Tributario


Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 11/01/2014 Scarica PDF

La confisca per equivalente come misura di contrasto all'evasione fiscale

Luigi Cuomo, Magistrato


Sommario: 1. Premessa. - 2. Il “fumus” per l’applicazione del sequestro preventivo. - 3. Il profitto conseguito dalla commissione dei reati tributari. - 4. Il valore dei beni. - 5. I beni nella disponibilità dell’indagato. - 6. La natura giuridica della confisca per equivalente. - 7. I presupposti di mantenimento del sequestro preventivo. - 8. Il sequestro dei beni della persona giuridica.

 

 

1. Premessa

L’ambito di applicazione della confisca per equivalente inizialmente prevista per alcuni reati del codice penale è stato esteso anche ai reati tributari dall’art. 1, comma 143, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Finanziaria 2008), secondo il quale «nei casi di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, dichiarazione infedele, omessa dichiarazione, emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, omesso versamento di ritenute certificate, omesso versamento di Iva, indebita compensazione e sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui all'art. 322-ter cod. pen.»[2].

Con l’espressione “confisca per equivalente” si intende far riferimento al provvedimento ablatorio che viene adottato a seguito di condanna per determinati reati in relazione a cose che non rappresentano il profitto o il prezzo del reato commesso, ma riguardano beni o altre utilità nella disponibilità del colpevole per un ammontare corrispondente al prezzo o al profitto del reato (cd. tantundem)[3].

L’introduzione di questo strumento processuale, finalizzato ad ampliare la base imponibile e a preservare l’integrità patrimoniale dell’Erario, si è resa necessaria per superare gli ostacoli probatori derivanti dalla difficoltà di aggredire il profitto, che difficilmente poteva adattarsi al concetto di provenienza da reato in relazione alle risorse e ai beni già presenti nel patrimonio del colpevole[4].

Per rafforzare gli strumenti di contrasto all’evasione fiscale il legislatore ha introdotto una vera e propria “misura sanzionatoria” che si affianca alla pena detentiva per le violazioni più gravi delle norme tributarie a causa della sostanziale inoperatività della confisca ordinaria[5].

Infatti, le ipotesi di confisca obbligatoria e facoltativa, che presuppongono l’accertamento di un necessario rapporto di pertinenzialità tra prodotto, profitto, prezzo e reato, avevano trovato un ridotto margine di applicazione in relazione ai reati tributari specialmente nelle ipotesi in cui i vantaggi illeciti erano costituiti da un risparmio di spesa per il mancato versamento di imposte o da un arricchimento derivante da indebiti rimborsi; e ciò in quanto il  profitto, per esigenze processuali discendenti da difficoltà probatorie, poteva difficilmente adattarsi al concetto di provenienza da reato delle risorse e dei beni già presenti nel patrimonio del colpevole[6].

Per il mutamento del regime normativo è stato abbandonato il precedente orientamento giurisprudenziale che aveva ritenuto non assoggettabile a sequestro preventivo, finalizzato alla successiva confisca, il saldo liquido di conto corrente in misura corrispondente all'imposta evasa, per l’assenza del necessario rapporto di derivazione diretta tra l'evasione dell'imposta e le disponibilità del conto non essendo dimostrabile che la disponibilità del denaro fosse frutto dell'indebito arricchimento derivante dall’omesso versamento del tributo[7].

L’opzione legislativa corrisponde ad una precisa scelta in materia politico-criminale, che ha focalizzato l’intervento repressivo non più sulla persona del colpevole, ma sul risultato economico dell’attività delittuosa: tali considerazioni spiegano la ragione per la quale i provvedimenti sanzionatori a carattere patrimoniale siano oggi diventati una delle principali forme di contrasto alla criminalità economica[8].

Nei casi in cui non sia possibile agire direttamente sui beni costituenti il profitto o il prezzo del reato a causa del loro mancato reperimento è consentito, attraverso il trasferimento del vincolo dall’oggetto diretto all’equivalente, di apprendere utilità patrimoniali di valore corrispondente di cui il reo abbia comunque la disponibilità[9].

Anzi, costituisce proprio una condizione di operatività della confisca per equivalente la circostanza che nella sfera giuridico-patrimoniale della persona colpita dalla misura non sia rinvenuto il prezzo o il profitto del reato per cui si procede, ma di cui sia ovviamente certa l’esistenza.

       

2. Il “fumus” per l’applicazione del sequestro preventivo

Sul piano cautelare spetta al sequestro preventivo assicurare l’apprensione del bene in funzione della successiva confisca, che viene disposta solo all’esito del giudizio.

Per quanto riguarda i presupposti applicativi del sequestro a fini di confisca è necessaria la configurabilità del "fumus commissi delicti", che deve essere coerente con gli elementi fattuali integranti l’ipotesi criminosa, la cui sussistenza può essere esaminata dal tribunale del riesame[10].

Se anche il compendio probatorio non deve avere la consistenza dei gravi indizi di colpevolezza richiesta per l’applicazione delle misure cautelari personali, non può nemmeno essere del tutto assente e deve configurarsi quale prospettazione da parte del pubblico ministero dell’esistenza di concreti elementi per riferire il reato alla persona dell’indagato[11].

La verifica dei presupposti per l’applicazione delle misure cautelari reali, pur non dovendosi estendere all’accertamento del merito dell’azione penale, non deve neanche consistere in un controllo formale e cartolare, ma può estendersi all’eventuale difetto dell’elemento soggettivo purché di immediato rilievo[12].

   

3. Il profitto conseguito dalla commissione dei reati tributari

Il sequestro preventivo strumentale alla confisca per equivalente deve ricadere sui beni di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a quelli costituenti il prezzo o il profitto del reato, che sia stato realmente lucrato dall’indagato[13].

Nei reati tributari il profitto del reato, generalmente coincidente con il vantaggio economico ricavato in via immediata e diretta dal reato, si identifica con l’ammontare delle ritenute o dell’imposta sottratta al fisco, che costituisce un vantaggio patrimoniale direttamente derivante dalla condotta illecita, anche se consistente in un risparmio di spesa[14].

L'ammontare della imposta evasa è certamente riconducibile alla nozione di "profitto del reato", in quanto sostanzialmente si traduce in un risparmio economico da cui consegue la effettiva sottrazione degli importi non versati in conformità alla loro destinazione fiscale dei quali direttamente beneficia l'autore[15].

Il profitto, dunque, quale risparmio del contribuente, non può che essere calcolato con riferimento alla totalità del credito vantato dall'erario (comprensivo degli interessi e delle sanzioni), essendo del tutto indifferente la natura delle voci che lo compongono, dato che la condotta illecita è finalizzata ad evitare complessivamente il pagamento delle imposte, che non esclude il conseguimento di vantaggi ulteriori riflessi per il soggetto evasore[16].

Il giudice penale è però dotato di una propria sfera di autonomia discrezionale e, ai fini della prova della fattispecie tributaria, non è vincolato, nella determinazione del tributo evaso, all'imposta risultante a seguito dell'accertamento con adesione o del concordato fiscale tra l'Amministrazione finanziaria e il contribuente[17].

La commissione del reato in forma plurisoggettiva pone la problematica relativa alla possibilità di disporre la misura per intero o “pro quota” sui beni delle persone sottoposte ad indagini.

La questione riguarda, nel caso di corresponsabilità nella commissione dell'illecito, l’imposizione del sequestro preventivo fino a coprire l'intero importo del profitto del reato sui beni di ciascuno o le modalità di ripartizione interna della cautela reale qualora sia possibile stabilire l'entità dell'arricchimento individuale.

La giurisprudenza, con riferimento alla responsabilità da reato degli enti (ma il principio ha una validità più generale) ha chiarito che nel caso di illecito plurisoggettivo, una volta perduta l'individualità storica del profitto illecito, la confisca e il sequestro preventivo ad essa finalizzato possono interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l'intera entità del profitto accertato, ma l'espropriazione non può comunque eccedere nel "quantum" l'ammontare complessivo dell’imposta evasa[18].

   

4. Il valore dei beni

Per giustificare l’imposizione e il mantenimento della misura cautelare, il valore delle cose sequestrate deve sempre essere proporzionale e corrispondente all'importo dell’imposta evasa.

Il giudizio relativo al valore dei beni deve costituire oggetto di una ponderata valutazione preventiva da parte del giudice nell'applicazione della misura cautelare reale, al fine di scongiurare un'esasperata compressione del diritto di proprietà e di libera iniziativa economica privata.

Poiché l’oggetto del sequestro è rappresentato dai beni di cui il reo ha la disponibilità per un ammontare corrispondente a quelli costituenti il prezzo o profitto del reato, si ritiene legittima la determinazione del valore economico degli immobili desunta dagli estimi catastali, che costituiscono parametri determinati in virtù di specifiche procedure disciplinate dalla normativa di settore[19].

È stata, altresì, ritenuta corretta la determinazione del valore economico di beni immobili effettuata sulla base della rendita catastale, che costituisce un parametro maggiormente oggettivo rispetto all'andamento del mercato immobiliare[20].

In riferimento ai rimedi finalizzati a garantire il rispetto del principio di proporzionalità vigente anche per le misure cautelari reali, il soggetto destinatario del provvedimento di coercizione reale, nel caso di sproporzione tra il valore economico dei beni da confiscare indicato nel decreto di sequestro e l'ammontare delle cose effettivamente sottoposte a vincolo, può contestare tale eccedenza al fine di ottenere una riduzione della garanzia, presentando apposita richiesta al pubblico ministero, al g.i.p., ovvero appello al tribunale del riesame[21].

   

5. I beni nella disponibilità dell’indagato

La misura in esame può essere imposta, per un valore corrispondente al prezzo o al profitto del reato, sui beni di cui l’indagato abbia la disponibilità e, quindi, non solo sul denaro o sui cespiti di cui il soggetto sia formalmente titolare, ma anche su quelli rispetto ai quali egli possa vantare una disponibilità informale ma diretta ed oggettiva[22].

La definizione di disponibilità dell'indagato, al pari della nozione civilistica del possesso, è riferibile a tutte quelle situazioni nelle quali i beni ricadano nella sfera degli interessi economici del reo, ancorché il potere dispositivo su di essi venga esercitato per il tramite di terzi[23].

È necessario, però, che venga dimostrata dal pubblico ministero la disponibilità, secondo la nozione sopra delineata, del bene da parte dell'indagato e che quindi vi sia discrasia rispetto alla intestazione formale.

Ai fini dell’operatività della confisca per equivalente, non è di ostacolo all’ablazione dei beni il deposito di una somma di denaro su conto corrente bancario cointestato con un soggetto estraneo al reato[24], l’inclusione dei beni nel fondo patrimoniale familiare[25], l’intestazione di un bene in comproprietà tra l’indagato ed un terzo estraneo[26] o l'esistenza di ipoteca sul bene a tutela dei diritti di terzi[27].

Il sequestro preventivo può riguardare nella loro interezza anche i beni in comproprietà con un terzo estraneo al reato, qualora essi siano indivisibili o sussistano inderogabili esigenze per impedirne la dispersione o il deprezzamento, essendo altrimenti assoggettabile alla misura cautelare soltanto la quota appartenente all'indagato[28].

A differenza del sequestro preventivo previsto dall’art. 321 cod. proc. pen., il sequestro funzionale alla confisca "per equivalente" ha natura sanzionatoria, per cui non sono sottoponibili a tale vincolo i beni meramente futuri, quali quelli direttamente derivanti dalla gestione delle cose in sequestro[29].

   

6. La natura giuridica della confisca per equivalente

In giurisprudenza ha formato oggetto di dibattito la questione relativa alla possibilità di applicare retroattivamente ai reati tributari la disciplina del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente.

La risoluzione della problematica è subordinata ad un approfondimento della natura giuridica della confisca di valore, che viene ad assolvere una funzione sostanzialmente ripristinatoria della situazione economica modificata in favore del reo dalla commissione del fatto illecito.

L’imposizione di un sacrificio patrimoniale di corrispondente valore a carico del responsabile è essenzialmente connotata da un carattere afflittivo e da un rapporto di consequenzialità tipico della sanzione penale, senza soddisfare alcuna funzione di prevenzione che costituisce la principale finalità delle misure di sicurezza[30].

L’assenza di un rapporto di pertinenzialità fra il reato e i beni confiscati, implicando il venir meno della connotazione di pericolosità della cosa confiscata rispetto all'equivalente profitto o prezzo del reato, fa assumere al provvedimento ablatorio non già il connotato della misura di sicurezza, ma di una misura a preminente carattere sanzionatorio[31].

Pertanto, l’applicazione retroattiva del provvedimento ablatorio patrimoniale a connotazioni sanzionatorie, senza che sia dato riscontrare alcun elemento di pericolosità degli specifici beni da sottoporre a confisca, finirebbe per porsi in contrasto con i principi costituzionali e con l'art. 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, per i quali non può essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso[32].

Per le ragioni illustrate, la confisca per equivalente può trovare applicazione solo per i reati tributari commessi a partire dal 1° gennaio 2008, data di entrata in vigore dell’art. 1, comma 143, della legge 24 dicembre 2007, n. 244[33], poiché all’istituto non è estensibile la regola dettata dall'art. 200 cod. pen., in forza della quale le misure di sicurezza sono regolate dalla legge in vigore al tempo della loro applicazione[34].

   

7. I presupposti di mantenimento del sequestro preventivo

Il sequestro preventivo persegue lo scopo di tutelare l’integrità del patrimonio dello Stato, per cui l’adempimento dell’obbligazione tributaria incide sulla persistenza dei presupposti per il mantenimento della misura cautelare reale.

Si è al riguardo posta la questione se l'intervenuta sanatoria della posizione tributaria del contribuente possa determinare il venir meno dei presupposti della confisca e, quindi, consentire la revoca del sequestro preventivo disposto in funzione della futura esecuzione della misura ablativa.

Va rammentato che il versamento tardivo dell’imposta ed il pagamento successivo del debito tributario non ha effetti estintivi della fattispecie penale, ma integra solo gli estremi della circostanza attenuante prevista dall’art. 13 del d.lgs 10 marzo 2000, n. 74.

Sul presupposto che con il versamento dell'imposta evasa viene meno la funzione sanzionatoria della confisca, la giurisprudenza è pervenuta alla conclusione che la misura di coercizione reale può essere legittimamente mantenuta fino a quando permane l'indebito arricchimento derivante dall'azione illecita, che cessa definitivamente con l'adempimento dell'obbligazione tributaria[35].

Se il reo provvede, sia pur tardivamente al pagamento dell'imposta, poiché il profitto suscettibile di confisca corrisponde all'ammontare dell'imposta evasa, con ilversamento e con la restituzione all'erario dell’utilità derivante dal reato verrebbe meno qualsiasi indebito vantaggio da aggredire col provvedimento ablatorio e cesserebbe la stessa ragione giustificatrice della confisca, che intende evitare che il conseguimento dell'indebito profitto del reato si consolidi in capo al reo.

È inidoneo a costituire presupposto per la revoca anche l’eventuale accordo transattivo concluso con l’Amministrazione finanziaria per il versamento rateale dell’imposta evasa, che presuppone il pagamento graduale di somme nel tempo secondo un piano di estinzione del debito.

Il pagamento rateizzato dell’imposta, poiché non prevede l’estinzione dell’obbligazione tributaria in un’unica soluzione, potrebbe non essere puntualmente adempiuto alle singole scadenze con l’ulteriore effetto di produrre una ulteriore lievitazione del debito fiscale[36].

Non costituisce presupposto per la revoca del sequestro nemmeno il provvedimento del giudice tributario di sospensione della esecutività della cartella esattoriale che, per la sua natura “precaria”, lascia immutata la doverosità del debito[37].

L’applicazione della confisca di valore non è impedita nemmeno dall’attivazione di una garanzia fideiussoria, che la giurisprudenza ha ritenuto confliggente con la finalità di impedire che l’autore del reato continui a usufruire del profitto illecito, atteso che, altrimenti, verrebbe frustrata la finalità della misura cautelare, diretta a sottrarre all'indagato la disponibilità del patrimonio, che invece risulterebbe invariata per lo spostamento del vincolo sul denaro del garante[38].

La natura sanzionatoria dell’istituto impedisce che la confisca per equivalente possa trovare applicazione in relazione al prezzo o al profitto derivante da un reato estinto per prescrizione: una volta che questo tipo di confisca venga accostata ad una sanzione di natura penale è indispensabile che sia preceduta da una pronuncia di condanna e dall’accertamento della responsabilità dell’autore del reato, non potendo trovare applicazione il regime sulle misure di sicurezza patrimoniali (artt. 200, 210 e 236 cod. pen.), che derogano ai principi penalistici della irrevocabilità e della inapplicabilità della sanzione penale in caso di estinzione del reato[39].

   

8. Il sequestro dei beni della persona giuridica

Ha formato oggetto di ampio dibattito in dottrina e giurisprudenza la questione relativa alla possibilità di disporre la confisca per equivalente dei beni appartenenti alla società per i reati tributari commessi nel suo interesse dagli amministratori.

L’art. 19 del d.lgs. n. 231 del 2001 prevede la confisca, anche per equivalente, come una delle sanzioni principali applicabili alla persona giuridica ritenuta responsabile per uno dei reati presupposto inseriti nel catalogo degli illeciti penali espressamente previsti dalla normativa che disciplina la responsabilità amministrativa dell’ente (artt. 24 e ss.).

Nella materia del diritto penale tributario la possibilità di applicare la misura ablatoria è impedita dalla mancata inclusione dei reati fiscali previsti dal d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 nell’elenco degli illeciti penali richiamati dagli artt. 24 e seguenti del d.lgs. n. 231 del 2001.

La giurisprudenza ha affermato che la confisca di valore non può essere disposta sui beni appartenenti alla persona giuridica ove si proceda per le violazioni finanziarie commesse dal legale rappresentante della società, atteso che i delitti fiscali non figurano tra le fattispecie dei reati presupposto che possono determinare la responsabilità dei soggetti collettivi e che, conseguentemente, sono in grado di giustificare l'adozione del provvedimento cautelare reale[40].

La responsabilità degli enti per i reati tributari non potrebbe essere fatta derivare da quella assegnata alle persone giuridiche nel diritto tributario: infatti, il sistema del diritto penale tributario deve essere letto ed interpretato nell’ambito del complessivo sistema del diritto penale e non può essere ritenuto un mero apparato sanzionatorio di disposizioni tributarie, avente vita a sé stante ed avulso dal generale sistema punitivo, quasi fosse una sorta di “sistema speciale”[41].

In effetti, solo un intervento legislativo che preveda espressamente la responsabilità della persona giuridica per i reati tributari commessi a vantaggio e nell’interesse dell’ente potrebbe rendere possibile la confisca di valore nei suoi confronti.

Gli illeciti penali tributari, invece, possono rientrare nella categoria dei reati-fine di una organizzazione criminale transnazionale in grado di consentire la confisca di valore per l’ammontare del prezzo o del profitto del reato sul patrimonio della persona giuridica: la confisca per equivalente, prevista dall'art. 11 della legge 16 marzo 2006, n. 146 per i reati transnazionali, è applicabile anche al profitto dei reati di frode fiscale o di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte rientranti nel programma di un'organizzazione criminale transnazionale[42].

Il sistema, così strutturato, presenta profili di irragionevolezza per la scelta che finisce per far dipendere la confiscabilità per equivalente del profitto derivante dai reati tributari, commessi nell’interesse della persona giuridica, dal carattere transnazionale dell’illecito compiuto nell’ambito di fenomeni associativi non limitati al territorio nazionale: al contrario un analogo intervento non sarebbe invece possibile nei confronti di una persona giuridica che, magari a fronte di un ammontare maggiore di imposte evase, non si connoti per la natura transnazionale dell’organizzazione criminale.

Tuttavia, la confisca di valore può attingere i beni della persona giuridica solo nell'ipotesi in cui la struttura aziendale costituisca un apparato fittizio utilizzato dal reo per commettere gli illeciti, perché in tal caso il reato non risulterebbe commesso nell’interesse o a vantaggio di una persona giuridica, ma a beneficio diretto del reo attraverso lo schermo dell’ente.

Questa impostazione è coerente con il principio secondo il quale possono essere colpiti i beni inclusi nel patrimonio della persona giuridica, quando quest’ultima sia stata appositamente utilizzata come apparato fittizio per commettere gli illeciti, sicché ogni cosa simulatamente intestata alla società sarebbe immediatamente riconducibile alla disponibilità dell’autore del reato[43].

Per ampliare la possibilità di aggredire i beni della persona giuridica, tentando di superare la questione della natura del provvedimento ablatorio come misura sanzionatoria, è stata ritenuta ammissibile la “confisca diretta” delle somme non versate al fisco, che si trovino interamente nella disponibilità della società.

In argomento è stato ritenuto legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto del reato di omesso versamento di ritenute certificate commesso dall’amministratore, consistente nell’imposta non versata la cui somma corrispondente sia rimasta nelle casse della società[44].



[1] Lo scritto è destinato al numero 1\2014 della Rivista “Gazzetta Forense”, a cura dell’Università Telematica Pegaso.

[2] L. Pulito, Profili problematici del sequestro preventivo per equivalenze finalizzato alla confisca del profitto del reato, in Arch. nuova proc. pen., 2013, 2, p. 225 ss.; D. Frustagli, Il sequestro e la confisca per equivalente nei reati tributari nazionali e transazionali e la schermatura dei patrimoni, in Riv. pen., 2013, 2, p. 139 ss.; F. Campagna, L'interpretazione della nozione di profitto nella confisca per equivalente, in Dir. pen. proc., 2007, 12, p. 1638 ss.

[3] S. Servidio, La confisca per equivalente in ambito penal-tributario, in Boll. trib. inf., 2013, 7, p. 492 ss.; D. Potetti, Sulla compatibilità della confisca tributaria (per equivalente) dei beni sociali con l'art. 27, comma 1, Cost., in Cass. pen., 2013, 1, p. 305 ss.; S. Golino, Confisca per equivalente in materia di reati tributari - Una sentenza chiarificatrice della Cassazione, in Fisco, 2013, 6, p. 830 ss.

[4] I. Borasi, Le confische penali, in Riv. pen., 2011, 2, p. 137 ss.; U. Mignosi, La confisca per equivalente nella lotta all'evasione fiscale, in Fisco, 2011, 19, p. 3011 ss.; M. Pisani, Reati tributari del rappresentante legale della persona giuridica e sequestro per equivalente, in Fisco, 2011, 29, p. 4696 ss.; G. Ruggiero, Inquadramento dogmatico e questioni applicative della confisca per equivalente in materia penal-tributaria, in Riv. trim. dir. pen. econ., 2011, 4, p. 886 ss.; C. Santoriello, Confisca per equivalente e reati tributari. Le prime indicazioni della giurisprudenza, in Fisco, 2009, 2, p. 234 ss.; R. Chicone, La confisca di valore e i reati tributari, in Riv. pen., 2009, 4, p. 483 ss.

[5] È evidente come il nesso eziologico tra i beni oggetto di confisca e il fatto-reato dimostri una tendenza ad allentarsi fino a scomparire, in quanto la misura colpisce i beni indipendentemente dal loro collegamento, diretto o mediato, con il reato: la provenienza dei beni da reato non rappresenta più oggetto di prova, dal momento che scompare ogni relazione di tipo causale (Cass. pen., Sez. VI, sent. n. 18799 del 6/12/2012, dep. 29/04/2013).

[6] G. Giangrande, La confisca per equivalente nei reati tributari: tra legalità ed effettività, in Dir. prat. trib., 2013, 1, p. 173 ss.; G. Bersani, Sequestro per equivalente nei reati tributari: attuabilità della confisca al venir meno del "profitto", in Fisco, 2013, 27, p. 4163 ss.; Potetti D., Confisca per equivalente ex art. 322-ter c.p., sequestro preventivo e reato plurisoggettivo, in Rivista Penale, 2013, 6, pp. 608 ss.

[7] Cass. pen., Sez. III, sent. n. 1343 del 20/03/1996, dep.  3/5/1996, Rv. 205466. A. Gaito, Sequestro e confisca per equivalente. Prospettive d’indagine, in Giur. it., 2009, 8-9, p. 2065 ss.; S. Furfaro, La confisca per equivalente tra norma e prassi, in Giur. it., 2009, 8-9, p. 2079 ss.; S. Capolupo, La confisca per equivalente in materia tributaria, in Corr. Trib., 2008, 25, p. 2015 ss.

[8] Cass. pen., Sez. III, sent. n. 7081 del 24/01/2012, dep. 23/02/2012, Rv. 252103.

[9] G. Escurolle, Sulla confisca dell’equivalente nei reati tributari, in Giur. it., 2012, 6, p. 1408 ss.; F. Prete, Reati tributari e confisca per equivalente: la posizione delle società, in Cass. pen., 2012, 5, p. 1895 ss.

[10] In tal senso v. Cass. pen., Sez. III, sent. n. 7078 del 23/01/2013, dep. 13/02/2013; Sez. III, sent. n. 1261 del 25/9/2012, dep. 10/01/2013.

[11] Cass. pen., Sez. III, sent. n. 20294 del 26/4/2012, dep. 28/05/2012.

[12] Cass. pen., Sez. III, sent. n. 23668, dell’11/5/2011. In materia di responsabilità amministrativa degli enti, rafforzando questa linea interpretativa si è sostenuto che, per procedere al sequestro preventivo a fini della confisca del profitto del reato nei confronti di una persona giuridica, è richiesto un “fumus delicti” allargato, che finisce per coincidere sostanzialmente con l’accertamento della sussistenza di gravi indizi di responsabilità dell’indagato (Cass. pen., Sez. VI, sent. n. 34505 del 31/5/2012, dep. 10/09/2012, Rv. 252929). Il sequestro nei confronti degli enti è prodromico ad una sanzione principale ed è proprio la natura di sanzione principale e obbligatoria della confisca che impone, con riferimento alla misura cautelare reale ad essa funzionale, una più approfondita valutazione del presupposto del “fumus delicti”, che cioè non si limiti alla sola verifica della sussumibilità del fatto attribuito in una determinata ipotesi di reato, così impedendo al giudice il controllo sulla concreta fondatezza dell’accusa. In dottrina v. M. Auriemma, Sequestro preventivo ai fini della confisca nella responsabilità da reato degli enti collettivi, in Giur. it., 2013, 3, p. 661 ss.

[13] Cass. pen., Sez. VI, sent. n. 42530 del 5/10/2012, dep. 5/11/2012, Rv. 254482; per approfondimenti v. F. Fontana, Misura della confisca per equivalente e problemi di prova, in Riv. giur. trib., 2013, 3, p. 208 ss.

[14] Cass. pen., Sez. III, sent. n. 45735 dell’8/11/2012, dep. 22/11/2012, Rv. 253999; Sez. III, sent. n. 25890 del 26/5/2010, dep. 07/07/2010, Rv. 248058; Sez. III, ord. n. 1893 del 12/10/2011, dep. 18/01/2012, Rv. 251797; Sez. III, sent. n. 35807 del 7/7/2010, dep. 6/10/2010, Rv. 248618.

[15] Cass. pen., Sez. III, sent. n. 1199 del 2/12/2011, dep. 16/1/2012, Rv. 251893.

[16] Cass. pen., Sez. V, sent. n. 1843 del 10/11/2011, dep. 17/01/2012, Rv. 253480. La nozione di profitto elaborata dalle Sezioni semplici nella materia tributaria è stata integralmente recepita da un recente pronunciamento delle Sezioni Unite, secondo cui «il profitto confiscabile può essere costituito da qualsivoglia vantaggio patrimoniale direttamente conseguente alla consumazione del reato e può, dunque, consistere anche in un risparmio di spesa, come quello derivante dal mancato pagamento del tributo, interessi e sanzioni dovuti a seguito dell’accertamento del debito tributario» (Cass. pen., Sez. un., sent. n. 18374 del 31/1/2013, dep. 23/04/2013, Rv. 255036).

[17] Cass. pen., Sez. III, sent. n. 5640 del 2/12/2011, dep. 14/2/2012, Rv. 251892; M. Nardelli, Le interferenze tra l’accertamento penale e quello tributario, in Riv. giur. trib., 2012, 4, p. 285 ss.; E. Fontana, Emissione di fatture per operazioni inesistenti: delineati i confini del sequestro per equivalente, in Dir. & Giust., 2013, p. 1467 ss.   

[18] Cass. pen., Sez. un, sent. n. 26654 del 27/3/2008, dep. 2/7/2008, Rv. 239926; R. Romanelli, Confisca per equivalente e concorso di persone nel reato, in Dir. pen. proc., 2008, 7, p. 865 ss.; G. Luciani, Riflessi applicativi della confisca per equivalente nei reati tributari: un istituto ancora in via di definizione, in Rass. avv. St., 2012, 2, p. 324 ss.; F.A. Morone, Confisca per equivalente, in Giur. it., 2012, 11, p. 2367 ss.;

[19] Cass. pen., Sez. III, sent. n. 10438 dell’8/2/2012, dep. 16/03/2012, Rv. 252344.

[20] Cass. pen., Sez. III, sent. n. 19099 del 06/03/2013, dep.  3/05/2013, Rv. 255328.

[21] Cass. pen., Sez. III, sent. n. 10567 del 12/7/2012, dep. 7/03/2013, Rv. 254919.

[22] D. Potetti, La disponibilità dei beni nella confisca per equivalente per i reati tributari, in Riv. pen., 2012, 11, p. 1071 ss.

[23] Cass. pen., Sez. III, sent. n. 15210 dell’8/3/2012, dep. 20/4/2012, Rv. 252378. Cfr. A. Gaito e S. Furfaro, Disponibilità" del bene e confisca "per equivalente", in Giust. pen., 2007, 10,  p. 601 ss. Per beni anche solo nella disponibilità dell'indagato si intende la relazione effettuale con il bene, connotata dall'esercizio dei poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà (Cass. pen., Sez. II, sent. n. 22153 del 22/02/2013, dep. 23/05/2013, Rv. 255950).

[24] Cass. pen., Sez. III, sent. n. 45353 del 19/10/2011, dep. 6/12/2011, Rv. 251317.

[25] Cass. pen., Sez. III, sent. n. 40364 del 19/09/2012, dep. 15/10/2012, Rv. 253681.

[26] Cass. pen., Sez. III, sent. n. 6894 del 27/1/2011, dep. 23/2/2011, Rv. 249539.

[27] Cass. pen., Sez. III, sent. n. 28145 del 7/03/2013, dep. 27/06/2013, Rv. 255559.

[28] Cass. pen., Sez. III, sent. n. 29898 del 27/03/2013, dep. 12/07/2013, Rv. 256438.

[29] Cass. pen., Sez. III, sent. n. 23649 del 27/02/2013, dep. 31/05/2013, Rv. 256164.

[30] Cass. pen., Sez. VI, sent. n. 13098 del 18/2/2009, dep. 25/03/2009.

[31] Cass. pen., Sez. II, sent. n. 28685 del 5/06/2008, dep. 10/07/2008, Rv. 241111. L’indirizzo segue l’orientamento già tracciato dalle Sezioni Unite (sentenza n. 41936 del 25/10/2005, dep. 22/11/2005) per il quale la confisca per equivalente "costituendo una forma di prelievo pubblico a compensazione di prelievi illeciti viene ad assumere un carattere eminentemente sanzionatorio", costituendo una pena secondo l'interpretazione fornitane dalla Corte europea dei diritti dell'Uomo.

[32] in argomento v. Cass. pen., Sez. VI, sent. n. 39173 del 24/09/2008, dep. 20/10/2008, Rv. 241034.

[33] Cass. pen., Sez. III, sent. n. 39172 del 24/09/2008, dep. 20/10/2008, Rv. 241033.

[34] Cass. pen., Sez. II, sent. n. 21566 dell’8/05/2008, dep. 28/05/2008, Rv. 240910; Cass. pen., Sez. U, sent. n. n. 18374 del 31/01/2013, dep. 23/04/2013, Rv. 255037.

[35] Cass. pen., Sez. III, sent. n. n. 46726 del 12/07/2012, dep. 3/12/2012, Rv. 253851; A. Iorio e S. Mecca, Il tardivo pagamento dei tributi evasi esclude la confisca per equivalente, in Corr. trib., 2013, 7, p. 591, ss.

[36] Cass. pen., Sez. III, sent. n. 11836 del 4/07/2012, dep. 13/03/2013; N. Raggi, La pace con il Fisco blocca il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente?, in Corr. trib., 2012, 40, p. 3124 ss.

[37] Cass. pen., Sez. III, sent. n. 9578 del 17/01/2013,dep. 28/02/2013, Rv.254748;A. Iorio e S. Mecca, La sospensione della riscossione concessa dal giudice tributario non ferma la confisca per equivalente., in Corr. trib., 2013, 17, p. 1363 ss.

[38] Cass. pen., Sez. III, sent. n. 33587 del 19/06/2012, dep. 31/08/2012, Rv. 253135; S. Servidio, Rateazione dell'omesso versamento IVA e sequestro per equivalente, in Boll. Trib. Inf., 2012, 20, p. 1488 ss.

[39] Cass. pen., Sez. VI, sent. n. 18799 del 6/12/2012, dep. 29/04/2013, Rv. 255164; Sez. VI, Sentenza n. 21192 del 25/01/2013, dep. 17/05/2013, Rv. 255367.

[40] Cass. pen., Sez. III, sent. n. 1256 del 19/09/2012, dep. 10/01/2013, Rv. 254796; Sez. III, sent. n.  n. 25774 del 14/06/2012, dep.  4/07/2012, Rv. 253062; A. Trucano, Sulla confisca dell'equivalente in caso di reato tributario commesso nell'interesse o vantaggio di una società per azioni, in Giur. it., 2013, 6, pp. 1379 ss.; P. Corso, Reati tributari e persone giuridiche: ancora un forte richiamo al principio di legalità, in Corr. trib., 2013, 8, p. 619 ss.; I. Caraccioli, Reati tributari contestati a dirigenti di istituto bancario ed inapplicabilità della confisca per equivalente, in Riv. Dir. Trib. 2012, 12, 3, p. 349 ss.; A. Vannini, La confisca per equivalente nella sistematica sulla responsabilità amministrativa degli enti, in Riv. Giur. Trib., 2012, 11, p. 854 ss.

[41] Cass. pen., Sez. III, sent. n. 24851 del 2/5/2013, dep. 6/06/2013.

[42] Cass. pen., Sez. III, sent. n. 11969 del 24/02/2011, dep. 24/03/2011, Rv. 249760; Sez. U, Sentenza n. 18374 del 31/01/2013, dep. 23/04/2013; C. Santoriello, Reati transnazionali, confisca per equivalente ed illeciti fiscali in una decisione della Corte di cassazione, in Riv. Dir. Trib., 2011, 7-8, p. 106 ss.

[43] Cass. pen., Sez. III, sent. n. 15349 del 23/10/2012, dep. 3/04/2013, Rv. 254739.

[44] Cass. pen., Sez. III, sent. n. 38740 del 9/05/2012, dep. 4/10/2012, Rv. 254795.


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