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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 18/04/2020 Scarica PDF
Le frontiere telematiche del decreto ingiuntivo: ricorso su fattura elettronica e superamento dell'estratto autentico notarile
Giuseppe Gallo, AvvocatoSommario: 1. Premessa. Le regole consolidate sui presupposti per l’ottenimento di un decreto ingiuntivo di pagamento; 2. L’avvento della fattura elettronica e nuove potenzialità operative per le procedure monitorie; 3. Scritture contabili tenute con strumenti informatici e processo civile telematico; 4. Conclusioni
1. Premessa. Le regole consolidate sui presupposti per l’ottenimento di un decreto ingiuntivo di pagamento
Il ricorso per decreto ingiuntivo previsto dal codice di procedura civile (artt. 633 ss. cod. proc. civ.) ha mantenuto nel corso dei decenni una sua pratica e snella funzionalità nelle controversie caratterizzate dall’evidenza documentale (prova scritta) del diritto da far valere in giudizio. Sicuramente il decreto ingiuntivo costituisce lo strumento principe nelle attività di recupero di crediti pecuniari[1], anche se nella prassi è diventato anche una modalità di avvio di un contenzioso di natura civile: a fronte del provvedimento monitorio ottenuto da colui che reputa di essere titolare di un diritto certo, liquido ed esigibile, il debitore ingiunto mediante l’opposizione al decreto ingiuntivo instaura una vera e propria causa civile, trasformando l’originario procedimento monitorio in un ordinario giudizio di cognizione[2].
L’elemento della prova scritta del credito, su cui si fonda la possibilità di ottenere un decreto ingiuntivo nei confronti del debitore, si specifica per gli imprenditori nell’estratto autentico delle scritture contabili previste come obbligatorie dalla legge, purchè bollate e vidimate nelle forme di legge (cfr. art. 634 cod. proc. civ.)[3].
Con orientamento costante ed uniforme si è sempre ritenuto l’estratto idoneo ad ottenere il decreto ingiuntivo, non anche a dare la prova del diritto di credito in presenza di successiva contestazione sollevata mediante opposizione al detto decreto[4]. Invero, l’estratto delle scritture contabili attesta l’emissione della fattura che viene azionata con il ricorso. Tuttavia, la fattura è titolo idoneo per l’emissione di un decreto ingiuntivo in favore di chi l’ha emessa, ma nell’eventuale giudizio di opposizione la stessa non costituisce prova dell’esistenza del credito, che dovrà essere dimostrato con gli ordinari mezzi di prova dall’opposto. La ragione della contrapposta valenza processuale del documento nelle due fasi del procedimento deve essere ricondotta alla natura dell’atto: la fattura commerciale è un atto di formazione unilaterale che ha la funzione di documentare crediti relativi all’esecuzione del contratto; essa si inquadra nell’ambito degli atti a contenuto partecipativo, consistendo in una dichiarazione indirizzata all’altra parte del rapporto, contenente l’indicazione del credito vantato ed i fatti costitutivi dello stesso. Tali caratteristiche del documento chiariscono le conseguenze sul piano degli effetti processuali: qualora il rapporto sottostante all’emissione della fattura sia in contestazione la stessa fattura non può integrare un valido elemento di prova delle prestazioni eseguite e del credito maturato, potendo al massimo costituire un mero indizio.
Brocardo tralatizio, consolidato in giurisprudenza, è rappresentato dall’affermazione che il resistente (nel procedimento monitorio), il quale assuma la determinazione di proporre opposizione al decreto, assume la veste formale di attore[5], in quanto procede alla notifica dell’atto di citazione (per l’appunto in opposizione)[6]; tuttavia, l’ingiunto opponente resta sostanzialmente la parte convenuta, essendo stata chiamata in giudizio per far valere un diritto nei suoi confronti. Per converso, l’ingiungente opposto, pur assumendo la qualità formale di convenuto, resta attore in senso sostanziale, essendo colui che ha agito in giudizio per far valere una propria pretesa giuridica.
La conseguenza sul piano processuale è costituta dal fatto che sul creditore ingiungente opposto graverà l’onere della prova del diritto fatto valere in giudizio: tale onere si concretizzerà, in caso di contestazione, nel dover fornire prove pertinenti e rilevanti, ulteriori rispetto all’estratto autentico depositato a corredo del ricorso[7].
Ferma restando la prassi del deposito dell’estratto delle scritture contabili appare opportuno rammentare che si ritiene ammissibile anche il decreto ingiuntivo fondato sulla sola fattura[8] (senza estratto). Il pur sommario accertamento del credito dovrebbe rendere necessario in ogni caso il deposito di altra documentazione idonea a provare la fonte del credito, tipicamente il contratto. Anche in quest’altra variante la fattura sarà idonea a formare valida prova solo nella fase monitoria, non anche in quella di opposizione in cui la parte ricorrente, a fronte delle contestazioni dell’ingiunto, dovrà provare interamente il suo diritto. Il deposito del contratto dovrebbe avere, comunque, l’effetto di trasferire l’onere della prova a carico dell’ingiunto opponente in applicazione del criterio generale di cui all’art. 1218 cod. civ.[9]
2. L’avvento della fattura elettronica e nuove potenzialità operative per le procedure monitorie
Nel contesto giuridico così succintamente descritto è intervenuta la nuova disciplina normativa che ha reso obbligatoria la fatturazione elettronica[10] a decorrere dal 1 gennaio 2019. Da tale data i privati devono procedere alla reciproca emissione delle fatture utilizzando il Sistema di Interscambio (SDI) secondo il modello già predisposto ed utilizzato per le fatture alla pubblica amministrazione[11].
Ebbene, l’entrata in vigore della fattura elettronica obbligatoria sta inducendo la prassi e la giurisprudenza a riconsiderare, depotenziandolo, il ruolo dell’estratto conto notarile e ad affermare l’autosufficienza della produzione della fattura ai fini dell’ottenimento del decreto ingiuntivo.
A tal riguardo valgano i seguenti elementi:
- La fattura elettronica è un file in formato XML non contenente macroistruzioni o codici eseguibili idonei a modificare gli atti, i fatti o i dati nello stesso rappresentati;
- la fattura è firmata elettronicamente e il Sistema di Interscambio (SDI), che gestisce la fatturazione elettronica, effettua un controllo sulla validità del certificato di firma. In caso di esito negativo del controllo, il file viene scartato e viene inviata la cd. ricevuta di scarto;
- il SDI genera documenti informatici autentici ed immodificabili, che non sono semplici "copie informatiche di documenti informatici” bensì "duplicati informatici”, assolutamente indistinguibili dai loro originali;
- i soggetti obbligati ad emettere fatture elettroniche in via esclusiva sono esonerati dall’obbligo di annotazione nei registri di cui agli artt. 23 e 25 D.P.R. 633/1972 (registro delle fatture e registro degli acquisti) cosicché per tali soggetti deve ritenersi che sia venuto meno anche l’obbligo di tenere i predetti registri, e di conseguenza gli obblighi di regolare tenuta cui fa riferimento l’art. 634 comma 2, c.p.c.
Sulla base dei detti assunti le fatture elettroniche in formato XML devono ritenersi equipollenti all’estratto autentico delle scritture contabili previsto dall’art. 634, comma 2, c.p.c.; pertanto sarebbe possibile ottenere il decreto ingiuntivo con il solo deposito delle dette fatture elettroniche[12].
In senso contrario, si è ritenuto tutt’ora sussistente l’obbligo di depositare l’estratto autenticato da notaio sulla base della considerazione che l’estratto autentico ha la funzione di asseverare non tanto la conformità della fattura all’originale, quanto la regolare tenuta delle scritture contabili. Alla luce di tale osservazione l’emissione di una fattura elettronica non farebbe venire meno l’obbligo di depositare l’estratto delle scritture contabili[13].
Evidenziati i termini del dibattito, sembra di poter considerare che l’esonero dai registri Iva, precipuamente rilevato dal Tribunale di Verona, possa costituire un argomento rilevante, forse decisivo, al fine di avvalorare l’autosufficienza della fattura elettronica. Invero, le modalità tecniche di emissione e tenuta delle fatture elettroniche ben possono costituire una forma di gestione delle stesse equipollente alla tenuta dei registri.
Inoltre, i principi di regolarità delle scritture contabili assumono particolari caratteristiche a seguito della possibilità di tenere le dette scritture con modalità informatiche come disciplinato dall’art. 2215 bis cod.civ.[14] Il 3° comma del citato art. dispone: “Gli obblighi di numerazione progressiva e di vidimazione previsti dalle disposizioni di legge o di regolamento per la tenuta dei libri, repertori e scritture sono assolti, in caso di tenuta con strumenti informatici, mediante apposizione, almeno una volta all’anno, della marcatura temporale e della firma digitale dell’imprenditore o di altro soggetto dal medesimo delegato”.
In virtù della disposizione testè riportata i tradizionali obblighi di vidimazione e numerazione progressiva, tipicamente riferibili a documenti cartacei, risultano superati e la regolarità appare ricondotta all’utilizzo stesso del mezzo elettronico, che contiene in sé, nello stesso congegno tecnologico, attraverso la firma digitale e la marcatura temporale, le condizioni che garantiscono l’immodificabilità dei dati anche con riguardo alla progressione cronologica degli inserimenti di dati ed operazioni e, per l’effetto, la regolarità formale della tenuta dei registri.
3. Scritture contabili tenute con strumenti informatici e processo civile telematico.
Un esame più ampio e retrospettivo mette in evidenza che la problematica della creazione di un estratto autentico da documento informatico è stata già in passato affrontata. Invero, una disciplina sulla tenuta e conservazione delle scritture contabili in forma elettronica è rinvenibile nel Decreto del Ministero dell’economia e delle
finanze del 23 gennaio 2004 (emanato in attuazione della delega contenuta nell’art.10, comma 6, del D.p.r. n. 445 del 2000). Tale decreto riferisce il proprio ambito di applicazione alla formazione e conservazione di tutti i documenti rilevanti a fini tributari, salvo quelli relativi alle imposte di competenza dell’agenzia delle dogane.
In tale contesto si è ritenuto[15] concepibile l’estratto cartaceo da libro contabile informatico: si tratterebbe di un processo di duplicazione del contenuto di un documento da un supporto informatico ad uno cartaceo, effettuato da un pubblico ufficiale che certifica la conformità del contenuto del documento cartaceo (copia o estratto) al documento informatico “originale”. La descritta operazione dovrebbe essere preceduta da una verifica della regolare tenuta della scrittura contabile con riguardo ai contrassegni che garantiscono l’autenticità formale: firma digitale, marcatura temporale e comunicazione dell’impronta alle agenzie fiscali.
Con specifico riguardo al tema oggetto del presente lavoro l’operazione testè descritta ben può mettere capo ad un estratto autentico idoneo a costituire prova, ai sensi dell’art. 634 cod. proc. civ., ai fini dell’ottenimento di un decreto ingiuntivo.
Senonchè, l’elemento che modifica effettivamente la prassi della dinamica processuale è costituita, ad avviso dello scrivente, dal fatto che il ricorso per decreto ingiuntivo può oggi, ormai, essere presentato solo in forma telematica. Come è noto, il processo civile telematico è ormai da tempo obbligatorio; il procedimento monitorio, peraltro, è stato uno dei primi procedimenti ad essere organizzato in forma telematica[16].
In tale situazione sembra perdere di significato l’idea di un estratto cartaceo da documento informatico che dovrebbe poi essere depositato evidentemente in pdf, ovvero come mera copia dell’estratto contenente la dichiarazione di autenticità, agli atti del processo civile telematico. La situazione descritta è quella che si verifica oggi ove l’estratto autenticato da Notaio è messo a disposizione dell’avvocato il quale, dovendo effettuare il deposito necessariamente in forma telematica, dovrà scansionare il documento trasformandolo in un pdf, ovvero in un documento informatico, copia non originale dell’estratto predisposto ed autenticato dal notaio.
Più consona ai nuovi meccanismi tecnologici sarà la possibilità di creare un estratto informatico di documento informatico (fattura o registro contabile), da depositare in giudizio in forma telematica.
A ben vedere, se, come si è evidenziato la copia del documento informatico altro non è che un duplicato informatico, anch’esso “originale”, non si tratterà tanto di un’estrazione o copia di dati o documenti; l’operazione consisterà piuttosto in una forma di “riversamento” del documento, o di parte di esso, da un supporto tecnico-
informatico (il sistema che gestisce la scrittura contabile) ad un altro (il sistema che gestisce il processo civile telematico). La detta operazione per le sopra descritte caratteristiche del documento non necessiterà dell’intervento di un pubblico ufficiale.
L’operazione descritta è quella che può essere eseguita per riversare, con autenticità e conformità di dati, la fattura elettronica dallo SDI al fascicolo informatico del processo civile telematico[17].
4. Conclusioni
La ricostruzione delle prassi seguite e del contesto normativo, come è andato evolvendosi negli ultimi tempi, può avvalorare il superamento del tradizionale sigillo di autenticità apposto da un pubblico ufficiale. Invero, come si è visto, il congegno tecnologico contiene al suo interno la possibilità di garantire autenticità: la copia o duplicato di una fattura elettronica altro non è che un altro originale dotato di identica capacità di costituire prova. D’altra parte, la fattura elettronica è estratta dal Sistema di Interscambio, retto e gestito dalla Agenzia delle Entrate. Tale aspetto attribuisce un ulteriore profilo di meritevolezza in ordine all’autenticità ed efficacia probatoria del documento. Come è noto, infatti, la prova scritta, intesa quale condizione di ammissibilità della domanda di ingiunzione, consiste in qualsiasi documento, proveniente dal debitore o anche da un terzo, che il Giudice ritenga meritevole di fede quanto ad autenticità e valenza probatoria.
Per ciò che riguarda l’attestazione relativa alla regolarità delle scritture contabile si è visto come i tradizionali concetti di bollatura e vidimazione debbano essere rivisti e reinterpretati alla stregua delle più recenti disposizioni normative che hanno attribuito pieno riconoscimento alle scritture contabili tenute con mezzi informatici, In ogni caso, è auspicabile un intervento del legislatore che realizzi un più puntuale coordinamento dell’art. 634 cod.proc.civ. con le norme che prevedono la tenuta dei documenti in forma telematica.
Le possibilità di procedere direttamente al deposito della fattura elettronica con contestuale superamento del ricorso all’attestazione notarile contribuirà ad uno snellimento operativo nella fase di istruttoria e preparazione dei ricorsi, soprattutto per le società di grandi dimensioni che fanno massiccio ricorso al procedimento monitorio per recuperare i loro crediti.
Anche sul piano più propriamente processuale si potrà realizzare un alleggerimento della dialettica sulla formazione e validità delle prove acquisite agli atti: la produzione di un originale informatico eliminerà alla radice la possibilità di sollevare eccezioni, spesso pretestuose e solo dilatorie, in ordine alla presunta non conformità del documento prodotto rispetto all’originale; ovvero eliminerà la possibilità di utilizzare
in chiave difensiva la regola della non contestazione (cfr. art. 2712 cod.civ.) che disciplina il valore probatorio dei documenti prodotti in fotocopia o con altre riproduzioni meccaniche. Tale ultimo profilo ha una valenza di carattere più generale, afferente al deposito di tutti i documenti processuali. Tutt’ora il difetto di originalità del documento, ovvero l’averlo prodotto solo in copia o fotocopia, rappresenta una tipica eccezione delle difese all’interno del processo civile. Paradossalmente una tale prassi, per quanto in parte ridimensionata dalle potestà di attestazione di conformità attribuite dall’ordinamento ai difensori, rischia di avere una più marcata legittimazione, atteso che mediante il processo civile telematico tutti i documenti sono prodotti in copia, previo scansionamento in pdf.
Il caso della fattura elettronica può costituire un precedente importante, da cui si possono innescare, nel contesto sempre più tecnologizzato in cui viviamo, prassi di riversamento di diverse categorie di documenti dai sistemi informatici di natura privata, di cui ormai la collettività e le imprese sempre più si avvalgono, nei sistemi gestiti dall’autorità giudiziaria. Anche per il settore bancario, in relazione al quale, come si è visto[18], è richiesta la certificazione del dirigente, quest’ultima potrebbe essere rilasciata con modalità informatica, attraverso firma digitale, ed acquisita con identica modalità agli atti del giudizio. Si tratta di prassi destinate a diventare procedure necessarie e giuridicamente vincolate, con un inevitabile superamento delle diatribe di carattere processuale sul valore formale dei documenti su cui il Giudice è tenuto a fondare le sue decisioni.
[1] La regola di cui all’art. 633 cod. proc. civ. prevede, come è noto, anche l’ipotesi, meno frequente nella moderna economia, del diritto alla consegna di una cosa determinata, quale possibile presupposto per la richiesta di un decreto ingiuntivo.
[2] Sul procedimento per decreto ingiuntivo in generale si veda GARBAGNATI, Il procedimento d’ingiunzione, 2012, Giuffrè, pp. XII-362; DI PAOLA, Il decreto ingiuntivo. Procedimento e opposizione, Maggioli Editore, 2017, pp.318. Nella manualistica tra i tanti MANDRIOLI - CARRATTA, Diritto processuale civile, 2017, Giappichelli, vol. III; SASSANI, Lineamenti del processo civile italiano, 2017, Giuffrè; LUISO, Diritto processuale civile. I procedimenti speciali, Giuffrè 2002.
[3] La tematica si pone in modo parzialmente diverso per le banche le quali possono richiedere ed ottenere un decreto ingiuntivo sulla base dell’estratto conto, certificato conforme alle scritture contabili da uno dei dirigenti della banca interessata, il quale deve altresì dichiarare che il credito è vero e liquido ( cfr. art. 50 Tub).
[4] In tal senso, tra le tante Cass. Civ., 12 gennaio 2016, n. 299; Cass. Civ., 13 gennaio 2014, n. 462; Cass. Civ., 28 giugno 2010, n. 15383; Cass. Civ., 3 marzo 2009, n.5071
[5] Da ultimo Cass. Civ., Ord. 16 maggio 2019, n. 13240, vedila in puntodidiritto.it, Giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo: il riparto dell’onere della prova. Cfr. pure Cass. Civ., sez. I, 3 febbraio 2006, n. 2421; Cass. Civ., sez. I, 19 ottobre 2015, n. 21101; Cass. Civ., Sez. VI, 11 marzo 2011, n. 5915; Cass. Civ. Sez. III, 3 marzo 2009, n. 5071.
[6] Mediante l’opposizione si instaura un vero e proprio giudizio ordinario di cognizione che supera la fase sommaria, priva anche di contraddittorio, tipica del procedimento monitorio.
[7] La questione si pone in termini analoghi nel settore bancario: la prova scritta rappresentata dall’estratto conto non ha una diversa natura rispetto alle fatture commerciali, trattandosi in entrambi i casi di documenti di provenienza unilaterale da parte del creditore. Pertanto, in caso di opposizione al decreto ingiuntivo graverà sulla banca l’onere di provare il credito rivendicato. Per fornire la prova del suo diritto l’intermediario bancario dovrà in linea di massima, salve le peculiarità delle singole fattispecie, depositare il contratto posto a base della domanda, in relazione al quale l’art. 117 tub prevede la forma scritta a pena di nullità; inoltre la banca dovrà dare conto dell’intera vicenda del rapporto, mediante il deposito degli estratti conto relativi a tutta la durata del rapporto, dal momento dell’attivazione fino alla data di estinzione.
[8] Cfr. Cass. Civ. 22 novembre 2016, n. 23699; Cass. Civ., 5 agosto 2011, 17050.
[9] Secondo il noto principio generale il creditore ha l’onere di provare solo l’esistenza dell’obbligazione, restando a carico del debitore fornire la prova di aver adempiuto o del fatto che l’inadempimento si è verificato per causa a lui non imputabile e/o di altre circostanze che possano paralizzare la pretesa creditoria.
[10] La fattura elettronica tra privati è stata disciplinata dal D.lgs. n. 127 del 5 agosto 2015, emanato in attuazione della Legge Delega del marzo 2014 che rimetteva al Governo la disciplina di norme “per la realizzazione di un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita”. Il detto decreto è entrato in vigore il 2 settembre 2015. Il carattere obbligatorio della fatturazione elettronica tra privati è stato introdotto con la Legge di Bilancio 2018 mediante una modifica del testo originale del D.Lgs 127/2015 (peraltro già parzialmente emendato dal D.L. 193/2016 e dal Collegato Fiscale 2018).
I tratti che caratterizzano le modifiche normative introdotte dalla Legge di Bilancio 2018 all’articolo 1 del D.Lgs. 127/2015 sono quelli contenuti nel 3° comma che stabilisce l’obbligo per tutti i titolari di partita IVA di emettere le fatture solo ed esclusivamente attraverso il Sistema di Interscambio gestito dall’Agenzia delle Entrate. Il formato previsto per l’invio delle fatture allo SDI è quello indicato nell’allegato A del Decreto 3 aprile 2013 n. 55 del Ministero dell’Economia e delle Finanze, ovvero, sotto il profilo tecnico, il formato xml delle fatture per la Pubblica Amministrazione.
Il decreto prevede l’utilizzo di intermediari abilitati per la trasmissione delle fatture allo SDI con la precisazione che la responsabilità finale resta in capo al titolare della partita IVA per conto del quale la fattura è stata emessa e trasmessa.
Le disposizioni si riferiscono anche alle fatture emesse nei confronti dei consumatori finali privi di partita IVA. In tal caso, le fatture dovranno essere messe a disposizione dei detti consumatori dall’Agenzia delle Entrate tramite i suoi “servizi telematici“. In ogni caso, è previsto un obbligo da parte di chi emette la fattura di inviarne copia in formato elettronico o analogico al destinatario consumatore finale.
[11] In generale sul tema della fattura elettronica v. BARBARO, La fattura elettronica verso la PA, Milanofiori, Assago: Wolters Kluwer, 2015; CAMPOMORI, La fattura elettronica: gli obblighi verso la PA, conservazione elettronica dei documenti fiscali, modelli organizzativi e responsabilità dei processi, Milano: Gruppo 24 ore, 2017; VERTUA, La fatturazione elettronica: generazione e contenuto della fatturazione elettronica, ricevuta di scarto e rimedi possibili, registrazione della fattura elettronica emessa e di quella ricevuta, conservazione digitale, fatturazione verso l’Estero, faq, Milano, Giuffrè Francis Lefebvre, 2019; Fattura elettronica: guida facile, Milano, il Sole 24 ore, 2019.
[12] In tal senso milita un provvedimento del Tribunale di Verona 29 novembre 2019, Rel. Dott. Vaccari, pubblicato da Ragionando-weblog in www.jusdicere.it.
[13] Tribunale di Vicenza, 19 novembre 2019, est. Genovese, pubblicato su IL CASO.it .
[14] L’art. 2215 bis cod. civ. è stato introdotto dall’art. 16, comma 12 bis, D.L. 29 novembre 2008, n. 185 convertito con modifiche nella L. 28 gennaio 2009, n. 2. Il terzo comma è stato poi sostituito dall’art.6, D.L. 13.05.2011, n.70 così come modificato dall’allegato alla legge di conversione, L.12.07.2011, n.106 (G.U. 12.07.2011, n.160), con decorrenza 13.07.2011. La riforma ha portato da tre mesi ad un anno la periodicità della marcatura temporale e della firma elettronica.
[15] CONSIGLIO NAZIONALE DEL NOTARIATO, Studio n. 1-2006 /IG, Estratti notarili da libri contabili tenuti con mezzi informatici.
[16] In generale sul processo civile telematico si veda: CARDANI, Processo civile telematico: raccolta di giurisprudenza commentata: il deposito di atti con modalità telematiche, Key, 2016; DE SANTIS-POLI, Il processo civile telematico alla prova dell’obbligatorietà: lo stato dell’arte agli inizi del 2013, in Foro it., 2013, V, 109 ss.; SPAGNA MUSSO – ORLANDO, Il processo civile telematico, Napoli, Simone, 2016; TAFFARI, Il processo civile telematico: analisi ragionata delle disposizioni legislative e regolamentari, Nuova giuridica, 2015; PREVITI COLAROCCO, Il processo civile telematico: [profili operativi e questioni controverse] Dike giuridica, 2016.
[17] La problematica si pone in modo diverso per il settore bancario ove le operazioni effettuate dagli intermediari non sono documentate da fatture, bensì da un estratto che riporta la movimentazione del conto corrente. Inoltre, la legge, come si è detto richiede una dichiarazione di provenienza dalla stessa banca in ordine alla veridicità del credito fatto valere. In queste situazioni si potrà concepire una analoga operazione di c.d. riversamento, proveniente direttamente dal sistema informatico della banca, anche mediante la firma digitale del dirigente preposto all’effettuazione della dichiarazione.
[18] V. supra, nota n. 3
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