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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 29/09/2013 Scarica PDF

I requisiti dell'attestatore alla luce della l. 134/12 e della circolare dell'IRDCEC dell'11 febbraio 2013: focus sull'indipendenza

Filippo Salvardi, Dottore Commercialista in Reggio Emilia


SOMMARIO: 1. Le abilitazioni professionali. – 2. L’indipendenza: evoluzione normativa. – 3. I riferimenti normativi attuali. – 4. Il concetto d’indipendenza: profili pratici. – 5. Il cumulo degli incarichi. – 6. Le conseguenze della mancata indipendenza.


     

1. Tenuto conto delle recenti modifiche apportate alla legge fallimentare in tema d’indipendenza richiesta al professionista attestatore ex art. 67 comma 3, lett. d) R.D. 267/42, pare utile dapprima ricordare i requisiti formali attinenti ad abilitazioni professionali per poi soffermarsi sul concetto d’indipendenza introdotto ex lege solo di recente con la conversione del D.L. 83/2012 del 22 giugno 2012 nella L. n. 134/2012 del 7 agosto 2012 ed approfondito dalla Circolare n. 30/IR dell’11 febbraio 2013 emanata dall’IRDCEC. I requisiti oggettivi, individuati per il tramite del combinato disposto degli artt. 28 e 67 c. 3 l. d), prevedono che il professionista debba essere iscritto contemporaneamente al Registro dei Revisori Legali (già Registro Revisori Contabili) e ad uno dei seguenti Ordini professionali: dottori commercialisti, ragionieri, ragionieri commercialisti e avvocati.

Ancorché applicato raramente, l’attestatore può essere anche uno studio professionale associato o società tra professionisti, sempre che tutti i soci abbiano i requisiti professionali previsti per l’assunzione dell’incarico.

Si evidenzia che non possono svolgere il ruolo di attestatore i soggetti previsti al punto c) dell’art. 28, ossia coloro che abbiano svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in società per azioni, dando prova di adeguate capacità imprenditoriali e purché non sia intervenuta nei loro confronti dichiarazione di fallimento. Tale soggetti, infatti, non sono previsti dall’art. 67 c. 3, l. d), richiamato per il concordato preventivo dall’art. 161 e per gli accordi di ristrutturazione dall’art. 182-bis.

Con riguardo poi all’incompatibilità prevista al comma 2 dell’art. 28 L.F. per la figura del curatore fallimentare (coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado del fallito, i creditori di questo e chi ha concorso al dissesto dell’impresa durante i due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, nonché chiunque si trovi in conflitto di interessi con il fallimento), nonostante tale articolo non sia esplicitamente richiamato dall’art. 67 L.F., la maggior parte dei giudici (secondo un’indagine condotta da Uniprof e da Osservatorio sulla Crisi) ritiene applicabili tali cause di incompatibilità anche alla figura dell’attestatore.

Tale interpretazione è coerente con il più generale concetto di indipendenza che, ormai senza ombra di dubbio, deve essere applicato al professionista attestatore.

   

2. Il concetto d’indipendenza, da sempre ritenuto fondamentale da dottrina e giurisprudenza, è stato solo di recente recepito dalla normativa attraverso la L. 134/2012.

La lett. d), comma 3, dell’art. 67 L.F. è stata dunque così modificata: “[…] un professionista indipendente designato dal debitore, iscritto nel registro dei revisori legali ed in possesso dei requisiti previsti dall'art. 28, lettere a) e b) deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano; il professionista è indipendente quando non è legato all’impresa e a coloro che hanno interesse all’operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale tali da comprometterne l’indipendenza di giudizio; in ogni caso, il professionista deve essere in possesso dei requisiti previsti dall’art. 2399[1] del codice civile e non deve, neanche per il tramite di soggetti con i quali è unito in associazione professionale, avere prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore del debitore ovvero partecipato agli organi di amministrazione o di controllo […]”.

Innanzitutto, ancor prima dell’analisi del concetto d’indipendenza, si rileva che l’intento del legislatore di rafforzare l’attendibilità ed obiettività della relazione dell’attestatore recependo ciò che dottrina e giurisprudenza avevano già da tempo affermato, risulta in parte mortificato dalla scelta di lasciare la nomina dell’attestatore di esclusiva pertinenza del debitore.

A che tale nomina fosse di competenza dell’azienda si era, invero, già pervenuti[2] anche prima dell’entrata in vigore del decreto sviluppo; l’attuale modifica della legge fallimentare pare quindi potesse essere l’occasione - sfumata - per la correzione di tale impostazione.

Preso atto del mancato recepimento da parte del legislatore della problematica in esame - questione da sempre dibattuta anche nell'assimilabile settore della revisione contabile[3] - si segnala che taluna dottrina auspicherebbe una svolta verso lidi più sicuri; obiettivo che riterrebbe raggiungibile favorendo una maggiore circolarizzazione delle notizie che attengono agli incarichi e alla sorte dei procedimenti per i quali le attestazioni sono state rilasciate ed agendo così sul rischio reputazionale del professionista[4].

Posto dunque che l’indipendenza non è più una caratteristica dell’attestatore meramente raccomandata da linee guida[5] e dottrina[6] – ancorchè diversi Tribunali accogliessero già da tempo i contenuti di quest’ultime, ad esempio ancora prima del maggio 2011 il Tribunale di Reggio Emilia, G.D. dott. Luciano Varotti, apportando significativa innovazione, richiedeva ai professionisti attestatori la sottoscrizione di una dichiarazione d’indipendenza ai sensi dell’art. 10 D.Lgs. 39/2010[7] - ma è un requisito ex lege, occorre innanzitutto individuarne i riferimenti normativi ed applicativi al fine di esplicitarne il concreto concetto e il relativo riflesso sulla figura del professionista.

   

3. Posto che ad oggi non vi è una normativa che disciplini il concetto di indipendenza ad hoc nell’ambito delle relazioni di attestazione che qui si esaminano, occorre individuare la figura più prossima all’attestatore la cui attività professionale sia dotata di adeguate norme regolatrici per poi applicare quest’ultime per analogia alla problematica in esame.

Tenuto conto che nell’attività del revisore legale si ravvisano molteplici elementi comuni all’attività dell’attestatore, con particolare attenzione alla nomina del professionista da parte del controllato per entrambe le figure, si ritiene che le criticità, specialmente in tema d’indipendenza, che emergono nell’attività normata dal D.Lgs. 39/2010, siano del tutto simili e paragonabili a quelle presenti in ambito di relazioni attestative[8].

In proposito, per altro, vale la pena evidenziare che la giurisprudenza[9] ha riconosciuto esplicitamente il fatto che l’attività dell’esperto è assimilabile a quella dell’incaricato del controllo contabile e più precisamente alle funzioni individuate dalle lett. b) e c) dell’art. 2409-ter c.c. (articolo ora abrogato - e sostituito – dal decreto sulla revisione legale). Entrambe le attività, infatti, si devono articolare in diverse fasi – ispettiva/ricognitiva e valutativa delle regolarità – con una successiva pubblica esplicitazione del giudizio espresso[10].

Con tali premesse si ritiene quindi che al professionista attestatore siano applicabili le medesime norme a cui è sottoposto il revisore legale ed in particolare l’art. 10 D.Lgs. 39/2010 relativo all’indipendenza e all’obiettività di quest’ultimo.

In tal senso si esprimono anche le “Linee-guida per il finanziamento alle imprese in crisi”[11]: “[…] il criterio di indipendenza che meglio si presta al professionista (n.d.r. attestatore) appare essere quello previsto per l’incarico di revisione contabile delle società quotate”. Le Linee Guida proseguono poi con esplicito riferimento all’art. 160 TUF, così come modificato dalla legge 28 dicembre 2005, n. 26211, e dal regolamento emanato ai sensi di questa norma (Regolamento Emittenti, Capo I-bis, Incompatibilità, artt. 149-bis e ss.) che disciplinava le situazioni d’incompatibilità.

Tale articolo, è stato però abrogato dall’art. 40, comma 21, D.Lgs. 39/10 e pertanto ad oggi l’individuazione del perimetro dell’indipendenza è demandata al predetto art. 10 del medesimo decreto di concerto con il principio di revisione n° 100 “Principi sull’indipendenza del revisore”.

 

4. Il principio cardine che, a parere di chi scrive, guida l’articolo in esame e che più in generale è opportuno prendere a riferimento per la verifica dell’indipendenza dell’attestatore è la c.d. “indipendenza in apparenza”. Per indipendenza in apparenza s’intende la condizione in base alla quale un terzo informato, obiettivo e ragionevole, possa riconoscere l’attestatore come indipendente. Tale principio, logico ed efficace, si differenzia dalla c.d. “indipendenza di fatto” con la quale s’intende l’atteggiamento mentale di obiettività del revisore e che non può costituire, per ovvie regioni, requisito sufficiente a garantire la terzietà di giudizio.

Guidati quindi dal principio dell’indipendenza in apparenza ed in ossequio alle disposizioni di cui al riformato art. 67, comma 3, lett. d), occorre allargare il bacino dei soggetti con i quali l’attestatore - e la sua rete[12] - devono rispettare le condizioni di terzietà descritte nell’articolo 10 D.Lgs. 39/10. In particolare la verifica dell’indipendenza non dovrà essere limitata alla società cliente ed alle sue controllate e collegate, bensì dovrà coinvolgere anche tutti i soggetti legati in generale all’impresa e a coloro che hanno interesse nell’operazione di ristrutturazione. A titolo esemplificativo, occorrerà estendere la verifica dell’indipendenza anche ai creditori dell’impresa e a coloro che beneficiano delle esenzioni da revocatoria o da vantaggi in termini di prededucibilità[13]

Alla luce di tali considerazioni preliminari, nelle more dell’emanazione dei provvedimenti attuativi dell’art. 10, comma 12, D.Lgs. 39/10, per calare più nel concreto il concetto d’indipendenza occorre riferirsi al principio di revisione n° 100 ed alle “Linee Guida sul collegio sindacale incaricato della revisione legale dei conti”, emanate dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti[14]. Si segnala che sono state di recente pubblicate (luglio 2012) anche le Norme di comportamento del collegio sindacale di società quotate, in versione in consultazione, anch’esse con indicazioni sull’indipendenza. Tuttavia, in considerazione della specifica analogia tra revisore legale e professionista attestatore, si ritiene corretto attenersi esclusivamente alle prime.

Di seguito si ripercorrono, esplicitandone il significato, i più comuni casi di compromissione dell’indipendenza di cui al comma 3 dell’articolo precedente, integrandoli con le prescrizioni di cui all’art. 2399 c.c.

L’autoriesame è presente quando il soggetto incaricato si trova nella circostanza di dover svolgere attività di controllo su dati o elementi contabili che lui stesso o altri soggetti appartenenti alla  sua stessa rete hanno contribuito a determinare. Tale concetto appare tuttavia, almeno in parte, superato dal requisito più stringente introdotto con il DL Sviluppo secondo il quale è necessario che il professionista attestatore non abbia prestato, negli ultimi cinque anni, attività di lavoro subordinato o autonomo in favore del debitore ovvero partecipato agli organi di amministrazione o di controllo. All’uopo si ritiene utile precisare che la formulazione letterale della norma, conformemente a quanto prospettato da recente dottrina, parrebbe ritenere non indipendente anche il professionista che in passato avesse già attestato altri piani di risanamento o accordi di ristrutturazione dei debiti o piani concordatari del medesimo imprenditore, eventualità questa finora considerata praticabile dalla massima parte dei commentari[15].

L’interesse personale è presente quando il soggetto incaricato si trova in una situazione di conflitto d’interessi che ad un terzo può apparire rilevante per compromettere un corretto svolgimento dell’attività di controllo e i suoi risultati. All’uopo si ritiene opportuno riportare il comma 1, lett. c) dell’art. 2399 c.c.[16] il quale, tra i soggetti che non possono ricoprire la carica di sindaco (leggasi attestatore), ricomprende “coloro che sono legati alla società o alle società da questa controllate o alle società che la controllano o a quelle sottoposte a comune controllo da un rapporto di lavoro o da un rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d'opera retribuita, ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale che ne compromettano l'indipendenza”. Il rapporto di natura patrimoniale non s'identifica necessariamente con un rapporto contrattuale di durata, stipulato fra il professionista e la società, ma ricorre anche in presenza di una pluralità di incarichi formalmente distinti e, tuttavia, tali da configurare uno stabile legame di clientela, ingenerando situazioni in cui il controllore sia direttamente implicato nell'attività sulla quale dovrebbe in seguito esercitare le sue funzioni di controllo[17]. Alla luce del novellato art. 67 L.F. si distinguono quindi due differenti livelli di indipendenza richiesti: uno riferito specificamente alla società alla quale fa capo il piano oggetto dell’attestazione e l’altro riferito alle società da questa controllate o alle società che la controllano o a quelle sottoposte a comune controllo. Il primo livello, particolarmente pervasivo, impone all’attestatore di non aver avuto alcun tipo di rapporto negli ultimi cinque anni nei confronti della società che propone il piano. Si rileva che tale previsione non rappresenta una novità in termini assoluti, infatti, nel settore della revisione contabile, già l'art. 3 del D.P.R. 136/75, norma ora abrogata, prevedeva, come precisato da autorevole dottrina[18], una situazione d'incompatibilità per quel soggetto che avesse avuto rapporti di lavoro autonomo o subordinato con la società oggetto di revisione nel triennio antecedente al conferimento dell'incarico. Diversamente, il secondo livello d’indipendenza, guidato dall’articolo 2399 c.c. e relativo ai soggetti ivi indicati, ha un tenore più blando. Dalla lettura della norma parrebbe, infatti, che l’aver intrattenuto sporadici rapporti nei confronti delle società controllate dal debitore, o che lo controllano o sottoposte a comune controllo - ove ciò non si configuri come uno stabile legame con il cliente e ancorchè tale attività sia avvenuta negli ultimi cinque anni - non comprometta il requisito d’indipendenza.

Il patrocinio legale o attività di consulente tecnico di parte in una controversia sia a favore sia contro la società;

La familiarità di rapporti e la fiducia eccessiva sono presenti quando il professionista è eccessivamente sensibile all’interesse dell’impresa sottoposta a controllo. In particolare l’indipendenza è compromessa quando l’attestatore coincide con una delle seguenti figure[19]: il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado degli amministratori della società, gli amministratori, il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado degli amministratori delle società da questa controllate, delle società che la controllano e di quelle sottoposte a comune controllo. In tali circostanze, infatti, il professionista sarebbe portato a concedere una eccessiva fiducia alla direzione dell’impresa e non svolgerebbe le verifiche con il necessario rigore.

L’intimidazione è presente quando si sviluppano condizionamenti per la particolare influenza del soggetto sottoposto a controllo o in seguito a comportamenti aggressivi o minacciosi nei confronti dell’attestatore[20].

È inoltre opportuno segnalare che, qualora l’attestatore appartenga ad una struttura qualificabile come rete, la valutazione dell’indipendenza è condotta anche in considerazione dell’appartenenza a tale rete. Per la definizione della stessa si rinvia alla precedente nota n° 14 precisando che il CNDCEC[21] ritiene che siano escluse dal concetto di rete le strutture nelle quali sussista la mera ripartizione dei costi, non vi sia cooperazione nello svolgimento dell’attività professionale e non sia presente, direttamente o indirettamente, nessuno degli altri requisiti qualificanti la rete.

All’attestatore è inoltre richiesto di documentare le procedure poste in essere al fine di salvaguardare l’indipendenza. In particolare, ai sensi dei commi 5, 6 e 7 dell’art. 10 D.Lgs. 39/10, così per come interpretati dal CNDCEC[22], occorre documentare:

- che sono state acquisite informazioni in relazione ai rapporti ed alle relazioni ritenute rilevanti

- che di tali questioni è stata data comunicazione agli amministratori instaurando all’uopo un dibattito

- come sono state risolte eventuali problematiche identificate

- le conclusioni raggiunte in seguito al dibattito sulla conformità della condizione dell’attestatore ai principi di indipendenza

- le conclusioni raggiunte in merito all’accettazione dell’incarico.

   

5. Individuato quindi il concetto d’indipendenza occorre chiedersi come coordinare i rapporti tra l’attestatore e le figure allo stesso assimilabili e talvolta coincidenti, in particolare ci si riferisce all’attestatore di cui all’art. 160, comma 2, L.F.

Nel dettaglio occorre verificare se, nell’ambito del concordato preventivo, le funzioni dell’attestatore ex art. 161 comma 3 L.F. e del professionista ex art. 160, comma 2, L.F. possano essere ricondotte ad un unico soggetto.

Innanzitutto occorre premettere che non vi è orientamento unanime.

La tesi che pare tuttavia prevalente[23] è quella della non coincidenza delle due figure. In particolare si rileva che i due soggetti avrebbero interessi contrapposti. Da un lato, infatti, il professionista ex art. 160 avrebbe interesse, in via prudenziale, ad indicare i valori dei beni più alti possibili, con ciò aumentando la soglia di soddisfazione che occorrerebbe riservare ai creditori con diritto di prelazione. Dall’altro lato l’attestatore ex art. 161, al contrario, per limitare la sua responsabilità, tenderebbe ad avere una visione quanto meno cauta, se non pessimista, sulla fattibilità del piano e quindi sulla congruità dei valori dell’attivo esposti nel piano medesimo.

Per completezza occorre comunque segnalare che i sostenitori[24]della tesi secondo la quale le due figure potrebbero coincidere, coltivata da chi valorizza le identiche caratteristiche soggettive, ritengono invece che la stretta colleganza tra le due attività generi sinergie informative. In particolare entrambe le relazioni gioverebbero di un’indagine più complessa e completa e con un maggiore approfondimento d’insieme rispetto agli stessi singoli elaborati nel caso in cui venissero predisposti da due differenti professionisti.

   

6. Infine, alla luce della recente introduzione ex lege del concetto d’indipendenza, occorre chiedersi le conseguenze che si avrebbero sull’attestazione ove si appurasse, ex post, l’assenza di detto requisito.

In merito si evidenzia dapprima che i rigorosi - e doverosi – vincoli imposti dal legislatore alla figura dell’attestatore siano privi di specifiche sanzioni con impatto sulla relazione. Muovendo da tali considerazioni vi è chi ritiene che la mancanza del requisito dell’indipendenza non infici l’attestazione, ma che rilevi esclusivamente come aggravante di una eventuale responsabilità in sede civile e penale[25].

Tuttavia tale impostazione non pare condivisibile: il requisito d’indipendenza infatti, al pari degli altri requisiti connessi alle abilitazioni professionali, è una delle condizioni necessarie affinchè l’elaborato prodotto dal professionista rappresenti una relazione di attestazione ex art. 67, comma 3, lett. d). Ove tale requisito non dovesse essere soddisfatto, la legge ritiene il professionista non idoneo alla predisposizione della relazione in parola e pertanto ogni suo elaborato all’uopo prodotto non potrebbe produrre efficacia alcuna. Anche la recente circolare dell’IRDEC[26] si esprime in tal senso sul punto: “la relazione prodotta dal professionista in assenza dei requisiti d’indipendenza […] è viziata, potenzialmente invalida e priva di efficacia”.        



[1] art. 2399 c.c.: Cause d'ineleggibilità e di decadenza. Non possono essere eletti alla carica di sindaco e, se eletti, decadono dall'ufficio: a) coloro che si trovano nelle condizioni previste dall'articolo 2382; b) il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado degli amministratori della società, gli amministratori, il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado degli amministratori delle società da questa controllate, delle società che la controllano e di quelle sottoposte a comune controllo; c) coloro che sono legati alla società o alle società da questa controllate o alle società che la controllano o a quelle sottoposte a comune controllo da un rapporto di lavoro o da un rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d'opera retribuita, ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale che ne compromettano l'indipendenza. […]

[2] Bonfatti, Falcone, Mandrioli, “La disciplina dell’azione revocatoria nelle procedure di composizione negoziale delle crisi di impresa”, in Aa.Vv. “La disciplina dell’azione revocatoria nella nuova legge fallimentare e nei <fallimenti immobiliari>, Milano, 2005, pag. 138 e ss.; Ferro, “Piano attestato e di Risanamento”, in “Le insinuazioni al passivo”, a cura di Ferro, I, Padova, 2005, pag. 546 e ss.; Boggio, “Gli accordi di salvataggio delle imprese in crisi. Ricostruzione di una disciplina”, Milano, 2007, pag. 133 e ss. Ceccherini E., ibidem, pag. 306;

In precedenza, forse, non vi era tesi uniforme in ambito di società per azioni o in accomandita per azioni

[3] Marchi L., "Principi di revisione aziendale", CLUEB, 1996, pag. 93

[4] Fabiani M., “Riflessioni precoci sull’evoluzione della disciplina della regolazione concordata della crisi d’impresa – appunti sul d.l. 83/2012 e sulla legge di conversione”, in Ilcaso.it, sezione II - dottrina ed opinioni, documento 303/2012, pag. 5

[5] Ex multis Università degli Studi di Firenze – CNDCEC – Assonime, prima edizione 2010; d’ora in avanti “Linee Guida”

[6] Ferro, Roveroni, sub art. 161, in Aa.Vv., “La Legge Fallimentare. Decreto legislativo 12 settembre 2007, n. 169, Disposizioni integrative e correttive. Commentario teorico-pratico, a cura di Ferro, Padova, 2008, pag. 304; Pajardi, Paluchowski, Manuale di diritto fallimentare, Milano 2008, pagg. 827-828; Pica “Il concordato preventivo” in Aa.Vv. “Fallimento e concordati. Le soluzioni ne giudiziali e negoziate delle crisi d’impresa dopo le riforme”, a cura di Celentano e Forgillo, Torino, 2008, pag. 1102 e ss.; Guitto, Vitale, “Novità del DL 83/2012 in tema di crisi d’impresa”, in “Schede di aggiornamento”, Eutekne, luglio 2012, pag. 1195; E. Ceccherini, “La qualificazione, l'indipendenza e la terzietà del professionista attestatore negli istituti concorsuali di gestione della crisi d'impresa e le diverse tipologie di relazioni o attestazioni”, in “Il diritto fallimentare e delle società commerciali”, n. 3/4/2011, pag. 302

[7] Stanghellini L. e Pagni I. (direzione scientifica), Atti del convegno “Il nuovo accordo di ristrutturazione – trattative protette e finanziamenti tra rischi e opportunità”, 2011, pag. II-7

[8] Riva P., L’Attestazione dei piani delle aziende in crisi, Giuffrè, 2009, pag. 259

[9] Trib.le Messina, 29 dicembre 2005, in Il Fall. 2006, pag. 679. Si veda anche il commento alla stessa in Paluchowski, Pajardi, op. cit. pag., 830

[10] Riva P., op. cit., pag. 260

[11] Università degli Studi di Firenze – CNDCEC – Assonime, prima edizione 2010; d’ora in avanti “Linee Guida”

[12] Ex art. 1, lett. l) D.Lgs. 39/10 per rete si intende: la struttura alla quale appartengono un revisore legale o una società di revisione legale, che è finalizzata alla cooperazione e che persegue chiaramente la condivisione degli utili o dei costi o fa capo ad una proprietà, un controllo o una direzione comuni e condivide prassi e procedure comuni di controllo della qualità, la stessa strategia aziendale, uno stesso nome o una parte rilevante delle risorse professionali;

[13] Sul punto si veda anche Linee Guida, pag. 16

[14] CNDCEC, “Linee Guida per l’organizzazione del collegio sindacale incaricato della revisione legale dei conti”, Febbraio 2012

[15] A. Guiotto, “Nella crisi d’impresa, ruolo più ampio per il professionista attestatore”, Il quotidiano del commercialista, 3 settembre 2012; Meoli M., “Il falso nelle attestazioni e relazioni in vigore da oggi”, Il quotidiano del commercialista, 11 settembre 2012

[16] Richiamato dal riformato art. 67 L.F.

[18] Marchi L., ibidem, pag. 93

[19] Art. 2399 c.c., comma 1, lett. b)

[20] CNDC, CNR, “Principi sull’indipendenza del revisore”, Giuffrè, 2004, pagg. 4 e ss.; Riva P., op. cit., pag. 270

[21] CNDCEC, “Linee Guida per l’organizzazione del collegio sindacale incaricato della revisione legale dei conti”, Febbraio 2012, pag. 13

[22] CNDCEC, “Linee Guida per l’organizzazione del collegio sindacale incaricato della revisione legale dei conti”, Febbraio 2012, pag. 14

[23] Zorzi, “La redazione della relazione giurata del professionista ex art. 160 L.F.” in Il Fallimento, 2010, pag. 518; L. Mandrioli, “Il piano di ristrutturazione nel concordato preventivo (la ricostruzione giuridico-aziendalistica)”, in AA.VV., La legge fallimentare. D.lgs. 12.9.2007, n. 169. Disposizioni integrative e correttive, Commentario teorico-pratico, a cura di M. Ferro, Padova, 2008, pag. 297; confermato anche in giurisprudenza Tribunale di Piacenza 03/09/2008, in Il Fallimento, 2009, pag. 120;

[24] Ceccherini E., ibidem, pag. 304; P.G. Demarchi, Il concordato preventivo alla luce del "decreto correttivo", in AA.VV., Le nuove procedure concorsuali, a cura di S. Ambrosini, Bologna, 2008, pag. 495

[25] Nardecchia G. B., “Professionisti attestatori: requisiti stringenti e sanzioni”, Il Sole24Ore, 9 luglio 2012

[26] IRDEC, “Il ruolo del professionista attestatore nella composizione negoziale della crisi: requisiti di professionalità e indipendenza e contenuto delle relazioni”, Circolare n. 30/IR dell’ 11 febbraio 2013


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