Bancario


Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 13/02/2025 Scarica PDF

Accordi impliciti nella individuazione del prezzo ex art. 117 t.u.b. – Riverbero di S.U. 15130/24 sui finanziamenti a tasso variabile

Carlo Sangermani Ritella, Avvocato in Ascoli Piceno


Sommario: 1. Ratio e finalità dell’articolo 117 t.u.b. - 2. L’individuazione del prezzo nel contratto di finanziamento a tasso variabile con piano di rimborso a rate con quote di capitale crescenti. - 3. Sezioni Unite 15130/24. Lecita l’equiparazione tra il contratto a tasso fisso ed il contratto a tasso variabile? - 4. Il piano di rimborso ed il suo valore contrattuale. - 5. Contratto a tasso variabile ed accordi impliciti nell’ambito dell’articolo 117 t.u.b. Le prime decisioni di merito dopo le S.U. - 6. Vizio formale del contratto, non una questione di trasparenza. Il Taeg non sana l’eventuale nullità.



Abstract: Le Sezioni Unite della Cassazione hanno individuato nel piano di ammortamento allegato al contratto di finanziamento a tasso fisso l’elemento che esprime compiutamente la quantificazione dell’esborso discendente dall’obbligazione restitutoria. In tale contesto è stata ritenuta ininfluente ai fini del rispetto dell’art. 117 del t.u.b. comma 4 la mancata indicazione del regime di capitalizzazione che informa il piano di rimborso. Nel contratto a tasso variabile, causa la mutevolezza del parametro che influenza il tasso, il piano di ammortamento non esplicita il prezzo del contratto ma orienta, attraverso la velocità di rimborso del capitale insita nella distribuzione delle quote di capitale lungo il piano, la scelta di un regime di capitalizzazione in luogo dell’altro. Poiché si tratta di un fattore che incide direttamente sul prezzo del contratto, la forma della pattuizione vuole il rispetto del comma 4 del 117 t.u.b. Trattandosi di contratto asimmetrico, le finalità proprie della forma scritta ostano a che un componente il prezzo sia pattuito implicitamente attraverso l’adozione di una serie di numeri nel piano di ammortamento, sotto la colonna delle quote di capitale da rimborsare rata per rata. Non si tratta di una violazione della normativa di trasparenza ma di una nullità del contratto per vizio formale.

 

 

1. Ratio e finalità dell’articolo 117 t.u.b.

Il tradizionale principio della libertà della forma in ambito contrattuale è stato messo in crisi dai crescenti vincoli formali imposti ai contraenti dal legislatore interno, anche dietro sollecitazione di quello comunitario, al fine di tutelare il soggetto che contrae in posizione di sfavore nei c.d. contratti asimmetrici[1]. Il riferimento va, tra le altre ipotesi e per quanto di interesse nel presente lavoro, alla regolamentazione del mercato finanziario e bancario ad opera dei rispettivi Testi Unici.

In posizione asimmetrica di sfavore è colui che nella relazione negoziale accusa inferiorità dal lato delle conoscenze tecniche e del potere di imposizione del modello contrattuale.

Ad ovviare alla descritta disparità soccorre la “forma informativa” del contratto.

Per la migliore tutela del contraente debole “non si assiste all’ampliamento del novero degli elementi della pattuizione, che ove presenti devono essere attratti nel documento contrattuale e assoggettati al vincolo di forma, ma, all’opposto, è la necessaria presenza, a pattuizione scritta, di elementi ulteriori rispetto a quelli essenziali, a costituire oggetto del vincolo imposto all’autonomia privata”[2].

L’inciso riportato è significativo laddove enfatizza il ruolo della forma contrattuale nel superamento delle asimmetrie informative, tanto che, secondo l’opinare in questione, lo scritto dovrebbe riguardare aspetti anche non fondamentali ai sensi dell’art. 1325 c.c. ma evidentemente densi di significato per la formazione del consenso consapevole in capo al contraente debole.

In tale contesto si registra l’arresto delle Sezioni Unite della Cassazione n. 898/18[3] che, reso a dirimere contrasto sulla validità dei contratti c.d monofirma regolati dal t.u.f., ha fortemente caratterizzato il requisito formale del contratto quale strumento volto ad assolvere ad una precipua finalità[4].

Il testo contrattuale, sul piano teleologico, è nella sua forma chiamato ad equilibrare lo stato di conoscenza asimmetrico delle parti rispetto alla materia negoziata. Le Sezioni Unite pongono l’accento sul fine perseguito di informare in modo esaustivo il cliente sulle caratteristiche peculiari del contratto e sulla portata delle obbligazioni da assumere. In tale prospettiva i patti non necessitano della sottoscrizione di entrambi i protagonisti, essendo sufficiente che a firmare il contratto sia il cliente – parte debole - e che allo stesso venga consegnata una copia del testo negoziale.

Il principio sancito è stato esteso ai contratti disciplinati dal t.u.b.[5], dato l’evidente parallelismo tra le norme che, nelle due leggi, disciplinano gli aspetti formali dei contratti.

Il percorso motivazionale delle Sezioni Unite è correlato al tenore dell’Ordinanza interlocutoria del 27 aprile 2017 n. 10447 della Cassazione civile Sezione I, con rimessione al Primo Presidente per eventuale assegnazione alle S.U. Il provvedimento, nel richiedere l’intervento delle Sezioni Unite, evocava il concetto di “forma informativa” caratteristico dei contratti asimmetrici, in contrapposizione alla funzione formalistica del mercato immobiliare nel quale l’atto negoziale solenne è volto a richiamare l’attenzione dei contraenti, in posizione paritaria, sull’importanza del contratto nel regolare un nuovo assetto proprietario. In seguito la stessa Corte di Cassazione ha ribadito che la ratio del 117 t.u.b. è quella di porre rimedio alle asimmetrie informative tra banca e cliente[6]. Lo scopo perseguito dalla forma del contratto e nel caso di specie la finalità sulla quale è focalizzato l’art. 117 del t.u.b., saranno centrali nella prosecuzione della tesi illustrata.

  

2. L’individuazione del prezzo nel contratto di finanziamento a tasso variabile con piano di rimborso a rate con quote di capitale crescenti.

Il campo di indagine è limitato allo strumento del prestito rateale a tasso variabile, quale operazione in via statistica di maggiore diffusione sul mercato attuale [7]. Trattasi di prestiti[8] caratterizzati nella struttura negoziale dalla indicazione del capitale mutuato, del tempo massimo di restituzione del capitale, della cadenza dei periodi di resa infrannuali (le rate mensili, trimestrali o semestrali) e di un tasso nominale annuo (tan). Il tasso è costruito con la maggiorazione (c.d spread) rispetto ad un parametro mobile rintracciabile attraverso fonti certe (per i mutui ipotecari a tasso variabile il più frequente è l’Euribor a sei mesi con base 360 o 365 giorni). Le rate sono descritte come formate ciascuna da una quota di capitale e da una quota di interessi, con gli interessi che vengono computati sul capitale residuo ad ogni rata (non sempre il contratto precisa la modalità di calcolo degli interessi).

Nel sistema qui esaminato le rate sono qualificate come “a quote di capitale crescenti” e “quote di interessi decrescenti” lungo il periodo di restituzione. Una tabella (c.d. piano di ammortamento) contenente le scadenze di rimborso e la descrizione delle rate con la scomposizione in quota capitale e quota interessi è sovente allegata al contratto. Poiché la variabilità del tasso impedisce la predeterminazione della quota interessi rata per rata (e di conseguenza dell’importo di ogni rata), così come sconosciuto è il monte interessi finale, sono due le tecniche di costruzione del piano. Una prima modalità vede formare la tabella simulando la permanenza del tasso iniziale per tutto il tempo di rimborso (come si trattasse di un negozio a tasso fisso). Altrimenti il piano riporta soltanto le quote di capitale ammortizzate ad ogni rata ed il debito residuo.

Si è così delineato quello che comunemente è definito “sistema di ammortamento alla francese” il quale, congegnato per i prestiti a tasso fisso e rata costante, viene utilizzato anche per informare i contratti a tasso variabile. Il contratto perderà la caratteristica della costanza della rata, poiché la instabilità del tasso influenzerà l’importo della rata nel tempo [9]. Il problema sorge nell’individuare il prezzo dell’operazione finanziaria ai sensi dell’articolo 117 del t.u.b. Il tasso in questione è scritto in contratto quale tasso annuo nominale (tan) e dovrebbe esprimere[10], agli occhi del cliente, il prezzo dell’operazione finanziaria in misura percentuale rispetto al capitale mutuato, su base annua. Come ormai noto, il piano di ammortamento alla francese a rata costante, o con quote di capitale crescenti, con lo stesso tasso annuo nominale può essere declinato con il regime della capitalizzazione semplice oppure con il regime della capitalizzazione composta, rendendo quantità di interessi differenti[11] se pure rispondenti allo stesso tasso annuo nominale portato dal contratto. L’interrogativo sul campo da diverso tempo riguarda la completezza e liceità di un patto che abbia ad oggetto il solo tasso annuo nominale, senza la precisazione del regime di capitalizzazione da adottare in sede di rimborso. La censura è stata prospettata sotto duplice angolo di lettura. La migliore obiezione è ricondotta alla violazione dell’art. 117 del t.u.b., posto che se il regime di capitalizzazione condiziona l’esborso non può che necessitarsi una sua pattuizione formale ai sensi del quarto comma della menzionata norma. D’altro lato si è osservato che includendo il pagamento del prezzo nell’oggetto del contratto[12], la mancata indicazione del regime di capitalizzazione ne rende indeterminato ed indeterminabile ex art. 1346 c.c. l’oggetto, rispondendo la lettera del contratto a due prezzi in antitesi tra loro[13].

 

3. Sezioni Unite 15130/24. Lecita l’equiparazione tra il contratto a tasso fisso ed il contratto a tasso variabile?

La sentenza a S.U. n. 15130/24 è nota agli operatori del settore. Alle Sezioni Unite nell’ambito della procedura ex art 363 bis c.p.c. è stato sottoposto un mutuo a tasso fisso, con menzione del capitale da rendere, del numero e della cadenza delle rate. Il contratto oltre a riferire il tan recava anche il tae, vale a dire il tasso effettivo derivante dal sistema di restituzione del capitale e degli interessi su base infrannuale. Risultava allegato il piano di ammortamento a descrivere in ogni rata l’importo della quota capitale e della quota interessi. Le considerazioni a seguire si concentrano esclusivamente sulla vicenda inerente l’incidenza del mancato accordo sul regime di capitalizzazione, quale tecnica che informa il rimborso dei mutui a tasso fisso (oggetto del decisum degli Ermellini) e dei mutui a tasso variabile.

Le Sezioni Unite erano nel potere, visto l’ambito specifico di nomofilachia dell’iter in questione, di cogliere l’occasione dello spunto fornito dalla fattispecie delibata per sviscerare ad ampio raggio il tema delle conseguenze dell’omesso accordo sul regime di capitalizzazione che informa la resa di capitale ed interessi nei contratti di prestito, senza distinguere tra contratti a tasso fisso o variabile o comunque allargando l’escursione ai mutui a tasso variabile se pure non sottoposto detto modello all’esame. Gli Ermellini hanno preferito circoscrivere l’intervento ai mutui aventi tutte le caratteristiche di quello oggetto di rimessione. La limitazione della pronunzia è stata estremamente rimarcata dalle Sezioni Unite. La massima contenuta nell’insegnamento in diritto a chiusura del decisum è chiarissima[14]. Il Supremo consesso ha poi precisato l’esclusione dall’oggetto della sentenza dei mutui a tasso variabile, dei mutui a tasso fisso senza il piano di ammortamento allegato e dei casi in cui il corso dell’estrinsecazione delle obbligazioni restitutorie sia stato interrotto dall’estinzione anticipata.

La sentenza è stata sottoposta ad autorevoli critiche[15]. E’ comunque doveroso confrontarsi con l’odierno arresto, destinato fisiologicamente ad influenzare la prossima giurisprudenza di merito. Occorre, in particolare, verificare la pertinenza dell’espansione dei principi affermati dalla Cassazione per i negozi a tasso fisso nei confronti dei contratti regolati dal tasso variabile.

Seguendo lo sviluppo motivazionale della Cassazione si osserva come nell’escludere il carattere doveroso di un accordo sul regime di capitalizzazione nella categoria di mutuo analizzata, l’elemento ricorrente e decisivo nell’affrontare i dubbi e le obiezioni del Tribunalerimettente risiede nel contenuto del piano di ammortamento unito al contratto. Nel contratto di finanziamento a tasso fisso il piano di rimborso allegato reca il prezzo del contratto di prestito, sostanziato dal cumulo degli interessi da corrispondere, che sono quantificati puntualmente nel valore monetario da versare. Se il mutuo a tasso fisso è completo di piano di ammortamento, infatti, è sufficiente sommare le cifre scritte nella colonna dedicata agli interessi per appurare il prezzo del contratto [16].

Nel dettaglio dei singoli passaggi, la sentenza ritiene che il mancato accordo sul regime di capitalizzazione non comporta indeterminatezza dell’oggetto, perché “Nel piano di ammortamento allegato al contratto nel caso che ha dato luogo al rinvio pregiudiziale erano indicati anche il numero e la composizione delle rate costanti di rimborso con la ripartizione delle quote per capitale e per interessi; quindi era soddisfatta la possibilità per il mutuatario di ricavare agevolmente l'importo totale del rimborso con una semplice sommatoria.”. Ed ancora nel sostenere che il 117 t.u.b. non annovera tra i requisiti il regime di capitalizzazione, le S.U. ricordano che “un piano di rimborso come quello controverso nel giudizio di merito contiene, come s'è detto, in modo dettagliato, la chiara e inequivoca indicazione dell'importo erogato, della durata del prestito, del tasso di interesse nominale (TAN) ed effettivo (TAEG)[17] della periodicità (numero e composizione) delle rate di rimborso con la loro ripartizione per quote di capitale e di interessi”. Infine nell’escludere che il dato tecnico del regime di capitalizzazione sia imprescindibile per esigenze di trasparenza, le S.U. affermano che “il contratto "trasparente" è quello che lascia intuire o prevedere il livello di rischio o di spesa del contratto” e tali elementi sono conosciuti dal mutuatario con il piano di ammortamento allegato al contratto il quale evidenzia l’esborso complessivo. Sul piano di ammortamento le Sezioni Unite insistono nel risolvere ogni criticità loro sottoposta.

Se è vero che il processo matematico di estrinsecazione delle obbligazioni (regime finanziario che informa il piano di rimborso) non è spiegato e non si dichiara l’esistenza di una alternativa tecnica tra regime di capitalizzazione semplice e composto, il piano di ammortamento unito al contratto a tasso fisso comunque fornisce il prezzo dell’operazione di credito nella quantità monetaria da versare a titolo di interessi.

Poiché da parte di alcuni giudici di merito è in corso una equiparazione tra i modelli contrattuali di prestito, a tasso fisso e variabile, nell’applicazione dei principi affermati dalle S.U., ci si interroga sulla pertinenza di tale modus operandi. Un primo dato va segnalato proprio in merito alla portata del piano di ammortamento annesso al contratto. Nei negozi a tasso variabile il piano di ammortamento non contiene il quantum da corrispondere a titolo di interessi. Come sopra ricordato il tasso variabile impedisce di stabilire alla sottoscrizione del prestito il monte interessi ed il piano di ammortamento sarà steso solo a titolo esemplificativo (cfr. paragrafo 2 della presente nota). Con questa fondamentale premessa ci si addentra nella discussione sulle caratteristiche imposte dal 117 del t.u.b. all’accordo sul prezzo dell’operazione finanziaria.

 

4. Il piano di rimborso ed il suo valore contrattuale.

Nel decisum delle Sezioni Unite il piano di rimborso allegato assume quindi valore centrale, perché partecipa al finanziato la spesa complessiva da sopportare. Ragionando nella prospettiva dell’applicazione dell’articolo 117 del t.u.b. si deve concludere che nell’ambito del complessivo testo negoziale il prezzo del contratto è reso in forma scritta dalla quantità di interessi monetizzata nel piano.

Il tan, nel contratto esaminato dagli Ermellini, costruito in regime di capitalizzazione composta[18], non corrisponde al prezzo del finanziamento, essendo il tan capace di rendere il prezzo del contratto solo ove adottato il regime di capitalizzazione semplice nel corso delle restituzioni. Se il regime adottato è quello della capitalizzazione composta il tan non “racconta” il prezzo del contratto, ma costituisce l’elemento fondante che nell’algoritmo di produzione della rata genera l’importo degli interessi[19].

Poiché nello scenario scaturente dal pronunciamento delle S.U. il luogo della pattuizione del prezzo del contratto a tasso fisso è il piano di ammortamento, lo stesso assurge a vera e propria clausola contrattuale e non a semplice tabella descrittiva delle obbligazioni che debbono derivare da accordi perfezionati nel teso negoziale[20].

Sul punto, d’altro canto, la Cassazione ha avuto modo di schierarsi nel senso della piena dignità del piano di ammortamento quale clausola contrattuale[21]. Il valore di clausola pattizia non comporta ovviamente che il piano debba necessariamente corredare il contratto[22], ma questo non toglie che ove presente possa integrare, nell’ottica sopra descritta, il requisito ex art. 117 t.u.b. comma 4 quanto all’accordo sul prezzo. Nel contratto a tasso fisso, quindi, la forma di cui all’articolo 117 del t.u.b. inerente la pattuizione del prezzo è soddisfatta attraverso l’esplicitazione del monte interessi recata dal piano di ammortamento, che è parificato alle altre clausole contrattuali inserite nel testo del negozio.

  

5. Contratto a tasso variabile ed accordi impliciti nell’ambito dell’articolo 117 t.u.b. Le prime decisioni di merito dopo le S.U.

Si è detto che nel mutuo a tasso variabile la semplice lettura del piano di ammortamento non consente di apprezzare il monte interessi, causa la mobilità del parametro che informa il saggio d’interesse.

Nelle prime sentenze di merito successive al decisum delle S.U. si assiste ad una generalizzata applicazione dei principi formati per il contratto a tasso fisso ai contratti regolati da tasso variabile[23]. Nel trasferimento degli arresti delle S.U. viene omesso qualsiasi distinguo sul fatto che nei mutui a tasso fisso il piano di ammortamento contiene il prezzo del contratto mentre tanto non avviene nel caso del tasso variabile. In buona sostanza si sostiene che conoscendo il tan, l’importo mutuato, la periodicità delle rate, il tempo di rimborso ed avendo la disponibilità del piano di ammortamento esemplificativo della distribuzione delle quote di capitale rata per rata, sono ricostruibili gli importi dovuti ad ogni scadenza e dunque l’esborso totale. E’ indubbio che, sulla scorta della tabella con le quote di capitale da rendere ad ogni scadenza ed i dati contrattuali di cui sopra, il mutuatario è in grado di appurare ad ogni rata l’importo di debenza.

Il punto focale, ad avviso di chi scrive, è un altro. Il prezzo del contratto può essere conosciuto attraverso operazioni matematiche anche complesse[24], ma gli elementi soprastanti il calcolo debbono essere oggetto di accordo formale ex art. 117 t.u.b. Il fatto che in via operativa lo schema presente nel piano di ammortamento consenta il “funzionamento” del contratto, con la possibilità di una concreta individuazione degli importi dovuti, non implica che i fattori caratterizzanti della fattispecie siano stati oggetto di un valido accordo. L’accordo è valido, in ossequio al comma 4 del 117 t.u.b., se rispetta il canone della forma informativa come delineata nel primo paragrafo della presente nota.

Ove il regime di capitalizzazione non è oggetto di patto esplicito, non resta che verificare il “come” avviene sul fronte contrattuale l’adozione del regime di capitalizzazione. Per rendere “visivamente” palese il meccanismo sono riportati gli schemi che riproducono le prime tre rate dei piani di ammortamento di un mutuo di Euro 900.000,00 da restituire in cinquanta rate semestrali, informate da un tan variabile derivante dall’addizione dello spread di punti 1,250 all’Euribor 6 mesi base 360, con tasso alla stipula del 5,050%. Nelle tabelle la colonna dedicata agli interessi non vede riempimento, non essendo nota alla stipula la quantità di interessi se non quelli generati dal tasso iniziale.

  

Schema 1 – Piano di ammortamento in regime di capitalizzazione composta

 N. Rata

 Tasso

Quota interessi

Quota capitale

Importo rata

Capitale residuo

 1

 5,050%

 22.725,00

 9.181,57

 31.906,57

890.834,02

 2

 *

 *

 9.397,42

 *

881.436,60

 3

 *

 *

 9.634,71

 *

871.801,89


Schema 2 – Piano di ammortamento in regime di capitalizzazione semplice

 N. Rata

 Tasso

Quota interessi

Quota capitale

Importo rata

Capitale residuo

 1

 5,050%

 5.827,03

 15.105,72

 20.932,75

884.894,28

 2

 *

 *

 15.313,78

 *

869.580,50

 3

 *

 *

 15.527,65

 *

854.052,85

  

Dal punto di vista sostanziale si percepisce con facilità il fatto che la differenza tra i due sistemi sta nella velocità di rimborso del capitale. Nel regime semplice ciò avviene più rapidamente così da alleggerire il monte interessi. Quello che qui si vuole sottolineare è l’aspetto formale della pattuizione. Perché se il contratto non porta un accordo diretto sul regime di capitalizzazione, la scelta tra i due regimi di capitalizzazione deriva dall’adozione del piano di ammortamento allegato il quale, per sottoscrizione o giusto rinvio del testo negoziale, assurge a clausola contrattuale. Si tratta di una opzione che, come detto ed evidente negli schemi sopra riportati, determina una differente produzione di interessi ed è allora parte costitutiva del prezzo. Sotto diverso angolo prospettico si può dedurre che ad influenzare la quantità di interessi è la velocità di resa del capitale. Quale che sia il condizionante la spesa, regime di capitalizzazione adottato o velocità di restituzione del capitale, si tratta di fattore che necessita di patto scritto ex art. 117 comma 4 del t.u.b. Nel contratto a tasso variabile il patto scritto sta nell’avere concordato una serie di numeri in luogo di un'altra sotto la colonna dedicata alla quota capitale nel piano di ammortamento adottato[25].

Le Sezioni Unite hanno rilevato che il 117 t.u.b. non prescrive l’inclusione del regime di capitalizzazione nell’accordo, ma l’affermazione va contestualizzata nell’esame di un complessivo ambito negoziale che nel mutuo a tasso fisso con piano di ammortamento allegato presenta il prezzo del contratto nell’esborso monetario corrispondente al monte interessi. Poiché nel contratto a tasso variabile la quantità di interessi non è prefissabile, il regime di capitalizzazione assume carattere decisivo per individuare il costo del contratto. Il piano di ammortamento, nella sua valenza negoziale, sarebbe capace di veicolare il regime di capitalizzazione nell’ambito pattizio anche nel contratto a tasso variabile. Il condizionale è dovuto ai limiti che la finalità dell’articolo 117 del t.u.b. impone alla conformazione della forma scritta nei contratti asimmetrici in punto di sua liceità.

Se la forma del 117 del t.u.b. costituisce il mezzo con il quale l’Ordinamento supera le asimmetrie informative tra i contraenti, un elemento generatore del prezzo non può essere pattuito in forma implicita, adottando nel piano di ammortamento una serie di numeri sotto la colonna dedicata alla distribuzione delle quote di capitale lungo il periodo di rimborso. Ad essere carente non è il dato prettamente formale, perché i numeri sono “scritti”, ma il raggiungimento dello scopo cui è volta la forma del contratto bancario. La diversità di esborso tra il contratto informato dal regime composto e quello semplice è prodotta dallo strumento utilizzato per estrinsecare le obbligazioni restitutorie (id est: il regime di capitalizzazione che presiede al piano di rimborso). In tale contesto la forma deve equilibrare le impari consapevolezze tecniche tra finanziatore e finanziato. Soltanto il patto che espliciti il ricorso al modello prescelto è capace di riequilibrare la posizione del cliente e quella del finanziatore, non certo l’anonima serie numerica delle quote di capitale nel piano di ammortamento. Fermo restando che, dichiarato espressamente il regime di capitalizzazione adottato, sarà poi onere del finanziato approfondire le conseguenze che ne derivano.

 

6. Vizio formale del contratto, non una questione di trasparenza. Il Taeg non sana l’eventuale nullità.

La questione prospettata non pertiene alla trasparenza del contratto ma al perfezionamento formale dello stesso. Essendo la forma del contratto volta al superamento delle asimmetrie informative tra finanziatore e cliente (cfr. primo paragrafo della presente nota), il contratto dovrà avere un requisito minimo di trasparenza, tale da permettere non solo la perfetta intellegibilità, ma anche la piena consapevolezza da parte del soggetto debole delle intese cristallizzate nel documento sottoscritto[26]. Questo non toglie che il contratto, pur valido ex art. 117 del t.u.b. sia poi giudicabile in punto di migliore o peggiore trasparenza. Perché detto contratto, superato il vaglio formale di sufficiente efficienza informativa ai sensi del requisito di forma, potrà risultare più o meno trasparente in base al livello di chiarezza esplicativa dei dati contrattuali. La violazione del solo obbligo di trasparenza porta il fuoco sul comportamento delle parti e giustifica eventuali azioni risarcitorie in caso di contegni illeciti, ma non apre la via dell’azione di nullità[27].

Il contratto che invece relega su un piano implicito un elemento costitutivo del prezzo è nullo perché non rispetta la forma prescritta dal 117 t.u.b. nella sua finalità. Il vizio della forma scritta costituisce motivo di nullità del contratto per espressa previsione del comma 3 dell’articolo 117 t.u.b.

Il convogliare tutte le regole di trasparenza nel solo governo dei contegni dei contraenti non soddisfa coloro i quali ritengono che il concetto di contratto bancario trasparente dovrebbe informare direttamente l’oggetto del contratto, perché il prodotto bancario “poco chiaro” sarebbe capace di inficiare l’univoca interpretazione ed individuazione delle condizioni del contratto, con la conseguente declaratoria di nullità ex art. 1346 c.c.[28].

Senza voler giungere a tanto, visto che gli attuali approdi giurisprudenziali non lasciano spiragli per l’accoglimento di siffatte tesi, la soluzione ventilata dallo scrivente valorizza il concetto di contratto trasparente nel giudizio di congruità della forma ai sensi dell’art. 117 t.u.b., se pure in una accezione minimalista. Perché, secondo la ricostruzione di cui sopra, al fine di risultare trasparente e formalmente corretto ex art. 117 del t.u.b. il contratto deve soltanto evitare di veicolare all’interno dell’assetto negoziale patti implicitamente discendenti dall’adozione di sequenze numeriche (quelle relative alle quote di capitale) nel piano di ammortamento. In altre parole. La trasparenza è data dall’insieme di una serie di informazioni sulle caratteristiche del prodotto (in questo caso, il contratto di finanziamento), e la sua capacità chiarificatrice sta anche nella tecnica utilizzata per illustrare dette caratteristiche. In tale contesto la trasparenza pertiene al comportamento del contraente forte, il quale può risultare più o meno “trasparente”. Di contro, ai fini dell’identificazione del requisito di validità formale del contratto ai sensi del 117 t.u.b., poste le finalità della norma, la trasparenza deve informare gli elementi essenziali del contratto (tra questi il prezzo) nel senso di una pattuizione scritta dotata del minimo di percettibilità diretta del suo contenuto. Nella fattispecie discussa, la menzione in contratto della adozione del regime di capitalizzazione semplice o composto non conduce il cliente ad una conoscenza esaustiva del fenomeno, come invece avverrebbe nel caso di illustrazione compiuta dei due regimi con l’annessione di piani di ammortamento esemplificativi a sottolineare la differenza di costo generata. Nondimeno, la riferita menzione del regime di capitalizzazione prescelto, è comunque bastevole a fornire al sottoscrittore, in via esplicita, un elemento contrattuale decisivo per identificare il prezzo. Il contratto, se pure non “brillante” per trasparenza, risulta comunque ossequioso del precetto della forma scritta ex art. 117 del t.u.b.

Il cliente, reso edotto nel testo sottopostogli sul regime di capitalizzazione che informa il piano di rimborso, potrà (con diligenza) acquisire in via autonoma ulteriori informazioni, quali l’esistenza di un diverso e possibile regime di capitalizzazione e le conseguenze che derivano dalla scelta.

Incluso negli strumenti di trasparenza ma con un “affaccio” sul prezzo del contratto si segnala il Taeg o Isc [29]. Il Taeg non integra un tasso contrattuale ed è qualificabile alla stregua di mero elemento informativo[30]. Altrettanto incontestato risulta che la sua errata indicazione, in disparte la normativa consumeristica[31], non conduce alla nullità del contratto, potendo se mai dare agio ad azioni risarcitorie[32].

Posto che il Taeg errato non inficia la correttezza del patto sul prezzo del contratto, è da chiedersi se viceversa il Taeg esatto supplisca alla nullità della clausola conformativa degli interessi. La risposta deve essere negativa innanzitutto per una questione di coerenza sistematica. Se il Taeg “non è un tasso”, il corretto accordo sul tasso (e quindi sul prezzo del contratto) non può essere consacrato nel Taeg. Diversamente opinando si certificherebbe un’aporia: il Taeg fallace non vizia l’accordo sul prezzo del contratto mentre il Taeg pertinente sana il patto sul prezzo viziato da nullità.

Il motivo per cui il Taeg non può fungere da rifugio in favore di una clausola generativa del prezzo affetta da nullità va oltre la necessità di evitare la segnalata contraddizione. Si tratta ancora di ragionare tenendo sullo sfondo gli scopi economico sociali perseguiti dalla normativa in discussione. Il Taeg, quale strumento di trasparenza, si innesta in un contesto nel quale il legiferato consumeristico è volto ad aumentare l’oculatezza del consumatore nelle proprie attività negoziali[33], mentre le norme di trasparenza bancaria (destinate anche ai non consumatori) hanno la precipua finalità di favorire scelte consapevoli da parte della clientela[34].

In tale scenario è difficile attribuire al Taeg potere rimediale rispetto ad una non corretta clausola determinativa del prezzo del finanziamento. Il concetto di pattuizione e la dovuta prestazione del consenso per il suo perfezionamento evocano il richiamo dell’attenzione dei contraenti sugli elementi fondamentali del contratto. Il costo dell’operazione di finanziamento non va “comunicato” all’interno del Taeg, insieme ad altri oneri che non integrano direttamente la controprestazione del prestito della provvista, ma deve essere oggetto di formale accordo. Di sicuro è importante che il cliente percepisca immediatamente l’esborso globale da sostenere, ed in tale ottica il Taeg assolve alla sua funzione “istituzionale” di trasparenza. Ma in quel processo volto a favorire una adeguata maturità del cliente soggetto debole (non solo il consumatore) è necessario che lo stesso abbia la consapevolezza del prezzo del contratto in termini di interessi corrispettivi, separatamente dalle altre voci di spesa che compongono l’impegno totale reso dal Taeg.

La differenziazione degli elementi di costo non è solo descrittiva ma sostanziale, nel senso che può divenire funzionale ad orientare le scelte in itinere del soggetto in cerca di finanziamento. Basti pensare alla fattispecie della estinzione anticipata del prestito. Se il cliente non è un consumatore andrà a corrispondere il debito residuo e gli interessi dovuti sino al momento dell’estinzione, pagando inoltre una penale se prevista dal contratto e non vietata dalla legge. Risparmierà gli interessi dovuti in corrispondenza delle rate non maturate, ma non avrà diritto al rimborso dei costi compresi nel Taeg e già corrisposti (eccetto il rimborso dei premi assicurativi pagati e non goduti).

La piena contezza di quanto, dell’esborso complessivo reso dal Taeg, va ascritto agli interessi è allora fondamentale già nella fase precontrattuale ove il mutuatario ipotizzi per il futuro una eventuale estinzione anticipata. Perché dovrà valutare con attenzione, nel confrontarsi con l’offerta di mercato, il peso degli interessi all’interno del Taeg dei diversi prestiti disponibili (a parità o quasi di Taeg il finanziato preferirà il finanziamento con maggiore esborso degli interessi nella prospettiva del migliore risparmio alla ventilata estinzione anticipata). Il consumatore gode oggi di una certa tutela nella disciplina dei rimborsi derivanti dalla estinzione anticipata del prestito. Eppure, per i contratti conclusi prima del 25 luglio 2021[35], è addirittura rilevante distinguere tra le categorie di spesa diverse dagli interessi. I costi “recurring” (o “ricorrenti”, dipendenti dalla durata del contratto) vedranno una riduzione direttamente proporzionale alle rate ancora non versate al tempo dell’estinzione (con eventuale rimborso se corrisposto integralmente il quantum alla sottoscrizione del contratto), mentre i costi “up front” (o “anticipati”, indipendenti dalla durata del contratto e finalizzati alla concessione del prestito), saranno stornati sulla scorta di una operazione di calcolo parametrata alla curva degli interessi, criterio differente da quello inerente i costi recurring perché non connesso direttamente al numero delle rate non pagate all’atto dell’estinzione[36].

In tali fattispecie (contratti ante 25 luglio 2021), quindi, rileva(va) ai fini della scelta del contratto da sottoscrivere ed in vista di una eventuale estinzione anticipata non solo la distinzione tra interessi e costi diversi, ma addirittura tra costi recurring e costi up front.

La conclusione è che il numero percentuale espresso dal Taeg non esaurisce l’informazione circa il contratto da perfezionare con cognizione di causa. Il contratto di credito è un prodotto complesso e le regole di settore tendono a migliorare l’expertise della clientela.

Con l’obbiettivo della sempre maggiore acquisizione di coscienza della clientela contrasta decisamente la tesi del Taeg capace di ovviare ad una clausola produttiva degli interessi nulla per vizio di forma (tra l’altro finalizzata ad annullare le asimmetrie informative).

Il Taeg, chiamato a rendere trasparente il contratto attraverso un indice riassuntivo, diverrebbe uno strumento di opacità.

Nella complessiva lettura della normativa di trasparenza sovviene l’opinione di quella dottrina che nella sua fase definitoria ne sottolineava la caratteristica di strumento interpretativo sicché “al fondo essa esprime, piuttosto, un modo di considerare, un modo di leggere normativamente i contratti bancari”[37].

Le pronunzie di merito sopra contestate, nel trasferimento acritico dell’insegnamento derivante dal pronunciamento delle S.U. 15130/24 ai contratti a tasso variabile, ad avviso dello scrivente perdono completamente l’orientamento che le regole di trasparenza dovrebbero fornire nella valutazione dei contratti, ma soprattutto risultano insensibili alle finalità perseguite dalla forma vincolata nei contratti asimmetrici, nonostante le chiare indicazioni della Corte di Cassazione che, tra l’altro, si muovono su un consolidato movimento di pensiero attento a tutelare le posizioni di svantaggio nella tensione contrattuale.

              



[1] Gli elementi caratterizzanti la debolezza nei contratti asimmetrici sono descritti da E. Tosi, Forma informativa nei contratti asimmetrici, Giuffre, 2018, p. 55 quali “..originario elevato grado di disparità di potere contrattuale, economico e informativo”. Il recupero della posizione svantaggiata, secondo l’Autore, avviene grazie alla forma ”informativa” imposta dalla legge: “Proprio la disciplina del corretto e completo flusso informativo dal contraente forte al contraente debole è lo strumento che, insieme al precetto di forma e formalismo variamente declinato e correlato alla trasparenza contrattuale, concorre al riequilibrio delle posizioni iniziali a protezione del contraente debole”.

[2] E. Tosi, op. cit., pag. 79.

[3] Testualmente l’enunciato in diritto: “Il requisito della forma scritta del contratto-quadro relativo ai servizi di investimento, disposto dal D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 23, è rispettato ove sia redatto il contratto per iscritto e ne venga consegnata una copia al cliente, ed è sufficiente la sola sottoscrizione dell'investitore, non necessitando la sottoscrizione anche dell'intermediario, il cui consenso ben si può desumere alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti".

[4] Così le S.U. “Il vincolo di forma imposto dal legislatore (tra l'altro composito, in quanto vi rientra, per specifico disposto normativa, anche la consegna del documento contrattuale), nell'ambito di quel che è stato definito come neoformalismo o formalismo negoziale, va inteso infatti secondo quella che è la funzione propria della norma e non automaticamente richiamando la disciplina generale sulla nullità.”

[5] Per tutte Cass. civ., 02 aprile 2021, n. 9196.

[6] Nelle parole di Cass. civ., 17 aprile 2020, n. 7896 la ratio dell’art. 117 t.u.b. è così descritta: “… pur nella cornice dei valori costituzionali del corretto funzionamento del mercato e dell'uguaglianza non solo formale tra contraenti (artt. 41 e 3 Cost.: cfr. Cass. Sez. U. 12 dicembre 2014, nn. 26242 e 26243 con generale riferimento alle nullità di protezione) - va individuata (n.d.r , la ratio del 117 t.u.b.) in una esigenza di salvaguardia del cliente sul piano della trasparenza e della eliminazione delle cosiddette asimmetrie informative: infatti, la prescrizione che fa obbligo di indicare nel contratto "il tasso d'interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati" intende porre quel soggetto nelle condizioni di conoscere e apprezzare con chiarezza i termini economici dei costi, dei servizi e delle remunerazioni che il contratto programma: ed è evidente, allora, che tale finalità possa essere perseguita, con riguardo alla determinazione dell'interesse, non solo attraverso l'indicazione numerica del tasso, ma anche col rinvio a elementi esterni obiettivamente individuabili, la cui materiale identificazione sia cioè suscettibile di attuarsi in modo inequivoco".

[7] La discesa del parametro Euribor a partire dall’ottobre del 2008 ha favorito l’espansione dei contratti a tasso variabile rispetto a quelli caratterizzati dal fisso, con possibile controtendenza negli ultimi periodi vista la risalita dell’Euribor.

[8] Il Codice Civile definisce il mutuo all’articolo 1813 (tra l’altro non limitato al denaro ma esteso ai beni fungibili) e non il prestito o finanziamento, termini che nella prassi bancaria descrivono l’operazione di credito non garantita da ipoteca; nell’esposizione non vi sarà distinzione terminologica poiché ai fini della questione esaminata la disciplina è comune alle diverse forme tecniche di concessione del credito.

[9] Il tasso variabile non è incompatibile con la costanza della rata, potendo questa mantenere lo stesso importo a patto di trasferire la variabilità sul tempo di rimborso; la rata rimarrà costante ma il numero delle rate (e di conseguenza la durata dell’ammortamento) diminuirà con l’abbassamento del parametro mobile od aumenterà con l’innalzamento dello stesso.

[10] Il tan in realtà non fotografa il prezzo del contratto ma “rappresenta il parametro impiegato nell’algoritmo di calcolo per la produzione degli interessi” - R. Marcelli, “Finanziamenti con piano d’ammortamento: vizi palesi e vizi occulti” in Diritto della Banca e del Mercato Finanziario, fascicolo 2/20.

[12] Alla teoria della identificazione tra oggetto e prestazione dedotta nel contratto (Galgano, Diritto civile e commerciale, II, 1, Padova, 1993 p. 199) si contrappone la tesi della netta distinzione della prestazione dall’oggetto del contratto (Messineo, voce Contratto (diritto privato), in Enc. dir., Milano, 1961 p. 836). Nel primo inquadramento l’indeterminatezza del monte interessi quale prestazione dovuta colpisce l’oggetto del contratto ex art. 1346 c.c. Nel secondo il pagamento degli interessi è riferito alla prestazione discendente dal contratto (art. 1174 c.c.), distinta dall’oggetto del contratto stesso, sicché il vizio che concerne la clausola generante il pagamento degli interessi non provoca la nullità ex art. 1346 c.c.

[13] Così Trib. Vicenza, 03 febbraio 2022, n.170 in Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 26675 – pubblicato il 22/02/2022.

[14] Questo il testuale principio: “in tema di mutuo bancario, a tasso fisso, con rimborso rateale del prestito regolato da un piano di ammortamento "alla francese" di tipo standardizzato tradizionale, non è causa di nullità parziale del contratto la mancata indicazione della modalità di ammortamento e del regime di capitalizzazione "composto" degli interessi debitori, per indeterminatezza o indeterminabilità dell'oggetto del contratto né per violazione della normativa in tema di trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti tra gli istituti di credito e i clienti”.

[15] A.A. Dolmetta, “Debolezza delle Sezioni Unite sull’ammortamento alla francese” in Diritto Bancario, 06 giugno 2024; A. Nigro “Mutuo e ammortamento alla “francese” in Diritto della Banca e del Mercato Finanziario, fascicolo 4/24.

[16] Le Sezioni Unite affermano di non volersi esprimere neppure sui casi di contratti a tasso fisso senza l’allegazione del piano di ammortamento. Si può comunque notare che se anche il piano di ammortamento non è allegato ma sono specificati il numero delle rate e l’importo della rata (nei mutui a tasso fisso è costante, quindi sempre di pari importo), è sufficiente moltiplicare l’importo rata per il numero di rate ed ottenere l’esborso complessivo. Da quello si sottrae il capitale mutuato e si evince il monte interessi.

[17] Qui si incorre in errore terminologico o di scrittura, perché il tasso effettivo è il tae e non il taeg (tasso annuo effettivo globale che integra elemento informativo e non tasso in senso tecnico – cfr. paragrafo 6 della presente nota).

[18] Lo si evince dal riepilogo, contenuto sub punto 2 della sentenza, delle caratteristiche del mutuo che era stato sottoposto al giudice rimettente laddove, pur nella carenza di una espressa indicazione dell’adozione del regime composto nel contratto, si narra che il testo negoziale recava “ il TAN (tasso annuo nominale) e il TAE (tasso annuo effettivo, "maggiore del TAN")”; la maggiorazione del tae è dovuta appunto al sistema di capitalizzazione composto adottato in sede di rimborso.

[19] “Il TAN, che rappresenta il parametro impiegato nell’algoritmo di calcolo, sortisce di regola un valore del monte interessi diverso se impiegato in regime semplice o in regime composto; solo nel regime semplice esprime univocamente il monte interessi in ragione d’anno corrispondente al medesimo tasso ex art. 1284 c.c.. Nel regime composto, con capitalizzazione degli interessi, il monte interessi risulta maggiorato della lievitazione esponenziale e corrispondentemente il tasso esprimente il prezzo ex art. 1284 c.c. risulta maggiore del TAN.” R. Marcelli, “Finanziamenti con piano d’ammortamento: vizi palesi e vizi occulti” in Diritto della Banca e del Mercato Finanziario, fascicolo 2/20.

[20] Siffatta interpretazione si trova perorata in giurisprudenza dal Trib. Rimini sez. I, 24 febbraio 2023, n.159: “Il piano di ammortamento è una mera modalità esplicativa delle condizioni già dedotte all'interno del contratto, con finalità di illustrare al mutuatario lo sviluppo, tempo per tempo, del rapporto di finanziamento: come tale esso non può essere considerato un elemento costitutivo del contratto, con la conseguenza che la sua mancanza non genera alcun vizio contrattuale”.

[21] Cass. civ., 19 aprile 2002, n. 5703 definisce il piano di ammortamento “fonte negoziale di determinazione dell'entità delle somme imputabili sia agli accessori che al capitale per ogni singola scadenza” mentre per Cass. civ., 25 novembre 2010 n. 23972 “In ordine al piano di ammortamento di un contratto di mutuo si rileva che esso, secondo l'insegnamento di questa corte, ha natura di clausola negoziale”.

[22] Si legga Abf decisione N. 4334 del 14 marzo 2022 con la giurisprudenza ivi richiamata. Se il contratto è completo di ogni indicazione per la corretta ricostruzione del prezzo, la mancata allegazione del piano di ammortamento non conduce alla declaratoria di nullità negoziale. Il provvedimento in materia di “Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari di Banca Italia del 29/07/09” (sub Sezione II paragrafo 7) prescrive la presenza del piano di ammortamento per i mutui a tasso fisso: “Per i contratti di mutuo che sono o potrebbero rimanere a tasso fisso per tutta la durata del contratto, il documento di sintesi riporta in calce il piano di ammortamento”. Nondimeno la violazione di una norma di trasparenza non produce la nullità del contratto, ma abilita all’azione risarcitoria nella presenza dei requisiti di legge (id est: la prova del sofferto nocumento – cfr. paragrafo 6 della presente nota).

[23] Per tutte, Trib. Padova dell’11 giugno 2024, in ilCaso.it Sez. Giurisprudenza, 31488 – pubblicata il 28/06/2024: “Ritiene il Tribunale che, nonostante la Corte precisi di occuparsi del solo mutuo con tasso debitorio fisso, le conclusioni tratte si adattino anche al mutuo con tasso di interesse debitorio variabile, giacché, fintanto che il piano di rimborso riporta “la chiara e inequivoca indicazione dell’importo erogato, della durata del prestito, del tasso di interesse nominale (TAN) ed effettivo (TAEG), della periodicità (numero e composizione) delle rate di rimborso con la loro ripartizione per quote di capitale e di interessi”, il mutuatario ha piena cognizione degli elementi contrattuali giuridici ed economici che gli consentono di ricostruire quale sarà l’esborso finale e di condurre eventuali comparazioni con altre soluzioni di finanziamento. Il fatto che per sua natura il piano di ammortamento di un mutuo a tasso variabile possa contenere solo una ipotesi di ammontare finale delle restituzioni (c.d. piano di ammortamento indicativo), basandosi sul tasso cristallizzato al momento della conclusione del contratto, non esclude infatti che il mutuatario possa farsi una concreta idea della somma finale da restituire per interessi sulla base dell’unico parametro noto al momento della pattuizione e che – soprattutto – possa condurre quella comparazione tra le possibili offerte sul mercato, che è una delle facoltà per il cui presidio è raccomandata la trasparenza di condizioni“.

[24] Secondo Cass. civ., 30 marzo 2018, n. 8028: “In tema di contratto di mutuo, affinché una clausola di determinazione degli interessi corrispettivi sulle rate di ammortamento scadute sia validamente stipulata ai sensi dell'art. 1346 c.c., è sufficiente che la stessa - nel regime anteriore all'entrata in vigore della legge n. 154 del 1992 - contenga un richiamo a criteri prestabiliti ed elementi estrinseci, purché obiettivamente individuabili, funzionali alla concreta determinazione del saggio di interesse. A tal fine occorre che quest'ultimo sia desumibile dal contratto con l'ordinaria diligenza, senza alcun margine di incertezza o di discrezionalità in capo all'istituto mutuante, non rilevando la difficoltà del calcolo necessario per pervenire al risultato finale, né la perizia richiesta per la sua esecuzione”.

[25] Se il piano di ammortamento non fosse allegato, ma il contratto indicasse soltanto l’importo della prima rata costruita con il tasso variabile vigente alla sottoscrizione del contratto, il discrimine tra un regime finanziario e l’altro risiederebbe nel numero che esprime l’importo della prima rata (negli schemi illustrativi Euro 20.932,75 nel piano a capitalizzazione semplice ed Euro 31.906,57 nel piano a capitalizzazione composta).

[26] Nel senso di una stringente esigenza di trasparenza si legga E. Tosi, op. cit, p. 111 :”La trasparenza – caratteristica intrinseca al contratto asimmetrico soggetto a precetto formale protettivo o anche solo ai formalismi protettivi non rilevanti ai fini della validità – assume, quindi, un ruolo centrale nel procedimento formativo del contratto che viene assoggettato, per tal via, alla necessità di chiara e completa trasmissione informativa alla parte debole del contenuto del regolamento contrattuale”.

[27] La separazione tra regole di validità del contratto e regole di comportamento è chiara nelle S.U. Cass. civ., 19 dicembre 2007 n. 26724: “In relazione alla nullità del contratto per contrarietà a norme imperative in difetto di espressa previsione in tal senso (cosiddetta "nullità virtuale"), deve trovare conferma la tradizionale impostazione secondo la quale, ove non altrimenti stabilito dalla legge, unicamente la violazione di norme inderogabili concernenti la validità del contratto è suscettibile di determinarne la nullità e non già la violazione di norme, anch'esse imperative, riguardanti il comportamento dei contraenti la quale può essere fonte di responsabilità”.

In dottrina per una critica della suddetta distinzione si veda G. Perlingieri, L’inesistenza della distinzione tra regole di comportamento e di validità nel diritto italo – europeo, in “Quaderni de il Foro Napoletano”, 2013; per il superamento del principio di interferenza tra norme di condotta e norme di validità anche E. Tosi, op. cit., pagine 233 e ss.

[28] Diana Ingravallo e Stefano Chiodi in “Conflittualità con le banche” a cura di Giuseppe Cassano e Stefano Chiodi, p. 113 e ss. Admaiora 2022.

[29] Il Taeg (tasso annuo effettivo globale) e l’Isc (indice sintetico di costo) sono indici equivalenti, atti ad esprimere in termini percentuali il costo globale del finanziamento su base annua includendo oltre agli interessi gli oneri diversi connessi all’operazione di credito, escluse imposte e tasse. Il Taeg è stato introdotto in Italia con la legge n. 142/1992, in recepimento della direttiva comunitaria 87/102/CE, l’I.S.C. dalla Delibera del Cicr n. 10688 del 04.03.2003 (cfr. art. 9 comma 2), che ha demandato all’Organo di Vigilanza Banca d’Italia il compito di individuare le operazioni e i servizi a fronte dei quali detto indice, “comprensivo degli interessi e degli oneri che concorrono a determinare il costo effettivo dell’operazione per il cliente”, debba essere segnalato, nonché la formula per rilevarlo.

[30] Il concetto è stato più volte affermato dalla giurisprudenza di merito. Per la conferma di legittimità si legga per tutte Cass. civ., 13 dicembre 2023, n. 34889: “la omessa previsione del Taeg non determina la nullità del contratto, in quanto "l'indice sintetico di costo (ISC), altrimenti detto tasso annuo effettivo globale (TAEG), è solo un indicatore sintetico del costo complessivo dell'operazione di finanziamento, che comprende anche gli oneri amministrativi di gestione e, come tale, non rientra nel novero dei tassi, prezzi ed altre condizioni, la cui mancata indicazione nella forma scritta è sanzionata con la nullità, seguita dalla sostituzione automatica D.Lgs. n. 385 del 1993, ex art. 117, tenuto conto che essa, di per sé, non determina una maggiore onerosità del finanziamento, ma solo l'erronea rappresentazione del suo costo globale, pur sempre ricavabile dalla sommatoria degli oneri e delle singole voci di costo elencati in contratto".

[31] L’art. 125 bis del t.u.b. , dedicato ai consumatori, recita al comma 6: “Sono nulle le clausole del contratto relative a costi a carico del consumatore che, contrariamente a quanto previsto ai sensi dell'articolo 121, comma 1, lettera e), non sono stati inclusi o sono stati inclusi in modo non corretto nel TAEG pubblicizzato nella documentazione predisposta secondo quanto previsto dall'articolo 124” mentre il comma 7 lettera a della norma predispone la sanzione in caso di nullità: “ 7. Nei casi di assenza o di nullita' delle relative clausole contrattuali:

a) il TAEG equivale al tasso nominale minimo dei buoni del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro dell'economia e delle finanze, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto. Nessuna altra somma e' dovuta dal consumatore a titolo di tassi di interesse, commissioni o altre spese;

b) la durata del credito e' di trentasei mesi.”

[32] Lo ribadisce da ultimo Cass. civ., 16 dicembre 2024, n. 32811.

[33] Il Codice del Consumo (d.lgs. 206/05) dedica l’articolo 4 alla “Educazione del consumatore”.

[34] In tale direzione le norme di “Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari” nella Circolare n. 229 del 21 aprile 1999 ove, nelle disposizioni di carattere generale (Sezione I) è scritto che “Le informazioni previste ai sensi delle presenti disposizioni sono rese alla clientela con modalità adeguate alla forma di comunicazione utilizzata, in modo chiaro ed esauriente, avuto anche riguardo alle caratteristiche dei prodotti e dei servizi.La disciplina sulla trasparenza presuppone che le relazioni d'affari siano improntate a criteri di buona fede e correttezza.”

[35] Entrata in vigore (per il credito al consumo) dell’art. 125 sexies t.u.b., come modificato dal l’art. 11-octies del d.l. 73/2021, il quale dispone ai primi due commi che:

1. Il consumatore può rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l'importo dovuto al finanziatore e, in tal caso, ha diritto alla riduzione, in misura proporzionale alla vita residua del contratto, degli interessi e di tutti i costi compresi nel costo totale del credito, escluse le imposte.

2. I contratti di credito indicano in modo chiaro i criteri per la riduzione proporzionale degli interessi e degli altri costi, indicando in modo analitico se trovi applicazione il criterio della proporzionalità lineare o il criterio del costo ammortizzato. Ove non sia diversamente indicato, si applica il criterio del costo ammortizzato…….omissis.

Dopo la sentenza della CGUE 383 dell’11/09/19 nella causa C-383/18 (c.d. Sentenza Lexitor) sono parificati ai fini del rimborso i costi “up front” e quelli “recurring”. La Sentenza Lexitor ha trovato piena applicazione solo a seguito della Sentenza della Corte Costituzionale n. 263 del 22/12/22. Con tale pronunzia il Giudice delle Leggi ha dichiarato incostituzionale l’art. 11-octies del d.l. 73/2021 (che ha introdotto la nuova formulazione dell’art. 125 sexies del t.u.b.) nella parte in cui la modificazione disponeva solo per l’avvenire, vale a dire dal 25 luglio 2021 in poi, escludendo quindi la retroattività del nuovo impianto. La Corte Costituzionale ha bollato come inottemperante agli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione Europea la limitazione dell'efficacia retroattiva della c.d. sentenza Lexitor, escludendone l'applicazione rispetto alle estinzioni anticipate dei contratti conclusi prima dell'entrata in vigore della legge stessa (25 luglio 2021). Per i contratti precedenti conclusi prima del 25 luglio 2021, quindi, al consumatore è dovuto il rimborso sia dei costi recurring sia dei costi up front ma con criterio di calcolo differente per le due categorie di spesa (vedi nota successiva).

[36] Si legga Decisione Abf n. 10159/20 per i criteri di rimborso antecedenti la riforma del 125 sexies del t.u.b. ad opera dell’art. 11-octies del d.l. 73/2021.

[37] A.A. Dolmetta, “Trasparenza dei prodotti bancari. Regole”, Zanichelli, 2013.


Scarica Articolo PDF