Bancario


Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 01/12/2020 Scarica PDF

L'inconvertibilità ex art. 1424 c.c. del mutuo fondiario nullo in ordinario mutuo ipotecario per consapevole o inescusabile violazione del limite di finanziabilità

Dario Nardone, Avvocato in Pescara


Premessa - 1. I fattori, soggettivo e oggettivo, impedienti la conversione: consapevolezza ed illiceità - 2. Consapevolezza ed inescusabilità della violazione

     

Premessa

Come noto, l’art. 38 TUB[1] prescrive, nel mutuo fondiario, che l’importo massimo erogabile  non possa essere superiore all’80% del valore dell’immobile oggetto dell’ipoteca iscritta a garanzia della restituzione delle somme mutuate.

La Corte di Cassazione (13 luglio 2017, n. 17352; 16 marzo 2018, n. 6586;12 aprile 2018, n. 9079; 9 maggio 2018, n. 11201; 11 maggio 2018, n. 11543; 28 maggio 2018, n. 13285; 28 maggio 2018, n. 13286; 24 settembre 2018, n. 22459; 3 ottobre 2018 n .24138; 19 novembre 2018, n. 29745; 28 giugno 2019, n. 17439; 27 novembre 2019, n. 31057; 21 gennaio 2020, n.1193) ha affermato che il rispetto del limite di finanziabilità è una norma imperativa di ordine pubblico, la cui violazione determina la nullità integrale del contratto in quanto norma posta a presidio di diritti indisponibili sottesi a superiori interessi pubblici, finalizzati a stimolare la mobilizzazione della proprietà immobiliare e ad agevolare le attività imprenditoriali.

Gli interessi pubblici che il limite di finanziabilità intende perseguire si colgono sostanzialmente nell’assicurare al mutuante un veloce strumento di recupero delle somme erogate; nel consentire il rispetto integrale del contratto anche dopo la risoluzione dello stesso, riconoscendo il diritto potestativo al terzo che partecipa alla vendita forzata di subentrare nel contratto risolto senza l’autorizzazione del Giudice e senza il consenso del creditore; nel tutelare il debitore da aggravamento di rischi espoliativi[2].

È altrettanto noto e pacifico che il valore da prendere in considerazione non sia quello commerciale o di mercato dell’immobile da ipotecare, bensì il c.d. valore cauzionale[3], ovvero quel valore che ci si attende ragionevolmente dal netto realizzo di una potenziale procedura esecutiva avente ad oggetto l’immobile ipotecato, tale da compendiare l’integrale soddisfacimento del credito finanziato, comprensivo del capitale erogato, degli interessi e dei costi di procedura : “Ai fini dell’apprezzamento circa il rispetto del limite di finanziabilità prescritto per il mutuo fondiario dalla normativa legale e regolamentare, il giudice deve tenere in considerazione il cd. valore cauzionale del bene ipotecato, vale a dire la concreta e attuale prospettiva di negoziabilità dell’immobile, del tutto svincolata da considerazioni di carattere speculativo, sì che, se non è possibile far riferimento a un valore di liquidazione, tra le diverse stime possibili deve privilegiarsi quella di tipo prudenziale” (Cass. 9 maggio 2018, n. 11201, su Il Caso)[4].

Gli stessi Ermellini hanno però ripetutamente precisato[5] che, pur essendo integralmente nullo il contratto di mutuo fondiario per violazione del limite massimo erogabile, il mutuante può nondimeno far istanza ex art. 1424 c.c. per chiedere la conversione del mutuo fondiario nullo in mutuo ipotecario ordinario, con salvezza delle condizioni economiche pattuite e mantenimento della garanzia ipotecaria, purché l’istanza venga formulata nella prima difesa utile[6].  

 

1. I fattori, soggettivo e oggettivo, impedienti la conversione: consapevolezza ed illiceità   

Tuttavia, le condizioni di ammissibilità dell’istanza di conversione non si esauriscono solo nel tempestivo rispetto dell’accennato termine decadenziale.

Cass. Civ., sez. I, 09 maggio 2018, n. 11201. Est. Dolmetta, dapprima puntualizza che “Il limite di finanziabilità fissato dalla normativa di legge e amministrativa discende dalla struttura di base del mutuo fondiario, quale contratto di credito in cui la prospettiva di rientro si misura sul bene portato in garanzia, e connota così l’oggetto di tale peculiare fattispecie negoziale, atteggiandosi propriamente a requisito di validità il cui superamento è determinativo di nullità”, che assume i connotati della integralità atteso che “Il meccanismo di «non-propagazione» della nullità di una parte del contratto all’intero negozio (cd. nullità parziale), di cui all’art. 1419 comma 2°, cod. civ., è del tutto incompatibile con la nullità per superamento del limite di finanziabilità, la quale incide sull’oggetto del negozio e non su una sua parte, determinando pertanto la caducazione dell’intero contratto di mutuo fondiario”; subito dopo, però, precisa a quali (altre) condizioni sia ammissibile e possa operare l’istituto della conversione ex art. 1424 c.c..

Continua difatti asserendo che “Il contratto di mutuo fondiario nullo per superamento del limite di finanziabilità può essere oggetto di conversione ex art. 1424 c.c. in un contratto di mutuo ordinario. Di là dalle ipotesi di un'eventuale illiceità o non meritevolezza della fattispecie concreta, che impediscono di discostarsi dalla sanzione di nullità-inefficacia del negozio, l'indagine del giudice di merito circa l’effettivo operare di tale conversione deve essere diretta a verificare se il credito sia stato erogato nella consapevolezza, o meno, del fatto che il valore dell'immobile non raggiungesse la soglia richiesta dalla legge, ovvero pure se il conseguimento dei peculiari «vantaggi fondiari» abbia costituito la ragione unica, o comunque determinante, dell'operazione; la sussistenza di anche una sola tra tali circostanze impone al giudice, secondo il preciso disposto dell'art. 1424 cod. civ., di escludere l’operare della conversione. Nel compiere tale indagine si deve tenere in conto, tra l'altro, che la misura del credito da erogare e la dimensione dei «privilegi» voluti dal mutuante costituiscono, per regola, proprio i momenti topici delle trattative relative alle operazioni di finanziamento fondiario”.

Dunque, ammonisce la Corte, l’operazione ermeneutica di conversione non è, per così dire, “automatica” sol perché sia stata tempestivamente richiesta, posto che, di là dai casi di illiceità o non meritevolezza della fattispecie concreta che impongono di tenere ferma la descritta sanzione, il Giudice di merito deve, secondo il preciso disposto dell’art. 1424 cod. civ, escludere l’operare di tale meccanismo se il credito è stato erogato nella consapevolezza del fatto che il valore dell’immobile non raggiungesse la soglia richiesta dalla legge, ovvero pure se il conseguimento dei descritti vantaggi connessi al tipo fondiario abbia costituito la ragione determinante dell’operazione.

E, al fine ostativo, è sufficiente che ricorra anche solo uno dei detti impedienti.

L’art. 1424 c.c., recita: “il contratto nullo può produrre gli effetti di un contratto diverso del quale contenga i requisiti di sostanza e di forma, qualora, avuto riguardo allo scopo perseguito dalle parti, debba ritenersi che esse lo avrebbero ugualmente voluto se avessero conosciuto la nullità”.

Quest’ultimo inciso induce a ritenere scontato che il legislatore abbia previsto la possibilità di conversione ipotizzando che le parti non fossero state a conoscenza (consapevoli) della causa di nullità al momento della stipula negoziale: per Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 923 del 24 marzo 1972, “La norma dell'art. 1424 c.c. contempla la conversione del negozio nullo sul presupposto implicito della ignoranza di tale nullità, al momento della conclusione del contratto, in quanto prevede che, ove le parti l'avessero in tal momento conosciuta, avrebbero voluto, nel regolamento degli interessi, da esse perseguito, un negozio diverso”.

Insomma, l’art. 1424 c.c. è fondato su una sorta di ignoranza scusabile presumente la buona fede dei contraenti, impedendo che una causa di nullità del negozio concluso possa paralizzare la loro effettiva volontà quando questa, comunque, possa essere attuata per mezzo di un contratto diverso del quale quello nullo ne soddisfi i requisiti di forma e di sostanza.

Ma il caso che ci occupa è totalmente diverso: qui non si discute dell’aver concluso un contratto nullo per carenza di sostanza o di forma, che possa giustificare l’indulgenza del Legislatore enfatizzante la volontà dei contraenti: qui, invece, v’è la violazione di uno specifico divieto normativo alla cui osservanza è tenuto il solo mutuante fondiario, che va a connotare l’atto compiuto come illecito, oltre che e prima ancora che nullo.

In altre parole, il limite di finanziabilità del mutuo fondiario è norma imperativa rivolta specificatamente  all’intermediario (fondiario), il quale è soggetto caratterizzato da una elevata diligenza tecnica ex art. 26 TUB[7], per cui, in astratto, non potrebbe onestamente neanche ipotizzarsi che non sia stato consapevole della nullità derivante dalla violazione del divieto e/o della normativa che lo ha introdotto.

Se, dunque, è vero che l’art. 1424 c.c. postuli di verificare la volontà dei contraenti, è altrettanto vero che, prodromicamente, richieda di appurare che la nullità non sia dovuta ad illiceità, in quanto l'ordinamento non concede mai tutela, nemmeno in via indiretta, a chi ha posto in essere un atto illecito in violazione di uno specifico divieto normativo: una volontà (che si estrinseca in una convezione) illecita, non può mai passare positivamente il giudizio di meritevolezza; per cui, nel giudizio di ammissibilità della conversione, la delibazione di liceità è necessariamente preliminare e preminente sul sindacato dell’effettiva volontà dei contraenti.

La Suprema Corte ha già da tempo cristallizzato questi principi, che sono risalenti ma pacifici: la conversione non opera se:

· le parti conoscevano la causa di nullità del contratto (cfr. Cass. 9 febbraio 1980, n. 899; Cass. 24 marzo 1972, n. 1516);

· o se la nullità deriva da illiceità (Cass. 26 settembre 1964, n. 2437; Cass. 2 febbraio 1957 n. 406; Cass. 18 aprile 1953 n. 1036).

Come evincesi in particolare da questi ultimi arresti, per l’inibitoria della conversione non assume carattere indefettibile l’aspetto soggettivo dato dalla consapevolezza della nullità e/o della violazione del limite legale, ma è sufficiente già l’aspetto meramente oggettivo della illiceità del comportamento (della banca che eroga somme oltre il limite), dalla quale l’ordinamento faccia conseguire la nullità dell’atto compiuto in violazione del divieto legale.

Detto in altri termini, la conversione va negata sia quando ricorre, dal punto di vista soggettivo, la consapevolezza originaria, in capo al mutuante, della nullità del contratto e/o della violazione del limite legale, sia quando, pur in assenza di questa, la violazione del divieto si estrinsechi in un negozio oggettivamente illecito, come non potrebbe che essere nel caso, qui assodato, in cui il contratto venga perfezionato in dispregio di un divieto normativo.    

Come correttamente osservato in dottrina (FRANCESCO GALGANO, Trattato di diritto civile, Volume 2, dicembre 2010, pag. 380) … “Sono limiti pienamente giustificati: volere un contratto sapendolo nullo, equivale a non volerlo; manca la volontà contrattuale presupposta dalla conversione. Del pari, l’illiceità che rende nullo il contratto non può non comunicarsi allo “scopo perseguito dalle parti”, impedendo la conversione in un contratto lecito”.

Insomma, la originaria consapevolezza in capo al mutuante del superamento del limite, impedisce allo stesso di poter beneficare della facoltà di conversione ex art. 1424 c.c. la quale, se presuppone di effettuare la verifica del reale scopo perseguito dalle parti, dall’altra richiede altresì che le stesse non fossero consapevoli della causa di nullità.

Allo stesso modo, impedisce la conversione la nullità derivata da illiceità, la quale, a sua volta, è cagionata dalla violazione di un divieto normativo, indipendentemente dalla consapevolezza della nullità in capo al mutuante.

 

2. Consapevolezza ed inescusabilità della violazione

Prescindendosi, comunque, dall’autosufficiente forza impediente la conversione promanante dalla oggettiva illiceità, è sommesso ma fermo pensiero di chi scrive che debba necessariamente essere equiparata la consapevolezza del superamento del limite alla negligenza-imperizia per non averlo valutato o correttamente valutato.

Difatti, nella casistica giudiziaria, spesso agli atti viene prodotta la relazione di stima redatta dal perito incaricato dalla banca nell’istruttoria del mutuo, nella quale appare esplicitato un valore dell’immobile poi deliberatamente superato nell’erogazione: in tali casi, convivono entrambi i presupposti impedienti la conversione, la consapevolezza e la illiceità[8].

Ma a conclusioni diverse non può non giungersi in caso di non (documentale) consapevolezza.

Accade sovente che la banca non consegni la perizia della istruttoria del mutuo fondiario al cliente (e non la versi in atti) e che quest’ultimo produca in giudizio una propria CTP[9] dalla quale risulti superato (spesso anche grandemente) il limite di finanziabilità: al di là dell’aspetto, squisitamente processuale, per il quale il mutuante fondiario potrebbe essere destinatario di una istanza di esibizione ex art. 210 c.p.c. e sarebbe comunque soggetto all’onere di dimostrare il contrario – in ispecie, come sia pervenuto illo tempore ad assegnare all’immobile un valore, a suo dire legittimante sine vice l’erogazione fondiaria -  è evidente che la banca non può trincerarsi, per andare esente da censure al fine di chiedere la conversione, dietro una sconoscenza della legge e/o della illiceità del suo agire o dietro, semplicemente, una “innocente” inconsapevolezza del superamento del limite.

Non può non valorizzarsi che il mutuante fondiario è tenuto alla diligenza del bonus argentarius, esercendo un’attività con indubbia valenza pubblicistica; egli è lo specifico ed unico soggetto chiamato al rispetto del limite legale di finanziabilità: appare dunque quasi scolastico rimarcare come, in tale contesto, debba trovare la più rigorosa applicazione del brocardo ignorantia legis non excusat.

Come pure non può ritenersi esente da responsabilità il mutuante qualora (come del pari sovente e mestamente è dato constatare nei contenziosi) depositi una relazione di (sovra)stima dell’immobile manifestamente abnorme rispetto ai parametri, per così dire, ordinari: tale comportamento, ad avviso di chi scrive, è anzi ancor più grave perché la perizia estimatoria assumerebbe più i connotati di un espediente preordinato all’illecito debordo della somma massima erogabile che quelli dello strumento tecnico fisiologicamente proteso al rispetto del limite di finanziabilità fondiaria - senza dire che, l’utilizzo probatorio in giudizio di una siffatta perizia, ingiustificatamente abnorme e quindi falsa, potrebbe anche avere risvolti penalistici.

Ebbene, in tali casi la banca di certo non può seriamente rivendicare la propria buona fede riversando la responsabilità sul perito, perché (se proprio non si vuol parlare di correità, in senso lato, tra mutuante e perito) sarebbe comunque biasimabile per culpa in vigilando; in ogni caso, nei rapporti tra mutuante e mutuatario, un’eventuale perizia abnorme sarebbe comunque imputabile alla sfera giuridica soggettiva della banca, salva poi sua eventuale rivalsa contro il perito infedele; sicché, in ultima analisi, l’eventuale “scaricabarile” non potrebbe mai evitare la inconvertibilità del mutuo fondiario in mutuo ipotecario e, dunque, l’insuperabile definitiva nullità.    

In conclusione, richiamati i principi risalenti e pacifici della Suprema Corte in tema di ammissibilità dell’istituto della conversione e contestualizzatili al caso specifico qui trattato, dovrebbe ragionevolmente concludersi che giammai il creditore fondiario può essere ammesso alla conversione, perché la nullità di cui trattasi deriva comunque da illiceità per violazione di un divieto ex lege (cfr. supra Cass. 26 settembre 1964, n. 2437; Cass. 2 febbraio 1957 n. 406; Cass. 18 aprile 1953 n. 1036), specificamente legiferato per egli medesimo: poco importa che egli sia stato consapevole o che sia stato negligente o imperito.

Gli unici casi residuali in cui potrebbe ammettersi legittimamente la conversione, sarebbero quelli in cui le valutazioni di stima (dei periti della banca e del mutuatario, o del CTU) non siano sensibilmente distanti e dunque quando, da una verifica (giudiziale) ex post, l’avvenuto superamento del limite alla data del rogito non sia riconducibile a comportamenti volontari o colposi del mutuante.

E proprio in ciò deve intervenire il prudente apprezzamento del Giudice, secondo la citata Cass. n. 11201/2018, la cui massima è utile ripetere: “l'indagine del giudice di merito circa l’effettivo operare di tale conversione deve essere diretta a verificare se il credito sia stato erogato nella consapevolezza, o meno, del fatto che il valore dell'immobile non raggiungesse la soglia richiesta dalla legge, ovvero pure se il conseguimento dei peculiari «vantaggi fondiari» abbia costituito la ragione unica, o comunque determinante, dell'operazione”.

Appare a chi scrive del tutto evidente che, al di là dei casi residuali sopra menzionati, riconoscere alla banca la facoltà di chiedere la conversione del mutuo fondiario nullo nel mutuo ordinario ipotecario, significherebbe premiare chi abbia dolosamente o colposamente commesso un atto illecito, violando un preciso divieto di legge per egli legiferato, ledendo interessi pubblici e provocando, per vili ed immeritevoli scopi speculativi, un sovrafinanziamento del mutuatario che sovente, a distanza di tempo, si tramuta in uno speculare sovraindebitamento.

Con danno non solo dei singoli, ma dell’intero mercato del credito: si legga NPL.

Pescara, lì 25 novembre 2020.



[1] Art. 38 del TUB: “1. Il credito fondiario ha per oggetto la concessione, da parte di banche, di finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili. 2. La Banca d’Italia, in conformità delle deliberazioni del CICR, determina l’ammontare massimo dei finanziamenti, individuandolo in rapporto al valore dei beni ipotecati o al costo delle opere da eseguire sugli stessi, nonché le ipotesi in cui la presenza di precedenti iscrizioni ipotecarie non impedisce la concessione dei finanziamenti”. La norma va letta in uno con la Delibera applicativa CICR del 22 aprile 1995, al cui art. 1 si legge: “L’ammontare massimo dei finanziamenti di credito fondiario è pari all’80 per cento del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere da eseguire sugli stessi. (…) Tale percentuale può essere elevata fino al 100 per cento, qualora vengano prestate garanzie integrative, rappresentate da fideiussioni bancarie e assicurative, polizze di compagnie di assicurazione, cessioni di annualità o contributi a carico dello Stato o di enti pubblici, fondi di garanzia e da altre idonee garanzie, secondo i criteri previsti dalla Banca d‘Italia”. Ai sensi di detta Delibera le garanzie integrative ammesse sono “fideiussioni bancarie, polizze fideiussorie di compagnie di assicurazione, garanzia rilasciata da fondi pubblici di garanzia o da consorzi e cooperative di garanzia fidi, cessioni di crediti verso lo Stato, cessioni di annualità o di contributi a carico dello Stato o di enti pubblici, pegno su titoli di Stato”, con esclusione, dunque, di garanzia rilasciate da soggetti privati (persone fisiche o giuridiche). Con successivo comunicato titolato “Garanzie integrative per il credito fondiario” pubblicato nella G.U. Serie Generale n. 76 del 2 aprile 2005, la Banca d’Italia ha dato conferma in merito alla idoneità, di tali esclusive garanzie, all’elevazione del limite di finanziabilità fino al 100 per cento: “Le garanzie integrative devono consentire alle banche finanziatrici un effettivo beneficio in termini di contenimento del rischio di credito, con conseguente possibilità di ridurre il livello di copertura della garanzia ipotecaria… essere direttamente riferibili alla singola operazione di finanziamento; coprire esplicitamente le perdite derivanti dal mancato pagamento del debitore per la quota fissata contrattualmente; prevedere che il loro utilizzo non sia in alcun modo condizionato contrattualmente al verificarsi di eventi diversi dall’inadempimento del debitore; non essere revocabili dal garante; essere escutibili tempestivamente e a prima richiesta…Non sono pertanto idonee le garanzie integrative che prevedono il pagamento alla banca solo al termine delle procedure esecutive (quindi dopo la vendita dell’immobile) o che consentono al garante di opporre il beneficio della preventiva escussione del debitore”.Cfr. in termini Cass. Civ., sez. I, sentenza n. 9079 del 12 aprile 2018; Cass. Civ., sez. I, sentenza n. 11201 del 9 maggio 2018, a mente della quale “La Delib. CICR dell’aprile 1995, emanata in applicazione della norma dell’art. 38, comma 2 TUB, è netta nell’affermare che possono fungere da “garanzie integrative” ai fini dell’innalzamento del limite massimo di finanziabilità dall’80% al 100% [del mutuo fondiario] solo determinate categorie – o tipologie – di garanzie, che siano altresì ritenute “idonee” sulla base di criteri in generale predisposti dalla Banca d’Italia… Tra le tipologie di garanzie utilizzabili in proposito – come indicate dalla Banca d’Italia (in G.U. n. 76, 2 aprile 2005) sulla scorta della disposizione della Delib. CICR – non rientra la fideiussione prestata da semplici società a responsabilità limitata o da persone fisiche. Del resto, il livello di affidabilità patrimoniale, che risulta coerente alle tipologie di garanzie integrative, si attesta sulla linea di quella data dallo Stato, dalle compagnie di assicurazione e da talune delle imprese disciplinate dal testo unico bancario (cfr. sul punto la già citata pronuncia di Cass., n. 9079/2018)”.

[2] Cfr. Corte di appello Venezia, 25 giugno 2019, Pres. Cinzia Balletti, Est. Morsiani, su Il Caso: “Il superamento del limite massimo di finanziabilità comporta la nullità del mutuo in quanto la ratio della norma è quella di non esporre il mutuatario debitore ai rischi espoliativi (per la residua parte del suo patrimonio) ovvero di pura sorte. Il limite di finanziabilità risponde, invero, all'esigenza di circoscrivere il rischio insito in operazioni che non presentano ex ante sufficienti prospettive di effettiva fattibilità e buon esito per cui attiene ad interessi pubblici, di sistema, essendo una norma imperativa di validità del contratto”.

[3] In merito alla determinazione del limite e del valore cauzionale, cfr. Direttiva comunitaria n. 32 del 22 giugno 1998; Direttiva n. 12 del 20 marzo 2000; Direttiva n. 48 del 14 giugno 2006; Banca d’Italia n. 263 del 27 dicembre 2006; Direttiva comunitaria n. 575 26 giugno 2013; Banca d’Italia Circolare n.285 del 17 dicembre 2013; ABI-linee guida valutazioni immobiliari maggio 2011. Il Regolamento (UE) 575/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio e dal Codice delle Valutazioni Immobiliari (Quinta edizione, 2018) ha poi introdotto la definizione di Mortgage Lending Value (MLV) o “valore di credito ipotecario” (cioè, il valore cauzionale), che è inteso quale valore dell’immobile determinato in base ad un prudente apprezzamento della futura negoziabilità dell’immobile stesso, tenuto conto degli aspetti durevoli a lungo termine dell’immobile, delle condizioni normali e locali del mercato, dell’uso corrente dell’immobile e dei suoi appropriati usi alternativi.

[4] Cfr. anche Cass. 1 settembre 1995, n. 9219, in ambito della previgente normativa del credito edilizio ex L. 474/49, rispetto alla quale l’art. 38 TUB, sotto l’accezione del valore cauzionale, si pone senza soluzione di continuità.

[5] Cfr. Cass. n. 29745/2018, n. 11201/2018, n. 6586/2018, n. 22466/2018, n. 17352/2017.

[6] In termini cfr. Cass. n. 17352/2017 e n. 22466/2018.

[7] Art. 26 TUB: “1. I soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso banche devono essere idonei allo svolgimento dell'incarico. 2. Ai fini del comma 1, gli esponenti devono possedere requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza, soddisfare criteri di competenza e correttezza, dedicare il tempo necessario all'efficace espletamento dell'incarico, in modo da garantire la sana e prudente gestione della banca. 3. Il Ministro dell'economia e delle finanze, con decreto adottato sentita la Banca d'Italia, individua: a) i requisiti di onorabilità omogenei per tutti gli esponenti; b) i requisiti di professionalità e indipendenza, graduati secondo principi di proporzionalità; c) i criteri di competenza, coerenti con la carica da ricoprire e con le caratteristiche della banca, e di adeguata composizione dell'organo; d) i criteri di correttezza, con riguardo, tra l'altro, alle relazioni d'affari dell'esponente, alle condotte tenute nei confronti delle autorità di vigilanza e alle sanzioni o misure correttive da queste irrogate, a provvedimenti restrittivi inerenti ad attività professionali svolte, nonché a ogni altro elemento suscettibile di incidere sulla correttezza dell'esponente; e) i limiti al cumulo di incarichi per gli esponenti delle banche, graduati secondo principi di proporzionalità e tenendo conto delle dimensioni dell'intermediario; f) le cause che comportano la sospensione temporanea dalla carica e la sua durata. 4. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze possono essere determinati i casi in cui requisiti e criteri di idoneità si applicano anche ai responsabili delle principali funzioni aziendali nelle banche di maggiore rilevanza”.

[8] È il caso esaminato da Tribunale di Pistoia, sentenza n. 25 del 14 gennaio 2020, Est. Lucia Leoncini: “… la domanda di conversione ex art. 1424 c.c. risulta infondata nel merito non ricorrendo nella specie i requisiti per l’operatività della conversione: come correttamente eccepito dai conventi, infatti, a presupposto della disciplina di cui all’art. 1424 c.c. vi è il dato della mancata conoscenza della causa di nullità ad opera delle parti al momento della stipula del contratto, prevedendosi che il contratto nullo può produrre gli effetti di un contratto diverso del quale abbia i requisiti di sostanza e forma qualora, avuto riguardo allo scopo (nel senso di complessivo assetto negoziale) voluto dalle parti, risulta che esse avrebbero voluto concludere il diverso contratto se fossero state a conoscenza della causa di nullità. Nella vicenda de qua, invece, non può dirsi che la Banca non fosse a conoscenza della nullità del mutuo, essendo in suo possesso la perizia redatta proprio in fase istruttoria di erogazione del mutuo dalla quale risultava evidente la violazione dell’art. 38 co. 2 T.U.B. ovvero il superamento del limite di finanziabilità del mutuo... Siffatte considerazioni determinano l’insuperabilità della sanzione di nullità da cui deve essere colpito il contratto di mutuo fondiario azionato in via esecutiva, stante da un lato l’invalidità integrale dello stesso per violazione della norma imperativa di cui all’art. 38 co. 2 T.U.B. e, dall’altro lato, l’impossibilità di conversione del contratto nullo per mancanza dei presupposti di operatività della disciplina di cui all’art. 1424 c.c.. Tanto basta per la caducazione del titolo esecutivo in forza del quale è stata azionata la procedura esecutiva n. /2016, attualmente sospesa e i cui atti devono essere dichiarati inefficaci”. Edita in https://www.studiolegalenardone.it/tribunale-di-pistoia-sentenza-n-25-del-14-gennaio-2020-est-lucia-leoncini-in-caso-di-consapevole-violazione-del-limite-di-finanziabilita-il-mutuo-fondiario-e-insuperabilmente-nullo-perc/. 

[9] Si ricorda che, nella prassi, i valori di stima degli immobili vengono per lo più ricavati dalla Banca dati delle quotazioni immobiliari (OMI) tenuta presso l’Agenzia delle Entrate, sul sito della quale si legge: “Le quotazioni immobiliari semestrali individuano, per ogni delimitata zona territoriale omogenea (zona OMI) di ciascun comune, un intervallo minimo/massimo, per unità di superficie in euro al mq, dei valori di mercato e locazione, per tipologia immobiliare e stato di conservazione”. Dunque le valutazioni, salvo casi particolari dovuti a peculiari caratteristiche dell’immobile (es.: materiali di pregio, etc.), sono ricavabili, per ogni immobile, in un preciso contesto storico e topografico attraverso parametri apprezzabili oggettivamente.


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