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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 20/09/2014 Scarica PDF

Sorte dei contratti bancari autoliquidanti nel concordato preventivo

Giuseppe Rebecca e Amedeo Albè, Dottori Commercialisti in Vicenza


Abstract – La disciplina della compensazione, nel caso in cui il debitore, in seguito alla presentazione della domanda di concordato preventivo in un momento successivo all’anticipo delle fatture da parte della banca, abbia conferito alla banca stessa un mandato all’incasso del proprio credito, attribuendole la facoltà di compensare il relativo importo con lo scoperto del conto corrente da lui intrattenuto, è tutt’ora dibattuta, in giurisprudenza e in dottrina. Il Dl 83/2012 ha introdotto nell’ordinamento la disciplina, fino ad allora assente, dei contratti pendenti anche in ipotesi di concordato preventivo, dando la possibilità al debitore di chiedere lo scioglimento o la sospensione dei contratti in essere (art. 169 bis L.F.). Secondo la giurisprudenza maggioritaria, i contratti bancari autoliquidanti rientrerebbero nel perimetro normativo dell’art. 169 bis L.F., in quanto non rileverebbe il loro status di prestazioni “unilaterali”; altre pronunce, invece, sostengono la sostanziale uguaglianza tra l’art. 169 bis e l’art. 72 L.F. (la dicitura “in corso di esecuzione” equivarrebbe a quella di “pendente”), con conseguente impossibilità di richiederne la sospensione/scioglimento. Riguardo la “sopravvivenza” del mandato all’incasso in rem propriam, si ritiene che il venir meno del contratto principale, a seguito di sospensione/scioglimento, comporti il venir meno anche di eventuali patti accessori (come appunto il c.d. “patto di compensazione” nell’ambito di contratti bancari autoliquidanti). Sul punto, un apposito paragrafo sarà dedicato ad una recente pronuncia del Tribunale di Milano datata 28 maggio 2014. A nostro avviso, nel concordato preventivo “pieno” i contratti bancari autoliquidanti possono essere oggetto di scioglimento/sospensione ex art. 169 bis L.F., e con essi anche il relativo “patto di compensazione”, con conseguente impossibilità per la banca di procedere con la compensazione delle somme riscosse in seguito alla presentazione della domanda di concordato preventivo da parte del debitore. Per quanto concerne il concordato “in bianco”, si ritiene invece che la disciplina in esame possa applicarsi alla sola sospensione del contratto, in quanto la richiesta di scioglimento parrebbe eccessiva a fronte di una proposta concordataria ancor non del tutto definita.

   

Premessa

Il nuovo articolo 169-bis L.F.[1], introdotto dall’art. 33, comma 1, lett. d) del Dl 83/2012, convertito con modificazioni dalla L. 07.08.2012 n. 134, con effetto dal 26 giugno 2012, ha apportato al sistema del concordato preventivo una disciplina dei contratti in corso di esecuzione fino ad allora assente. È ora prevista la possibilità, per il debitore, di chiedere al Tribunale o, dopo il decreto di ammissione ex art. 163 L.F., al Giudice Delegato, di essere autorizzato a sospendere/sciogliere i contratti pendenti alla data di presentazione del ricorso.

Ante riforma lo scenario è sempre stato identificato nella inapplicabilità al concordato preventivo delle regole dettate per il fallimento dagli artt. 72 e ss. L.F. (“rapporti pendenti”).

Analizziamo un tema di estrema attualità, ovvero la sorte di una tipologia di contratti bancari molto frequente – nello specifico quelli relativi alle linee di credito autoliquidanti[2] con annesso patto di compensazione a favore della banca – a fronte dell’apertura di una procedura di concordato preventivo in capo al debitore. Ci si domanda se permanga o meno il diritto della banca di incamerare le somme riscosse e portarle così in compensazione con quanto anticipato prima dell’ammissione del debitore alla procedura di concordato preventivo.

Numerose sono le pronunce giurisprudenziali di questi ultimi anni, che però giungono a conclusioni diametralmente opposte. La Cassazione non ha ancora avuto modo di esprimersi post introduzione dell’art. 169 bis L.F..

Il dibattito dottrinale e giurisprudenziale riguarda essenzialmente:

Ø  se i contratti che possono essere sciolti/sospesi siano solo quelli a prestazioni totalmente o parzialmente ineseguite da entrambe le parti di cui all’art. 72 L.F. oppure se l’ambito di applicazione dell’art. 169 bis L.F. possa essere considerato più ampio;

Ø  se il c.d. “patto di compensazione” previsto contrattualmente “rimanga in vita” a seguito dello scioglimento/sospensione del contratto (permettendo così alla banca di effettuare la compensazione) o se viceversa questo si sciolga/sospenda contestualmente al contratto principale (consentendo così al debitore di incamerare le somme riscosse dalla banca);

Ø  se sia possibile disporre lo scioglimento/sospensione del contratto anche in caso di domanda di concordato preventivo con riserva, ex art. 161, sesto comma, L.F..

In realtà, il vero nocciolo della questione intorno al quale ruota l’intera problematica è il seguente: i contratti di anticipazione bancaria autoliquidanti rientrano nella disposizione di cui all’art. 169 bis? Perché, se venisse negata tale ipotesi, non avrebbe senso discutere circa il permanere della validità o meno del c.d. “patto di compensazione”, posto che, in questo caso, tali contratti non potrebbero essere sciolti/sospesi.

Se invece si accogliesse la tesi più ampia secondo cui anche tali contratti sarebbero passibili disospensione/scioglimento ex art. 169 bis, si aprirebbe il dibattito circa la validità o meno del “patto di compensazione”.

L’introduzione dell’art. 169 bis ha prodotto una serie di pronunce giurisprudenziali che vanno nella direzione della non validità del “patto di compensazione” in seguito a sospensione/scioglimento del contratto (tesi maggioritaria), in quanto “solo attraverso il ricorso allo strumento autorizzativo allo scioglimento od alla sospensione del rapporto contrattuale è possibile neutralizzare gli effetti dei contratti in essere ritenuti pregiudizievoli, con conseguente effetto caducatorio dei patti (principali ed accessori) assunti precedentemente[3], quale ad esempio il “patto di compensazione appunto (sottolineatura nostra).

Tale tesi, inoltre, viene supportata dalla volontà da parte del debitore di “paralizzare l’incasso delle somme da parte della banca, al fine di non alterare la par condicio ed il principio di cristallizzazione del passivo alla data di deposito del ricorso[4].

Non mancano, tuttavia, recenti pronunce giurisprudenziali in senso contrario[5]. Tale “linea difensiva” riprende la più recente pronuncia della Cassazione n. 17999 del 1 settembre 2011 (invero anteriore all’introduzione dell’art. 169 bis), secondo cui in presenza del c.d. “patto di compensazione” la banca ha diritto a compensare il suo debito con le somme riscosse successivamente all’ammissione alla procedura di concordato preventivo, a nulla rilevando il principio di cristallizzazione dei crediti ed allo sfasamento temporale tra crediti e debiti della banca (i primi anteriori alla procedura ed i secondi posteriori).

Con anticipato, i principali punti intorno ai quali si snoda il presente contributo sono tre:

1. se il perimetro applicativo dell’art. 169 bis L.F. sia coincidente con quello dell’art. 72 L.F. o se possa ritenersi più ampio;

2. se il mandato all’incasso in rem propriam previsto contrattualmente (c.d. “patto di compensazione”) resti o meno “in vita” a seguito di scioglimento/sospensione del contratto;

3. se la disciplina di cui all’art. 169 bis L.F. possa estendersi anche al concordato “in bianco”.

Seguirà un’approfondita analisi del Decreto del Tribunale di Milano, 28 maggio 2014 (Pres. Lamanna, Est. Mammone), che affronta contemporaneamente tutti i tre quesiti sopra riportati, concludendo a favore della possibilità di sospendere (o sciogliere, solo nel concordato “pieno”) i mandati all’incasso in corso di esecuzione (consentendo così al debitore di incamerare le somme riscosse dalla banca, evitando la compensazione da parte di quest’ultima).

Avanzeremo, infine, il nostro parere.

   

1. Perimetro applicativo dell’art. 169 bis L.F.

Come anticipato, il nocciolo della questione riguarda il perimetro applicativo dell’art. 169 bis L.F., ossia a quali contratti sia applicabile tale disposizione di legge.

Sul punto, in giurisprudenza e in dottrina, permangono posizioni diametralmente opposte.

 

1.A) Tesi a favore della comparabilità dell’art. 169 bis L.F. con l’art. 72 L.F. (impossibilità di sciogliere/sospendere il contratto)

Sostenendo tale tesi, ne deriverebbe l’impossibilità di sciogliere/sospendere i contratti bancari autoliquidanti, con la conseguenza che la banca potrebbe legittimamente compensare quanto incassato anche successivamente all’apertura della procedura di concordato preventivo del debitore.

Tale assunto muove dalla convinzione che “per contratti in corso di esecuzione ex art. 169 bis L.F. devono essere intesi, con nozione identica a quella contenuta nell’art. 72, comma 1, L.F. in relazione al fallimento, i contratti ancora ineseguiti o non compiutamente eseguiti da entrambe le parti alla data di presentazione del ricorso, ossia i contratti a prestazioni corrispettive bilateralmente ineseguiti” (sottolineatura nostra); con la logica conseguenza che i contratti bancari autoliquidanti in questione “non possono rientrare nella categoria dei contratti pendenti in quanto relativamente ad essi una delle due contrapposte prestazioni è stata interamente adempiuta prima del deposito del ricorso per concordato (quella della banca per l’anticipo effettuato)” [6].

Da ciò deriverebbe, quindi, che – in accordo con la sopra menzionata tesi – non rientrando nella categoria dei contratti pendenti, i contratti bancari autoliquidanti non potrebbero essere oggetto di scioglimento/sospensione ex art. 169 bis L.F..

La tesi sostenuta dal Tribunale di Padova è tutt’altro che isolata. Il Tribunale di Milano[7] ha sancito l’inammissibilità della domanda di scioglimento delle anticipazioni bancarie ai sensi dell’art. 169 bis L.F. rilevando che nel caso i rapporti abbiano “generato obblighi restitutori, l’unico elemento che residua è un debito e non un rapporto bilaterale pendente che, come tale, non è soggetto a scioglimento ex art. 169 bis L.F.” (sottolineatura nostra).

È stato, inoltre, sostenuto che l’anticipazione bancaria con annesso patto di compensazione costituisce “un contratto bilaterale a livello genetico, ma sostanzialmente unilaterale nella fase funzionale del sinallagma, in cui eventuali obblighi accessori della banca non incidono sulla struttura fondamentale del rapporto […]” non potendosi di conseguenza ravvisare “due reciproche prestazioni da sospendere […] ma una sola”[8].

In definitiva, i sostenitori di tale tesi poggiano la loro convinzione sulla sostanziale uguaglianza tra l’art. 72 L.F. e l’art. 169 bis L.F. nella parte in cui viene definitivo il concetto di contratto “pendente”: è tale se il contratto è ancora ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe le parti[9]. Nell’anticipazione bancaria con patto di compensazione, si sostiene, ci sarebbe una sola prestazione da eseguire a carico del beneficiario della anticipazione che deve restituire quanto messogli a disposizione dalla banca, mentre quest’ultima avrebbe già eseguito per intero la sua obbligazione (definendosi così i caratteri di un rapporto unilaterale).

La banca potrebbe quindi legittimamente compensare quanto incassato posteriormente all’ammissione del debitore alla procedura di concordato preventivo, posto che il contratto di anticipazione bancaria, ed in particolare il mandato all’incasso con patto di compensazione, non potrebbe essere oggetto di scioglimento/sospensione ai sensi dell’art. 169 bis L.F..

   

1.B) Tesi a favore della portata più ampia dell’art. 169 bis L.F. (possibilità di sciogliere/sospendere il contratto)

I sostenitori di questa tesi riprendono il dato letterale dell’art. 169 bis, dove si parla di “contratti in corso di esecuzione”, senza escludere alcun tipo di contratto (tranne quelli esplicitamente richiamati al comma 4 dello stesso articolo); dalla combinazione del primo e dell’ultimo comma dell’art. 169 bis L.F. “si ricava che tutte le categorie di contratti ad eccezione di quelli esclusi possono essere oggetto di richiesta di risoluzione”[10].

Il citato Tribunale genovese ha fornito a riguardo una spiegazione che, per la sua estrema chiarezza e coerenza, pare opportuno riportare, almeno nei passaggi chiave:

§   da un punto di vista letterale, l’art. 169 bis L.F. è autosufficiente prevedendo tutti i contratti tranne le ipotesi espressamente escluse;

§   l’art. 169 L.F. non richiama, fra le norme applicabili al concordato preventivo, l’art. 72 L.F.; il mancato richiamo impedisce pertanto di utilizzare in via di interpretazione sistematica l’art. 72 L.F. per limitare l’area dei contratti oggetti dell’art. 169 bis L.F.;

§   l’art. 169 bis L.F. usa inoltre l’espressione “contratti in corso di esecuzione” che è un concetto ben diverso da “se un contratto è ancora ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe le parti” contenuto nell’art. 72 L.F., in quanto non richiede che entrambe le parti debbano ancora adempiere alle proprie obbligazioni ma richiede solo che almeno una delle parti debba completare la propria obbligazione;

§   si giunge pertanto alla logica conclusione che lo scioglimento dal contratto ex art. 169 bis L.F. può essere richiesto per tutti i contratti non espressamente esclusi dalla norma ed in cui almeno una parte debba adempiere alle proprie obbligazioni. “Pertanto non è possibile negare che si possa sciogliersi da un contratto bancario di anticipo su fatture o su ricevute bancarie sulla base della considerazione che la banca (che non ha ancora provveduto all’incasso) ha già erogato il credito”.

La citata Corte di Appello genovese ritiene addirittura paradossale il voler uguagliare l’art. 72 L.F. all’art. 169 bis L.F.: “[…] proprio la mancanza dell’art. 72 tra le norme richiamate dall’art. 169, la cui rubrica è “norme applicabili” costituisce il più forte argomento a favore della sua inapplicabilità al concordato”.

È opportuno evidenziare, inoltre, un secondo orientamento che, andando oltre il dato letterale della norma, si pone in contrasto con la tesi secondo cui il contratto di anticipazione bancaria costituirebbe un rapporto unilaterale e non bilaterale pendente come richiederebbe la norma (con conseguente inapplicabilità dell’art. 169 bis L.F.).

È stato osservato, infatti, che “anche in questo tipo di contratti (di anticipazione bancaria) permangono, durante l’intero rapporto, attività anche a carico della banca quali l’incasso dei crediti, la loro compensazione e più in generale un comportamento diligente nella gestione dei rapporti. E, invero, sono proprio le prestazione della banca a risentire maggiormente della sospensione […]”[11].

   

2. Validità del c.d. “patto di compensazione” post scioglimento/sospensione del contratto

Aderendo alla tesi secondo cui l’art. 169 bis L.F. sarebbe applicabile anche ai contratti bancari autoliquidanti, si perverrebbe ad affrontare il tema della validità o meno del c.d. “patto di compensazione”, annesso al contratto, a seguito dello scioglimento/sospensione degli stessi.

Per comprendere pienamente le due opposte posizioni giurisprudenziali in materia, risulta necessario analizzare brevemente i principali orientamenti anteintroduzione dell’art. 169 bis L.F., per poi analizzare le sentenze post introduzione dell’art. 169 bis L.F..

   

2.A.1) Tesi contro la compensazione – orientamento ante introduzione art. 169 bis L.F.

A favore di questa tesi, si richiama la sentenza della Cassazione n. 10548 del 7 maggio 2009[12], secondo cui la compensazione non può operare quando i rispettivi crediti non siano entrambi preesistenti all’apertura della procedura concorsuale (in accordo con l’art. 56 L.F.); tale preesistenza manca qualora l’incasso del credito da parte della banca mandataria avvenga dopo la presentazione della domanda di concordato poiché, a differenza della cessione del credito, come visto, il mandato all’incasso non determina il trasferimento del credito in favore del mandatario, ma l’obbligo di quest’ultimo di restituire al mandante la somma riscossa, e tale obbligo non sorge al momento del conferimento del mandato, ma soltanto all’atto della riscossione del credito.

Di conseguenza, qualora la riscossione del credito avvenga da parte del mandatario dopo la presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo, non sussisterebbero i presupposti per la compensazione e questa non potrebbe operare, anche se convenzionalmente pattuita.

Così recita testualmente la richiamata sentenza della Suprema Corte: “La Corte d’Appello ha correttamente richiamato il principio, da tempo consolidato in giurisprudenza, che richiede ai fini della compensabilità delle opposte ragioni di credito prevista dalla L. Fall., art. 56 – espressamente recepito per l’ipotesi di concordato preventivo dalla L. Fall., art. 169 – la preesistenza del momento genetico dei rispettivi crediti rispetto alla procedura concorsuale. Ma di tale enunciazione non ha fatto poi corretta applicazione nell’ambito della disciplina del mandato di cui non ha adeguatamente considerato la figura giuridica e gli effetti che ne discendono ai fini in esame. Il mandato all’incasso, infatti, come quello conferito nel caso in esame alla banca con facoltà di compensazione con gli scoperti di conto corrente del mandante, non comporta a favore della banca, a differenza della cessione, alcun trasferimento del credito di cui rimane titolare il mandante. Di conseguenza, solo al momento in cui viene incassata la somma da parte del mandatario sorge nei confronti di quest’ultimo l’obbligo di restituire quanto riscosso […]”[13] (sottolineatura nostra).

Da quanto sopra si evince che “E’ evidente che il momento genetico di una tale obbligazione del mandatario è da individuare con riferimento, non già al conferimento del mandato, ma all’atto della riscossione del debito del terzo in quanto è da tale momento che sorge l’obbligo di restituzione della relativa somma al mandante”.

Il “momento genetico” sembra dunque la chiave per ammettere o meno la compensazione tra crediti e debiti. Nello specifico, nel mandato all’incasso con patto compensativo, tale “momento” è da individuarsi con la riscossione delle somme (posteriore alla domanda di ammissione alla procedura di concordato) e non con la stipula del contratto (anteriore a tale domanda)[14].

   

2.B.1) Tesi a favore della compensazione – orientamento ante introduzione art. 169 bis L.F.

Vi è un altro filone giurisprudenziale che non attribuisce invece rilevanza al momento genetico dell’incasso delle somme da parte della banca. Secondo questo orientamento, in presenza di un patto di compensazione la banca può legittimamente compensare le somme incassate con il credito vantato, anche se l’incasso delle somme avviene successivamente alla domanda di ammissione al concordato.

Se il contratto tra banca e cliente era munito di clausola attributiva del diritto di incamerare le somme riscosse (ossia, come visto, il c.d. patto di compensazione), ciò avrebbe consentito alla banca mandataria di legittimamente compensare il suo debito per il versamento al cliente di quanto riscosso con il credito pregresso per le anticipazioni concesse, a nulla rilevando l’anteriorità del credito e la posteriorità del debito rispetto alla procedura[15].

Così recita la più recente sentenza della Suprema Corte sul punto[16], ripresa, come vedremo, da chi sostiene che il c.d. “patto di compensazione” rimanga in vita nonostante l’avvenuto scioglimento/sospensione del contratto ai sensi dell’art. 169 bis L.F. (si tratta, ripetiamo, di un orientamento ante introduzione dell’art. 169 bis L.F.): “Solo in tale ipotesi (esistenza del c.d. patto di compensazione) la banca ha diritto a compensare il suo debito per il versamento al cliente delle somme riscosse con il proprio credito, verso lo stesso cliente, conseguente ad operazioni regolate nel medesimo conto corrente, a nulla rilevando che detto credito sia anteriore alla ammissione alla procedura concorsuale ed il correlativo debito, invece, posteriore, poiché in siffatta ipotesi non può ritenersi operante il principio della “cristallizzazione dei crediti”, con la conseguenza che né l’imprenditore durante l’amministrazione controllata, né il curatore fallimentare – ove alla prima sia conseguito il fallimento – hanno diritto a che la banca riversi in loro favore le somme riscosse”.

       

2.A.2) Orientamenti post introduzione art. 169 bis L.F. – il c.d. “patto di compensazione” si estingue

A seguito dell’introduzione dell’art. 169 bis L.F. da parte del Dl 83/2012, la possibilità concessa al debitore di richiedere lo scioglimento/sospensione dei contratti “in corso di esecuzione” è stata individuata come strumento per paralizzare l’esecuzione del mandato all’incasso della banca (mediante il c.d. “patto di compensazione”), favorendo in tal modo i creditori chirografari e conferendo maggiori possibilità di riuscita della procedura concordataria.

L’acquisizione diretta da parte dell’imprenditore della liquidità riveniente dall’incasso dei crediti anticipati dalla banca viene infatti giustificata in quanto funzionale a costituire le disponibilità necessarie per l’attuazione del piano concordatario, secondo i dettami della par condicio creditorum”[17].

Contro la prosecuzione della validità del c.d. “patto di compensazione” a seguito di scioglimento/sospensione del contratto, il Tribunale di Monza[18] pare inamovibile, fondando la propria convinzione sulle seguenti argomentazioni:

§   la possibilità di evitare la prosecuzione a vantaggio della banca dell’operatività del patto di compensazione collegato ad un’operazione creditizia – e di ripristinare il criterio della per condicio creditorum a tutela della consistenza della massa patrimoniale – dipende esclusivamente dalla scelta del debitore di porre termine al rapporto negoziale pendente;

§   nel caso in cui il rapporto di credito bancario si sciolga, anche il patto di compensazione, al pari di tutti gli altri patti accessori, verrà meno, con conseguente impossibilità per la banca di operare la compensazione tra debiti e crediti ed obbligo per la stessa di riversare alla procedura le somme incassate dopo lo scioglimento del contratto.

In questo contesto parrebbe evidente come la nuova norma si ponga l’obiettivo di tutelare la par condicio creditorum e, nel caso di specie, evitare che “gli Istituti bancari pongano in compensazione i propri crediti verso la ricorrente con le somme che confluiscono sui conti correnti di riferimento […] in considerazione della evidente lesione della par condicio creditorum messa in atto da parte degli istituti di credito […]”[19].

Merita di essere sottolineata anche la seconda considerazione effettuata dai Giudici monzesi: lo scioglimento/sospensione del contratto avrebbe l’inevitabile conseguenza di portare allo scioglimento/sospensione anche tutti i patti accessori annessi allo stesso, tra cui il c.d. “patto di compensazione”.

   

2.B.2) Orientamenti post introduzione art. 169 bis L.F. – il c.d. “patto di compensazione” rimane in vita

Una parte (minoritaria) della giurisprudenza ritiene che, nonostante il contratto di anticipazione bancaria possa rientrare nel perimetro applicativo dell’art. 169 bis L.F., il c.d. “patto di compensazione” rimarrebbe in vita, con la conseguenza che la banca avrebbe legittimamente il diritto di compensare il suo debito per il versamento al cliente delle somme riscosse, con il proprio credito verso lo stesso cliente conseguente ad operazioni di anticipazione.

Tale orientamento poggia le proprie fondamenta nella più recente pronuncia della Cassazione n. 17999/2011 (analizzata in precedenza), anche se resa su questione anteriore all’introduzione dell’art. 169 bis L.F..

Riprendendo tale sentenza della Suprema Corte, un recente Decreto del Tribunale di Cuneo ha così statuito: “La compensazione deve pertanto ritenersi legittima purché espressamente prevista dal contratto di anticipazione, che continua a produrre i propri effetti anche in pendenza di concordato […]”[20].

Parte della dottrina ha avanzato delle considerazioni singolari e sicuramente degne di nota, arrivando a qualificare l’istanza ex art. 169 bis L.F. (sempre in riferimento ai contratti di anticipazione bancaria) una sorta di “revocatoria per vie brevi[21].

Secondo questa tesi, infatti, è indubbio che la cessazione della validità del c.d. “patto di compensazione” comporti un vantaggio alla massa dei creditori, “ma pretendere di perseguire questo effetto attraverso lo scioglimento del rapporto negoziale sembra costituire un salto logico incoerente con la ratio legislativa”. Il rimedio concesso dall’art. 169 bis sarebbe diretto a far cessare l’operatività del vincolo contrattuale nel futuro, non mediante applicazioni retroattive.

Il debitore in altri termini, attraverso l’istanza di cui all’art. 169 bis L.F., mirerebbe alla restituzione degli importi trattenuti dalla banca, più che ottenere lo scioglimento/sospensione del rapporto giuridico pendente, invocando lo scudo della par condicio creditorum[22].

In tal caso – secondo tale orientamento – sarebbe pienamente evidente lo squilibrio delle condizioni economiche del rapporto negoziale, dovuto al fatto che il debitore concordatario, prima dell’apertura della procedura concorsuale, ha attinto al credito bancario facendosi anticipare i crediti di cui ora chiede l’incasso; si rischierebbe, in altri termini e come anticipato in precedenza, di “convertire l’art. 169 bis L.F. in una sorta di surrogato dell’azione revocatoria fallimentare[23], la quale non trova applicazione nel contesto concordatario”.

Par condicio creditorumcriticata” anche da una parte della giurisprudenza, secondo cui non deve rappresentare l’obiettivo primario cui tendere, quanto piuttosto “i provvedimenti ex art. 169 bis L.F. debbono comunque essere pronunciati in funzione della continuità aziendale, avuto riguardo alle concrete ed attuali esigenze della gestione dell’impresa, in relazione, ad esempio, a contratti superflui […]”[24]. 

   

3. Art. 169 bis L.F. e concordato preventivo “in bianco”

Analizziamo ora la questione relativa all’applicabilità della disciplina di cui all’art. 169 bis L.F. anche al concordato preventivo “in bianco” o “con riserva”, di cui all’art. 161, sesto comma, L.F..

La dibattuta questione, in realtà, riguarda non tanto la possibilità di richiedere la sospensione dei contratti nel concordato “in bianco” (accolta con favore dalla giurisprudenza maggioritaria[25]), quanto piuttosto la possibilità di richiederne lo scioglimento, stante il carattere di “definitività” che caratterizza tale azione.

   

3.A) Tesi contro lo scioglimento dei contratti

È stato affermato che “lo scioglimento dei contratti in corso di esecuzione ex art. 169 bis L.F., in quanto comportante effetti definitivi ed irreversibili, appare incompatibile con la proposizione del concordato con riserva, siccome caratterizzato da provvisorietà e che potrebbe anche concludersi senza il deposito di alcuna proposta di concordato e/o con il deposito di un accordo ex art. 182 bis L.F., istituto quest’ultimo che non prevede lo scioglimento dei contratti […]”[26] (sottolineatura nostra).

Ad avviso della giurisprudenza citata, pare difficile giustificare nella fase “prenotativa” lo scioglimento dei contratti, che ha carattere definitivo, a motivo dell’incertezza circa l’effettivo avvio di una procedura di concordato preventivo.

È stato inoltre rilevato da più parti come l’assenza di distinzioni nel richiamo fatto dall’art. 169 bis L.F. al ricorso ex art. 161 L.F. “sembracondurre ad una interpretazione più restrittiva della norma (non inclusiva del preconcordato), poiché quando il legislatore ha inteso estendere l’applicabilità di determinate norme al concordato con riserva, lo ha fatto in termini espliciti: si vedano gli artt. 182 quinques e sexies L.F.[27].

   

3.B) Tesi a favore dello scioglimento dei contratti

Viceversa, è stato osservato che “il riferimento letterale al ricorso di cui all’art. 161 L.F. senza alcuna distinzione tra primo e sesto comma proprio da parte della Legge che ha introdotto il sesto comma comporta il richiamo ad ogni ricorso contenente domanda di concordato preventivo previsto dall’art. 161 L.F., incluso quello per concordato preventivo con riserva di cui all’art. 161, sesto comma, L.F.”[28] (sottolineatura nostra).

In altre parole, l’art. 169 bis, nell’indicare il ricorso di cui all’art. 161 L.F., non fa alcuna distinzione fra la fattispecie di cui al primo comma (concordato “pieno”) e l’ipotesi prevista al sesto comma (concordato “in bianco”), con la conseguenza che il debitore può richiederne lo scioglimento (oltre che la sospensione) anche in presenza di concordato “in bianco”.

I Giudici genovesi sopra richiamati, relativamente alla tesi opposta della contraddittorietà fra gli effetti provvisori impliciti in una domanda di concordato con riserva e la stabilità e definitività che determina una decisione sulla sorte dei contratti, hanno affermato che “anche la proposizione della completa domanda di concordato non stabilizza la situazione in quanto l’ammissione alla procedura di concordato può essere respinta dal Tribunale, la proposta può essere modificata dal proponente ex art. 175, secondo comma L.F., la proposta concordataria ammessa può non essere approvata dall’adunanza dei creditori, il Tribunale può rigettare la richiesta di omologazione, il concordato preventivo omologato può essere risolto”. In altre parole, anche il concordato “pieno” può non assumere quei caratteri di definitività invocati da chi sostiene l’opposta tesi (secondo cui lo scioglimento dei contratti meglio si concilia con un concordato “pieno”).

Ai fini dello scioglimento, si ritiene sufficiente che l’imprenditore renda noti nella fase prenotativa gli elementi essenziali della proposta e del piano,rappresentando altresì l’incidenza e l’utilità che la richiesta di scioglimento avrebbe ai fini della procedura concordataria, così da consentire al Tribunale una idonea valutazione degli interessi contrapposti e della coerenza della misura richiesta con gli obiettivi programmati[29].


4. Orientamento del Tribunale di Milano, Decreto del 28 maggio 2014

Analizziamo separatamente il recente orientamento assunto dal Tribunale di Milano, con decreto del 28 maggio 2014 (Pres. Lamanna e Est. Mammone, in Il Caso.it, cit.).

I Giudici milanesi hanno abbracciato tutti i termini della questione, distinguendo per la prima volta tra l’ “anticipazione” effettuata dalla banca al debitore ed il “mandato all’incasso in corso di esecuzione” annesso al contratto, “schierandosi” a favore della possibilità di sospendere la sola clausola di compensazione (non l’anticipazione bancaria già effettuata dalla banca), evitando così l’esecuzione del mandato all’incasso in corso di esecuzione.

Pare opportuno riportare i tratti salienti che emergono da questo Decreto:

§   l’istanza di scioglimento del contratto ex art. 169 bis L.F. non è ammissibile in sede di concordato “in bianco”, non essendo conciliabile la fluidità della domanda concordataria, reversibile e declinabile, con la stabilizzazione e l’irreversibilità degli effetti che lo scioglimento comporta nei confronti delle controparti contrattuali;

§   viceversa, è ammissibile l’istanza di sospensione del contratto anche nella fase c.d. preconcordataria;

§   le nozioni di cui agli art. 72 e 169 bis L.F. tendono a coincidere;

§   non è infatti decisiva la circostanza secondo cui le due disposizione (art. 169 bis e 72 L.F.) hanno diversa formulazione letterale (l’art. 169 bis si riferisce ai “contratti in corso di esecuzione” e l’art. 72 ai contratti “pendenti”); la norma dell’art. 169 bis ha voluto fare applicazione della disciplina dei contratti pendenti, propria storicamente della sede fallimentare e disciplinata dagli artt. 72 e ss., alla materia concordataria;

§   la conclusione che deve trarsi è, pertanto, che un contratto può essere pendente nel concordato se è pendente anche nel fallimento e, quindi, solo se si tratta di contratto a prestazioni corrispettive in cui le prestazioni siano ineseguite da entrambe le parti;

§   se, diversamente, il contratto è stato eseguito da una sola delle parti, lo stesso genera un debito (concorsuale) oppure un credito (della massa dei creditori). Sono, quindi, pendenti i contratti con riferimento alle prestazioni non ancora eseguite e da eseguire successivamente alla apertura della procedura concordataria, per cui può ritenersi che la sospensione opera per i contratti pendenti a termini dell’art. 72 L.F. con riferimento alle prestazioni di tali contratti che siano ancora “in corso di esecuzione” all’atto dell’apertura della procedura concordataria;

§   da quanto sopra, deve ritenersi che non possono essere considerati pendenti i contratti a prestazioni unilaterali in cui una delle parti abbia già eseguito la propria prestazione e dal contratto residuino solo crediti o debiti, quali – in tal caso – le operazioni di anticipazione bancaria;

§   con riferimento, dunque, alle anticipazioni già effettuate dalla banca in epoca precedente non si può invocare alcuna sospensione, posto che la singola anticipazione genera solo un debito del cliente verso la banca, trattandosi quindi di prestazione unilaterale;

§   ciò, tuttavia, non varrebbe per i mandati all’incasso in corso di esecuzione, che andrebbero a chiudere l’operazione di anticipazione con la riscossione del credito: per tali attività potrebbe operare la sospensione/scioglimento di cui all’art. 169 bis L.F.;

§   in tal caso la sospensione opererebbe non per una sola parte, né limitatamente ad alcune clausole del rapporto di mandato, ma integralmente, impedendo non solo l’applicazione della clausola di compensazione, ma nel suo complesso l’esecuzione del mandato all’incasso.

Il Decreto in esame offre diversi spunti critici.

In primo luogo il Tribunale di Milano ritiene non conciliabile la domanda di scioglimento di un qualunque contratto – e nello specifico quello di anticipazione bancaria – con l’istituto del concordato preventivo “in bianco”, ai sensi dell’art. 161, sesto comma, L.F.. La ratio sarebbe da ricercarsi nella definitività degli effetti di tale domanda con l’istituto stesso, per sua natura caratterizzato da reversiblità e incertezza circa l’avvio della fase concordataria.

In secondo luogo, viene posta l’attenzione sulla sostanziale uguaglianza terminologica tra l’art. 169 bis L.F. e l’art. 72 L.F.; tale tesi, in sostanza, dona alla locuzione “in corso di esecuzione” (dell’art. 169 bis L.F.) la stessa valenza di “pendente” (propria dell’art. 72 L.F.), “benché la questione sia allo stato controversa nella giurisprudenza di merito” (in quanto non supportata dal dato testuale).

Tale uguaglianza permetterebbe di considerare “in corso di esecuzione” qualsiasi contratto le cui prestazioni siano ineseguite da entrambe le parti (così come statuito dall’art. 72 L.F.), escludendo di conseguenza i contratti a prestazioni unilaterali (in cui una delle parti abbia già eseguito la propria prestazione), in quanto generatrici di reciproche posizione debitorie/creditorie.

In definitiva, dunque, il Tribunale milanese, considerando l’operazione di anticipazione bancaria alla stregua di una prestazione unilaterale, ritiene che non possa rientrare nel perimetro dell’art. 169 bis L.F..

Ciò comporterebbe, in altri termini, l’impossibilità per il debitore di richiedere la sospensione dell’operazione di anticipazione già effettuata dalla banca, in quanto trattasi di operazione già eseguita da una delle parti (la banca).

Giunti in modo lineare all’inciso sopra riportato, il Tribunale di Milano introduce una nozione che “stravolge” le carte in tavola. Viene affermato, infatti, che la questione della sospensione si pone diversamente per “i mandati all’incasso in corso di esecuzione, che andrebbero a chiudere l’operazione di anticipazione con la riscossione del credito”.

Per i mandati all’incasso, infatti, i Giudici milanesi sostengono che possa operare la sospensione di cui all’art. 169 bis L.F., diversamente che per l’operazione di anticipazione vista sopra. In tal caso, la sospensione opererebbe integralmente, impendendo nel complesso l’esecuzione del mandato per l’incasso e, conseguentemente, la possibilità per la banca di operare la compensazione di quanto riscosso con le somme in precedenza anticipate al debitore.

Secondo il Tribunale di Milano, dunque, il debitore può legittimamente richiedere la sospensione dell’efficacia del mandato all’incasso nell’ambito di un’operazione di anticipazione bancaria, impendendo così che la banca possa compensare gli importi riscossi con quanto anticipato al debitore prima che presentasse domanda di concordato preventivo. Quanto sopra varrebbe anche nell’ipotesi di scioglimento del mandato, a patto che non si ricada nell’ambito del concordato “in bianco”.

   

§ Considerazioni conclusive

Come visto, la disciplina dello scioglimento/sospensione di rapporti bancari autoliquidanti nel concordato preventivo ai sensi dell’art. 169 bis L.F. è complessa e foriera di interpretazioni giurisprudenziali (e dottrinali) molto distanti tra loro, in attesa di una pronuncia della Suprema Corte.

Ad avviso di chi scrive, aderendo strettamente al dato letterale della normativa, l’art. 169 bis L.F. appare idoneo ad abbracciare tutti i contratti non espressamente esclusi dalla norma nei quali almeno una parte debba ancora adempiere alle proprie obbligazioni.

Un rapporto “in corso di esecuzione” (ex art. 169 bis L.F.) ed uno “pendente” (ex art. 72 L.F.), infatti, sono due concetti estremamente differenti e manca, per quanto si possano avanzare diverse teorie interpretative, un diretto richiamo da parte della norma (l’art. 169 L.F. non ne fa menzione).

L’espressione “in corso di esecuzione” di cui all’art. 169 bis L.F. non richiederebbe, infatti, che entrambe le parti debbano ancora adempiere alle proprie obbligazioni (come l’art. 72 L.F.), ma richiederebbe solo che almeno una delle parti debba completare la propria obbligazione; in altre parole, anche un rapporto unilaterale – come ad esempio un contratto bancario autoliquidante con annesso patto di compensazione a favore della banca – dovrebbe rientrare nel perimetro normativo dell’art. 169 bis L.F., con conseguente possibilità di richiederne la sospensione / scioglimento, quest’ultimo solo nell’ambito di un concordato “pieno”.

A nostro avviso, infatti, nel concordato “in bianco” vi sarebbe esclusivamente la possibilità di richiedere la sospensione del contratto, in quanto una richiesta di scioglimento, comportante effetti definitivi ed irreversibili, appare inconciliabile con una proposizione di concordato non ancora definita nei suoi punti principali.

Sposando la sopra citata tesi (possibilità di richiedere la sospensione/scioglimento del contratto di anticipazione bancaria), si arriva a domandarsi quale sia il destino del mandato all’incasso in rem propriam (c.d. “patto di compensazione”) inserito nel contratto principale; se, in altri termini, questo si debba considerare sciolto/sospeso insieme al contratto, oppure se rimanga in vita in forza del c.d. “patto di compensazione” stipulato inizialmente.

Il chiaro dato normativo sembra far propendere per la prima tesi secondo cui lo scioglimento/sospensione del contratto farebbe venir meno anche gli effetti di eventuali patti accessori (come ad esempio il “patto di compensazione” nell’ambito di un contratto di anticipazione bancaria), in accordo con il citato Decreto del Tribunale di Monza, 27 novembre 2013.

Tale tesi appare supportata anche dalla finalità ultima delle procedure concorsuali, ossia la tutela della par condicio creditorum, finalizzata anche a non alterare il principio di cristallizzazione del passivo alla data di deposito del ricorso; principi che devono valere per tutti i creditori, e non solo evidentemente per alcune categorie.

Quanto al richiamo della più recente sentenza della Cassazione sul tema (n. 17999/2011), si ritiene che i principi enunciati non siano più attuali in considerazione dell’introduzione dell’art. 169 bis L.F., successivo appunto al caso riferito; se prima, infatti, il vuoto normativo poteva creare dubbi e incertezze circa la prosecuzione e la validità dei contratti, ora la sorte di questi (con annessi patti accessori, quale il c.d. “patto di compensazione” nell’ambito bancario) dipenderebbe esclusivamente dalla volontà del debitore.

In ogni caso, solo la Cassazione potrà dare una risposta definitiva a tale questione non ancora consolidata.

   

QUESTIONE

 

 

1) Il perimetro applicativo dell’art. 169 bis L.F. comprende anche i “contratti bancari autoliquidanti”?

SI’, il dato letterale dell’art. 169 bis L.F. non esclude alcun tipo di contratto, tranne quelli esplicitamente richiamati nel comma 4.

Non rileva il fatto che i contratti bancari autoliquidanti abbiano i caratteri di un rapporto unilaterale.

Per i sostenitori di tale tesi: cfr. note 10 e 11.

NO, i contratti in corso di esecuzione ex art. 169 bis L.F. devono essere intesi con nozione identica a quella contenuta nell’art. 72, comma 1, L.F. in relazione al fallimento: rientrano nel perimetro applicativo solo i contratti ancora ineseguiti o non compiutamente eseguiti da entrambe le parti, con esclusione, dunque, dei rapporti aventi carattere unilaterale.

Per i sostenitori di tale tesi: cfr. note da 6 a 9.

2) Anche il c.d. “patto di compensazione” si estingue post scioglimento / sospensione del contratto?

SI’, nel caso in cui il rapporto di credito bancario venga sospeso / sciolto, anche il patto di compensazione, al pari di tutti gli altri patti accessori, verrà meno, con conseguente impossibilità per la banca di operare la compensazione tra debiti e crediti ed obbligo per la stessa di riversare alla procedura le somme incassate dopo lo scioglimento del contratto.

Per i sostenitori di tale tesi: cfr. note da 17 a 19.

NO, la compensazione deve ritenersi legittima purché espressamente prevista dal contratto di anticipazione, che continua a produrre i propri effetti anche in pendenza di concordato.

Per i sostenitori di tale tesi: cfr. note da 20 a 24.

3) L’art. 169 bis L.F., ed in particolare la possibilità di richiedere lo scioglimento dei contratti, si applica anche al concordato “con riserva” (ex art. 161, comma 6, L.F.)?

SI’, l’art. 169 bis L.F. fa riferimento all’art. 161, senza alcuna distinzione, comprendendo quindi anche il concordato “in bianco” o “con riserva”.

Per i sostenitori di tale tesi: cfr. note 28 e 29.

NO, lo scioglimento dei contratti ex art. 169 bis L.F., in quanto comportante effetti definitivi ed irreversibili, appare incompatibile con la proposizione del concordato “con riserva”, caratterizzato da provvisorietà.

Per i sostenitori di tale tesi: cfr. note 26 e 27.

[30]



[1] Così recita l’art. 169 bis – contratti in corso di esecuzione: “Il debitore nel ricorso di cui all’art. 161 può chiedere che il Tribunale o, dopo il decreto di ammissione, il Giudice Delegato lo autorizzi a sciogliersi dai contratti in corso di esecuzione alla data della presentazione del ricorso. Su richiesta del debitore può essere autorizzata la sospensione del contratto per non più di sessanta giorni, prorogabili una sola volta.

In tali casi, il contraente ha diritto ad un indennizzo equivalente al risarcimento del danno conseguente al mancato adempimento. Tale credito è soddisfatto come credito anteriore al concordato.

Lo scioglimento del contratto non si estende alla clausola compromissoria in esso contenuta.

Le disposizioni di questo articolo non si applicano ai rapporti di lavoro subordinato nonché ai contratti di cui agli articoli 72, ottavo comma, 72 ter e 80 primo comma”.

[2] Le linee di credito autoliquidanti si caratterizzano per l’anticipo effettuato dalla banca, entro un determinato plafond, di crediti commerciali a fronte della presentazione di idonea documentazione da parte del soggetto richiedente (tipicamente fatture). Il rimborso dell’anticipazione avviene in un secondo momento attraverso l’incasso diretto da parte della banca.

Tale fattispecie si distingue nettamente dall’istituto della “cessione del credito”, il quale, in virtù dei suoi effetti traslativi, non viene intaccato dalla disciplina di cui all’art. 169 bis L.F. (cfr. sul punto Tribunale di Genova, 4 novembre 2013, in Il Caso.it, 10059; Tribunale di Prato, 20 gennaio 2014, in ilfallimentarista.it; Tribunale di Padova, 7 gennaio 2014, in FallimentieSocietà.it, il quale così commenta: “la cessione del credito, a differenza del mandato all’incasso, integra un negozio traslativo, i cui effetti si esauriscono al momento di perfezionamento dell’accordo […]”). Tale istituto non verrà preso in considerazione nel presente contributo. Ricordiamo soltanto che per il perfezionamento della cessione del credito è richiesta la notifica al debitore ceduto.

[3] Cfr. Tribunale di Monza, 27 novembre 2013, n. 12609/13 R.G, in Il Caso.it, 9823.

[4] Cfr. Tribunale di Treviso, 18 luglio 2014, in FallimentieSocietà.it. Dello stesso avviso Tribunale di Pordenone, 10 dicembre 2013 e 12 febbraio 2014, in FallimentieSocietà.it, secondo cui la sospensione dei contratti bancari “appare legittima e coincidente con l’interesse della massa dei creditori”; Tribunale di Como, 5 novembre 2012, in Il Caso.it, 8523; Tribunale di Busto Arsizio, 11 febbraio 2013, in Il Caso.it, 8564; Tribunale di Piacenza, 1 marzo 2013, in Il Caso.it, 8631, che verranno esaminati in seguito.

[5] Cfr. Tribunale di Padova, 23 maggio 2013, 30 aprile 2013, 7 gennaio 2014, tutti in FallimentieSocietà.it; Corte di Appello di Brescia, 19 giugno 2013, in Il Caso.it, 9155.

[6] Cfr. Tribunale di Padova, 7 gennaio 2014, cit..

[7] Cfr. Tribunale di Milano, 19 marzo 2013, in Riv. dott. comm., 2013, p. 681; dello stesso avviso Tribunale di Verona, 30 gennaio 2013, in Fallimento, 2013, 623.

[8] Cfr. Tribunale di Vicenza, 25 giugno 2013, in Il Caso.it, 9300.

[9] Per la dottrina, cfr. Maffei Alberti, Commentario breve alla legge fallimentare, sub. art. 169-bis, Padova, 2013, 1138, secondo cui “per contratti in corso si devono intendere, evidentemente, quelli non ancora interamente eseguiti né dall’uno né dall’altro contraente”. Nello stesso senso, cfr. Lo Cascio, Codice commentato del fallimento, sub. art. 169-bis, Ipsoa, 2013, 2001, che esclude la possibilità di applicare l’art. 169-bis L.F. ai contratti ad effetti reali ove sia già avvenuto il trasferimento del diritto.

[10] Cfr. Tribunale di Genova, 4 novembre 2013, cit.; Corte di Appello di Genova, 10 febbraio 2014, in Il Caso.it, 10080; Tribunale di Monza, 8 agosto 2013, in Il Caso.it.

[11] Corte di Appello di Trento, 22 ottobre 2013, in FallimentieSocietà.it.

[12] In Il Caso.it, 2024.

[13] In contesto fallimentare, l’esigenza, ai fini compensativi, della rilevazione del “momento genetico” dell’obbligazione trova spazio anche nella sentenza a Sezioni Unite della Cassazione, n. 775 del 16 novembre 1999, in Giust. civ. Mass. 1999, 2253, secondo cui “La disposizione contenuta nell’art. 56 L.F. rappresenta una deroga al concorso, a favore dei soggetti che si trovino ad essere al contempo creditori e debitori del fallito, non rilevando il momento in cui l’effetto compensativo si produce e ferma restando l’esigenza dell’anteriorità del fatto genetico della situazione giuridica estintiva delle obbligazioni contrapposte […]”.

Concorde sul punto anche Cassazione, sentenza n. 18915 del 31 agosto 2010, secondo cui: “La compensazione nel fallimento è ammessa anche quando il controcredito del fallito divenga liquido ed esigibile dopo il fallimento, purché il fatto genetico dell’obbligazione sia anteriore alla dichiarazione di fallimento […]”; Cfr. anche Cassazione, sentenza n. 10025 del 27 aprile 2010, in Il Caso.it, 2439; Cassazione, sentenza n. 14067 del 28 maggio 2008; Cassazione, sentenza n. 13769 del 12 giugno 2007, in Il Fallimento, 4/2008.

[14] Va da sé che se le somme venissero incassate dalla banca anteriormente alla domanda di ammissione alla procedura di concordato, queste sarebbero, secondo il citato orientamento, legittimamente compensabili con il credito vantato dalla banca stessa nei confronti del Cliente.

[15] Cfr. sul punto Prof. Marco Arato, Appunti per la relazione: I nuovi esoneri da azione revocatoria e responsabilità della banca nei nuovi istituti del preconcordato e del concordato in continuità, Milano, 11 dicembre 2012, p. 6: “[…] dopo il deposito della domanda di concordato o di preconcordato la banca non può incassare crediti concorsuali in forza di mandati all’incasso. Diverso è il caso di cessioni di credito oppure di “mandati in rem propriam rafforzati” (con “pactum de compensando”).

[16] Cfr. Cassazione, sentenza n. 17999 del 1 settembre 2011, in Il Caso.it, 9326.

Vedasi anche Cassazione, n. 6870/1994, 7194/1997, 2539/1998 (in Il Caso.it, 10993); Tribunale di Bergamo, 22 novembre 2011, in Il Caso.it, 6752; Tribunale di Roma, 21 aprile 2010, in Il Caso.it, 11021.

In dottrina cfr. ad esempio: V. Cederle, Anticipazione di crediti e concordato preventivo: la banca mandataria tra obblighi restitutori e patto di compensazione, Il Fallimento, 11/2010, p. 1300: “il debitore assoggettato a concordato […] rimane, in linea di principio, vincolato dalle obbligazioni contrattuali sorte prima del concordato stesso, salvo che la prosecuzione del rapporto debba considerarsi atto di straordinaria amministrazione, soggetto a debita previa autorizzazione. […] Ne consegue l’obbligo per le parti di dare esecuzione integrale al complesso delle clausole pattizie che imprimono un indissolubile vincolo di destinazione alle somme riscosse, esplicantesi mediante un fenomeno “compensativo” […]”.

[17] V. Cederle, Concordato con riserva: applicabilità dell’art. 169 bis L.F. ai contratti bancari autoliquidanti, Il Fallimento n. 7/2014, p. 800.

[18] Trib. Monza, ord. 27 novembre 2013, resa in un procedimento d’urgenza ai sensi dell’art. 700 c.p.c., cit..

[19] Trib. Busto Arsizio, Decreto dell’11 febbraio 2013, cit..

Analogamente, Tribunale di Treviso, 18 luglio 2014, cit.: “la sospensione dei contratti bancari appare applicabile avendo la funzione di paralizzare l’incasso di somme da parte della banca in funzione della compensazione, al fine di non alterare la par condicio e il principio di cristallizzazione del passivo alla data di deposito del ricorso”.

Cfr. anche Tribunale di Pordenone, 10 dicembre 2013, cit.; Tribunale di Piacenza, 1 marzo 2013, cit.; Tribunale di Como, 5 novembre 2012, cit.; Tribunale di Lucca, 21 maggio 2013, in Il Caso.it, 9052.

[20] Cfr. Tribunale di Cuneo, 14 novembre 2013, in Il Caso.it, 9902.

In tal senso, cfr. anche Tribunale di Padova, 7 gennaio 2014, 30 aprile 2013, 23 maggio 2013, cit., secondo cui “Solo in presenza di specifico e preesistente patto di compensazione […] è possibile la compensabilità dei crediti vantati dalla Banca verso il debitore in concordato con le somme riscosse dopo la presentazione di domanda di concordato preventivo. Non è ammessa la compensabilità in caso di semplice mandato all’incasso (senza patto di compensazione)”; Tribunale di Terni, 12 ottobre 2012, in Il Caso.it, 8036: “[…] la banca ha diritto di compensare il proprio debito restitutorio delle somme incassate con il credito vantato verso il correntista – ancorché quest’ultimo sia anteriore all’ammissione alla procedura e il debito sia sorto invece successivamente – sol che ciò sia stato previsto nella convenzione conclusa tra le parti (il c.d. “patto di compensazione”)”; Tribunale di Milano, 11 dicembre 2012, in Il Caso.it, 8524 (Pres. Lamanna): “[…] gli accrediti relativi a fatture/ri.ba accettate in epoca precedente (alla pubblicazione della domanda) non possono essere compensati con i debiti pregressi pena la violazione dell’art. 56 L.F., salva l’ipotesi della cessione del credito ovvero dell’opponibilità del patto di compensazione a rapporto pendente”.

[21] Cfr. Stefano Ambrosini, Gli effetti dell’ammissione al concordato e i contratti in corso di esecuzione, in Fallimenti e Società.it 2014, p. 23.

[22] Sul punto, cfr. Tribunale di Udine, 22 agosto 2014, in unijuris.it, secondo cui “il provvedimento previsto dall’art. 169 bis L.F. ha natura di volontaria giurisdizione e non può e non deve essere la sede per la decisione su conflitti tra creditori concorsuali […]”.

[23] Verrebbe da considerarla una sorta di azione revocatoria “alla rovescia”, dove non è il debitore che paga un terzo a cui viene successivamente chiesta la restituzione di quanto incassato (nel periodo sospetto), ma è il terzo che anticipa dei soldi al debitore il quale, a seguito dell’accesso alla procedura concordataria, non li restituisce più.

[24] Cfr. Corte di Appello di Brescia, 19 giugno 2013, cit..

[25] Cfr. per tutti Tribunale di Milano, 28 maggio 2014, in Il Caso.it, 10592 (che verrà ampiamente ripreso più avanti in un apposito paragrafo): “diversamente (dallo scioglimento) è ammissibile durante la fase cd. preconcordataria una domanda di sospensione dei contratti pendenti”;

Contra cfr. Tribunale di Roma, 27 febbraio 2014, in ilfallimentarista.it, in cui si ritiene che “proprio il fatto che l’autorizzazione in oggetto debba essere necessariamente richiesta nel ricorso, e non con successiva istanza, sembra confermare che il legislatore abbia inteso riferirsi solo al ricorso “completo” di cui al primo comma dell’art. 161 […]”; Corte di Appello di Brescia, 19 giugno 2013, cit.. Ciò precluderebbe, secondo tali giudici di merito, sia lo scioglimento che la sospensione nel concordato “in bianco”.

[26] Cfr. Tribunale di Padova, 7 gennaio 2014, cit.. Nello stesso senso, Tribunale di Prato, 8 agosto 2014; Tribunale di Treviso, 18 luglio 2014, cit.; Tribunale di Pordenone, 10 dicembre 2013, cit.; Tribunale di Vicenza, 14 luglio 2014 e 25 giugno 2013, rispettivamente in FallimentieSocietà.it e Il Caso.it, cit.; Tribunale di Udine, 25 settembre 2013, in Il Caso.it, 9531; Tribunale di Pistoia, 30 ottobre 2012, in Il Caso.it, 8079; Tribunale di Verona, 31 ottobre 2012, in Il Caso.it, 8381; Tribunale di Ravenna, 24 dicembre 2012, in Il Caso.it, 8272; Tribunale di Prato, 20 gennaio 2014; Tribunale di Monza, 6 giugno 2013, in dejure.it; Corte di appello di Trento, 22 ottobre 2013, cit.; Tribunale di Milano, 10 luglio 2014, in cui viene affermato che la richiesta di scioglimento dei contratti non può essere autorizzata in mancanza di deposito della proposta definita; Tribunale di Milano, 28 maggio 2014, cit.: “l’istanza di scioglimento ex art. 169 bis L.F. di qualunque contratto, proposta in sede di domanda di concordato ex art. 161, comma 6, L.F., non è ammissibile, non essendo conciliabile la fluidità della domanda concordataria […] con la stabilizzazione e l’irreversibilità degli effetti che lo scioglimento comporta nei confronti delle controparti contrattuali”.

Di recente, cfr. Tribunale di Udine, 22 agosto 2014, cit., dove la domanda relativa allo scioglimento di contratti bancari in corso di esecuzione è stata respinta in quanto “nel caso di specie non vengono allegate specifiche circostanze a sostegno della richiesta di autorizzazione allo scioglimento di determinati contratti […], bensì soltanto l’utilità di sciogliere in via generale tutti i contratti rientranti in certe tipologie astratte […]”.

[27] V. Cederle, Concordato con riserva: applicabilità dell’art. 169 bis L.F. ai contratti bancari autoliquidanti, Il Fallimento n. 7/2014, p. 801, a commento delle sentenze del Tribunale di Genova, 4 novembre 2013 e Corte di Appello di Genova, 10 febbraio 2014. Sul punto, i Giudici genovesi hanno replicato che i richiami espressi contenuti in queste ultime norme si riferiscono in realtà a più fattispecie (art. 182 bis, primo e sesto comma L.F.) e non solo al concordato preventivo, rispondendo quindi all’esigenza di evitare dubbi interpretativi.

Sul punto, cfr. anche Tribunale di Roma, 27 febbraio 2014, cit., secondo cui sarebbe illogico che l’art. 169 bis L.F., ove intendesse riferirsi anche al preconcordato, non abbia subordinato la possibile autorizzazione al presupposto dell’urgenza.

[28] Cfr. Tribunale di Genova, 4 novembre 2013, cit.. Dello stesso avviso Trib. Venezia 27 marzo 2014, in Il Caso.it, 10910; Corte di Appello di Genova, 10 febbraio 2014, cit.; Tribunale di Modena, 7 aprile 2014 e 30 novembre 2012, in Il Caso.it, rispettivamente 10335 e 8196; Tribunale di Mantova 27 settembre 2012, in Il Caso.it, 7874; Tribunale di Terni, 12 ottobre 2012, cit.; Tribunale di La Spezia, 24 ottobre 2012; Tribunale di Como, 5 novembre 2012, cit.; Tribunale di Biella, 13 novembre 2012, in Il Caso.it, 8359; Tribunale di Salerno, 25 ottobre 2012, in Il Caso.it, 8499; Tribunale di Monza, 16 gennaio 2013 e 21 gennaio 2013, in Il Caso.it, rispettivamente 8351 e 8530; Tribunale di Catanzaro, 23 gennaio 2013, in ilfallimentarista.it; Tribunale di Roma, 20 febbraio 2013; Tribunale di Piacenza, 27 marzo 2013; Tribunale di Novara, 3 aprile 2013, in Il Caso.it, 8830; Tribunale di Vercelli, 20 settembre 2013, in Il Caso.it, 9504; Corte di Appello di Venezia, 20 novembre 2013, in Il Caso.it, 9081; Tribunale di Terni, 27 dicembre 2013, in Il Caso.it, 9856; Corte di Appello di Bari, 11 novembre 2013; Tribunale di Bologna, 26 aprile 2013.

Per la dottrina, cfr. Franco Benassi, I contratti in corso di esecuzione nel concordato preventivo: il compito dell’imprenditore di dar forma alla proposta e la tutela del terzo contraente, Il Caso.it, 11 aprile 2014, p. 14 e ss..

[29] Cfr. Tribunale di Rovigo, 6 marzo 2014, in Il Caso.it, 10170; Tribunale di Piacenza, 5 aprile 2013, in Il Caso.it, 8798; Tribunale di Catanzaro, 23 gennaio 2013, cit.; Tribunale di Padova, 7 gennaio 2014, cit., secondo cui “lo scioglimento/sospensione ex art. 169 bis L.F. appare autorizzabile soltanto laddove, nel contemperamento degli interessi, i benefici potenzialmente ritraibili alla massa dei creditori “superino” il sacrificio imposto dal contraente in bonis”; Tribunale di Busto Arsizio, 24 luglio 2014, in Il Caso.it, 11008: “L’istituto di cui all’art. 169 bis L.F. […] è applicabile anche alla domanda di concordato con riserva, non potendosi escludere che, a fronte di una proposta già sufficientemente delineata e tenuto conto delle circostanze concrete, sia da subito possibile individuare contratti da far cessare allo scopo di evitare il prodursi di costi da porre in prededuzione”.

Sul punto anche Tribunale di Udine, 22 agosto 2014, cit.: “l’applicazione dell’art. 169 bis L.F. presuppone che il ricorso esponga concreti elementi di fatto e di diritto idonei a consentire al Tribunale di apprezzare l’utilità della richiesta […] che deve consistere nella prospettiva di realizzare un attivo non altrimenti realizzabile o quella di evitare il futuro insorgere di debiti prededucibili […] e non di regolare il potenziale conflitto tra creditori circa la destinazione di una parte dell’attivo, intervenendo in favore di alcuni e a scapito di altri (le banche)”; nel caso specifico, il Tribunale rigettava la richiesta di scioglimento dei contratti bancari, in quanto questa non veniva in alcun modo giustificata, né venivano allegate specifiche circostanze a sostegno della richiesta stessa.

[30] UN CASO PRATICO

In data 28 giugno 2014, la Società ALFA S.r.l. stipula con la Banca un contratto di anticipazione bancaria s.b.f. con mandato all’incasso dei crediti (c.d. “patto di compensazione”); all’atto della riscossione, la Banca è legittimata a porre in essere la compensazione con le somme in precedenza anticipate.

In data 30 giugno 2014, ALFA presenta alla Banca una ricevuta bancaria di € 100.000 (su una fattura di pari importo emessa qualche giorno prima) e, in virtù del contratto stipulato, quest’ultima anticipa l’intero importo (per semplicità, non consideriamo le commissioni applicate dalla Banca). In data 01 agosto 2014 ALFA presenta al Tribunale competente domanda di concordato preventivo, ai sensi dell’art. 161 L.F. (concordato preventivo “pieno”). Nel piano presentato, la Società richiede lo scioglimento di tale contratto di anticipazione bancaria ai sensi dell’art. 169 bis L.F.. 

In data 01 settembre 2014, la fattura (per la quale è stato concesso l’anticipo di € 100.000) viene interamente saldata per l’intero importo di € 100.000.

CONSIDERAZIONI

Nel caso prospettato vi sono un paio di questioni ancora irrisolte, sulle quali la giurisprudenza ha pareri discordi.

In primis ci si dovrebbe chiedere se il contratto di anticipazione bancaria s.b.f. con mandato all’incasso possa essere oggetto di scioglimento (sospensione) ai sensi dell’art. 169 bis L.F.. Aderendo alla tesi affermativa (secondo cui l’art. 169 bis L.F. contemplerebbe anche tale tipo di contratti), ci si dovrebbe domandare se il mandato all’incasso sia anch’esso oggetto di scioglimento (sospensione) o se invece la presenza del c.d. “patto di compensazione” (stipulato ante richiesta di concordato) sia di per sé sufficiente a legittimare la Banca a porre in essere la compensazione medesima (in quanto produttivo di effetti anche in pendenza di concordato). Nel primo caso, l’importo di € 100.000, riscosso dalla Banca, dovrebbe essere versato nelle casse di ALFA; nel secondo caso, la Banca sarebbe legittimata a compensare l’importo riscosso con quello in precedenza anticipato, con un effetto finale pari a 0.

Da ultimo, qualora ALFA abbia presentato una domanda di concordato preventivo “in bianco”, la giurisprudenza maggioritaria ritiene che non possa essere richiesto lo scioglimento dei contratti, ma solo la sospensione degli stessi.

In ogni caso (richiesta di scioglimento/sospensione del contratto), la Banca ha diritto a ricevere un indennizzo equivalente al risarcimento del danno conseguente al mancato adempimento del contratto (ai sensi dell’art. 169 bis L.F., comma 2 L.F.).


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