieste non sono appropriate. In estrema sintesi, un cliente privo di esperienze e conoscenze significative, non in grado di comprendere i rischi degli investimenti più complessi e rischiosi, è oggi costretto a rischiare il proprio patrimonio da solo.
Vi è da chiedersi se gli intermediari possano attivarsi per colmare le lacune dei propri clienti e siano abilitati a fornire le necessarie conoscenze in materia finanziaria mediante corsi specialistici; e ancora, non essendo sufficiente un livello elevato di conoscenza, ci si chiede se gli intermediari possano utilizzare dei sistemi "virtuali" per consentire agli investitori di acquisire anche un'esperienza operativa sugli strumenti finanziari, ad esempio permettendo loro di effettuare test di simulazione che consentano di rendersi consapevoli dei possibili effetti derivanti dalla compravendita di strumenti finanziari.


2.5. La valutazione dell'adeguatezza nell'attività di gestione
Sino al 31 ottobre 2007 nello svolgimento del servizio di gestione la valutazione dell'adeguatezza era effettuata sulla base delle caratteristiche della gestione indicate nel contratto sottoscritto dal cliente. Nelle gestione standardizzate si teneva conto del tipo di linea di gestione scelta dal cliente. Se il contratto era adeguato si poteva ritenere che anche le operazioni poste in essere nel corso del rapporto nell'interesse del cliente fossero coerenti con il profilo dell'investitore. Nel caso di non adeguatezza il servizio poteva essere prestato solo dopo aver avvertito il cliente di tale circostanza e aver ottenuto la conferma di voler procedere nell'attivazione del rapporto.
In genere, la valutazione dell'adeguatezza delle singole operazioni era limitata alle disposizioni vincolanti della clientela, anche al fine di poterla informare nei casi di ordini non adeguati, evitando possibili responsabilità.
Si riteneva che la disciplina della suitability rule dovesse essere osservata anche dagli intermediari distributori dei contratti di gestione pur potendosi ravvisare, sotto il profilo letterale, una certa incongruenza letterale con il contenuto dell'art. 29 del Regolamento Consob 11522/98 il quale prevedeva che gli operatori dovessero astenersi dall'effettuare "operazioni non adeguate"; era difficile pensare infatti che la distribuzione del servizio di gestione potesse rappresentare "un'operazione", così come descritta dalla norma.
L'attuale disciplina dell'adeguatezza prevede espressamente che anche nell'ambito dello svolgimento della gestione la verifica debba essere svolta sulla singola operazione di gestione. Nel commento al Regolamento Intermediari la Consob ha tuttavia riconosciuto la possibilità che l'adeguatezza delle singole operazioni poste in essere dal gestore possa essere presupposta alla luce della puntuale valutazione di adeguatezza già operata sul mandato gestorio. In altri termini, secondo l'Autorità di vigilanza se il contratto è adeguato, è sufficiente porre in essere operazioni coerenti alle caratteristiche della gestione per essere certi dell'adeguatezza di tali operazioni.
La valutazione preventiva dei contenuti del contratto di gestione è certamente indispensabile in quanto nel caso di un contratto non adeguato può evitare di accettare la proposta del cliente (ovvero di non sottoporre la propria proposta) e quindi di impegnarsi a fornire un servizio che di fatto non potrebbe essere eseguito.
La probabilità che rispettando le caratteristiche del mandato le operazioni siano sempre adeguate può essere molto elevata per i contratti che precisino limiti di gestione molto vincolanti, ma si riduce nel caso di gestioni flessibili.
La verifica dell'adeguatezza dell'operazione, in assenza di diverse precisazioni nella direttiva di secondo livello e del Regolamento Intermediari, non può riferirsi soltanto al contratto di gestione, ma alla posizione complessiva del cliente, rappresentata dal patrimonio amministrato e gestito dall'intermediario e dal patrimonio dichiarato dal cliente nell'ambito delle informazioni fornite.
Per chiarire, se un investitore sottoscrive una pluralità di contratti di gestione con il medesimo intermediario (ad esempio, più linee di gestione), l'adeguatezza dell'operazione dovrà essere accertata tenendo in considerazione il complesso del patrimonio gestito presso lo stesso intermediario e altre eventuali posizioni finanziarie (anche passive) dichiarate dal cliente.
Va osservato inoltre che nel corso del rapporto di gestione il patrimonio gestito potrebbe essere soggetto a variazioni positive e negative conseguenti ai risultati della gestione che potrebbero influire sulla valutazione dell'adeguatezza delle operazioni successive; l'intermediario gestore dispone infatti costantemente di "informazioni di ritorno" delle quali non può non tener conto nel corso del rapporto al fine di assumere decisioni di investimento adeguate per il cliente.
Sotto il profilo operativo si conviene che è pressoché impossibile effettuare sistematicamente la valutazione di ogni singola operazione sulla base di elementi ulteriori rispetto al perimetro delineato dal contratto di gestione; la disciplina dell'adeguatezza può tuttavia essere rispettata adottando idonee procedure interne che prevedano un aggiornamento periodico delle informazioni relative al cliente e, conseguentemente, una revisione periodica della coerenza tra il suo profilo e il contratto di gestione.


2.6 Le disposizioni vincolanti
Nel corso del rapporto di gestione i clienti possono impartire disposizioni vincolanti in ordine alle operazioni da compiere limitando la discrezionalità del gestore, con possibilità di influire positivamente o negativamente sulla performance.
Considerato che la disciplina attuale prevede l'obbligo del gestore di realizzare soltanto operazioni adeguate, vi è da chiedersi quale comportamento debba tenere l'intermediario nel caso in cui l'operazione disposta dal cliente si riveli non adeguata. Si consideri a questo riguardo che gli artt. 39 e 40 del Regolamento Intermediari non contemplano la possibilità di comunicare al cliente la non adeguatezza dell'operazione e che, anche a fronte di una siffatta comunicazione, il cliente potrebbe avere comunque il diritto di richiedere l'esecuzione dell'ordine impartito.
La Consob nel proprio commento al Regolamento ha precisato che l'obbligo di porre in essere esclusivamente solo operazioni adeguate vale anche nel caso in cui l'iniziativa provenga dal soggetto gestito, riconoscendo tuttavia la possibilità di prevedere nel contratto di gestione la facoltà per l'intermediario di rifiutarsi di compiere operazioni richieste dal cliente anche per l'ipotesi che le stesse risultino incoerenti rispetto al mandato gestorio ed ai limiti imposti.
Va tuttavia osservato che l'operazione, anche in base a quanto si è detto in precedenza, potrebbe essere coerente alle caratteristiche e ai limiti del contratto, ma potrebbe non rivelarsi adeguata per importo, frequenza, e ciò a maggior ragione quando i limiti di gestione siano flessibili. In tale circostanza l'ipotizzata previsione contrattuale non varrebbe a contemplare il caso di operazione conforme al contenuto del mandato ma non per questo adeguata.
L'intermediario dovrebbe comunque essere tenuto a segnalare tempestivamente la non adeguatezza della disposizione vincolante per mettere in condizione il cliente di effettuare l'investimento nell'ambito di altro servizio di investimento (quale la ricezione e trasmissione ordini) e/o per il tramite di altro intermediario. Se ciò non avvenisse il gestore potrebbe essere esposto al rischio di contestazioni da parte dell'investitore per non aver consentito a quest'ultimo di realizzare una plusvalenza relativa all'ordine vincolante.
Vi è inoltre una diversa soluzione interpretativa da considerare, sebbene non conforme alle prime indicazioni fornite dalla Consob.
L'art. 39 del Regolamento Intermediari, coerentemente con quanto previsto dall'art. 19, comma 4 della Direttiva 2004/39 CE, prevede che nella valutazione dell'adeguatezza le informazioni devono essere acquisite dal cliente al fine di "raccomandare" gli strumenti finanziari.
Le disposizioni vincolanti non rappresentano tuttavia delle raccomandazioni dell'intermediario e pertanto si potrebbe ritenere che quando l'iniziativa non sia assunta dal gestore non si applichi la disciplina dell'adeguatezza bensì - così come avviene per i servizi di investimento nei quali l'intermediario assume un ruolo meramente passivo - debba essere verificata in via analogica l'appropriatezza dell'operazione, tenendo conto delle sole informazioni sulla esperienza e conoscenza del cliente. Tale soluzione consentirebbe peraltro al gestore di segnalare l'eventuale non appropriatezza della disposizione mettendo in condizione il cliente di poterla comunque confermare.
Resta il fatto che un rapporto di gestione caratterizzato dalla presenza di frequenti disposizioni vincolanti da parte della clientela può rendere certamente più difficoltoso il monitoraggio anche delle operazioni decise dal gestore e può indurre l'intermediario a recedere dal rapporto.


2.7 La disciplina transitoria dell'adeguatezza
Alla disciplina dell'adeguatezza (e dell'appropriatezza) non si applica l'art. 113, secondo comma, del Regolamento n. 16190/2007, norma che consente di provvedere agli adempimenti in tema di informazioni alla clientela in essere alla data di entrata in vigore del Regolamento in occasione del primo contatto utile, o in mancanza, non oltre il 30 giugno 2008.
Per rendere meno difficoltoso il passaggio alla nuova disciplina, la Consob ha precisato che "ove l'intermediario abbia correttamente assunto o valorizzato le rilevanti informazioni sulla clientela al fine della valutazione dell'adeguatezza ex art. 29, comma 1, del reg. Consob n. 11522/98, si può ritenere che lo stesso disponga per i clienti già operativi alla data del 1° novembre 2007 delle informazioni necessarie per la prestazione sia dei servizi che richiedono una valutazione di adeguatezza sia, a maggior ragione, per lo svolgimento dei servizi per i quali è richiesto esclusivamente il controllo di coerenza con il livello di conoscenza ed esperienza necessario per comprendere i rischi che lo strumento o il servizio offerto o richiesto comporta. Resta fermo ovviamente che, ai fini della manutenzione del profilo dell'investitore, l'intermediario dovrà sottoporre ai clienti già censiti sulla base della disciplina previgente un nuovo questionario articolato secondo quanto previsto dalla disciplina di recepimento delle fonti comunitarie".
Secondo la Consob se un intermediario in epoca precedente il 1° novembre 2007, a seguito di espressa dichiarazione del cliente o sulla base di elementi acquisiti indirettamente, ha acquisito le informazioni necessarie ex art. 28, primo comma del Regolamento Consob n. 11522/98, può correttamente continuare a svolgere il servizio di gestione di portafogli in quanto dispone di informazioni sufficienti per valutare l'adeguatezza.
In via preliminare va ricordato che la disciplina previgente consentiva di operare anche in caso di non adeguatezza delle operazioni, in assenza di tutte o alcune informazioni della clientela e, inoltre, prevedeva di raccogliere un numero di informazioni meno dettagliate di a quelle indicate dall'art. 394.
Si può presumere che le informazioni non disponibili relative ai vecchi rapporti riguardino nella maggior parte dei casi la situazione finanziaria, rappresentata da elementi informativi che possono essere assunti solo mediante dichiarazioni espresse del cliente e non indirettamente.
Con riferimento ai rapporti di gestione accesi alla data del 31 ottobre 2007, si possono ipotizzare le seguenti situazioni:
- il contratto di gestione non era adeguato e lo svolgimento del servizio si era reso possibile previa comunicazione al cliente della non adeguatezza; in tale circostanza l'intermediario non può continuare la gestione dopo il 1° novembre 2007 in quanto è presumibile che le operazioni di gestione si riveleranno, come in passato, non adeguate;
- il cliente si era rifiutato di fornire in parte o integralmente le informazioni (ad esempio quelle relative alla situazione finanziaria), ma il gestore ha potuto valutare l'adeguatezza soltanto sulla base di quelle fornite o acquisite indirettamente; anche in questo caso l'intermediario dopo il 1° novembre 2007 dovrebbe astenersi dallo svolgimento del servizio in quanto non in possesso di informazioni che ai sensi dell'art. 39 del nuovo Regolamento sono necessarie per valutare l'adeguatezza delle operazioni;
- il cliente ha fornito tutte le quattro tipologie di informazioni previste ex art. 28 del Regolamento Consob n. 11522/98; se ciò è avvenuto occorre verificare se il questionario predisposto dall'intermediario già prevedeva gli specifici elementi informativi indicati dall' art. 39 del nuovo Regolamento Intermediari, elementi informativi che l'intermediario dopo il l° novembre 2007 ha considerato indispensabili per la valutare l'adeguatezza ai sensi della disciplina introdotta dalla MiFID. In caso affermativo la gestione potrà essere continuata anche dopo il 1° novembre. Diversamente, in mancanza di alcune informazioni specificamente previste dall'art. 39 (ad esempio, il cliente a dichiarato in passato il livello di esperienza, ma non conoscenza) sarà opportuno raccogliere al più presto le informazioni mancanti.
Si consideri in proposito che, come precisato dalla Consob, le informazioni fornite dal cliente potrebbero essere state "valorizzate" e quindi acquisite indirettamente, ad esempio sulla base dell'operatività pregressa del cliente. Deve pertanto tenersi conto del rischio al quale si può esporre il gestore allorché la valutazione dell'adeguatezza si basi su elementi che l'investitore potrebbe contestare in quanto non espressamente dichiarate.


2.8 Adeguatezza e consulenza
Nello svolgimento dell'attività di consulenza la verifica dell'adeguatezza deve essere preventiva rispetto al consiglio/raccomandazione dato al cliente. Se ciò non avviene e il consiglio non adeguato viene realizzato dall'investitore, l'intermediario è certamente responsabile delle eventuali perdite subite dal cliente.
Nella prestazione del servizio di consulenza gli intermediari possono avvalersi di dipendenti o di promotori finanziari e può pertanto risultare difficile monitorare il comportamento dei propri consulenti.
La società mandante potrebbe venire a conoscenza dell'operazione consigliata dal promotore solo dopo che il cliente ha già disposto l'operazione consigliata, oppure potrebbe non venire nemmeno a conoscenza di tale circostanza ben potendo il cliente eseguire l'investimento per il tramite di un intermediario diverso da quello che ha fornito la consulenza. Si pensi a questo riguardo alle SIM monofunzionali che si limitano a fornire soltanto il servizio di consulenza.
Si rende pertanto indispensabile mettere a disposizione dei propri collaboratori strumenti preventivi di analisi che consentano di classificare il profilo dell'investitore per verificare sempre in via preventiva se le operazioni consigliate siano coerenti; i consulenti dovrebbero essere dotati di sistemi di simulazione analoghi a quelli che utilizzano i gestori che consentano di verificare l'impatto delle operazioni consigliate sul patrimonio oggetto di attività di consulenza.
E' opportuno inoltre che il contratto preveda l'onere del cliente di informare il consulente in merito all'esecuzione delle operazioni consigliate (e di quelle decise autonomamente), al fine di consentire un aggiornamento della posizione nella prospettiva dei consigli successivi.


2.9 Prestazione del servizio di consulenza in via accessoria ad altri servizi di investimento
La consulenza in materia di investimento è attività che può essere svolta congiuntamente ad altri servizi di investimento. L'art. 37, comma 2, lett. g) del Regolamento Consob n. 16190/2007 prevede espressamente che il contratto "indica se e con quali modalità e contenuti in connessione con il servizio di investimento può essere prestata la consulenza in materia di investimenti".
Può accadere che il cliente richieda l'esecuzione di operazioni non consigliate dall'intermediario e tali operazioni si rivelino non adeguate. In tale circostanza è indispensabile che il soggetto abilitato formalizzi mediante idonea attestazione, sottoscritta dal cliente, che l'operazione non adeguata è stata decisa autonomamente dall'interessato ed è pertanto riferibile alla svolgimento di altri servizi di investimento, quali il collocamento o la ricezione e trasmissione ordini. Diversamente, l'intermediario potrebbe essere considerato responsabile per avere raccomandato un'operazione non adeguata.
Non sembra peraltro contrastare con la disciplina dell'adeguatezza un comportamento del consulente volto a segnalare la non adeguatezza dell'operazione "non consigliata" al fine di dissuadere il cliente nella realizzazione dell'investimento.
La questione può risultare particolarmente complessa allorché la consulenza sia prestata sistematicamente in via accessoria al servizio di collocamento e si riferisca pertanto agli strumenti finanziari distribuiti dal medesimo intermediario che assume il ruolo di consulente e collocatore. Può diventare difficile in questo caso dimostrare che la decisione di sottoscrivere un determinato strumento finanziario non adeguato per il cliente non sia stata in qualche modo condizionata da un'attività non meramente promozionale dell'intermediario.


2.10. Applicabilità delle disciplina dell'adeguatezza ai prodotti finanziari assicurativi
L'art. 85 del nuovo Regolamento Intermediari ha stabilito che i soggetti abilitati all'intermediazione assicurativa (le banche e le SIM iscritte nel Registro Unico Elettronico degli intermediari assicurativi e riassicurativi) nella distribuzione dei prodotti finanziari assicurativi debbano rispettare, tra l'altro le disposizioni previste dagli art. 39-42 del Regolamento Intermediari (disposizioni relative alla disciplina dell'adeguatezza e appropriatezza).
Nel commento al predetto articolo del Regolamento, la Consob - dopo aver ricordato i criteri previsti dall'art. 1 del TUF e dalla Direttiva di secondo livello (considerando n. 81) in base ai quali può essere definito il contenuto dell'attività di consulenza in materia di investimenti - ha precisato che l'estensione di tali criteri ai prodotti finanziari assicurativi (che ovviamente non sono strumenti finanziari) comporta che si sia in presenza di un'attività di consulenza rilevante tutte le volte in cui l'intermediario assicurativo presenti una polizza come adatta alle caratteristiche personali del contraente (ipotesi che nella distribuzione dei prodotti assicurativi appare secondo la Consob quella più ricorrente ) e pertanto debba essere effettuato il test dell'adeguatezza.
Ora, l'art. 4 della Direttiva di primo livello e l'art. 1 comma 5 del TUF prevedono espressamente che servizi di investimento (tra i quali la consulenza) hanno per oggetto strumenti finanziari e non prodotti finanziari; diversamente non possono essere considerati servizi di investimento e quindi non sono assoggettati alla relativa disciplina.
Se la consulenza su prodotti assicurativi non può identificarsi con la consulenza in materia di investimenti, non pare possibile utilizzare i criteri stabiliti nella definizione di tale servizio di investimento per classificare un'attività che servizio di investimento non è.
L'art. 25 bis del TUF prescrive che gli articoli 21 e 23 del TUF si applicano alla sottoscrizione e al collocamento di prodotti finanziari emessi da banche e da imprese di assicurazione e inoltre che in relazione a tali prodotti la CONSOB esercita i poteri di vigilanza regolamentare, informativa e ispettiva. L'applicazione dell'art. 21 del TUF ai prodotti assicurativi (che prevede tra l'altro l'obbligo di acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo in cui essi siano sempre adeguatamente informati) è tuttavia limitata alla sottoscrizione e al collocamento (in sintesi, alla distribuzione) e non ad altre attività/servizi riferibili a tali prodotti, quali la consulenza in materia di investimenti.
Non si ritiene possibile, attraverso una norma di rango secondario, l'integrazione del contenuto del Testo Unico estendendo ad altri servizi/attività l'applicazione di disposizione normative (quali l'art. 21 del TUF) e delle relative disposizioni di attuazione. Gli stessi poteri regolamentari attribuiti dall'art 21 alla Consob sono specificatamente riferibili all'attività di collocamento dei prodotti finanziari assicurativi e bancari e non ad altre attività concernenti tali prodotti.
Al collocamento di prodotti assicurativi, anche quando sia collegato ad un'attività di consulenza, si dovrebbero applicare le disposizioni regolamentari relative al collocamento e pertanto la disciplina dell'appropriatezza (e non pertanto gli artt. 39 e 40 del Regolamento che attengono al servizio di consulenza e di gestione), non assumendo rilevanza lo svolgimento di un'attività (non riservata) di consulenza.
L'estensione alla consulenza relativa a polizze assicurative della disciplina dell'adeguatezza risponde ad un apprezzabile tentativo della Consob di prescrivere anche alle SIM e alle banche le stesse regole di comportamento previste dai regolamenti attuativi del Testo Unico delle Assicurazioni per gli intermediari assicurativi; il contesto normativo attuale, estremamente complesso, sembra tuttavia non consentire una armonizzazione delle regole di comportamento per tutti gli intermediari assicurativi.
Si consideri in proposito che la disciplina dell'intermediazione assicurativa contenuta nel Codice delle Assicurazioni Private e nel Regolamento ISVAP n. 5/2006 (in conformità a quanto previsto dalla Direttiva 2002/92/CE sull'intermediazione assicurativa) richiede che nella distribuzione delle polizze di assicurazioni (e quindi anche nella distribuzione dei prodotti finanziari assicurativi) debba essere sempre effettuata la valutazione dell'adeguatezza, e ciò a prescindere dallo svolgimento di un'attività di consulenza. Diversamente, il Regolamento Consob n. 16190/2007 (coerente con il contenuto delle Direttive 2004/39/CE e 2006/73 CE) prevede che nella distribuzione degli strumenti finanziari la verifica dell'adeguatezza deve essere effettuata solo se al collocamento si accompagni un'attività di consulenza.
Recentemente è stata pubblicata sul sito della Consob e dell'ISVAP una comunicazione congiunta delle due Autorità di vigilanza, in forma di documento di consultazione, che fornisce indicazioni operative destinate agli intermediari assicurativi soggetti alla disciplina del TUF (banche, SIM, intermediari finanziari iscritti nell'elenco di cui all'art. 107 del d.lgs 385/1993, le Poste Italiane) e alle imprese di assicurazione da seguire nella distribuzione dei cosiddetti prodotti assicurativi multiramo.
In linea generale, la Comunicazione precisa che nella distribuzione delle polizze multiramo occorre rispettare contemporaneamente le regole di comportamento indicate dal TUF, dal Codice delle Assicurazioni Private e dai rispettivi Regolamenti di attuazione della Consob e dell'ISVAP.
E' previsto che nella distribuzione dei prodotti finanziari assicurativi le banche e le SIM debbano acquisire preventivamente dal contraente gli elementi informativi indicati dall'art. 39 del Regolamento Intermediari per svolgimento dei servizi di investimento, opportunamente integrati e adattati per tener conto della componente assicurativa, al fine di valutare sempre
l'adeguatezza in base ai criteri indicati dall'art. 40 del medesimo Regolamento. Nel caso di rifiuto del cliente, al distributore non verrebbe precluso il collocamento del prodotto essendo contemplato il dovere di informarlo circa l'impossibilità di valutare se il prodotto è adeguato. Qualora la polizza si riveli non adeguata, l'intermediario dovrebbe avvisare il cliente di tale circostanza, precisando per iscritto i motivi che non ne rendono opportuna la sottoscrizione .
La soluzione operativa della Consob e dell'ISVAP, non distingue il collocamento delle polizze assistito dalla consulenza rispetto alla mera distribuzione in quanto prevede "sempre" l'obbligo di effettuare il test dell'adeguatezza; tuttavia, fatto salvo il dovere generale di comportarsi con correttezza e diligenza nell'interesse del contraente, ciò potrebbe agevolare l'offerta di prodotti non adeguati. La comunicazione di non adeguatezza trasmessa al cliente consente infatti all'intermediario di provare quasi sempre la correttezza del proprio comportamento non essendo possibile nel caso concreto stabilire se la polizza è stata scelta dall'interessato ovvero è stata raccomandata dal distributore.
In definitiva, le indicazioni operative previste dalla Comunicazione congiunta di Consob e ISVAP se da un lato rendono più complesso il mero collocamento di prodotti finanziari assicurativi rispetto al collocamento degli strumenti finanziari, per converso potrebbero semplificare lo svolgimento dell'attività di consulenza associata alla distribuzione in quanto potrebbero permettere di consigliare polizze in assenza di informazioni relative al contraente e prodotti non necessariamente coerenti alle esigenze dell'interessato.


2.11 Applicabilità delle disciplina dell'adeguatezza ai prodotti finanziari bancari
Le considerazioni svolte per i prodotti finanziari assicurativi valgono anche per i prodotti finanziari emessi da banche. L'art. 25 bis del TUF prevede infatti l'applicazione degli artt. 21 e 23 del TUF limitatamente alla sottoscrizione e al collocamento di tali prodotti bancari.
Una consulenza che abbia per oggetto prodotti finanziari bancari non può essere considerata un servizio di investimento e pertanto non dovrebbe richiedere il rispetto della disciplina dell'adeguatezza.
L'art. 84 del Regolamento Intermediari limita tuttavia l'applicazione delle disposizioni regolamentari previste per gli intermediari nello svolgimento dei servizi di investimento ( tra cui gli artt. 39-42), alle sole banche, anche quando procedono alla vendita, in fase di emissione, di propri prodotti finanziari.
Non è chiaro per quale motivo l'estensione delle regole generali di comportamento previste dall'art. 21 del TUF e delle relative disposizioni di attuazione non sia stata prescritta anche qualora il collocamento dei prodotti bancari sia effettuato da altri intermediari abilitati (quali le SIM), vale a dire dai soggetti abilitati che hanno il contatto diretto con il cliente e che promuovono la vendita di tali prodotti. L'art. 25 bis del TUF si limita infatti a indicare le tipologia di attività (sottoscrizione e collocamento) e i prodotti finanziari (assicurativi e bancari) per i quali vale l'estensione della disciplina degli artt. 21 e 23, ma non esclude espressamente gli intermediari diversi dalle banche dall'ambito di applicazione della norma.
Le banche sono tenute a rispettare le regole di comportamento richiamate dall'art. 84 quando offrono sul mercato primario propri prodotti ovvero quando distribuiscono prodotti emessi da altre banche. Nel primo caso, se la banca distribuisce i propri prodotti avvalendosi di un collocatore non bancario (ad esempio di una SIM) potrebbe non svolgere alcun servizio di investimento nei confronti degli investitori contattati dal collocatore assumendo soltanto la veste di emittente. Vi è da chiedersi se, nell'ipotesi prospettata, il collocatore non bancario, sebbene l'art. 84 del Regolamento intermediari non lo contempli espressamente, non sia comunque tenuto nella distribuzione di prodotti finanziari bancari a rispettare tutte le regole previste per il collocamento di strumenti finanziari, compresa la disciplina relativa all'appropriatezza.


3. LA VALUTAZIONE DELL'APPROPRIATEZZA
3.1.La raccolta delle informazioni necessarie per la verifica dell'appropriatezza
Nella prestazione dei servizi di investimento diversi dalla gestione e dalla consulenza gli intermediari devono limitarsi alla verifica dell'appropriatezza accertando se il cliente è in possesso di un livello di esperienza e conoscenza necessario per comprendere i rischi relativi allo strumento finanziario o al servizio di investimento offerto o richiesto.
Mentre l'art. 40 del Regolamento Intermediari, come si è rilevato in precedenza, limita la valutazione dell'adeguatezza alla specifica operazione consigliata o realizzata, l'art. 42 prevede espressamente che la verifica dell'appropriatezza si estenda anche ai servizi di investimento, ipotesi questa che può verificarsi soltanto nel servizio di collocamento.
Per la verifica dell'appropriatezza è necessario richiedere preventivamente all'investitore soltanto le informazioni relative alla sua conoscenza ed esperienza nel settore di investimento rilevante per il tipo di strumento o servizio proposto. E' richiesto pertanto un livello di conoscenza del cliente inferiore in quanto è sufficiente acquisire soltanto una delle tre categorie di informazioni previste per il test dell'adeguatezza.
Anche in questo caso peraltro, rinviando l'art. 41 del Regolamento Intermediari al comma 2 dell'art. 39, l'intermediario deve valutare quali specifiche informazioni sulla conoscenza ed esperienza del cliente si rende necessario acquisire in considerazione delle caratteristiche del cliente, della natura e dell'importanza del servizio da fornire e del tipo di operazione previsti, nonché della complessità e dei rischi di tale servizio, prodotto o operazione. Ogni intermediario è tenuto pertanto a predisporre un questionario ove raccogliere le specifiche informazioni che in base ai parametri di riferimento indicati dalla norma consentano effettivamente di valutare il grado di conoscenza ed esperienza del cliente.


3.2 Il rifiuto di fornire le informazioni
Nella prestazione dei servizi diversi dalla gestione e dalla consulenza la mancata acquisizione di alcune o tutte le informazioni non preclude lo svolgimento delle attività. E' sufficiente infatti comunicare al cliente, anche utilizzando un formato standardizzato, che il rifiuto di fornire le informazioni richieste - anche se limitato ad un elemento informativo che si ritenga indispensabile - impedirà di stabilire se il servizio o lo strumento sia appropriato.
Il tenore letterale dell'art. 42 quarto comma, del Regolamento, conforme al contenuto dell'art. 19, quinto comma, della Direttiva di primo livello, non chiarisce se l'avvertenza debba essere comunicata ogni volta che il cliente richieda l'esecuzione di un'operazione ovvero una volta per tutte in occasione della raccolta delle informazioni, prima dell'inizio del servizio di
investimento. Potrebbe risultare superfluo prevedere la necessità di un'avvertenza ripetuta in corrispondenza di ogni operazione o della sottoscrizione di un contratto relativo ad un servizio di investimento dal momento che la motivazione rimane sempre la stessa, a prescindere dal tipo di investimento scelto dal cliente. In assenza di chiarimenti da parte dell'Autorità Vigilanza, considerata l'ambiguità dei riferimenti regolamentari, si ritiene tuttavia opportuno comunicare l'avvertenza in occasione di ogni operazione disposta dall'investitore.
Nell'applicazione della disciplina dell'appropriatezza assume rilevanza il divieto di incoraggiare la clientela a non fornire informazioni; il rifiuto del cliente agevola certamente l'intermediario esonerandolo da una complessa verifica che può comportare responsabilità non trascurabili.


3.3. Operazioni non appropriate
Mentre nei servizi di gestione e di consulenza non è possibile consigliare o effettuare operazioni non adeguate, nella prestazione degli altri servizi l'intermediario può dar corso alle disposizioni del cliente non appropriate purché provveda ad avvisare preventivamente l'interessato di tale circostanza, anche in questo caso utilizzando un formato standardizzato.
E' questa una avvertenza che, a differenza di quella esaminata nel paragrafo precedente, è corretto sia trasmessa all'investitore in occasione di ogni operazione in quanto ad essa strettamente correlata.
La Consob nel proprio commento al Regolamento ha precisato che non si rende possibile comunicare la non appropriatezza con riferimento alla potenziale operatività che il cliente potrebbe porre in essere in futuro (ad esempio, comunicare che tutte le operazioni future aventi ad oggetto determinate tipologie di strumenti finanziari sono da considerare non appropriate). La stessa Autorità di Vigilanza ha tuttavia rilevato che qualora "il cliente si impegni contestualmente per più operazioni da svolgere con lo stesso intermediario è possibile effettuare la valutazione dell'appropriatezza una tantum a valere su tutte le operazioni disposte". Si ritiene che la Consob intenda riferirsi ad una pluralità di operazioni aventi le medesime caratteristiche che il cliente dichiari di voler effettuare in futuro5. Un esempio significativo coerente con l'indirizzo operativo fornito dall'Autorità di vigilanza può essere rappresentato da un piano di accumulo di quote di OICR in relazione al quale il controllo dell'appropriatezza dovrebbe essere effettuato al momento della sottoscrizione del piano e non più in occasione degli investimenti rateali.
Alla luce delle indicazioni precisate dalla Consob, i versamenti aggiuntivi (non programmati) relativi a quote di OICR o a contratti di gestione di portafogli rappresentano invece nuove operazioni che, per quanto di natura analoga agli investimenti originari, non sono riconducili ad un impegno preesistente del cliente; ne deriva pertanto che tali tipologie di operazioni, se non appropriate per l'investitore, impongono all'intermediario di segnalare l'incongruenza nonostante abbia già provveduto in passato a comunicare analoga avvertenza riferita allo stesso prodotto o servizio. L'intermediario deve richiamare nuovamente l'attenzione in merito alla non appropriatezza di un operazione che in occasione della prima segnalazione il cliente non si era impegnato ad effettuare.
Va da sé che se la ripetizione dell'avvertenza in occasione di ogni operazione di investimento di strumenti/prodotti finanziari "analoghi" (ad esempio, la sottoscrizione di quote di Fondi bilanciati) appare coerente con la ratio della norma, il fatto di dover avvisare nuovamente l'investitore che lo stesso strumento/prodotto finanziario non è appropriato non riveste alcuna utilità per l'investitore.
Questioni particolari si pongono nel collocamento di prodotti e servizi che consentano nel corso del tempo agli investitori di disporre in via disgiunta operazioni successive. Ci si riferisce ai contratti di gestioni di portafogli che contemplano la possibilità di effettuare conversioni di linea su iniziativa di un solo cliente e alla sottoscrizione iniziale di quote di OICR che può consentire operazioni successive di switch tra fondi (comparti) di natura diversa e, addirittura, la sottoscrizione di altri fondi gestiti dalla stessa SGR con la firma di un solo intestatario.
In relazione a tali prodotti e servizi può accadere che l'operazione successiva sia disposta da un solo intestatario in assenza degli altri; può pertanto risultare difficile per il collocatore effettuare in tempi rapidi la comunicazione di non appropriatezza agli intestatari assenti, salvo sospendere per un periodo indeterminato l'esecuzione dell'ordine.
In tal caso, occorre contemperare l'interesse del cliente ad effettuare tempestivamente l'operazione e l'esigenza di avvisare i singoli investitori per i quali l'operazione si riveli non appropriata. Una soluzione potrebbe essere quella di prevedere nel contratto di collocamento la possibilità per l'intermediario di comunicare la non appropriatezza al soggetto che dispone in via disgiunta l'operazione, il quale provvederà a recapitarla al diretto interessato. Altra soluzione, più rischiosa della precedente, potrebbe prevedere nel contratto di collocamento che in relazione alle fattispecie considerate l'intermediario sia tenuto a valutare l'appropriatezza solo con riferimento al cliente che dispone l'esecuzione dell'ordine nell'interesse anche degli altri intestatari6.


3.4. Oggetto della valutazione dell'appropriatezza
La disciplina dell'appropriatezza prevede espressamente che la verifica debba essere svolta non solo sugli strumenti finanziari ma anche sui servizi di investimento, ipotesi questa che può concretamente verificarsi soltanto nello svolgimento del servizio di collocamento. L'intermediario collocatore nell'offerta dei servizi di investimenti propri o di altre società prodotto è tenuto infatti ad accertare se il cliente abbia la conoscenza e l'esperienza per comprendere i rischi legati ai servizi che intende sottoscrivere. Tale verifica non riguarda soltanto il servizio di gestione, ma in generale tutti i servizi di investimento.
In considerazione dell'espresso richiamo agli art. 41 e 42 del Regolamento Intermediari previsto dagli artt. 84 e 85 del medesimo Regolamento la disciplina dell'adeguatezza riguarda anche la distribuzione di prodotti finanziari assicurativi e dei prodotti finanziari bancari. Come si è detto in precedenza, l'applicazione della disciplina dell'appropriatezza anche a queste tipologie di prodotti finanziari è corretta in quanto è coerente con il contenuto della norma primaria (art. 25 bis del TUF) che si riferisce espressamente alla sottoscrizione e al collocamento di tali prodotti.
Il servizio di gestione offerto al pubblico attraverso il servizio di collocamento è soggetto ad una duplice valutazione:
- alla verifica di appropriatezza da parte del soggetto collocatore, che può essere lo stesso intermediario che presta il servizio di gestione o un intermediario diverso;
- alla valutazione preventiva dell'adeguatezza delle caratteristiche della gestione rappresentate nel relativo contratto da parte del gestore.
Può ben darsi che lo stesso contratto di gestione, se distribuito da un soggetto terzo, sia considerato appropriato dal collocatore e non adeguato dal gestore. Ciò può accedere, ad esempio, quando un cliente abbia un alto livello di conoscenza ed esperienza del servizio ma dichiari una propensione al rischio non sufficientemente elevata e una situazione finanziaria non particolarmente florida.
L'ipotesi inversa non può invece verificarsi in quanto un livello di conoscenza ed esperienza non appropriato non può in sede di valutazione dell'adeguatezza essere compensato nemmeno da una situazione finanziaria estremamente positiva e da una elevata propensione al rischio; come si è detto, la metodologia prevista dall'art. 40 del Regolamento Intermediari che deve essere seguita dall'intermediario nella valutazione dell'adeguatezza impone che le tre condizioni previste dalla medesima norma sussistano autonomamente, senza possibilità (come avveniva in passato) di attribuire un "peso" diverso alle informazioni.
Con riferimento all'attività di collocamento mediante offerta fuori sede, i promotori finanziari, quali ausiliari dell'intermediario possono verificare in prima persona l'appropriatezza delle operazioni e trasmettere direttamente al cliente le eventuali comunicazioni relative alla non appropriatezza o alla impossibilità di svolgere la valutazione prevista dall'art. 42 in assenza delle informazioni necessarie. In proposito, l'art. 78 del Regolamento Intermediari prevede che nell'attività di offerta fuori sede di strumenti finanziari, di servizi e attività di investimento e di prodotti finanziari disciplinati dall'art. 30 del TUF i soggetti abilitati nel rapporto con la clientela si avvalgono dei promotori finanziari al fine di adempiere alle regole previste dal Libro III del regolamento e, pertanto, anche per rispettare le disposizioni in materia di appropriatezza.


3.5. Il passaggio dal vecchio al nuovo regime nella verifica dell'appropriatezza
L'applicazione della disciplina dell'appropriatezza ai rapporti accesi alla data del 31 ottobre 2007 risulta più agevole rispetto agli adeguamenti richiesti dalle nuove regole in tema di adeguatezza.
Va osservato in primo luogo che, anche in assenza totale o parziale di informazioni, l'intermediario può continuare a svolgere il servizio di investimento purché comunichi all'investitore l'impossibilità di verificare se il prodotto o il servizio è appropriato.
Si è detto che secondo la Consob ove l'intermediario abbia correttamente assunto o valorizzato le rilevanti informazioni sulla clientela al fine della valutazione dell'adeguatezza ex art. 29, comma 1, del reg. Consob n. 11522/98, si può ritenere che lo stesso a maggior ragione disponga per i clienti già operativi alla data del 1° novembre 2007 delle informazioni necessarie per la prestazione dei servizi che richiedono una valutazione di appropriatezza.
Se, pertanto, l'intermediario ha acquisito in passato, direttamente dal cliente o per via indiretta, informazioni sulla conoscenza ed esperienza del cliente, lo stesso potrà svolgere correttamente i servizi di investimento diversi dalla gestione e dalla consulenza in quanto in possesso degli elementi per valutare l'appropriatezza.
L'art. 28 del Reg. Consob n.11522/98 prevedeva di richiedere informazioni sulla esperienza ma non sulla conoscenza e pertanto è difficile che alla data del 31 ottobre 2007 gli intermediari fossero già in possesso di dichiarazioni del cliente volte ad attestare tale specifico elemento informativo.
E' più probabile che le banche e le Sim dal 1° novembre 2007 si siano riferite ad elementi desumibili dall'operatività pregressa degli investitori. A questo riguardo il considerando n. 59 della Direttiva 2006/73/CE prevede che "ai fini delle disposizioni della presente direttiva che prescrivono alle imprese di investimento di valutare l'appropriatezza dei servizi o prodotti di investimento offerti o richiesti, si presume che un cliente che si è impegnato in un ciclo di contrattazioni aventi per oggetto un particolare tipo di prodotto o servizio iniziato prima della data di applicazione della direttiva 2004/39/CE abbia l'esperienza e le conoscenze necessarie per comprendere i rischi esistenti in relazione a tale prodotto o servizio di investimento".
In caso di dubbio, considerati i rischi ai quali si può esporre l'intermediario utilizzando un'informazione soltanto presunta, è sempre opportuno rinnovare l'invito al cliente di fornire le informazioni mancanti e in caso di rifiuto effettuare la comunicazione prevista dal quarto comma dell'art. 42.


4. QUESTIONI COMUNI ALLA VALUTAZIONE DELL'ADEGUATEZZA E DELL'APPROPRIATEZZA
4.1 Rapporti intestati ad una pluralità di soggetti
I servizi di investimento possono essere svolti nell'interesse di una pluralità di investitori che sottoscrivono con l'intermediario un contratto cointestato.
Come in passato, si pone la questione se ai fini della valutazione dell'adeguatezza e dell'appropriatezza le informazioni debbano essere richieste e riferite ai singoli intestatari assegnando ad ognuno di essi uno specifico profilo, ovvero sia possibile consolidare le informazioni e considerare un unico profilo derivato dalle caratteristiche complessive dei clienti.
Non vi sono in proposito precise indicazioni operative da parte dell'Autorità di Vigilanza la quale si è limitata a consigliare agli intermediari di rappresentare nel contratto la soluzione adottata.
Se, anche in base ai chiarimenti della Consob, può escludersi un rischio "vigilanza" in relazione alle diverse scelte operative, l'intermediario deve tuttavia considerare che adottando la seconda soluzione, in assenza di una normativa di terzo livello che specifichi la corretta applicazione della norma, si espone a possibili contestazioni da parte dei clienti che, sulla base degli elementi informativi forniti, risultino caratterizzati da un più basso profilo di rischio.
La soluzione più prudente può essere quella che preveda la raccolta separata delle informazioni e l'assegnazione di uno specifico profilo ad ogni intestatario; la verifica dell'adeguatezza e dell'appropriatezza delle operazioni dovrà tener conto prudenzialmente delle attitudini all'investimento del cliente con più basso profilo.
Non si ritiene invece corretta una procedura, per quanto prevista dal contratto, che preveda l'indicazione da parte degli intestatari del soggetto preposto a fornire le informazioni previste dall'art. 39, al quale riferire la valutazione dell'adeguatezza. Non è ipotizzabile una rinuncia di alcuni intestatari del rapporto a fornire le proprie informazioni e a sottoporsi al test dell'adeguatezza e dell'appropriatezza.
Caso particolare si può verificare allorché un consiglio di investimento sia fornito dall'intermediario che svolge i servizi di consulenza e collocamento ad un cliente e questi decida di porre in essere il suggerimento sottoscrivendo un contratto con altri intestatari. L'intermediario sarà allora tenuto a verificare l'adeguatezza del consiglio avendo riguardo al cliente cui è stato rivolto e ad effettuare il test dell'appropriatezza con riferimento ai clienti che hanno deciso autonomamente di condividere l'operazione con il primo.


4.2 Gli investitori professionali
L'art. 40, secondo comma, del Regolamento Intermediari consente agli intermediari di presumere che il cliente classificato nella categoria dei clienti professionali abbia il livello necessario di esperienze e di conoscenze per comprendere i rischi inerenti all'operazione o alla gestione del suo portafoglio. Ciò significa che, sussistendo i presupposti indicati dalla norma, non vi è necessità di acquisire le informazioni previste dall'art 39, comma 1, lett. a).
La presunzione è assoluta nei rapporti con i "clienti professionali di diritto" i quali soddisfano precisi requisiti qualitativi e quantitativi previsti dall'allegato 3 del Regolamento Intermediari e, presumibilmente, con i "clienti professionali pubblici" classificabili sulla base del Regolamento che dovrà essere emanato dal Ministro dell'Economia e delle Finanze ai sensi dell'art. 6, comma 2,-sexies del Testo Unico.
Con riferimento ai "clienti professionali su richiesta" la presunzione è limitata agli "strumenti, le operazioni e i servizi" per i quali gli investitori, sulla base di una preventiva adeguata valutazione da parte dell'intermediario, sono classificati nella categoria dei clienti professionali. L'intermediario dovrà pertanto accertarsi che l'operazione consigliata o che intende porre in essere nell'interesse dell'investitore rientri tra quelle che hanno consentito di qualificarlo come cliente professionale.
Nel solo caso di prestazione del servizio di consulenza, ai sensi del terzo comma dell'art. 40, gli intermediari possono presumere che un "cliente professionale di diritto" "sia finanziariamente in grado di sopportare qualsiasi rischio di investimento compatibile con i propri obiettivi di investimento". In tale circostanza, il consulente nella valutazione dell'adeguatezza dei consigli dovrà limitarsi ad accertare preventivamente che l'operazione corrisponda agli obiettivi di investimento del cliente essendo già soddisfatti gli altri due criteri previsti dall'art. 40.
Coerentemente con quanto previsto dalla disciplina dell'adeguatezza, anche l'art. 42 prevede per gli intermediari la possibilità di "presumere che un cliente professionale abbia il livello di esperienza e conoscenza necessario per comprendere i rischi connessi ai servizi di investimento e alle operazioni o ai tipi di operazioni o strumenti per i quali il cliente è classificato come professionale".
Nei rapporti con i clienti professionali, sulla base di una presunzione assoluta o limitata ai prodotti e servizi per i quali siano stati classificati "professionali", gli intermediari non sono tenuti ad effettuare alcun test di appropriatezza.


4.3. Clienti diversi dalle persone fisiche
Nel caso di investitore diverso dalla persona fisica le informazioni richieste ai sensi dell'art. 39 devono essere adattate al tipo di investitore. E' la stessa norma a prevedere che gli elementi informativi ivi indicati devono essere acquisiti anche tenendo conto "delle caratteristiche del cliente".
Vi è da chiedersi anzitutto se gli elementi informativi relativi alla conoscenza ed esperienza debbano essere riferiti al rappresentante legale (o alla persona incaricata di agire) ovvero direttamente alla società, ente o associazione.
In proposito si osserva che l'allegato 3 del Regolamento Intermediari precisa che nel caso di persone giuridiche la valutazione dei parametri che qualificano la categoria dei cosiddetti "clienti professionali su richiesta" deve essere "condotta con riguardo alla persona autorizzata ad effettuare operazioni per loro conto e/o alla persona giuridica medesima" .
Se la Consob ha stabilito che la verifica dello status di cliente professionale (che presuppone anche l'accertamento di una specifica esperienza nel settore finanziario) possa essere svolta avendo riguardo sia alla persona giuridica, sia al soggetto autorizzato ad operare, tale opzione deve valere anche nella verifica (meno complessa) dell'appropriatezza delle operazioni.
Qualora si ritenga di analizzare il grado di conoscenza ed esperienza della società non avrà alcun senso acquisire elementi informativi quali il livello di istruzione o la professione, riferibili esclusivamente alle persone fisiche. Va osservato che adottando questo tipo di soluzione si dovrà prestare particolare attenzione alla veridicità dei dati dichiarati dal cliente in quanto potrebbero rivelarsi manifestamente inesatti. Si consideri a titolo di esempio il caso di un rappresentate legale che dichiari un elevato livello di esperienza e conoscenza della società e quest'ultima si riveli essere stata costituita solo da poco tempo; o, più semplicemente, a fronte di una siffatta dichiarazione l'intermediario abbia acquisito bilanci della società dai quali possa derivarsi che in passato non sono mai state effettuate operazioni di compravendita di strumenti finanziari.
Anche per quanto attiene la situazioni finanziaria le informazioni relative ad una società dovranno essere adattate alle caratteristiche del cliente ponendo particolare attenzione ad elementi quali il reddito di impresa, il patrimonio netto, desumibili peraltro dai bilanci del cliente medesimo.


4.4. Soggetto delegato ad operare
Il cliente può delegare un soggetto terzo nella esecuzione delle operazioni relative ai servizi di investimento. E' questa un'ipotesi che si verifica con maggior frequenza nell'ambito del servizi di ricezione e trasmissione ordini, ma può presentarsi anche nei rapporti di gestione e consulenza7.
L'intermediario dovrà in tale circostanza acquisire le informazioni relative al cliente, quale destinatario degli effetti delle operazioni effettuate nel corso della gestione o raccomandate, non rilevando, nemmeno sotto il profilo della conoscenza e dell'esperienza, gli elementi informativi riconducibili al soggetto delegato.
Analogamente, nell'ipotesi di svolgimento degli altri servizi di investimento la valutazione dell'appropriatezza dovrà essere svolta con riferimento all'investitore e non al soggetto delegato all'esecuzione delle operazioni; per rendere più funzionale il rapporto si ritiene possibile indicare il soggetto delegato quale destinatario delle comunicazioni con le quali l'intermediario segnala la non appropriatezza degli ordini o l'impossibilità di effettuare il relativo test in assenza di informazioni necessarie.


4.5. Società fiduciarie (statiche)
Con comunicazione DIN/6022348 la Consob ha riconosciuto la possibilità che una società fiduciaria di "amministrazione statica" possa rendersi intestataria, per conto dei fiducianti, di contratti di investimento, a condizione che i correlati servizi siano direttamente riferibili ai clienti/fiducianti, in qualità di fruitori effettivi degli stessi. L'intermediario deve essere in condizione di rispettare le disposizioni normative e regolamentari relative alla prestazione dei servizi di investimento e, in particolare, deve garantire la personalizzazione del rapporto con il cliente e la conoscenza del medesimo identificandolo attraverso l'attribuzione di un codice personale, al quale associare le informazioni necessarie per valutare l'adeguatezza.
Nell'ipotesi di svolgimento dei servizi di gestione e di consulenza intestati ad una società fiduciaria "statica" la verifica dell'adeguatezza dovrà essere condotta con riferimento al profilo del fiduciante identificabile mediante il predetto codice personale.
Qualora l'intestazione fiduciaria riguardi altri servizi per i quali si renda applicabile il regime dell'appropriatezza (ad esempio, i servizi di collocamento e di ricezione e trasmissione ordini), in base ai criteri indicati dalla Consob nella predetta comunicazione, nell'ipotesi di operazioni non appropriate o in assenza delle informazioni necessarie l'intermediario sarà tenuto ad acquisire dalla fiduciaria idonea attestazione dell'avvenuta consegna all'investitore del modulo contenente le avvertenze relative alla non adeguatezza o all'impossibilità di effettuare il test in assenza delle informazioni necessarie.


5. LA VALUTAZIONE DELL'ADEGUATEZZA E DELL'APPROPRIATEZZA NELL PRESTAZIONE CONGIUNTA DEI SERVIZI DI INVESTIMENTO
Nell'ambito dell'offerta dei prodotti finanziari e servizi di investimento l'applicazione della disciplina dell'adeguatezza e dell'appropriatezza può variare a seconda della posizione assunta dall'intermediario nel processo distributivo e della natura dei prodotti e dei servizi.
Nella prestazione congiunta di più servizi di investimento la valutazione dell'adeguatezza può assorbire la verifica dell'appropriatezza rendendola inutile. Ciò si verifica, ad esempio, nel caso in cui lo svolgimento del servizio di consulenza in strumenti finanziari preceda lo svolgimento di servizi quali la ricezione e trasmissione ordini e il collocamento. Nel momento in cui l'intermediario raccomandi un investimento al cliente (e tale investimento deve necessariamente essere adeguato) si rende superflua ogni successiva verifica dell'appropriatezza in quanto il controllo preventivo dell'adeguatezza già prevede che la specifica operazione sia di natura tale che il cliente possieda la necessaria esperienza e conoscenza per comprendere i rischi inerenti all'operazione.
Può tuttavia accadere che nonostante l'intermediario svolga il servizio di consulenza, il cliente assuma scelte di investimento autonome; in tale circostanza, se si tratta di operazione non adeguata è opportuno che l'intermediario si faccia rilasciare dal cliente una dichiarazione che si tratta di operazione non consigliata al fine di provare che non sussistevano i presupposti per verificarne l'adeguatezza. Si renderà in tale circostanza necessaria la verifica dell'appropriatezza.
Analogamente, nell'ipotesi di collocamento del servizio di gestione da parte dello stesso intermediario gestore la preventiva valutazione dell'adeguatezza del contratto assorbe la verifica dell'appropriatezza del contratto di gestione.


6. LA DISTRIBUZIONE DI SERVIZI DI INVESTIMENTO ALTRUI
L'art. 82 del Regolamento Intermediari regola l'ipotesi in cui più intermediari siano coinvolti nell'offerta fuori sede e nella promozione e collocamento a distanza di servizi di investimento altrui e ne precisa ruoli e responsabilità.
Detta norma prescrive al primo comma che "nell'offerta fuori sede e nella promozione e collocamento a distanza di servizi di investimento altrui gli intermediari interessati si organizzano in modo di assicurare il rispetto delle regole di condotta applicabili al servizio commercializzato".
E' previsto pertanto un obbligo per gli intermediari che partecipano al processo distributivo di attivarsi al fine di individuare soluzioni organizzative nell'ambito degli accordi di distribuzione che consentano sempre il rispetto, da parte di almeno uno degli operatori coinvolti, delle regole di comportamento applicabili al servizio di investimento oggetto di commercializzazione, consentendo al cliente di godere del medesimo livello di tutela, indipendentemente dal fatto che la relazione intervenga con il soggetto che presta il servizio o con il soggetto che lo distribuisce.
La società prodotto può delegare l'adempimento di regole di comportamento che siano compatibili con la struttura dell'intermediario incaricato alla commercializzazione del servizio di investimento.
Nel proprio commento alla bozza del Regolamento Intermediari la Consob si era riferita all'ipotesi di commercializzazione del servizio di gestione individuale altrui precisando che il distributore, ove incaricato dall'intermediario gestore di procedere alla customer due diligence , è tenuto "a riferirsi alla disciplina per la valutazione dell'adeguatezza propria del servizio di gestione".
In tale circostanza, tuttavia, i compiti assegnati al collocatore non possono che limitarsi alla corretta raccolta delle informazioni indicate nel questionario predisposto dall'intermediario gestore, non essendo il distributore in condizione di assolvere compiutamente gli obblighi previsti dall'art. 40 del Regolamento Intermediari. La possibilità di verificare preventivamente l'adeguatezza del contratto al fine di considerare adeguate le operazioni di gestione rappresenta una procedura che può essere adottata dal soggetto che presta il servizio, ma non dal distributore. Si consideri a questo riguardo che la valutazione effettuata da quest'ultimo potrebbe risultare differente rispetto a quella svolta dal gestore in quanto basata su elementi informativi diversi, desumibili da un proprio questionario e da prodotti e servizi commercializzati per conto di altre società prodotto.
E' lo stesso articolo 82, secondo comma, a delimitare implicitamente i compiti delegabili al distributore precisando che "nell'offerta fuori sede e nella promozione e collocamento a distanza di servizi di investimento altrui, l'intermediario è responsabile della completezza e dell'accuratezza delle informazioni trasmesse al soggetto che presta il servizio". Pur non essendo specificato dalla norma, la responsabilità del distributore è da intendersi nei confronti dell'investitore quale conseguenza dell'inosservanza di regole di comportamento poste a sua tutela. Lo stesso intermediario sarà responsabile anche nei confronti della società prodotto in caso di inosservanza di obblighi contrattuali previsti dagli accordi di distribuzione.
Come espressamente previsto dall'ultimo capoverso del secondo comma dell'art. 82, "l'intermediario che presta il servizio è responsabile della prestazione dello stesso sulla base delle informazioni trasmesse". Se, pertanto, il soggetto collocatore dovesse trasmettere al gestore informazioni incomplete o acquisite senza prestare la dovuta accuratezza, la responsabilità verso il cliente conseguente ad una valutazione non corretta delle operazioni di gestione dovrebbe trasferirsi dal soggetto che presta il servizio a quello che lo commercializza.
Nel caso specifico potrà rivelarsi alquanto difficile stabilire se il comportamento tenuto dal soggetto offerente sia fonte di responsabilità e, in particolare, accertare se l'incompletezza dei dati e la presunta non accuratezza prestata siano conseguenti ad una mancata collaborazione da parte dell'investitore e non a negligenza del distributore.
Non sono chiari i motivi per i quali l'Autorità di Vigilanza si sia riferita soltanto alla distribuzione di servizi altrui effettuata mediante offerta fuori sede o a distanza e non anche all'ipotesi in cui la commercializzazione avvenga presso la sede o le dipendenze del collocatore, considerato che anche in tale circostanza si può porre un problema di coordinamento tra le attività degli intermediari coinvolti.
Nel proprio commento all'art. 82 la Consob ha giustificato il proprio intervento regolamentare precisando che "in base alla legislazione primaria la commercializzazione di servizi di investimento altrui è attività sottoposta a specifica disciplina solo ove svolta fuori sede (art. 30, del TUF) o a distanza (art. 32 del TUF). Infatti, mentre l'offerta fuori sede e la promozione ed il collocamento a distanza possono avere ad oggetto oltre che prodotti finanziari anche servizi di investimento altrui, così non è per i servizi di investimento propriamente detti (collocamento; ricezione e trasmissione ordini....) che per essere tali (art. 1. comma 5, del TUF) devono avere ad oggetto strumenti finanziari.....Pertanto la commercializzazione di servizi di investimento altrui può essere direttamente disciplinata dalla CONSOB solo nelle modalità fuori sede o a distanza".
La distribuzione di servizi di investimento di terzi non configura lo svolgimento di un servizio di investimento (quale può essere il collocamento) in quanto, come correttamente rileva la Consob non ha per oggetto strumenti finanziari; se tuttavia la commercializzazione di servizi altrui avviene fuori sede, pur non trattandosi anche in questo caso di un'attività riservata, è prevista dal legislatore una disciplina speciale volta a tutelare l'investitore che impone l'utilizzo di soggetti qualificati (i promotori finanziari) e riconosce un diritto di ripensamento al sottoscrittore.
L'art. 82 del Regolamento Intermediari non prescrive tuttavia agli intermediari oneri aggiuntivi rispetto a quelli previsti per lo svolgimento delle rispettive attività, ma si limita a imporre un coordinamento nell'adempimento di regole che dovrebbero essere rispettate indipendentemente dalla posizione assunta nel processo distributivo.


7. LA VALUTAZIONE DELLA ADEGUATEZZA E DELL'APPROPRIATEZZA DA PARTE DELLE SGR
Nello svolgimento delle attività di gestione di portafogli su base individuale e di consulenza in materia di investimenti le SGR, alla stessa stregua degli altri soggetti abilitati, sono tenute alla raccolta delle informazioni previste dall'art. 39 del Regolamento Intermediari e alla valutazione dell'adeguatezza delle operazioni posti in essere o raccomandate alla clientela.
L'art. 33, comma 2, lett. e) bis del TUF ha integrato l'elenco dei servizi e delle attività che possono essere svolte dalle SGR prevedendo la possibilità di "commercializzare quote o azioni di OICR propri o di terzi, in conformità alle regole di condotta stabilite dalla Consob, sentita la Banca d'Italia"
L'art. 77 del Regolamento Intermediari dispone che lo svolgimento di tale attività richiede il rispetto da parte delle SGR dei principi e delle regole generali previsti dal TUF in tema di distribuzione di strumenti finanziari e delle disposizioni relative alla prestazione dei servizi di investimento previste dal Regolamento Consob 16190/2007 (tra le quali gli artt. 41 e 42 del Regolamento). Ciò significa che le Società di gestione del risparmio, ai fini della verifica dell'appropriatezza, devono raccogliere le informazioni sulla conoscenza ed esperienza degli investitori che sottoscrivono le quote di OICR commercializzate.
L'attività di commercializzazione, per la quale non si rinvengono definizioni nel Testo Unico della Finanza e nel Regolamento Intermediari, può essere assimilata in generale alla distribuzione ed è stata introdotta per disciplinare l'offerta di quote di OICR da parte della SGR e l'offerta fuori sede di servizi di investimento altrui (art. 82 del Regolamento Intermediari).
Vi è da chiedersi se l'attività di commercializzazione presupponga necessariamente lo svolgimento di un'attività nei confronti del pubblico (da effettuarsi presso la sede dell'offerente o mediante offerta fuori sede) e sia pertanto assimilabile al servizio di collocamento, ovvero si configuri un'attività di commercializzazione anche qualora la SGR si limiti a raccogliere le sottoscrizione di quote di OICR propri, in assenza di sollecitazione all'investimento. Ci si riferisce in quest'ultimo caso alla vendita di quote di Fondi speculativi che, come è noto, non possono essere oggetto di sollecitazione all'investimento e, più in generale, alla vendita di quote di Fondi riservati che, in considerazioni delle caratteristiche degli investitori potrebbero non essere offerte al pubblico.
Si rende pertanto auspicabile un chiarimento da parte della Consob volto ad individuare l'ambito di applicazione dell'art. 77 e, in particolare a stabilire se in sede di sottoscrizione di quote di un Fondo speculativo o riservato la SGR sia tenuta, tra l'altro, a valutare l'appropriatezza dell'investimento.
Per completezza va ricordato che il terzo comma dell'art. 77 estende anche alle SICAV che procedono alla commercializzazione di azioni di propria emissione gli stessi obblighi previsti per le SGR nella commercializzazione di quote di OICR; l'applicabilità alle Sicav di tali doveri è stata correttamente limitata alla commercializzazione delle azioni di propria emissione non essendo autorizzate le Sicav alla distribuzione di quote o azioni di OICR di terzi.


7.1. La valutazione dell'appropriatezza relativa ai Fondi riservati
L'art. 15 del Decreto del Ministero del Tesoro 24 maggio 1999 n. 228 prevede la possibilità per le SGR di istituire fondi aperti e chiusi la cui partecipazione è riservata a investitori qualificati specificando le categorie di investitori alle quali il fondo è riservato.
L'art. 1, lett. h) dello stesso Decreto individua le categorie di soggetti che possono essere considerati "investitori qualificati" citando i tradizionali investitori qualificati (quali, ad esempio le imprese di investimento e le banche) e, più in generale, "le persone fisiche e giuridiche e gli altri enti in possesso di specifica competenza ed esperienza in operazioni in strumenti finanziari espressamente dichiarata per iscritto dalla persona fisica o dal legale rappresentante della persona giuridica o dell'ente".
Si pone un problema di coordinamento nell'applicazione delle disposizioni sopra citate (che devono considerarsi tuttora in vigore) e della disciplina dell'appropriatezza. Il soggetto incaricato del collocamento o la stessa SGR, nel caso di distribuzione diretta delle quote, sono infatti tenuti a verificare sia lo status di "investitore qualificato" in base ai criteri stabiliti dall'art. 1 del DM 228/1999, sia il grado di conoscenza ed esperienza necessario per comprendere i rischi connessi alla sottoscrizione di un Fondo riservato.
L'accertamento della prima condizione, nel caso di persone giuridiche diverse dagli inventori istituzionali o di persone fisiche, si riscontra sulla base di una dichiarazione scritta del rappresentante legale o dell'interessato volta ad attestare una competenza ed esperienza che per quanto definita "specifica" è riferita ad operazioni effettuate in generale in strumenti finanziari, non rilevando su quali tipologie di strumenti finanziari e in quali settori l'interessato abbia maturato le proprie competenze ed esperienze.
La verifica dell'appropriatezza deve invece accertare se l'investitore è in possesso di una specifica esperienza e conoscenza degli strumenti finanziari che intende acquistare ed è pertanto nella condizione di conoscere i rischi legati all'investimento.
Si potrebbe pertanto verificare il caso in cui a seguito del test dell'appropriatezza l'intermediario collocatore (o la stessa SGR) riscontri che l'investitore, pur avendo dichiarato di avere i requisiti dell'investitore qualificato, non possiede un'idonea esperienza e conoscenza per comprendere i rischi legati all'investimento in un Fondo riservato che si rivela pertanto un'operazione non appropriata.
Si ritiene che in base alle regole generali previste dall'art. 21 del TUF che prevedono l'obbligo di comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza per servire al meglio l'interesse dei clienti, l'intermediario collocatore (o la SGR) non possano limitarsi a comunicare la non appropriatezza dell'investimento, ma debbano evitare di raccogliere la sottoscrizione delle quote di un fondo riservato essendo emersi, tramite il test dell'appropriatezza, elementi concreti in base ai quali l'investitore non può ritenersi qualificato ed è pertanto sprovvisto dello status necessario per aderire al Fondo.


8. MERA ESECUZIONE (EXECUTION ONLY)
Nella prestazione dei soli servizi di esecuzione di ordini per conto dei clienti o di ricezione e trasmissione ordini non è richiesta la preventiva acquisizione delle informazioni della clientela e la valutazione dell'appropriatezza allorché siano soddisfatte tutte le quattro condizioni previste dall'art. 43 del Regolamento Intermediari.
a) E' richiesto innanzitutto che lo svolgimento dei suddetti servizi di investimento abbia per oggetto soltanto specifici strumenti finanziari quali azioni ammesse alla negoziazione di un mercato regolamentato (o in un mercato equivalente di un paese terzo), strumenti finanziari del mercato monetario, obbligazioni o altri titoli di debito (escluse le obbligazioni o i titoli di debito che incorporano uno strumento derivato), OICR armonizzati o altri strumenti finanziari non complessi.
In linea teorica l'elenco degli strumenti finanziari previsto dall'art. 43 non è definitivo in quanto anche altri strumenti finanziari che possano essere considerati "non complessi" potrebbero soddisfare la prima condizione prescritta dalla norma in esame. A questo riguardo l'art. 44 del Regolamento prevede a sua volta un' indicazione dettagliata dei requisiti che devono caratterizzare uno strumento finanziario non complesso non espressamente incluso nell'elenco riportato dall'art. 438.
b) Il servizio di esecuzione ordini o di ricezione e trasmissione ordini deve essere svolto su iniziativa del cliente o potenziale cliente. Nel caso specifico può risultare estremamente difficile stabilire se l'investitore abbia agito di propria iniziativa ovvero le scelte di investimento siano state, anche solo parzialmente, condizionate dall'intermediario. Si consideri che un'errata valutazione in merito alla sussistenza della seconda condizione richiesta dall'art. 43 può esporre il soggetto abilitato a rischi estremamente rilevanti in quanto può essergli contestata l'esecuzione di un'operazione non appropriata in assenza delle dovute avvertenze all'investitore.
Il considerando n. 30 della Direttiva di primo livello stabilisce che "un servizio dovrebbe essere considerato come prestato su iniziativa del cliente a meno che il cliente lo richieda in risposta ad una comunicazione personalizzata da o per conto dell'impresa a quel particolare cliente, che contiene un invito o è intesa a influenzare il cliente rispetto ad uno strumento finanziario o operazione finanziaria specifici. Un servizio può essere considerato come prestato su iniziativa del cliente nonostante il cliente lo richieda sulla base di comunicazioni contenenti una promozione o offerta di strumenti finanziari effettuate con mezzi che siano per natura generali e rivolti al pubblico o a un più ampio gruppo o categoria di clienti o di potenziali clienti".
Il testo (o la traduzione) del considerando non è del tutto chiaro ma consente di svolgere alcune riflessioni.
Per stabilire se il servizio è svolto su iniziativa del cliente occorre accertare se preventivamente gli sono state trasmesse comunicazione personalizzate, specificamente indirizzate allo stesso, ovvero in forma generalizzata, vale a dire destinate al pubblico.
La comunicazione dovrebbe essere considerata personalizzata anche qualora non rappresenti un consiglio basato sulle esigenze del cliente, ma più semplicemente quando l'interessato possa ricevere il messaggio a lui specificamente indirizzato. Per maggior chiarezza, nello stabilire se una comunicazione sia personalizzata occorre riferirsi alle modalità con le quali viene trasmessa, non rilevando se il messaggio è stato formulato tenendo conto delle caratteristiche del cliente.
Nel caso concreto si tratterà di stabilire quali mezzi di comunicazione possano essere considerati per natura generali e siano pertanto diretti al pubblico o a un più ampio gruppo o categoria di clienti.
Nel contempo, la comunicazione, per quanto indirizzata al cliente, non può condizionare le scelte del cliente quando abbia per oggetto indicazioni di investimento di carattere generale e non specifici strumenti finanziari. La successiva decisione di effettuare un investimento sarà assunta in questo caso su iniziativa del cliente sebbene sulla base di consigli di carattere generale. Per citare un esempio, qualora l'intermediario si limiti a trasmettere al cliente una possibile asset allocation basata sulle caratteristiche del cliente, senza specificare i singoli strumenti finanziari, la comunicazione personalizzata non potrà influenzare le decisioni di investimento "rispetto ad uno strumento finanziario o operazione finanziaria specifici".
Nel proprio commento all'art. 43 la Consob ha rilevato che comunicazioni indirizzate al cliente attraverso contatti di tipo personale, quali ad esempio telefonate o visite a domicilio, "rendono difficile sostenere l'assunzione, da parte del cliente, dell'iniziativa relativa alla conseguente e specifica transazione eventualmente effettuata".
La stessa Autorità di vigilanza ha poi fatto presente che lo svolgimento dei servizi tramite internet rappresenta il canale più idoneo privilegiato per l'applicazione del regime di execution only in quanto consente di verificare più agevolmente se l'iniziativa sia stata assunta in via autonoma dall'investitore ovvero sia stata condizionata da consigli personalizzati che possano configurare lo svolgimento da parte dell'intermediario anche di un servizio di consulenza in materia di investimenti, ipotesi questa che richiederebbe necessariamente la valutazione dell'adeguatezza.
La Consob ha inoltre correttamente chiarito che il possesso da parte dell'intermediario di informazioni relative alla clientela necessarie per lo svolgimento di altri servizi, quali la gestione di portafogli o la consulenza, non preclude la possibilità di svolgere in modalità di execution only i servizi di esecuzione ordini e di ricezione e trasmissione ordine. Il cliente potrebbe infatti richiedere di operare autonomamente in modalità di mera esecuzione tramite il canale internet con riferimento ad determinati strumenti finanziari e di avvalersi della consulenza del medesimo intermediario per effettuare compravendite relative a titoli più complessi.
In merito alla sussistenza della condizione prevista dalla lettera b) dell'art. 43, vi è da chiedersi se l'intermediario che svolge il servizio in regime di mera esecuzione di ordini sia tenuto a verificare se l'iniziativa del cliente possa essere condizionata da comunicazioni personalizzate effettuate da altri soggetti abilitati (ad esempio, dai soggetti incaricati della distribuzione del servizio) e, in caso affermativo, possa ritenersi responsabile per non aver verificato l'appropriatezza. Si pensi al caso in cui i promotori finanziari dell'intermediario incaricato della commercializzazione del servizio, pur non svolgendo attività di consulenza in materia di investimenti, forniscano consigli di carattere generale in merito all'investimento in strumenti finanziari e i clienti assegnati richiedano alla società prodotto l'esecuzione delle relative disposizioni di compravendita. In tale circostanza, non può certamente sostenersi che il servizio sia prestato su iniziativa del cliente sebbene le scelte di quest'ultimo non siano condizionate dal soggetto che svolge il servizio.
Si ritiene che nel caso prospettato e, in generale, in tutte le ipotesi che contemplino la distribuzione (fuori sede e mediante collocamento a distanza) dei servizi di esecuzione ordini e di ricezione e trasmissione ordini, debba trovare applicazione l'art. 82 del Regolamento Intermediari con conseguente obbligo per gli intermediari coinvolti di disciplinare il proprio comportamento ai fini del rispetto delle regole poste a tutela del cliente. Il soggetto che presta il servizio dovrà pertanto assicurarsi del fatto che il collocatore non svolga alcuna attività di assistenza nei confronti della clientela che possa condizionarne le scelte d'investimento; a sua volta l'intermediario che distribuisce il servizio sarà tenuto a monitorare l'attività dei propri promotori finanziari informando la società prodotto in merito alle anomalie riscontrate.
Resta il fatto che la distribuzione dei servizi di mera esecuzione e di ricezione e trasmissione ordine tramite canali tradizionali della società che presta il servizio o, a maggior ragione, di terzi intermediari mal si presta all'applicazione del regime di execution only non consentendo un sufficiente controllo sulle effettive modalità di prestazione del servizio.
c) La terza condizione prevista dall'art. 43 prescrive che il cliente (o potenziale cliente) deve essere chiaramente informato (anche mediante avvertenze fornite utilizzando un formato standardizzato) che nello svolgimento del servizio l'intermediario non è tenuto a valutare l'appropriatezza e che conseguentemente lo stesso cliente non beneficia della protezione offerta dalle relative disposizioni.
Pur in assenza di esplicita previsione regolamentare, si ritiene che l'informativa debba essere comunicata una sola volta al cliente, prima dello svolgimento del servizio, e non in occasione di ogni ordine disposto dal cliente.
Nel commento all'art. 43 la Consob ha raccomandato agli intermediari di prestare particolare attenzione nella fase di passaggio dal vecchio regime (che prevedeva la valutazione dell'adeguatezza anche nell'ipotesi di servizi prestati con modalità on line) al nuovo regime al fine di mettere in condizione la propria clientela di comprendere i significativi mutamenti di tutela ai quali va incontro nell'ipotesi di svolgimento del servizio in execution only.
d) Quale ultima condizione l'art. 43 richiede che siano rispettati dal soggetto abilitato gli obblighi in materia di conflitto di interessi. Il fatto che il servizio sia prestato su iniziativa del cliente e l'intermediario non possa condizionarne le scelte non esonera dall'obbligo di rispettare la disciplina del conflitto di interessi prevista dal Regolamento congiunto di Banca d'Italia e Consob del 29 ottobre 2007. L'intermediario sarà pertanto tenuto a seguire una precisa politica in materia di conflitto di interessi e qualora le misure adottate non siano sufficienti per assicurare, con ragionevole certezza, che il rischio di nuocere gli interessi dei clienti sia evitato, dovrà informare preventivamente gli investitori in merito alle fonti dei conflitti di interesse.



1) Si veda in particolare la Comunicazione n.Di/30396 del 21.4.2000.
2) Nell'ipotesi di prestazione di raccomandazioni relative alla sottoscrizione di un servizio di gestione svolto dallo stesso intermediario che presta il servizio di consulenza il problema non si pone in quanto la valutazione dell'adeguatezza sarà effettuata comunque dal medesimo soggetto.
3) L'art. 29 del Regolamento Consob n. 11522/98 prevedeva che gli intermediari autorizzati dovevano astenersi dall'effettuare con o per conto degli investitori operazioni non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza o dimensione e a tal fine dovevano tener conto delle informazioni del cliente sulla situazione finanziaria, sugli obiettivi di investimento, sulla propensione al rischio, nonché di ogni altra informazione disponibile in relazione ai servizi prestati.
La disciplina precedente consentiva pertanto una "valutazione complessiva" degli elementi informativi relativi all'investitore e non una verifica della adeguatezza con riferimento ad ogni tipologia di informazione.
4) L'art. 28, comma 1, del Regolamento Consob n. 11522/98 non prescriveva espressamente di acquisire informazioni relative alla conoscenza in materia di investimenti, alla natura, al volume e alla frequenza delle operazioni su strumenti finanziari realizzate dal cliente e il periodo di esecuzione delle stesse, al livello di istruzione e professione, alla fonte e consistenza del reddito, al patrimonio complessivo e agli impegni finanziari.
5) La Consob si è riferita al considerando n. 59 della Direttiva di secondo livello il quale dopo aver premesso che "si presume che un cliente che si è impegnato in un ciclo di contrattazioni aventi per oggetto un particolare tipo di prodotto o servizio iniziato prima della data di applicazione della direttiva 2004/39/CE abbia l'esperienza e le conoscenze necessarie per comprendere i rischi esistenti in relazione a tale prodotto o servizio di investimento" aggiunge che "quando un cliente si impegna in un ciclo di contrattazioni di tale tipo avvalendosi dei servizi di un'impresa di investimento, iniziati dopo la data di applicazione di tale direttiva, l'impresa non è tenuta a compiere una nuova valutazione in occasione di ciascuna singola operazione. Essa adempie all'obbligo di cui all'art. 19, paragrafo, 5, di tale direttiva purché compia la necessaria valutazione dell'appropriatezza prima di iniziare a prestare tali servizi". Il significato dell'ultimo capoverso non è di immediata comprensione in quanto il momento in cui il cliente può impegnarsi in un ciclo di contrattazioni è generalmente successivo alla data di inizio del rapporto ed è pertanto in quel momento (e non prima della prestazione del servizio) che si rende necessaria la verifica dell'appropriatezza.
6) La questione si pone nell'ipotesi in cui i contratti di collocamento siano intestati singolarmente ai clienti dell'intermediario e la possibilità di operare in via disgiunta sia prevista nei contratti cointestati relativi alle società prodotto.
Il problema esaminato non sussiste allorché il contratto di collocamento sia sottoscritto dagli stessi soggetti cointestatari presenti anche nel rapporto con la società prodotto e l'intermediario collocatore valuti l'appropriatezza consolidando le informazioni della clientela.
7) Nel contratto di gestione di portafogli l'investitore può designare un soggetto delegato con il compito di disporre istruzioni vincolanti, richieste di switch, versamenti aggiuntivi, rimborsi. Nel contratto di consulenza l'investitore potrebbe indicare un soggetto diverso al quale inviare le raccomandazioni da porre in essere nell'ambito di altro servizio di investimento.
8) Nel commento al Regolamento Intermediari la Consob ha escluso che i "certificates" possano rientrare nella categoria dei titoli non complessi.



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