Civile
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 04/11/2019 Scarica PDF
La circostanza aggravante dell'aver agito per motivi abietti o futili
Giuseppe Migliore, Avvocato penalistaIl Codice penale, all’articolo 61 n. 1, delinea una circostanza aggravante di tipo comune che si applica nel caso in cui il reo abbia agito per motivi abietti o futili.
Oltre a provocare un aumento fino ad un terzo della pena inflitta al soggetto riconosciuto colpevole (al pari delle alte circostanze aggravanti comuni) tale circostanza aggravante, qualora ricorrente, determina la punibilità del delitto di omicidio con la pena dell’ergastolo.
In primo luogo, occorre delineare cosa si intenda per motivo del reato: tradizionalmente la dottrina identifica il motivo del reato nell’impulso, lo stimolo, l’istinto, la molla che determina il reo ad agire e commettere il delitto; in tal senso il motivo del reato si può distinguere dallo scopo del reato, che consiste invece in un consapevole fine che il colpevole intende perseguire attraverso la realizzazione del fatto delittuoso.
Appare ovvio come la concreta applicazione dell’aggravante in analisi, stante il suo contenuto non specifico che rimanda a connotati del reato non individuabili oggettivamente, sia stata nel tempo rimessa all’interpretazione della giurisprudenza, che ne ha delineato i contorni applicativi.
Secondo la giurisprudenza il motivo del reato può dirsi abietto quando, basandosi su un parametro di tipo etico che prende a riferimento il sentire comune in un determinato momento storico, possa considerarsi ignobile e turpe, rivelando una particolare perversità del reo, tale da destare un sentimento di ripugnanza in un soggetto medio appartenente alla comunità di riferimento.
In altre parole, il motivo del reato potrà dirsi abietto qualora possa considerarsi spregevole e vile, tale da apparire intollerabile ed ingiustificabile per la sua abnormità da parte della maggioranza dei cittadini di una determinata comunità.
Tuttavia, relativamente a quale tipo di comportamento possa dirsi concretamente abietto, la giurisprudenza ha avuto modo di precisare come non possa farsi riferimento ad un comportamento di carattere medio, vista la difficoltà di delineare un simile astratto modello di agire, dovendosi invece fare riferimento ad elementi concreti, tra cui le connotazioni culturali del reo e del suo contesto sociale di riferimento, il momento temporale in cui si sono verificati i fatti e la possibile esistenza di fattori ambientali esterni che possano aver inciso nel determinare la condotta dell’agente.
Calando tale definizione generale nella casistica concreta la Suprema Corte ha avuto modo di dichiarare che:
- non può considerarsi aggravato dai motivi abietti il reato motivato dalla volontà di eliminare il testimone di un omicidio (Cassazione penale sezione I n. 38208/2019);
- può considerarsi abietto il reato di omicidio del figlio di due anni di età commesso per motivi di vendetta nei confronti della madre, che intendeva lasciare il reo (Cassazione penale sezione V n. 36892/2017);
- può integrare il motivo abietto l’aver colpito con più coltellate la vittima in ragione del fatto che la stessa si rifiutava di assecondare sessualmente l’imputato (Cassazione penale sezione V n. 33250/2017);
- il mero sentimento di vendetta non integra di per sé l’aggravante del motivo abietto (Cassazione penale sezione I n. 55021/2016);
- è aggravata dai motivi abietti la truffa e la violenza sessuale perpetrata da un sedicente “mago” ai danni delle proprie vittime, approfittando della loro debolezza e vulnerabilità (Cassazione penale sezione III n. 5171/2015);
- è configurabile l’aggravante in oggetto nel reato commesso per ottenere o mantenere il controllo criminale delle attività di un determinato territorio (Cassazione penale sezione I n. 21955/2010), così come nel caso di omicidio commesso per affermare il proprio prestigio criminale, uccidendo la vittima di un reato di estorsione in ragione del fatto che la stessa avesse presentato denuncia (Cassazione penale sezione I n. 8410/2009);
- ricorre l’aggravante dei futili motivi nel reato in danno di un soggetto che abbia intrapreso una relazione con una donna già legata in passato al capo di un gruppo mafioso, commesso per finalità punitive, di affermazione del proprio prestigio criminale e di intolleranza per la libertà di autodeterminazione della donna (Cassazione penale sezioni unite n. 337/2008);
- non può dirsi aggravato dai futili motivi il reato di maltrattamenti commesso per ragioni di mera gelosia, qualora tale sentimento non sia accompagnato da uno spirito punitivo nei confronti della vittima, considerata come una propria appartenenza, in ragione del fatto che abbia osato ribellarsi ai voleri del reo (Cassazione penale sezione V n. 35368/2006);
- non ricorre l’aggravante in oggetto nel delitto di omicidio commesso da un soggetto omosessuale nei confronti di persona di cui si era innamorato senza essere ricambiato, non potendo il motivo abietto ravvisarsi nel sentimento di amore o di affetto che abbia spinto il reo – omossessuale o eterosessuale che sia – ad agire (Cassazione penale sezione I n. 16968/2009);
- è aggravato dai motivi abietti il reato commesso da un genitore nei confronti della figlia, rea di rivendicare margini di autonomia e di tenere un comportamento difforme ai dettami familiari, in ragione di un distorto e patologico sentimento di possesso del genitore nei confronti della prole (Cassazione penale sezione I n. 6587/2009);
- sussiste la predetta aggravante nel caso di omicidio commesso per ottenere il prezzo di una cessione di sostanza stupefacente (Cassazione penale sezione I n. 30291/2011);
- ricorre l’aggravante dei motivi abietti nel caso di omicidi rituali di persone indifese, poiché il sacrificio umano è pratica intollerabile e ripugnante per la generalità dei consociati (Cassazione penale sezione I n. 32851/2008).
Con riferimento invece al motivo futile la Suprema Corte nel tempo ha consolidato una giurisprudenza che determina la sussistenza dell’aggravante quando la determinazione a compiere il reato sia sorta sulla base di uno stimolo esterno così lieve, banale e sproporzionato rispetto alla gravità del reato commesso, da potersi considerare - sulla base del comune sentire - del tutto insufficiente a determinare la commissione del delitto, costituendo quindi – più che una vera e propria causa dell’agire del reo – un mero pretesto per dare sfogo al proprio impulso criminale.
In sostanza il motivo futile è quello che si rinviene quando la causa che ha indotto il colpevole ad agire sia non solo in rapporto di evidente sproporzione rispetto al reato commesso ed al bene giuridico leso, ma altresì di carattere banale, tale da non poter determinare una simile reazione illecita nella generalità dei consociati; talché più che essere l’effettiva “molla” che ha indotto il reo a commettere il reato il motivo futile rappresenterà una mera occasione pretestuosa per dare sfogo alla propria indole criminale.
Si ritiene in tali casi di aggravare la pena la pena da infliggere al reo, che – agendo per futili motivi – dimostra di essere particolarmente pericoloso e dotato di un istinto criminale più spiccato rispetto ad altri soggetti.
Dal punto di vista di una casistica concreta, l’applicazione dell’aggravante dei futili motivi è stata oggetto di numerose pronunce da parte della Suprema Corte, la quale ha avuto modo di affermare che:
- il sentimento di gelosia può essere considerato una spinta forte dell’animo umano, capace di spingere anche ad azioni irrazionali, motivo per cui il delitto motivato dalla gelosia non può dirsi aggravato dai futili motivi, a meno che non sia espressione di una volontà punitiva nei confronti del partner, considerato come una propria appartenenza (Cassazione penale sezione I n. 49129/2018);
- non è aggravato dai futili motivi il reato commesso per motivi politici o ideologici, a meno di non poter rinvenire in essi una evidente banalità ed irrisorietà rispetto al sentire comune (Cassazione penale sezione V n. 52747/2017);
- l’aggressione nei confronti della vittima, rea di aver rivolto uno sguardo torvo all’indirizzo dell’imputato, è aggravata dai futili motivi vista la banalità della ragione che spinse il colpevole ad agire e la notevole sproporzione rispetto al reato commesso (Cassazione penale sezione I n. 30691/2017);
- sussistono i futili motivi nel caso di aggressione di alcuni tifosi nei confronti di un tifoso di una squadra calcistica rivale (Cassazione penale sezione V n. 38377/2017);
- non possono definirsi né lievi né banali, e quindi non futili, i motivi religiosi e culturali che abbiano spinto un genitore a tentare di uccidere la propria figlia, rea ad i suoi occhi di essersi allontanata dai precetti dell’Islam e della famiglia, intrattenendo rapporti sessuali prima del matrimonio, per di più con soggetto appartenente ad una diversa confessione religiosa (Cassazione penale sezione I 51059/2013); in un caso diverso la Suprema Corte ha avuto modo di precisare come invece l’appartenenza a gruppi etnici o comunità legate a peculiari sistemi di valori e stili di vita, che si pongano in contrasto con i principi e le libertà costituzionali, non sia rilevante ai fini del mancato riconoscimento dell’aggravante in oggetto, nel caso di specie ritenuta sussistente a carico di membri di un gruppo di etnia rom autori di un omicidio nei confronti di un soggetto che aveva intrattenuto una relazione extra coniugale con una loro familiare, fatto inaccettabile per i valori di riferimento della loro comunità (Cassazione penale sezione I n. 11591/2015);
- nell’ipotesi di imputato minorenne vi deve essere un’analisi particolarmente approfondita che possa condurre ad escludere che la spinta che portò il reo ad agire, per quanto banale e sproporzionata rispetto ai fatti, non possa addebitarsi più all’immaturità ed emozionalità tipica di una persona minorenne piuttosto che ad una particolare malvagità del reo (Cassazione penale sezione I 48162/2013);
- la finalità di vendetta di per sé non integra il futile motivo (Cassazione penale sezione I n. 7274/2013);
- integra l’aggravante dei futili motivi l’omicidio commesso a seguito di banale lite per controversie condominiali (Cassazione penale sezione I n. 29377/2009).
Appare inoltre importante sottolineare come l’aggravante dei motivi abietti o futili non costituisca un’endiadi, bensì si riferisca a due distinte manifestazioni aggravate del reato.
In altre parole, per tratteggiare la distinzione tra un motivo futile ed uno abietto si può dire che il motivo abietto è quello non condivisibile da comune sentire, mentre il motivo futile è un non- motivo.
Essendo le due aggravanti concettualmente divergenti ne deriva che le stesse astrattamente possano coesistere, qualora il reato sia commesso, contemporaneamente, sulla scorta di un impulso sproporzionato alla causa scatenante e tale da costituire un mero pretesto di uno sfogo violento, e di una ragione spregevole, idonea a cagionare sentimenti di ripugnanza (Cassazione penale sezione V n. 40090/2018); tuttavia in tale caso la motivazione a sostegno della sussistenza di entrambe le aggravanti dovrà essere particolarmente rigorosa e dovrà fornire ragione della presenza delle caratteristiche distintive di entrambe le ipotesi aggravanti. (Cassazione penale sezione I n. 39358/2015).
In ogni caso, ai fini dell’indagine circa la possibile sussistenza dell’aggravante dei motivi futili o abietti, sarà necessario un rigoroso e completo accertamento del movente e dei motivi che spinsero il reo a commettere il fatto; in caso contrario, permanendo un dubbio sulle effettive ragioni che animarono l’azione del reo, non sarà possibile applicare l’aggravante in oggetto (Cassazione penale sezione I 45326/2008).
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