PenaleImpresa
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 24/10/2013 Scarica PDF
La responsabilità penale del notaio segretario verbalizzante di assemblea societaria
Alfonso Laudonia, Avvocato in AvellinoSommario: §1. Premessa. La natura giuridica del notaio e le sue funzioni; §2. La funzione del notaio segretario verbalizzante nell’ambiato di un’assemblea societaria; §3. Conclusioni.
§1. Premessa. La natura giuridica del notaio e le sue funzioni
Preliminare appare opportuno affrontare la delicata quaestio relativa alla natura giuridica del notaio: pubblico ufficiale oppure libero professionista.
Sul punto è utile ricordare coma l’art. 1 della legge 16 febbraio 1913 definisce il notaio[1] come «pubblico ufficiale, istituito per ricevere gli atti tra vivi e di ultima volontà, attribuire loro pubblica fede, conservare il deposito, rilasciare copie, i certificati e gli estratti»[2]. Lo stesso articolo ai commi successivi enumera ulteriori facoltà[3] concesse al notaio, rinviando, infine, in modo generico, alle altre attribuzioni deferite ai notai dalle leggi. E’ evidente, come il legislatore con tale definizione ha posto in risalto l’aspetto pubblicistico della funzione, ma non ha riservato la stessa attenzione al profilo privatistico[4]. Accanto alla funzione pubblicistica vi è, infatti, anche la libera professionalità del notaio[5], che deriva, da un lato, dalla mancanza delle qualità di impiegato dello Stato, dall’altro, dalla presenza nei modi di essere tipici della libera professione, quali la mancanza di clientela fissa, la possibilità della concorrenza, il carico delle spese di ufficio, il diritto di trarre il corrispettivo direttamente ed esclusivamente dal cliente, l’assunzione di responsabilità civile per colpa o dolo nell’esercizio della funzione, la possibilità di svolgere altre attività, non tutte collegate al ricevimento di atti tipici[6].
Per quanto riguarda la nozione di pubblico ufficiale è agevole ricordare come la definizione normativa è contenuta nell’ art. 357 c.p.[7]. In relazione alla pubblica fede, questa conferisce all’atto pubblico - per il combinato disposto degli artt. 2670 c.c. e 221 e ss. c.p.c. - una particolare forza probante, sicché esso fa piena prova - sino a querela di falso - sia della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che l’ha formato, sia delle dichiarazioni delle parti, sia degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti. Autorevole dottrina[8], stante il gap legislativo, ha ricondotto l’attività di libero professionista del notaio in quella del contratto d’opera intellettuale (artt. 2229 e ss. c.c.), pur sottolineando l’esigenza di una (ri)definizione legislativa. Tale necessità emerge anche dall’impossibilità di addivenire alla prevalenza di una funzione rispetto all’altra[9], ed infatti, l’oggetto della funzione notarile ben potrebbe sussistere senza la facoltà di attribuire agli atti la pubblica fede. E’ anche vero, però, che alla luce del dato normativo il notaio ha il potere-dovere di effettuare tale attribuzione in qualità di pubblico ufficiale, e, pertanto, qualsiasi disquisizione sulla prevalenza o meno di quest’ultimo carattere rischia di non avere alcuna rilevanza pratica.
In conclusione, quindi, nella figura del notaio coesistono il pubblico ufficiale ed il libero professionista[10] e, pertanto, nel nostro ordinamento il notariato è, ad un tempo, una professione libera ed un pubblico ufficio[11].
Da quanto detto è di intuibile evidenza la difficoltà di dare una definizione della funzione notarile[12] volta a ridurre ad unità i suoi molteplici aspetti, legati alla complessità e variabilità della funzione stessa che - come visto - assorbe concetti pubblicistici e privatistici.
Ed, infatti, le definizioni proposte rivelano il disagio di caratterizzare compiutamente tale funzione, sia in rapporto al soggetto che ne è investito, sia in relazione al risultato della sua attività[13], tanto da farla apparire come vero e proprio “mistero”[14].
Sotto il profilo del soggetto investito si avverte l’inadeguatezza della formula dell’art. 1 l. 89/1913, come di quella approvata dal Primo Congresso Internazionale del notariato latino (Buenos Aires, 1948, Risoluzione IV), secondo la quale «il notaio è un tecnico del diritto, incaricato di una funzione pubblica, consistente nel ricevere ed interpretare la volontà delle parti, darvi una forma legale, redigere le scritture idonee a tal fine, conferire autorità alle stesse»[15]. Anche le altre definizioni adottate in sede internazionale appaiono insufficienti a dare una rappresentazione unitaria della funzione, poiché di volta in volta accentuano solo ad uno degli aspetti funzionali del notaio[16].
Sotto il profilo dell’esame della funzione in relazione al risultato del suo ministero, la definizione di cui all’art. 1 della legge sull’ordinamento notarile ha dato vita a due diversi orientamenti dottrinali. Per un primo[17] bisognerebbe distinguere tra attribuzioni principali e accessorie, inquadrando la funzione del notaio in schemi fissi anche al fine di contenere la responsabilità, arrivando a dividere gli atti notarili in varie categorie[18]. A tale teoria si è, però, obiettato che la distinzione tra atti notarili principali e altre categorie di atti pur sempre notarili appare priva di fondamento[19]. Ed infatti, il notaio opera in circostanze così varie che non è possibile costringere l’attività in schemi predeterminati, che, inevitabilmente, fungendo da confine alla sua attività, gli impedirebbero di giovarsi di quanto necessario per la migliore esplicazione della sua attività.
Secondo un altro orientamento[20] nell’atto notarile esisterebbe un quid che sfugge a una precisa determinazione. Tale quid potrebbe essere individuato in quella particolare attività di assistenza giuridica ai privati nella regolamentazione dei propri interessi. Ciò porta a distinguere il potere certificante dalla prestazione «sostanziale» del notaio[21], ovvero un giudizio volto alla sistematizzazione nella sfera del diritto, degli interessi dei privati che richiedono la sua opera.
Da qui l’accostamento della funzione notarile alla figura del giudice[22], con il quale il notaio ha in comune l’imparzialità che gli conferisce carattere di naturale arbitratore, il fine di dare adeguata protezione ad interessi di persone che abbiano bisogno di assistenza, e dal quale il primo si differenzierebbe per il carattere preliminare, preventivo o antiprocessuale della sua attività.
Per tale orientamento «il contenuto essenziale della funzione del notaio consiste nell’attività di assistenza, di natura giuridica degli interessi dei privati, avente per fine precipuo la realizzazione di scopi pratici ai quali mira la volontà espressa al notaio e nella quale assume notevole rilievo la redazione formale dell’atto pubblico»[23]. Ancora una volta, però, affiora la netta separazione tra due diverse funzioni, ovvero quella di certificazione e quella di adeguamento[24].
La funzione di certificazione consiste nell’attribuzione della pubblica fede, è esercitata in nome e per conto dello Stato, alla quale appartiene, e viene delegata dal Capo dello Stato al notaio, che, non a caso, chiude la sua prestazione con l’apposizione del sigillo contenente - oltre il suo nome - lo stemma della Repubblica. In tale funzione il notaio assume la veste di testimonio privilegiato[25]. Con la funzione di certificazione un’attività di diritto pubblico viene affidata a persone estranee alla pubblica amministrazione, che assumono, quindi, una posizione particolare[26], definita come «esercizio privato di pubbliche attività»[27].
Per quanto, invece, concerne la funzione di adeguamento[28], questa consiste nell’adattamento della norma alle esigenze della realtà sociale. Tale funzione comporta una serie di poteri-doveri in capo al notaio: indagare personalmente la volontà delle parti, fornire alle parti l’atto più idoneo e più economico per il raggiungimento del fine voluto; rapportare costantemente la volontà delle parti, e l’atto loro fornito, alla legge, al buon costume e all’ordine pubblico. L’adeguamento è una caratteristica propria del notaio latino e consentirebbe allo stesso di operare sulla norma anche concorrendo alla formazione del diritto[29].
Al notaio come “creatore dello strumento negoziale”[30] sono stati attribuiti compiti di sempre maggiore controllo del rispetto di norme di legge, tanto da farlo apparire titolare «di un potere di legalità se non di meritevolezza delle esplicazioni di quella autonomia privata che va trasformandosi in attività amministrativa»[31], anche se tale potere non può mai spingersi fino a negare il proprio ministero o a prestarlo in maniera difforme da quello previsto dalla legge vigente, fin quando questa non sia dichiarata incostituzionale; ed infatti, il notaio non può ricevere gli atti solo se «espressamente» proibiti dalla legge o «manifestamente» contrari al buon costume o all’ordine pubblico (art. 28 l. 89/13).
In definitiva, per quanto ampia possa essere la funzione del notaio sotto il profilo sociale, essa non può avere confini più vasti di quelli che il legislatore ha previsto e stabilito.
§2. La funzione del notaio segretario verbalizzante nell’ambiato di un’assemblea societaria
Per comprendere la funzione del notaio verbalizzante delle delibere straordinarie in un’assemblea societaria è opportuno distinguere tale attività da quella di rogazione degli atti[32].
Ed infatti, nella redazione del verbale assembleare il notaio non formalizza l’atto, ma assiste, compiendo una mera attività di documentazione, come testimone qualificato.
In sostanza, la delibera assembleare si forma a prescindere dal contributo del professionista, il quale mediante la verbalizzazione non fa che prendere atto, a posteriori, dell’esistenza della stessa[33].
In tale ottica, inoltre, il notaio verbalizzante non autentica le firme dei presenti all’assemblea, a differenza di quanto accade nei rogiti o nelle scritture private autenticate.
Sul piano penalistico, la verifica del ruolo del notaio all’interno dell’assemblea - quante volte le false dichiarazioni transitino sic et simpliciter nel verbale notarile, e stante l’indiscutibile natura di atto pubblico di esso[34] - si traduce nell’alternativa tra la configurabilità del reato di falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atti pubblici (art. 479 c.p.) ovvero del reato di cui all’art. 483 c.p. (falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico).[35]
All’uopo occorre ricordare come la dottrina formatasi sul tema appare orientata in favore della prima tesi: al notaio va riconosciuto un autonomo potere-dovere di accertamento del fatto, anche in contrasto con le dichiarazioni presidenziali[36]. Tale soluzione deriverebbe dalla funzione del verbalizzante notarile circa lo svolgimento della seduta assembleare: se il notaio fosse tenuto semplicemente a riportare le dichiarazioni del presidente, la scelta legale del suo intervento - in luogo del segretario - nel caso di assemblea straordinaria risulterebbe priva di logica, giacché «al cambiamento formale dell’autore del verbale non si affiancherebbe alcuna utilità effettiva, perché l’autore sostanziale attraverso le sue supposte dichiarazioni vincolanti rimarrebbe il presidente»[37].
Ovviamente la questione ha motivo di porsi solo in rapporto alle dichiarazioni che abbiano ad oggetto fatti accaduti in assemblea, e come tali direttamente percepibili dal verbalizzante, non potendosi ovviamente pretendere che il notaio sia tenuto a svolgere un sindacato sulla veridicità di avvenimenti extrassembleari, verificatisi fuori dalla sua immediata sfera di percezione sensoriale[38]. Esula dal controllo notarile, restando affidato in via esclusiva al presidente, l’accertamento della regolare convocazione e costituzione dell’assemblea, trattandosi di verifica che in parte verte su accadimenti anteriori alla seduta[39]. Secondo tale impostazione, il fatto del notaio che, nel verbale di assemblea di una società cooperativa, recependo le indicazioni del presidente, attesti falsamente che la proposta di chiudere l'assemblea è stata approvata all'unanimità, integra il delitto di cui all'art. 479 c.p., e non quello di cui all'art. 483 c.p., dovendosi escludere che il verbale previsto dall'art. 2375 comma 1 c.c., specie se redatto da un notaio, possa consistere solo in una registrazione delle dichiarazioni del presidente, senza alcuna descrizione dei fatti oggettivi, inerenti l'attività del consesso, cui tali dichiarazioni afferiscano e che cadano sotto l'immediata percezione del verbalizzante[40].
E’ da evidenziare come più recentemente, la giurisprudenza[41] ha circoscritto maggiormente i poteri del notaio verbalizzante, e, di conseguenza, la sua responsabilità penale. Attraverso una lettura sistematica delle norme del codice civile, si è affermato che il notaio «non assume poteri accertatori e controllori autonomi limitandosi a verbalizzare ossia a riportare in verbale quanto rilevato, osservato e riferito dal Presidente. Il tutto ad eccezione del caso in cui quanto dichiarato sia palesemente falso» e, quindi, «la falsità di quanto riportato in un verbale di assemblea straordinaria di una società redatta da un notaio, non integra il delitto di falso ideologico in atto pubblico, bensì quello di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico». La funzione del notaio, intervenuto all'assemblea straordinaria di una società di capitali o cooperativa, sarebbe essenzialmente quella di certificare le attività avvenute in sua presenza e non quella di verificare la legittimazione o l’identificazione degli intervenuti nell'assemblea[42]. Tale soluzione appare in linea con le norme del codice civile, ma anche con la natura giuridica del verbale di assemblea[43]. Questo, infatti, per le sue caratteristiche si pone come atto sui generis rispetto agli atti tipici notarili[44]. I verbali di assemblea di società di capitali possono ritenersi facenti parte della categoria degli atti non negoziali, appartenenti alla particolare categoria degli atti di scienza, precisamente a quella degli atti pubblici di constatazione, posti in essere nell’interesse pubblico o privato.
Sul punto si deve ricordare anche come «il verbale notarile d’assemblea della società per azioni non è qualificato, nel nostro sistema normativo, da contenuto negoziale, presentandosi come un semplice mezzo di documentazione della riunione dei soci in assemblea e dell’attività in essa svolta»[45]. Pertanto, viste le differenze tra i requisiti formali di detto verbale e gli elementi che la legge notarile richiede, «il verbale notarile delle deliberazioni dell’assemblea dei soci non è un atto notarile tipico, ma un atto informato ad una propria disciplina derogativa, secondo la previsione dell’art. 60 della stessa legge notarile», ed «è inutile perciò fare riferimento a questa legge per stabilire i requisiti formali che deve presentare il verbale notarile richiesto dall’art. 2375, c.c.»[46].
La peculiarità di tale atto si rileva anche dal fatto che «il verbale di assemblea di società redatto dal notaio presenta una struttura sostanzialmente diversa dall'atto notarile pubblico, con conseguente inapplicabilità degli art. 51 n. 10 e 53 l.n.»[47].
In sede assembleare[48], quindi, il notaio non è dominus negotii, ma attestatore di quanto accaduto. Inevitabilmente tutto ciò si riverbera sulla sua responsabilità; ed infatti, a tale soggetto, potrà essere addebitato il delitto di falsità ideologica in atto pubblico solo qualora non abbia fedelmente riportato quanto a lui dichiarato dal presidente[49] sulla convocazione e costituzione dell’assemblea, ovvero qualora abbia reale conoscenza di irregolarità, che si verifichino in sua presenza e rilevabili ictu oculi, o della falsità delle attestazioni del presidente, avendo il dovere di rifiutare il suo ministero in caso di risultati palesemente contrari alla veridicità. In altre parole, mentre «nell’atto pubblico (negoziale) il notaio traduce in linguaggio giuridico quello che i contraenti stipulano[,] nel verbale assembleare il notaio non è più traduttore, ma fotografo»[50] e «l’autonomia del verbalizzante, sia esso il segretario o il notaio, attiene solo al riferimento descrittivo dell’attività dell’assemblea, quale risulta dalle dichiarazioni del presidente, che è appunto l’organo a mezzo del quale l’assemblea consegue unità e concretezza di espressione comunicativa»[51].
Il notaio nel verbale dà atto che il presidente ha effettuato la verifica di chi è presente, la verifica della maggioranza e delle altre condizioni di validità dell’assemblea, ma non deve documentare la veridicità di tali circostanze, come non è obbligato ad accertare la veridicità delle dichiarazioni che a lui si rendono nella formazione dei comuni atti notarili[52].
Pertanto, il notaio che redige il verbale non ha l’obbligo di accertare l’identità e la legittimazione degli intervenuti nelle forme previste dall’art. 51 della legge 16 febbraio 1913, n. 89, ma deve far risultare dal verbale i fatti essenziali dell’adunanza, i quali devono essere necessariamente constatati e dichiarati dal presidente[53]. L’art. 51 L. 89/13 (relativo alle caratteristiche dell’atto notarile) riguarda unicamente gli atti negoziali e non concerne perciò l’atto pubblico di constatazione, nel quale, tecnicamente, non esistono parti, bensì uno o più richiedenti. Sicché l’obbligo del notaio di individuare nominativamente tutti i soci non può farsi discendere da tale articolo, posto che i singoli soci non sono parti dell’atto, né questo ha natura negoziale[54].
Ed ancora. Dall’analisi dell’art. 2375 c.c. emerge che «le deliberazioni dell'assemblea devono constare da verbale sottoscritto dal presidente e dal segretario o dal notaio», ovvero non si richiede sull’atto la firma dei soci, che sono privi di tale legittimazione[55]. Di conseguenza il notaio non ha alcun obbligo di procedere all’identificazione nominativa di tutti coloro che intervengono in assemblea, visto che questi non devono neppure sottoscrivere il verbale.
Sempre dalla lettura del codice civile, in particolare dall’art. 2371 c.c., emerge che è compito del presidente verificare la regolare costituzione del consesso.
Sembra ovvio, quindi, che la responsabilità e l’attestazione circa l’esame della regolarità della costituzione dell’assemblea, e l’esame della identità e legittimazione degli intervenuti spettino e gravino esclusivamente sul presidente. Ed infatti, ai sensi dell’art. 2371 «L'assemblea è presieduta dalla persona indicata nello statuto o, in mancanza, da quella eletta con il voto della maggioranza dei presenti. Il presidente è assistito da un segretario designato nello stesso modo. Il presidente dell'assemblea verifica la regolarità della costituzione, accerta l'identità e la legittimazione dei presenti, regola il suo svolgimento ed accerta i risultati delle votazioni; degli esiti di tali accertamenti deve essere dato conto nel verbale. L'assistenza del segretario non è necessaria quando il verbale dell'assemblea è redatto da un notaio»[56].
E’ la norma stessa, che, quindi, risolve testualmente il dibattito tra gli interpreti in ordine all’esistenza, in capo al presidente, di un potere preordinato alla verifica della legittimazione degli intervenuti[57]. L’incisività dell’art. 2371 c.c. dimostra, altresì, come il soggetto verbalizzante abbia la facoltà di contestare tali accertamenti, solo se a lui risultanti palesemente infondati.
Sarà, di conseguenza, il presidente dell’assemblea a rispondere del delitto di falso previsto dall’art. 483 c.p.. Come è evidenziato la Corte di Cassazione, il reato di cui all'art. 479 c.p. e quello di cui all'art. 483 c.p. si differenziano tra loro con riguardo alla provenienza dell'attestazione falsa, con la conseguenza che la falsità ideologica di cui all'art. 479 c.p. è ravvisabile soltanto in relazione a ciò che attesta nel documento, per sua iniziativa o per propria scienza, il pubblico funzionario che ne è l'autore, mentre, con riferimento a quanto assevera, per il tramite della documentazione del pubblico ufficiale, il soggetto dichiarante, è configurabile in caso di falsità il reato previsto dall'art. 483 c.p. e, quindi, «il fatto del presidente di un'assemblea straordinaria di un consorzio tra imprese, il quale falsamente dichiari nel processo verbale redatto da un notaio, che sono presenti o rappresentati per delega tutti i consorziati e che l'assemblea è validamente costituita, integra il reato previsto dall'articolo 483 c.p. e non quello di cui all'art. 479, in quanto in tal caso la falsa attestazione attiene esclusivamente al contenuto della dichiarazione resa dal privato al pubblico ufficiale e non all'attività riconducibile a quest'ultimo, senza che peraltro abbia rilievo, una volta accertata la fedele riproduzione di quanto dichiarato, l'omessa indicazione di ulteriori dati circa le modalità di convocazione dell'assemblea e l'individuazione dei presenti»[58].
§3. Conclusione
In definitiva, dalla lettura delle norme del codice civile si evince che in sede assembleare il notaio non è dominus negotii, ma mero attestatore di quanto accaduto in sua presenza, verbalizzante delle dichiarazioni del presidente dell’assemblea. Dal punto di vista penalistico ne discende, quindi, che al notaio potrà essere addebitato il delitto di falsità ideologica in atto pubblico solo qualora non abbia fedelmente riportato quanto a lui dichiarato dal presidente sulla convocazione e costituzione dell’assemblea, ovvero qualora abbia reale conoscenza di irregolarità, che si verifichino in sua presenza e rilevabili ictu oculi, o della falsità delle attestazioni del presidente, avendo il dovere di rifiutare il suo ministero in caso di risultati palesemente contrari alla veridicità.
[1] Va ricordato che nel nostro Paese l’ordinamento del notariato è di tipo latino, modellato sugli schemi di diritto romano e bizantino, divergente dalle nazioni di diritto anglossassone. Le legislazioni sul notariato si distinguono sostanzialmente a seconda che non riconoscano particolare importanza al notariato e all’atto pubblico (Inghilterra, Danimarca, Stati Uniti) ovvero affidino la funzione notarile a taluni magistrati (Svezia), ovvero regolino il notaio come un privato cui lo stato delega il potere certificante (notariato cd. latino). V. diffusamente DI FABIO, voce Notaio (dir. vig.), in Enciclopedia del diritto, vol. XXVIII, Milano, 1999, pp. 568 e ss.. Per un’analisi storica della figura del notaio si v. CLARIZIA, voce Notaio (dir. rom), in Enciclopedia del diritto, vol. XXVII, Milano, 1999, pp. 553 e ss; AMELOTTI, voce Notaio (dir. interm.), in Enciclopedia del diritto, vol. XXVIII, Milano, 1999, pp. 559 e ss. e più in generale, MORELLO, Una professione così antica da sembrare quasi moderna, in Notariato, 1998, p. 105; FALZONE-CANNIZZO, Manuale pratico del notaio, IV ed., Milano, 1998; SANTORO, Notai, storia sociale di una professione in Italia, Bologna, 1998.
[2] Art. 1, Legge 16.02.1913, n. 89, Sull’ordinamento del notariato e degli archivi notarili; v. PROTETTI-DI ZENZO, La legge notarile, IV ed., Milano, 2003; GENOVESE-PETILLO, La professione notarile, in Dir. e giust., 2004 fasc. suppl. 8, p. 593; CAPOZZI, Codice delle leggi notarili, Milano, 2010; DE DONATO, Controllo di legalità e funzione notarile, in Vita not., 2007 fasc. 2, p. 878; TROISI, Dottrina e problemi del notariato argomenti e attualità, in Riv. Notariato, 2010 fasc. 4, p. 881; DI FABIO, Manuale di notariato, II ed., Milano, 2007.
[3] Sottoscrivere e presentare ricorsi relativi agli affari di volontaria giurisdizione, riguardanti le stipulazioni a ciascuno di essi affidate dalle parti; ricevere con giuramento atti di notorietà in materia civile e commerciale; ricevere le dichiarazioni di accettazione di eredità col beneficio dell’inventario di cui nell’art. 955 del Codice civile, nonché gli atti di autorizzazione dei minori al commercio, a mente dell’articolo 9 del Codice di commercio. Tali dichiarazioni ed atti non acquisteranno efficacia se non dal giorno in cui verranno trascritti negli appositi registri all’uopo tenuti nelle cancellerie giudiziarie; procedere, in seguito a delegazione dell’autorità giudiziaria, a) all’apposizione e rimozione dei sigilli nei casi previsti dalle leggi civili e commerciali; b) agli inventari in materia civile e commerciale, ai termini dell’art. 866 del Codice di procedura civile, salvo che il pretore sulla istanza e nell’interesse della parte, non creda di delegare il cancelliere; c) agl’incanti e alle divisioni giudiziali ed a tutte le operazioni all’uopo necessarie; rilasciare i certificati di vita ai pensionati ed agli altri assegnatari dello Stato, giusto l’art. 402 del regolamento sulla contabilità dello Stato 4.05.1885, n. 3074.
[4] DI FABIO, voce Notaio (dir. vig.), cit., p. 567.
[5] Sulla qualità di libero professionista si segnala un ormai risalente disegno di legge del Ministro di Grazia e Giustizia del 19.10.1958, Camera dei deputati, n. 572.
[6] V. LEGA, Le libere professioni nelle leggi e nella giurisprudenza, Milano, 1974, p. 152; ZANELLI, Notariato fra pubblica funzione, libera professione e impresa, in Vita not., 2009 fasc. 1, p. 509; MARMOCCHI, Giustizia e notariato: “publica fides”, ma non solo, in Riv. notariato, 2005, p. 961; ERSOCH, La funzione del notaio dalle origini al duemila, in Vita not., 1998, p. 1177; CELESTE, La funzione pubblica del notaio, in Cons. Stato, 1998, II, p. 1371.
[7] Articolo 357 c.p. - Nozione del pubblico ufficiale: «Agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa. Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi».
[8] LIGUORI G., Evoluzione dei concetti schematici dell’atto notarile: appunti per una moderna tecnica legislativa, in La prassi notarile come strumento di evoluzione del diritto, Roma, 1973, p. 259; LEGA, Le libere professioni nelle leggi, cit., p. 152.
[9] DI FABIO, voce Notaio (dir. vig.), cit., p. 566, l’Autore ricorda come se «l’oggetto della funzione notarile - indagine della volontà delle parti allo scopo di fornire alle medesime lo strumento più idoneo, legalmente ed economicamente, per il raggiungimento di questa volontà - ben potrebbe sussistere senza la facoltà di attribuire a tale strumento la pubblica fede».
[10] DI FABIO, voce Notaio (dir. vig.), cit., p. 568.
[11] ANSELMI, Principi di arte notarile, Roma, 1952, pagg. 23 e ss.; CARBONE S. M., Il notaio tra regole nazionali ed europee: diritto societario e professioni regolamentate alla prova delle libertà comunitarie, in Dir. Un. Eur. 2003, p. 689.
[12] Diffusamente BARATTA, La funzione notarile e le forme di sua estrinsecazione (Consiglio nazionale del notariato), Roma, 1956; ID., Natura giuridica della funzione notarile, in Il notariato nella società moderna e le sue funzioni (Consiglio nazionale del notariato), Palermo, 1966, pp. 195 e ss.; ID., La natura giuridica dell’atto notarile, in Riv. not., 1963, pp. 703 e ss.; LOVATO, Il notaio pubblico ufficiale e libero professionista nei notariati a tipo latino, in La riforma dell’ordinamento del notariato, Milano, 1955, pp. 6 e ss.; CARNELUTTI, La figura giuridica del notaio, in Riv. trim. dir. civ., 1950, pp. 921 e ss.; ID., Diritto o arte notarile?, in Vita not., 1952, pp. 47 e ss.; SATTA, Poesia e verità nella vita del notaio, in Riv. dir. proc., 1955, I, pp. 264 e ss.; D’ORAZIO-FLAVONI, La funzione sociale del notaio, in Scritti giuridici, Roma, II, pp. 865 e ss.; GIACOBBE, La funzione notarile oggi, in Vita not., 1958, pp. 945 e ss.
[13] V. BARATTA, Natura giuridica della funzione notarile, cit., p. 196.
[14] Cfr. SATTA, Poesia e verità nella vita del notaio, cit., p. 264.
[15] DI FABIO, voce Notaio (dir. vig.), cit., p. 569.
[16] LOVATO, Il notaio pubblico ufficiale e libero professionista nei notariati a tipo latino, cit.
[17] SCIELLO, La formazione dell’atto notarile, in La riforma dell’ordinamento del notariato, Milano, 1995, pp. 55 e ss; DI FABIO, voce Notaio (dir. vig), cit., p. 570.
[18] DI FABIO, voce Notaio (dir. vig), cit., p. 570. Tra tali categorie l’Autore ricorda «Atti il cui processo formativo è pienamente conforme allo schema previsto dalla legge per l’atto pubblico notarile, processi verbali o tout court verbali, di assemblee, di constatazione, di divisione giudiziale, di inventari, di incanti; atti di autenticazione delle firme; atti di mera certificazione».
[19] DI FABIO, voce Notaio (dir. vig), cit., p. 570.
[20] v. BARATTA, La natura giuridica dell’atto notarile, cit., p. 703.
[21] DI FABIO, voce Notaio (dir. vig.), cit., p. 570.
[22] CARNELUTTI, La figura del notaio, cit., p. 12.
[23] Cfr. BARATTA, La natura giuridica dell’atto notarile, cit., p. 214.
[24] Così definite per la prima volta da D’ORAZI-FLAVONI, La responsabilità civile nell’esercizio del notariato, in Scritti giuridici, cit., pp. 965 e ss. Tale definizione è ancora valida anche nei confronti di una nuova dimensione funzionale, ravvisata da chi (BUTTITTA, Il Notariato nella società moderna e le sue funzioni, Palermo, 1966, p. 162), ravvisa un compito primario di tutela degli interessi generali della collettività, concretatesi in un intervento diretto sulla volontà delle parti, rivolto ad indirizzarle, al di là e al di sopra dell’interesse privatistico, al soddisfacimento di determinate esigenze pubbliche connesse al rapporto da regolare e che dovrebbe portare ad una sempre maggiore pubblicizzazione della funzione del notaio. È agevole constatare che non siamo di fronte ad una funzione nuova, ma ad una caratterizzazione della funzione di adeguamento.
[25] V. ANSELMI, Principi di arte notarile, cit., p. 12.
[26] DI FABIO, voce Notaio (dir. vig.), cit. p. 571.
[27] Cfr. ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, 1952, Milano, p. 121.
[28] V. D’ORAZIO-FLAVONI, La funzione sociale del notaio, in Scritti giuridici, cit. L’Autore la definisce come «congrua aderenza dell’intento empirico manifestato dalle parti ai paradigmi offerti dall’ordinamento positivo». Per le critiche all’espressione adeguamento v. MOSCATELLO, La legislazione notarile italiana, Palermo, 1901, p. 31, secondo il quale in conseguenza del carattere di pubblico ufficiale del notaio vi è incompatibilità con altri uffici o professioni, la limitazione del numero dei notai, l’obbligo della residenza nei comuni ove essi sono nominati, il giuramento di fedeltà alle leggi della Repubblica, l’obbligo di prestare il proprio ministero.
[29] ANSELMI, Principi di arte notarile, cit; SASTRE, Variaciones sobra la Hipoteca cambiaria, in Estudios juridicos varios. Centenario de la Ley del Notariando, Secciòn Tercera, Madrid, 1964, p. 240 e ss.. L’Autore ricorda come testimonianza di questa funzione è la cambiale ipotecaria che fu creata dalla prassi notarile prima che fosse recepita dal legislatore.
[30] DI FABIO, voce Notaio (dir. vig.), cit., p. 572.
[31] Cfr. WIETHOLTER, Le formule magiche della scienza giuridica, Bari, 1975, p. 85; AA.VV., Il ruolo del notaio nella formazione del regolamento contrattuale, in PERLINGIERI (a cura di), Tavola rotonda tenutasi presso l’Università degli studi di Camerino, Camerino, 1976, p. 54.
[32] Si ricorda che «con riguardo alle società di capitali la distinzione tra assemblea ordinaria e straordinaria non riposa su una mera e astratta qualificazione formale, ma è data dalla previsione di diverse maggioranze per la prima e per la seconda, nonché nella circostanza che solo per quest'ultima il verbale deve essere redatto per atto pubblico. Deriva, da quanto precede, pertanto, che qualora si accerti che una certa delibera (nella specie di azzeramento del capitale sociale e di ricostituzione del medesimo) sia stata adottata con il consenso dei soci che rappresentano la totalità del capitale sociale, è soddisfatto il requisito della maggioranza richiesta per l'assemblea straordinaria. Il vizio, quindi, in una tale ipotesi, si annida nella mancata redazione del verbale da parte di un notaio e la circostanza se vale a rendere annullabile una tale deliberazione, non è idonea a farla ritenere nulla. La nullità delle delibere assembleari, del resto, ricorre esclusivamente nei casi di impossibilità o illiceità dell'oggetto che non ricorrono nella specie», cfr. Cass. civ., Sez. I, n. 8222, in Guida al diritto, 2007, 22, p. 45 (s.m.), Dir. e prat. soc., 2007, 14-15, p. 46 (s.m.) con nota di D'ANDREA.
[33] ALBERTO, Trattato di Diritto dell’Economia, Vol. IV, Torino, 2008
[34] Anche a fronte dell’indicazione dell’art. 2421, n. 3, c.c.
[35] In via generale, in tema di falso documentale, si può ricordare che:
a) è un delitto plurioffensivo, dal momento che protegge non solo il bene della pubblica fede, ma anche lo specifico interesse tutelato dalla particolare destinazione probatoria dell'atto. Quando manca l’idoneità dell’offesa si versa nel c.d. falso inoffensivo, che assume varie qualificazioni: «falso grossolano», in cui si dà rilievo alla totale inidoneità della condotta falsificatoria ad ingannare la pubblica fede, configurando una sorta di reato impossibile ex art. 49 c.p., e «falso innocuo», per cui esiste la falsità, ma essa non sottrae idoneità probatoria all'atto e non ne compromette l'efficacia giuridica;
b) in tema di dolo, non si richiede «l'animus nocendi vel decipiendi», né la consapevolezza del disvalore sociale del fatto o la consapevolezza della offesa dell'interesse protetto, ma la consapevolezza e volontà della c.d. immutatio veri. Per la sussistenza del reato deve esservi la prova rigorosa della consapevolezza e volontà di discostarsi dal vero o di contraffare od alterare l'atto, e che, pertanto, non ricorra una mera colpa o si tratti di falsità che siano oltre e contro le intenzioni del soggetto agente: non esiste, in altri termini, nell'ordinamento, il falso documentale colposo;
c) la falsità documentale può assumere le forme della falsità materiale o della falsità ideologica: l'una evocante un atto non genuino, perché frutto di contraffazione o di alterazione; l'altra, il concetto residuale di atto non veridico o mendace: il documento non è né contraffatto né alterato, e proviene dal suo autore apparente, ma attesta circostanze fattuali non veritiere;
d) la falsità (materiale o ideologica) può investire varie tipologie di atti o documenti, e cioè l'atto pubblico, il certificato o l'autorizzazione amministrativa, l'attestato del contenuto di atti (oltre la copia autentica di un atto sia pubblico che privato), lo stesso certificato rilevante ex art. 481 c.p.; l’atto pubblico si differenzia dal certificato per la sua maggiore pregnanza probatoria, e, mentre il primo documenta attività direttamente svolte o percepite dal p.u., il secondo riferisce elementi fattuali desunti da altra fonte - anche documentale - e non acquisiti direttamente dal p.u. in vista della attestazione. Da ricordare come la nozione penalistica di atto pubblico è assai lata, e ricomprende anche la categoria di atti cd. costitutivi di diritti, a natura formalmente derivativa, ma sostanzialmente originaria. Nella generale categoria dell'atto pubblico, inoltre, si collocano (configurando aggravante) gli atti pubblici cd. di fede privilegiata, espressione di una speciale potestà certificativa che dà all'atto certezza legale, eliminabile solo con l'accoglimento della querela di falso o mediante sentenza penale;
e) infine, è da ricordare come il falso documentale avente ad oggetto la sottoscrizione di un documento non è mai scriminato dall'eventuale consenso del soggetto legittimato, attesa l’indisponibilità del bene della fede pubblica. Più specificatamente non è configurabile il falso ideologico negli atti a contenuto dispositivo o negoziale come anche negli atti che contengano manifestazioni di giudizio o valutazioni. Vi sono, però, delle situazioni in cui può comunque parlarsi di falsità ideologica in atti espressivi di volontà o di giudizio: ad esempio, in relazione alle premesse descrittive in punto di fatto del documento, ossia in relazione alla parte cd. narrativa dello stesso, che può essere una premessa esplicitata o anche rimasta implicita; ancora, quando il giudizio venga attinto senza il doveroso rispetto del protocollo di accertamento normativamente (da norma extrapenale) stabilito o fissato da una prassi riconosciuta, perché in tal caso oggetto dell'attestazione non è il giudizio finale espresso, ossia il risultato della indagine, ma il fatto che l'indagine sia stata svolta secondo un protocollo o una prassi prederminati dalla norma o generalmente riconosciuta. La seconda situazione si ha quando l'enunciato valutativo contraddica un principio scientifico o anche una massima di generalizzata esperienza assolutamente indiscussi.
Ancora. Questione dibattuta è la possibilità di sussistenza del falso ideologico mediante omissione. La giurisprudenza (v. Cass. pen., Sez. V, 12.12.2000, n. 3848, in Ced Cassazione, 2001) è favorevole a tale possibilità ogni volta in cui l'incompletezza della attestazione faccia assumere all'omissione della informazione il significato della negazione della esistenza del fatto pretermesso; ovvero, più in generale, quando, non trattandosi di fatti marginali o irrilevanti nell'economia e nel significato giuridico dell'atto, vengano omessi riferimenti significativi in modo che ne risulti alterata la finalità probatoria propria dell'atto, ossia incidendo sulla sua destinazione probatoria. Altra questione rilevante è quella del falso ideologico indotto in atto pubblico (art. 48, 479 c.p.), relativo a quelle situazioni in cui il soggetto pubblico sia spinto ad attestare circostanze non veritiere in conseguenza della dichiarazione mendace che il soggetto privato gli ha prodotto. In questo caso, del falso in documento pubblico commesso dal p.u., risponde - ex art. 48 c.p. - il soggetto autore dell'inganno. In giurisprudenza sul punto si registra la presenza di due orientamenti: secondo il primo (Cass. pen., SS.UU., 24.02.1995, n. 1827, in Cass. pen., 1995, p. 1816), del falso consumato dal p.u. nell'atto pubblico risponde il soggetto privato autore dell'inganno, ogni volta in cui il p.u. abbia impiegato - a mo’ di premessa del proprio provvedimento - la falsa attestazione del privato; secondo un secondo orientamento (Cass. pen., Sez. V, 26.10.2001, Perfetto, in Rv 220001), non basta il mero richiamo della attestazione mendace del privato nell’atto pubblico perché si configuri la violazione degli artt. 48, 479 c.p., in quanto in tal caso il p.u. si limita a prendere atto, sia pure per impiegarla, di una attestazione altrui che il p.u. stesso non fa, però, propria, anche se la pone a base del provvedimento che adotta. Ai sensi degli artt. 48, 479 c.p., occorre che l'atto pubblico finale sia affetto da falsità ideologica, ovvero occorre che in esso lo stesso p.u. compia una attestazione falsa, distinta, propria ed autonoma, sia pure sulla base di quella ricevuta dal privato: se manca questa autonoma attestazione (o accertamento) del p.u., non si è nella previsione degli artt. 48-479 c.p., ma nell'ambito applicativo dell'art. 483 c.p. (sempre che si tratti di atto attestativo del privato relativo a fatti di cui lo stesso debba provare la verità).
Più recentemente le Sezioni Unite (Cass. pen. SS.UU., 24.09.2007, n. 35488, in Riv. pen., 2007, 11, p. 1098) hanno risolto il contrasto giurisprudenziale, condividendo l’ipotesi più gravatoria, secondo cui ogni qualvolta il soggetto pubblico adotti un provvedimento in cui dia atto, in premessa, dell'esistenza delle condizioni richieste per la sua adozione, desunte da atti o da attestazioni non veri prodotti dal privato, si è in presenza di un falso del p.u. di cui risponde il privato ex art. 48 c.p.
Per quanto riguarda i delitti di falso commessi dal notaio in qualità di p.u., particolarmente complesso è il tema dell'autentica di firma (falsamente apposta). In materia la legge notarile (art. 49 l. n. 89 del 1913) prevedeva originariamente che il notaio attestasse l'identità di una persona per effetto della conoscenza personale della stessa, sicché la certificazione riguardava direttamente l'identità personale del soggetto comparso davanti a lui. In seguito, la l. n. 333 del 1976, modificando la precedente disciplina, ha stabilito che «il notaio deve essere certo della identità personale delle parti e può raggiungere tale certezza, anche al momento dell'attestazione, valutando tutti gli elementi atti a formare il suo convincimento», stabilendo altresì che «in caso contrario il notaio può avvalersi di due fidefacienti da lui conosciuti, che possono essere anche i testimoni». Oggetto dell'attestazione, più che l’identità della persona, è la «certezza» acquisita dal notaio. La legge, quindi, richiede che il notaio certifichi di aver raggiunto in proposito una propria personale «certezza». Nella situazione in cui la identificazione operata dal notaio avvenga sulla base del solo controllo del documento di identità e questo, poi, risulti falsificato, la giurisprudenza maggioritaria (Cass. pen., Sez. V, 20.06.1979, De Filippo, in Cass. pen., 1981, p. 33; Cass. pen., Sez. V, 6.07.1981, Esposito, in Cass. pen., 1982, p. 1972) configura una responsabilità del notaio per falso ideologico in atto pubblico, in cui l'elemento del dolo consiste nella consapevolezza del notaio di attestare - contrariamente al vero - di essere certo dell'identità della parte, mentre tale certezza non aveva assolutamente.
[36] Tra gli altri v. FERRARA, Il verbale di assemblea delle società per azioni, in Riv. soc., 1957, p. 52; MISEROCCHI, Il problema della documentazione dell’adunanza e delle deliberazioni assembleari, in AA.VV., La verbalizzazione delle deliberazioni assembleari, Milano, 1982, p. 40; RESCIO, Problemi attuali in tema di verbale assembleare per atto pubblico, in Giur. comm., 1990, I, pp. 857 e ss.; SERPI, Il ruolo del notaio nella verbalizzazione delle assemblee, ivi, 1982, I, p. 780; SERRA, L’assemblea: procedimento, in Trattato delle società per azioni, in COLOMBO-PORTALE (diretto da), Assemblea, vol. III, t. I, Torino, 1994, p. 1888, nota 12; TONDO, Verbalizzazioni notarili in materia di assemblee societarie, in Riv. not., 1987, I, p. 464.
[37] RESCIO, Problemi attuali in tema di verbale assembleare per atto pubblico, cit., p. 859.
[38] NAPOLEONI, In tema di falsità ideologica in verbale di assemblea di società cooperativa, osservaz. a Cass. pen., Sez. V, 30.10.1995, in Cass. pen., 1996, p. 2572; RAMPIONI, Falsità in atti ed attestazione notarile di certezza dell’identità personale dei comparenti, nota a Cass., Sez. V, 1.04.1981, in Cass. pen., 1981, p. 1785.
[39] RESCIO, Problemi attuali in tema di verbale assembleare per atto pubblico, cit., p. 866; Cass. civ., 30.10.1970, n. 2263, in Giust. civ., 1970, I, p. 1725.
[40] Cass. Cass. pen., Sez. V, 30.10.1995, n. 147, in Cass. pen., 1996, II, p. 2567 con nota di NAPOLEONI.
[41] Trib. di Salerno, sez. G.I.P., 30.12.2012, n. 618, in Notariato, 2, Milano, 2013, pp. 167 con nota di LAUDONIA.
[42] Cass. civ., Sez. III, 17.05.2010, in Giust. civ. Mass., 2010, 5, p. 757. La Suprema Corte ha ribadito un principio espresso da Cass. 30.10.1970 n. 2263, secondo cui il compito del notaio verbalizzante è essenzialmente quello di certificare le attività avvenute in sua presenza (operazioni di voto, esito delle stesse, maggioranze, ecc.) e non quella di verificare la legittimazione degli intervenuti nell'assemblea stessa (funzione, quest'ultima, spettante agli organi amministrativi, quali il presidente del consiglio di amministrazione o l'amministratore); Cfr. Cass. SS. UU, 22.11.1984, n. 6003, in Giust. civ. Mass., 1984, fasc. 11.
[43] Cfr. MARULLI, Analiticità o sinteticità del verbale di assemblea? Un'annosa questione, nota a sent. Trib. Napoli 6.12.1995, Morelli, in Società, 1996, I, p. 469; GERBO, Ancora in tema di analiticità o di sinteticità del verbale assembleare di società di capitali, nota a sent. App. Roma 30.08.1996, in Riv. Notariato, 1996, I, p. 1531, ATLANTE, Ancora per una riflessione sull'art. 2375 c.c. comma 3, in Riv. Notariato, 2005, p. 107.
[44] FERRARA jr., Il verbale di assemblea delle società per azioni, cit., p. 54. L’Autore evidenzia la peculiare funzione di documentazione dell’attività assembleare che esso svolge, qualifica il verbale notarile come «atto notarile atipico»; TRINCHILLO, Verbale di assemblea e funzione notarile, in Atti del Convegno CNN Riforma del diritto societario. Riflessioni del notariato, 2, Milano, 2004, p. 131; v. Cass., 4.11.1997, n. 10799, in GC, 1998, I, p. 1369 (relativa, al testo della 1. not. anteriore alla novella di cui alla 1. 28.11.2005, n. 246) secondo cui il verbale assembleare, pur non rientrando tra i casi per i quali la legge impone la presenza dei testimoni, è soggetto alla disciplina dettata dall’art. 48, l. 16.02.1913, n. 89, che ne prescrive comunque l’intervento, disponendo che se ne faccia menzione in apertura dell’atto, qualora anche una sola delle parti non sappia o non possa leggere e scrivere ovvero una parte o il notaio lo richieda; contra Trib. Messina, 22.04.2005, in DPS, 2005, 21, p. 66 secondo cui il verbale assembleare è incompatibile con la forma rappresentata dalla presenza dei testimoni, poiché non èpossibile individuare un momento in cui il notaio debba dare lettura del verbale.
[45] V. Cass. civ., 30.10.1970, n. 2263, in Riv. not., 1971, p. 101.
[46] V. Cass. civ., 30.10.1970, n. 2263, cit.; App. Napoli, 12.3.1970, in Riv. not., 1972, 315; Trib. Cremona, 27.10.1975, in Vita not., 1978, 710; App. Milano, 18.3.181, in Vita not., 1982, 359; App. Roma, 4.12.1993, in Riv. not., 1993, 1285;App. Roma, decr., 26.7.1985, App. Milano, decr., 30.5.1985; Trib. Busto Arsizio, decr., 213.1984, in Foro it., 1986, 1048; Trib. Messina, 22.4.2005, in Dir. e prat. delle soc., 2005, n. 21, 66; Trib. Firenze, 20.1.1972, in Riv. not., 1973, p. 523; App. Napoli, 24.3.1973, in Dir. e giur., 1975, p. 459.
[47] Cfr. App. Milano, 18.03.1981, in Vita not., 1981, p. 359.
[48] DALMARTELLO, Le deliberazioni e il verbale di assemblea di società per azioni, in RS, 1976, p. 723; LAURINI, Verbale sintetico o analitico?, in BBTC, 1974, 11, p. 280; MISEROCCHI, La verbalizzazione nelle società per azioni, Torino,1969, p. 144. La funzione del verbale, ispirata a finalità accertative, informative e di controllo, è dunque quella di documentare non soltanto le deliberazioni adottate dall’organo, ma l’intero iter procedimentale di cui la delibera costituisce l’epilogo, cfr. PACIELLO, Il verbale di assemblea redatto da notaio, in RN, 1987, III, p. 1275; BUONOCORE (a cura di), La riforma del diritto societario,Torino,2003, p. 56. La nuova disciplina prevede una forma di analiticità attenuata, nel senso che alcuni elementi necessari alla ricostruzione del procedimento deliberativo possono risultare anche dagli allegati al verbale stesso. In tal senso GUERRERA, in ABBADESSA-PORTALE (a cura di), Il nuovo diritto delle società, Torino, 2006, p. 119, secondo cui il contenuto essenziale del verbale comprende la data dell’assemblea, le modalità ed il risultato della votazione, l’oggetto della deliberazione, la sottoscrizione del segretario e del presidente; non figurano, invece, tra gli elementi indefettibili il luogo della riunione e le generalità dei sottoscrittori. La norma in esame espressamente consente, invece, l’indicazione in allegato dei partecipanti, del capitale da ciascuno rappresentato, nonché del voto favorevole o contrario; o dell’astensione, di ognuno rispetto alle proposte di deliberazione. È dubbio se, oltre a quelli previsti, altri elementi del verbale possano essere affidati agli allegati. Va, tuttavia, evidenziato che la trasposizione in allegato del contenuto indefettibile del verbale potrebbe tutt’al più rilevare quale mera irregolarità della delibera, posto che l’art. 2377, comma 5, esclude l’annullabilità della deliberazione quando l’incompletezza o l’inesattezza del verbale non ne comprometta la funzione accertativa del contenuto, degli effetti e della validità della deliberazione.
[49] Cfr. Cass. Pen., Sez. V, 4.10.1989, in Cass. pen., 1990, m.1179, p. 1482.
[50] V. GUASTI, nota a Trib. Milano, 22.01.1948, in Riv.not., 1948, III, 177.
[51] SERPI, Il ruolo del notaio nella verbalizzazione dell’assemblea, in Giur. Comm., 1982, II, p. 393; BRASCIO, Il notaio e le responsabilità della verbalizzazione, nota a Cass., sez. I, 20.06.2000 n. 8370, in Riv. Notariato, 2001, p. 511.
[52] V. App. Brescia, decr., 24.01.1962, in Foro it., 1955, p. 597.
[53] V. Trib. Trieste, decr., 6.06.1975, in Riv. Not., 1976, 1042; App. Palermo, 23.03.1955, in Foro it., 1955, p. 597.
[54] V. App. Roma, decr., 13.06.1965, p. 1366.
[55] L’esclusione dei soci dai soggetti legittimati alla sottoscrizione del verbale trova una delle proprie ragioni nell’affrancamento legislativo della figura del presidente dalla qualifica di soggetto “delegato dall’assemblea dei soci “e alla sua equiparazione agli altri organi sociali” compiuto dagli art. 2371 e 2379 c.c., cfr. ALBERTO, Trattato di Diritto dell’Economia, cit., p. 1285.
[56] V. sul punto PESCATORE, La riforma del diritto societario, in BUONOCORE (a cura di), Torino, 2003.
[57] Da ricordare SERRA, L’assemblea: procedimento, in Tr. Colombo- Portale, Torino 1994, III, 1, p. 150 contra FERRI, Le società, in VASSALLI (diretto da), Trattato di diritto civile, X, 3, Torino, 1971.
[58] Cass. pen., Sez. V, 4.10.1989, n. 16308, in Cass. pen., 1990, I, p. 1482; Vita not., 1989, p. 464.; Giust. pen., 1990, II, p. 258.
Scarica Articolo PDF