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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 12/05/2020 Scarica PDF
Divagazioni in tema di difesa dell'italianità: le modifiche recenti all'art. 120 T.U.F.
Lorenzo Baldacci, .Sommario: 1. Il concetto giuridico di Italianità e la sua difesa. – 2. Lo stato dell’arte sull’art. 120 T.U.F. – 3. Verso l’intensificazione dei mezzi di difesa dell’Italianità.
1. Il concetto giuridico di Italianità e la sua difesa.
Traendo abbrivio dall’uso, sovente invalso nel discorso politico e nella stampa non specialistica, di discorrere di Italianità in ottica difensiva di entità – e, per i fini che ci impegnano, di società – appartenenti al “patrimonio di cultura e civiltà attribuito all’Italia”[1], ovvero di immagini mentali, di stereotipi di atteggiamento, stile, storia che rievochino l’identità italiana[2], ci si è altrove chiesti se fosse possibile operare una traduzione giuridica di tale categoria finalistica e se tale trasposizione fosse capace di innervare e modellare il diritto positivo[3].
La trattazione di tale problematica, tuttavia, s’interseca con il tema coassiale dell’intervento dello Stato in economia, il quale, come è noto, potrebbe esplicarsi direttamente sia tramite la regolazione del mercato o l’esercizio di poteri amministrativi (golden powers), sia ancora iure privatorum,ad esempio tramite l’acquisto di quote di partecipazione in determinate compagini societarie, anche operando mediante controllate[4]. Questi ultimi esempi, tuttavia, non sembrano esaurire l’intero spettro dei possibili interventi statali, che ben potrebbero essere anche indiretti e concretarsi nella preordinazione, su di un piano normativo, di dispositivi, legislativi o regolamentari, tali da poter essere sfruttati dalle società con finalità difensive[5].
A favore di quest’ultima prospettazione, sembrano deporre due meccanismi sovente additati tra quelli che restringono la contendibilità del controllo societario, ossia la disciplina in tema di difesa contro le o.p.a. ostili (passivity rule, regola di neutralizzazione e clausola di reciprocità)[6], nonché la possibilità di avvalersi di meccanismi premiali di voto maggiorato (loyalty shares) o di emettere azioni a voto plurimo (pur con i limiti dell’art. 127-sexies T.U.F.)[7]. Accanto a tali previsioni, animate da rationes (anche) protettive, sembra, tuttavia, potersi annoverare anche l’o.p.a. obbligatoria, caratterizzata, da un lato, dalla finalità di tutelare gli azionisti di minoranza in occasione del cambio del controllo e, in generale, l’efficienza e la trasparenza del mercato azionario, dall’altro dall’imposizione di un gravoso onere finanziario allo “scalatore” che risulta in un ostacolo al mutamento del controllo[8]. Da ultimo, la medesima finalità protettiva sembra connotare anche l’art. 120 t.u.f., su cui amplius nel prossimo paragrafo.
Individuata in tali disposizioni una comune ratio protettiva, talvolta celata e giustapposta ad altre palesi finalità perseguite dal legislatore, il novero delle “emittenti da proteggere” sembra potersi ricavare collimando gli ambiti soggettivi di applicabilità delle previsioni citate: complessivamente, si tratta delle società costituite secondo il diritto italiano (119 t.u.f.), che mantengano in Italia la sede legale (101-bis t.u.f.) e abbiano strumenti quotati nei mercati italiani (105 t.u.f.)[9], tra le quali, a livello statistico, si enumerano la maggior parte di quelle compagini societarie il cui sviluppo è, nel discorso politico ed economico, prodromico alla soddisfazione dell’interesse nazionale.
Da un punto di vista sistematico, tali interventi indiretti dello Stato in economia denotano l’esistenza di un microsistema di norme, cesellate in forma di disposizioni puntuali sia nella normativa codicistica che nel t.u.f., ispirate al medesimo principio ordinatore di consentire ai gruppi di comando di ridurre od aumentare progressivamente il grado di contendibilità degli emittenti, in ragione delle concrete esigenze derivanti dalla loro gestione, “blindandone”, tuttavia, al contempo il controllo di fatto o, eventualmente, di diritto.
Il che consente di sintetizzare, per gli scopi che qui ci impegnano, il concetto di Italianità di una società come detenzione, da parte di soggetti giuridici o persone fisiche italiane, di una partecipazione al capitale sociale che conferisca diritti di voto in misura sufficiente a mantenere quanto meno il controllo di fatto su di essa. Così, l’attributo in parola rappresenterebbe una qualità meramente eventuale, che si acquista e si perde per effetto della circolazione di titoli azionari e senza che la perdita di esso incida sulla regolare costituzione dell’emittente.
Peraltro, ad una disamina più ravvicinata, la categoria finalistica di Italianità si può cogliere più precisamente nella duplice accezione in cui si manifesta nella disciplina protettiva. In una sua dimensione statico-finalistica, infatti, la normativa difensiva accorda al gruppo di comando la possibilità di ottenere il controllo di diritto della società (il più serrato si possa ipotizzare, ad es. con la disciplina in materia di o.p.a incrementale ed acquisto delle azioni proprie[10]) ovvero di preordinarne l’assetto azionario in maniera tale che essa sia già blindata ante quotazione (si veda l’art. 127 sexies t.u.f.[11]), mentre, in prospettiva dinamica, lo stesso microsistema consente di mantenere il controllo di diritto, anche nel caso in cui, in via esemplificativa per attrarre investimenti, sia necessario aumentare la quantità di flottante con lo strumento delle azioni a voto più che proporzionale, accordate dall’art. 127-quinquies t.u.f.[12].
Da tali considerazioni, tuttavia, sembra potersi anche trarre che, in punto di estensione, il concetto di “Italianità” promanante dall’analisi del dato positivo spazia dal meno pervasivo controllo di fatto sino al caso limite del controllo di diritto (“di massima sicurezza” per il gruppo di comando).
Di conseguenza, difendere l’Italianità significherebbe predisporre strumenti normativi che consentano di garantire la permanenza del controllo in mano italiana rispetto alle società quotate di diritto italiano, aventi sede legale in Italia e strumenti quotati nei mercati italiani.
È nell’alveo di tali considerazioni che sembrano inserirsi anche le modifiche recentemente operate all’art. 120 t.u.f. con il d.l. 8 aprile 2020, n. 23, Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali (c.d. “d.l. Liquidità”). Tuttavia, per meglio apprezzare il portato della recente novella, sia consentita una sintetica premessa sullo “stato dell’arte” ante riforma.
2. Lo stato dell’arte sull’art. 120 t.u.f.
L’art. 120 t.u.f. contiene due previsioni che essenzialmente obbligano i titolari di partecipazioni rilevanti nel capitale (quello rappresentato da azioni con diritto di voto o, in caso di sistemi con voto multiplo o maggiorato, dal totale dei diritti di voto esercitabili) in emittenti aventi l’Italia come Stato membro d’origine a comunicare la detenzione delle stesse alla società e alla CONSOB[13].
Di tali tipologie, di maggiore interesse ai fini del presente contributo è quella del comma 4-bis della disposizione: sin dalla sua introduzione 2017, la novella normativa, finalizzata a rivelare le intenzioni di un acquirente di partecipazioni con diritto di voto, non ha mancato di attrarre l’attenzione persino della stampa non specialistica, venendo percepita come una reazione al caso Mediaset, scalata in maniera “opaca” dalla francese Vivendi[14].
Il comma in esame risulta, infatti, in un “rafforzamento” degli obblighi di informazione previsti nell’articolo in parola laddove vengano raggiunte le soglie del 10%, 20%, 25% del capitale con diritto di voto degli emittenti aventi l’Italia come Stato membro d'origine[15]: in tali casi, il detentore della partecipazione rilevante deve comunicare all'emittente e alla CONSOB (e al pubblico) gli obiettivi che intende perseguire nei sei mesi successivi e, in particolare, il proposito di acquisire il controllo o esercitare un’influenza sulla società, nonché le modalità con cui intende farlo.
La ratio di tale novella sarebbe da individuarsi, secondo la Relazione illustrativa predisposta dal Ministero dello Sviluppo Economico, nell’efficienza informativa e nella trasparenza del mercato[16], ma già l’Appunto – norma anti-scorrerie, diffuso dal medesimo Dicastero, tradiva una differente interpretazione facendo espresso riferimento al caso Mediaset, precisando che l’inserenda disposizione era a quello ratione temporis inapplicabile. Tale suggestione è ora avvalorata anche dalla relazione di accompagnamento al disegno di legge di conversione del c.d. d.l. Liquidità, che reca aperta menzione della necessità di garantire la «trasparenza del mercato del controllo societario»[17].
L’essenza del dettato normativo pare, dunque, quella di costituire un «presidio d’allerta» atto a disvelare le intenzioni di un acquirente prima che questo giunga a detenere il livello di partecipazione che imporrebbe di lanciare un’o.p.a. obbligatoria (e la comunicazione dei necessari corredi informativi), il che permette, tra l’altro, d’intercettare anche le cc.dd. creeping acquisitions[18].
Peraltro, la tesi dell’esistenza di una finalità protettiva è corroborata anche dalla difficoltà di conciliare le continuative esigenze di efficienza e trasparenza del mercato del capitale di rischio con l’informazione discontinua richiesta dal comma in parola: decorsi i sei mesi dall’acquisizione, l’acquirente cessa di essere obbligato ad una nuova dichiarazione delle sue intenzioni anche laddove mutino a seguito di “circostanze oggettive”[19].
Unitamente alla previsione di cui al comma 4-bis, l’art. 1202 t.u.f. contiene l’obbligo di comunicare le partecipazioni superiori al tre per cento del capitale (o nella misura del cinque per cento se PMI), soglia che, tuttavia, può essere diminuita dalla CONSOB per un «limitato periodo di tempo» per le società «ad elevato valore corrente di mercato e ad azionariato particolarmente diffuso» (art. 1202-bis t.u.f.), onde tutelare, tra l’altro, la «efficienza e trasparenza del controllo societario».
In ottica sistematica, i rilievi sulla caratura difensiva anche di quest’ultimo obbligo di comunicazione, così come la riflessione sulla natura tutt’altro che eccentrica della recente modifica normativa rispetto alle linee evolutive affermatesi in materia di contendibilità delle società con l’insorgere della crisi finanziaria del 2007-2009 traggono conforto proprio dal d.l. 10 febbraio 2009, n. 5, convertito in l. 9 aprile 2009, n. 33, che inseriva il comma 2-bis all’art. 120 t.u.f. con l’articolo 7, comma 3-quinquies[20].
L’articolo da ultimo menzionato, inoltre, interveniva con i commi 3-quater e 3-sexies per innalzare le soglie dell’o.p.a. di consolidamento (art. 1063 t.u.f., lett. b)) e aumentare sino al quinto del capitale il limite all’acquisto di azioni proprie da parte delle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio (art. 2357 c.c.), sancendo al comma 3-quater la ratio indubbiamente protezionistica «…di sostenere le imprese interessate dall'attuale congiuntura economico-finanziaria rafforzando gli strumenti di difesa da manovre speculative…»[21]. La lettura combinata di tali modifiche sembra confermare il convincimento, avvalorato anche dalla Relazione del Governo al d.l. 10 febbraio 2009, n. 5 e, ora, dalla Relazione del Governo al disegno di legge di conversione del d.l. 8 marzo 2020, n. 23[22], che il principio ispiratore di tali interventi sia ridurre la contendibilità delle emittenti[23].
Complessivamente, un’evidenza della finalità difensiva della normativa in esame sembra emergere, sotto il profilo funzionale, dalla combinazione delle norme citate: la novella al Codice civile consente agli emittenti di acquisire azioni proprie in misura maggiore, riducendone la contendibilità[24], mentre l’innalzamento delle soglie di cui all’art. 1063 t.u.f., lett. b), consente ai detentori di partecipazioni rilevanti (o di controllo) di consolidare più rapidamente la propria posizione acquistando una quantità sufficiente di titoli da influenzare stabilmente la nomina delle cariche sociali e così indirettamente l’agire dell’ente, senza tuttavia incorrere nell’obbligo di lanciare un’o.p.a.
In tale sistema, i penetranti obblighi di comunicazione imposti dall’art. 120 t.u.f. – che consentono (e oggi probabilmente in misura maggiore, v. infra), da un lato, l’emersione di partecipazioni rilevanti (anche se percentualmente molto ridotte, si v. il comma 2-bis) e, dall’altro lato, l’anticipata disclosure delle intenzioni degli acquirenti di cui al citato comma 4-bis – si pongono come un necessario prodromo, consentendo l’informazione tempestiva del gruppo di comando, necessaria affinché questo possa profittevolmente valersi delle possibilità esplicate nel paragrafo precedente. E, identicamente, solo laddove dotati in anticipo di adeguato corredo informativo, i titolari di diritti di voto tali da garantire quanto meno un controllo di fatto sono nella condizione di adottare le delibere necessarie a rimuovere i limiti, che diversamente sarebbero operanti, alle attività e alle operazioni in contrasto con l’o.p.a. lanciata sulla società e, soprattutto, per consentire l’adozione, entro diciotto mesi prima della comunicazione dell’intenzione di lanciare un’o.p.a., della decisione richiesta per l’operare dell’art. 104-ter t.u.f.[25].
Complessivamente, quindi, l’analisi funzionale della normativa conduce a delineare un ulteriore argomento a favore della finalità difensiva dell’art. 120 t.u.f., quale necessario presidio per fornire il corredo informativo necessario all’adozione di misure difensive, altrimenti sostanzialmente inutilizzabili.
All’omesso espletamento degli obblighi di comunicazione di cui ai commi 2 e 4-bis dell’art. 120 t.u.f. segue l’impossibilità di esercitare il voto per le partecipazioni il cui acquisto non è stato comunicato e l’annullabilità della delibera adottata col voto determinante di quelle con legittimazione all’impugnazione attribuita anche alla CONSOB. Tale regime normativo – il che è ulteriore indice dell’assonanza di finalità protettive – è molto simile a quello previsto, per i casi in cui il Governo può opporsi all’acquisizione di partecipazioni, dai cc.dd. golden powers di cui al d.l. 15 marzo 2012, n. 21, convertito in legge 11 maggio 2012, n. 56 (non a caso modificati dallo stesso strumento normativo con cui si è introdotto il comma 4-bis cennato[26]), con l’unica differenza che alla violazione dei precetti da ultimo indicati consegue la nullità delle delibere adottate con il voto determinante conferito dalle partecipazioni non comunicate (artt. 15 e 26 del d.l. 21/2012).
Sulla scorta degli elementi sopra enucleati, l’art. 120 t.u.f. sembra rivestire una finalità protettiva delle emittenti “azioni quotate avente l’Italia come Stato membro d’origine” (1202 t.u.f.), dato che, alla base dell’anticipata disclosure dell’esistenza e delle intenzioni dei detentori di strumenti tali da superare le soglie prescritte, sembra porsi l’esigenza di consentire la tempestiva adozione di mezzi a difesa dell’Italianità, piuttosto che l’ossequio a generici principi di efficienza e trasparenza del mercato.
3. Verso l’intensificazione dei mezzi di difesa dell’Italianità.
L’art. 17 del d.l. 8 aprile 2020, n. 23, ha introdotto due modifiche normative all’art. 120 t.u.f., senza limitarle nel tempo, il che lascia supporre una maggior portata, anche a livello finalistico, rispetto alla sola emergenza da c.d. COVID-19 cui sono formalmente collegate[27].
La novella, d’un canto, incide sul comma 2-bis eliminando l’inciso “elevato valore corrente di mercato”, per consentire alla CONSOB di abbassare le soglie di comunicazione delle partecipazioni rilevanti anche in relazione ad emittenti PMI, purché ad “azionariato particolarmente diffuso”, sull’assunto che le medesime esigenze di efficienza e trasparenza del mercato del controllo azionario si estendano anche alle piccole e medie imprese[28].
Dall’altro lato, il legislatore ha inciso sul comma 4-bis dell’art. 120 t.u.f. inserendo un’epitesi secondo la quale «…La CONSOB può, con provvedimento motivato da esigenze di tutela degli investito5ri nonché di efficienza e trasparenza del mercato del controllo societario e del mercato dei capitali, prevedere, per un limitato periodo di tempo, in aggiunta alle soglie indicate nel primo periodo del presente comma una soglia del 5 per cento per società ad azionariato particolarmente diffuso…».
Se già dal tenore letterale e dalla collocazione topologica dell’articolo, che predispone la modifica all’interno del capo contenente le “Disposizioni urgenti in materia di esercizio di poteri speciali nei settori di rilevanza strategica”, sembra emergere la finalità protettiva di tale disciplina, nonché il collegamento con il mercato del controllo societario, ora esplicitato testualmente anche al comma 4-bis[29], qualche ulteriore considerazione merita, però, di essere spesa circa le recenti modifiche e il loro rapporto con la difesa dell’Italianità.
In tal senso, l’ambito soggettivo delle emittenti che possono beneficiare del potenziamento delle misure protettive è sostanzialmente invariato e coincidente con quello fissato dall’art. 1202 t.u.f.
Tra queste, tuttavia, i commi 2-bis e 4-bis novellati, nell’attribuire alla CONSOB la possibilità di attivare una tutela maggiormente incisiva a quelle società che abbiano un “azionariato particolarmente diffuso”, sembrano discriminare le emittenti in relazione alla concreta configurazione dell’assetto azionario, escludendo il predetto requisito in presenza di un controllo di diritto ex artt. 2359, comma 1, n. 1 c.c. e 93 t.u.f. (ipotesi di azionariato concentrato)[30].
Di talché pare di potersi argomentare che la ratio sottesa alle disposizioni in esame sia collegata alla presenza di emittenti in cui determinati soggetti detengano un numero di diritti di voto, quantomeno, tale da accordare un’influenza dominante in assemblea.
Argomentando anche dal punto di vista funzionalistico, non sembra abusivo, quindi, sostenere che la ragionedell’introduzione della possibilità di prevedere ulteriori soglie per l’informativa ai commi 2-bis e 4-bis vada ricercata nel garantire l’informazione tempestiva dell’acquisizione di una partecipazione rilevante e delle intenzioni dell’acquirente in favore della società e, quindi, del gruppo di controllo affinché questo possa approntare le necessarie misure per limitare la contendibilità[31]. In tal senso, sembrano doversi interpretare le «…esigenze di tutela degli investitori nonché di efficienza e trasparenza del mercato del controllo societario e del mercato dei capitali…».
A conforto di tale ipotesi sembra militare, superato il pallido accenno precedentemente contenuto nell’“Appunto – norma anti-scorrerie” del MISE, la Relazione del Governo alle Camere in occasione della presentazione per la conversione del d.l. 8 aprile 2020, n. 23, che non fa mistero dell’intendimento di voler ampliare l’ambito di applicabilità dell’art. 1202-bist.u.f., la cui introduzione appariva volta «…a prevedere strumenti di difesa del controllo azionario delle società da manovre speculative, prevenendo eventi di scalate ostili in una fase del mercato, quale quella attuale, caratterizzata da corsi azionari molto al disotto della media degli ultimi anni, che potrebbero consentire a terzi diversi dai soci attuali di acquisire con un livello minimo di capitale impiegato partecipazioni o quote di controllo delle società…». Peraltro, «in linea con quanto previsto nel comma 2-bis del medesimo articolo 120 del TUF», è emersa la necessità di introdurre anche il comma 4-bis[32].
Complessivamente, l’analisi delle modifiche all’art. 120 t.u.f. permette di individuare una linea d’azione del legislatore in continuità con gli interventi difensivi del controllo azionario, dei quali parrebbero far parte a tutti gli effetti i commi 2-bis e 4-bis della disposizione in esame, che sembrano suffragare ulteriormente l’ipotesi dell’esistenza di un microsistema normativo a difesa dell’Italianità, ossia a presidio della detenzione “in mani italiane” di partecipazioni di controllo ex art. 2359 c.c. o di diritti di voto in misura tale da garantire un’influenza dominante in emittenti di diritto italiano, aventi sede legale in Italia e strumenti negoziati sul mercato regolamentato italiano.
[1] Questa la definizione in G. Devoto, G. C. Oli, L. Serianni, M. Trifone, Nuovo Devoto-Oli. Il vocabolario dell’italiano contemporaneo, Firenze, Le Monnier, 2017, ad vocem.
[2] Anche con riferimenti al Made in Italy, v. R. Viale, Che cosa si intende nel mondo per Italianità?, in Sole 24 Ore, 12 marzo 2012, D. Aquaro, Cosa è «Made in Italy» (e cosa no), in Sole 24 Ore, 13 novembre 2013.
[3] Sia consentito il riferimento a Baldacci, La “difesa dell’Italianità”, di prossima pubblicazione in Giur. Comm.
[4] Si v. il recente art. 79 del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, ora convertito in l. 24 aprile 2020, n. 27, per il caso Alitalia oppure anche il caso Airbus, le cui azioni erano divise tra Francia, Germania, Inghilterra e Spagna, cfr. AA.VV., Chapter 6: Economic nationalism, EEAG Report on the European Economy, 2007, 134 ss.
[5] In generale e in chiave comparata, v. W.-G. Ringe, U. Bernitz, Introduction, e K. J. Hopt, European Company and Financial Law: Observations on European Politics, Protectionism, and the Financial Crisis, entrambi in Company Law and Economic Protectionism: New Challenges to European Integration, W.-G. Ringe, U. Bernitz (a cura di), Oxford, Oxford University Press, 2010, 1 ss. e 29 ss.
[6] Senza pretesa di esaustività, v. F. M. Mucciarelli, Le offerte pubbliche di acquisto e scambio, Torino, Giappichelli, 2014, 139 ss., R. Lener, Basta passività, difendiamo l’Italianità! L’OPA obbligatoria dinanzi alla crisi dei mercati, in Analisi Giuridica dell’Economia, 2009, 52 ss., M. Campobasso, La tutela delle minoranze nelle società quotate: dall’eterotutela alla società per azioni “orizzontale”, in Banca, borsa, tit. cred., 2015, par. 4.
[7] P. Marchetti, C. Mosca, Note sparse sulle loyalty shares, in Riv. Soc., 2018, 1549, U. Tombari, Le azioni a voto plurimo, in Riv. dir. comm., 2016, 595, M. Bione, Il principio della corrispondenza tra potere e rischio e le azioni a voto plurimo: noterelle sul tema, in Giur. Comm., 2015, I, 266, M. Lamandini, Voto plurimo, tutela delle minoranze e offerte pubbliche d’acquisto, in Giur. Comm., 2015, I, 493-494, S. Alvaro, A. Ciavarella, D. D'Eramo, N. Linciano, La deviazione dal principio “un’azione - un voto” e le azioni a voto multiplo, Quaderni giuridici CONSOB, N. 5, gennaio 2014, 52 ss., M. Ventoruzzo, Un’azione, un voto: un principio da abbandonare?, in Giur. Comm., 2015, I, 521, E. Barcellona, Sub art. 127-quinquies t.u.f., in La società per azioni, codice civile e leggi complementari, M. Campobasso, V. Cariello, U. Tombari (a cura di), Milano, Giuffrè, 2016, 3955. Per la ricostruzione delle problematiche storiche, v. V. Cariello, Un formidabile strumento di dominio economico. Contrapposizioni teoriche, “battaglie” finanziarie e tensioni ideologiche sul voto potenziato tra le due Guerre Mondiali, Milano, Giuffrè, 2015, 43 ss.
[8] F. M. Mucciarelli, op. cit., 134 ss., P. Davies, K. J. Hopt, Control Transactions, in AA.VV., The anatomy of corporate law: a comparative and functional approach, Oxford, Oxford University Press, 2017, 227-229, R. Magliano, Disciplina dell’opaobbligatoria e tutela degli investitori: lex perfecta o perfettibile?, in Dir. comm. Internaz., 2010, 587 ss., J. L. Hansen, The Mandatory Bid Rule: Unnecessary, Unjustifiable and Inefficient, in University of Copenhagen Faculty of Law Research Paper N. 2018-54, K. J. Hopt, European Takeover Reform of 2012/2013 – Time to Re-examine the Mandatory Bid, in European Business Organization Law Review, 2015, 166-167.
[9] Segnatamente, le misure sulle difese dalle o.p.a. si applicano alle società con sede legale in Italia e titoli ammessi nei mercati europei (101-bis t.u.f.), mentre quelle sulle comunicazioni degli “assetti proprietari” sono rivolte alle emittenti aventi l’Italia come Stato membro d’origine (1202 t.u.f.). Le maggiorazioni del diritto di voto sono previste per le società costituite in Italia con azioni quotate nei mercati comunitari (119 t.u.f. per le maggiorazioni dal diritto di voto), mentre le disposizioni in materia di o.p.a. obbligatoria non vanno a beneficio degli emittenti con strumenti su mercati diversi da quello italiano (105 t.u.f.).
[10] Come si esplicherà più avanti nel testo, la possibilità di acquistare azioni proprie da parte dell’emittente riduce la contendibilità della stessa e, di pari passo, analogo (e complementare) risultato può essere ottenuto dal gruppo di comando con l’acquisto di ulteriori partecipazioni tali da consentire sino al 5% dei diritti di voto per ogni anno sino al raggiungimento del controllo di diritto (che, non a caso, esclude l’operare della disciplina dell’o.p.a. obbligatoria – v. art. 106, comma 3, lett. b) t.u.f.). L’ampliamento dei limiti, ad opera del d.l. 10 febbraio 2009, n. 5, convertito in l. 9 aprile 2009, n. 33, sembra risultare in un’estensione delle possibilità difensive, v. infra.
[11] Sulla possibilità di “blindare” le società ante quotazione, si v. M. Campobasso, op. cit., par. 4.
[12] Era la funzione storica delle azioni a voto più che proporzionale, v. l’attento studio di V. Cariello, op. cit., 43 ss.
[13] In luogo di molti, v. R. Costi, Il mercato mobiliare, Torino, Giappichelli, 2016, 299 ss.
[14] La disposizione è stata introdotta nel Titolo III, Capo II, Sezione I, all’art. 120 del T.U.F. dal d.l. 148/2017, poi convertito in legge 172/2017. Per i commenti, A. Sacco Ginevri, I. Bui, L. Locci, La norma “anti-scorrerie” introdotta dal decreto legge n. 148/2017, disponibile su dirittobancario.it, G. Sandrelli, Note sulla disciplina "anti-scorrerie", in Riv. Soc., 2018, 186 ss., D. U. Santosuosso, Prima lettura del nuovo comma 4-bis dell’art. 120 Tuf (sulla accresciuta trasparenza relativa alle acquisizioni di partecipazioni di società quotate nel contesto europeo e internazionale), in Rivista di diritto societario, 2017, 1287 ss., A. Tucci, Gli assetti proprietari delle società quotate, in M. Cera, G. Presti (a cura di), Il Testo Unico finanziario, Mercati ed emittenti, Bologna, Zanichelli, 2020, 1542 ss. Per la reazione della stampa specialistica, v. C. Fotina, Norma «anti-scorrerie», la trasparenza scatta dopo il 5%, in Sole 24 Ore, 3 marzo 2017.
[15] A. Sacco Ginevri, I. Bui, L. Locci, op. cit., 6-7.
[16]Tali esigenze costituiscono valori stabili e duraturi del funzionamento di un mercato regolamentato, il che stride con la necessità ed urgenza dell’oggetto di un decreto legge, cfr. G. Sandrelli, op. cit., 189-190.
[17] Conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, recante misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali, A.C. 2461, 20.
[18] G. Sandrelli, op. cit., 190, A. Sacco Ginevri, I. Bui, L. Locci, op. cit., 4-6, L. Enriques, M. Gatti, Creeping Acquisitions in Europe: Enabling Companies to Be Better Safe than Sorry, in Journal of Corporate Law Studies, 2015, 73 ss.
[19] A. Sacco Ginevri, I. Bui, L. Locci, op. cit., 2-3, G. Sandrelli, op. cit., 187 e 217, A. Tucci, op. cit., 1560.
[20] G. Ferri Jr., Profili attuali di diritto societario europeo, Milano, Giuffrè Editore, 2010, 106-109.
[21] R. Lener, op. cit.,63-64,F. M. Mucciarelli, op. cit., 158.
[22] Conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, cit., 19, in cui, riferendosi alle modifiche in esame: «…Come rappresentato nella «scheda di lettura» predisposta al Senato dopo l’inserimento della norma stessa ad opera della Camera dei deputati, la citata modifica all’articolo 120, così come altre «modifiche che si intendono apportare all’attuale ordinamento dei mercati finanziari» con il citato articolo 7, «appaiono volte a prevedere strumenti di difesa del controllo azionario delle società da manovre speculative, prevenendo eventi di scalate ostili in una fase del mercato, quale quella attuale, caratterizzata da corsi azionari molto al di-sotto della media degli ultimi anni, che potrebbero consentire a terzi diversi dai soci attuali di acquisire con un livello minimo di capitale impiegato partecipazioni o quote di controllo delle società»…».
[23] R. Lener, op. cit., 66, G. Marasà, Considerazioni introduttive sul d.lgs. n. 142/2008 di attuazione delle modifiche alla seconda direttiva comunitaria in materia di s.p.a., in Nuova giurisprudenza civile commentata, 2009, 569 ss., G. Ferri Jr., op. cit., 108, M. Stella Richter jr., Novità in tema di acquisto di azioni proprie, in Riv. Soc., 2009, 306-307.
[24] M. Stella Richter jr., op. cit., 297, nt. 14, e 307 ss. e Circolare di Assonime n. 22/2009, in Riv. Soc., 851.
[25] Per spunti, v. M. Campobasso, op. cit., par. 4,F. M. Mucciarelli, op. cit., 108-110, A. Tucci, op. cit., 1546, ove nt. 11. Tale quadro è solo mitigato dalla reintroduzione, da parte del D. Lgs. 149/2009, dell’obbligatorietà della passivity rule, che, salvo deroga statutaria, impone la passività degli amministratori non autorizzati con delibera assembleare, la quale, non adottata la regola di neutralizzazione (ancora opzionale), può essere adottata mediante azioni a voto maggiorato e/o plurimo. Vista la struttura del capitalismo italiano, tali deroghe probabilmente saranno adottate per difendere i soci di maggioranza di fatto o di diritto da tentativi di scalate (anche P. Davies, K. J. Hopt, op. cit., 231).
[25] Sul campo d’applicazione, F. M. Mucciarelli, op. cit.,44.
[26] A. Sacco Ginevri, I. Bui, L. Locci, op. cit., 6.
[27] B. M. Scarabelli, Nuove disposizioni in tema di obblighi di trasparenza in materia di partecipazioni rilevanti e di “dichiarazioni di intenzioni”, in M. Irrera (a cura di), Il diritto dell'emergenza: profili societari, concorsuali, bancari e contrattuali, Torino, Regolazione, Etica e Società - Centro Studi d’Impresa, 2020, 101.
[28] Così Conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, cit., 19.
[29] Sul punto, già V. Donativi, I golden powers nel “D.L. Liquidità”, su ilCaso.it, 23 aprile 2020, nonché M. B. Scarabelli, op. cit., 89 ss.
[30] Analogamente v. le delibere CONSOB nn. 21326 e 21327 del 9 aprile 2020, le quali recano «…tenendo conto delle finalità di cui all'art. 120, comma 4-bis, ultimo periodo, del TUF, il requisito dell'azionariato particolarmente diffuso si possa riferire all'assetto di controllo e sia pertanto da escludere laddove l'emittente sia soggetto a controllo di diritto ai sensi degli artt. 2359, comma 1, n. 1) cc richiamato dall'art 93 del Tuf…».M. B. Scarabelli, op. cit., 94-96.
[31] M. B. Scarabelli, op. cit., 93-94.
[32] Conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, cit., 19-20.
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