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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 13/07/2022 Scarica PDF
Il contratto stipulato a seguito di condotta estorsiva: fra annullabilità per violenza e nullità "virtuale" (nota a Cass. II N. 17568, 4.5.2022-31.5.2022)
Davide Bottarelli, Avvocato del Foro di BresciaAbstract. In tema di invalidità del contratto concluso a seguito di condotta estorsiva ex art. 629 c.p., la seconda sezione della Corte di Cassazione, con ordinanza n. 17568, datata 4.5.2022 e pubblicata il 31.5.2022, ha dichiarato la nullità c.d. “virtuale” dell’accordo, ex art. 1418 1° co. c.c.
Il problema è legato al rapporto fra invalidità e violazione di norme penali in ipotesi di c.d. “reato in contratto”. A riguardo la dottrina ritiene applicabile la disciplina civilistica relativa al vizio della volontà in concreto realizzato. La giurisprudenza ravvisa invece la sussistenza di una nullità quando la norma imperativa disattesa tuteli interessi pubblici o collettivi.
In merito alla problematica oggetto dell’ordinanza, si registrano due orientamenti: il primo ritiene l’atto concluso a seguito di condotta estorsiva affetto da annullabilità per violenza, ex art. 1434 c.c.; il secondo, accolto dalla pronuncia in oggetto, lo ritiene affetto da nullità per violazione di norme imperative di tutela di interessi pubblici o collettivi, ex art. 1418 1° co. c.c.
L’orientamento accolto dalla menzionata ordinanza presenta profili di criticità in merito alla corretta qualificazione del caso concreto (e alle relative implicazioni sulla sua disciplina normativa), nonché all’inosservanza del principio di prevalenza della norma speciale su quella generale.
Sommario: 1. Introduzione. – 2. Il fatto. – 3. L’invalidità: nullità e annullabilità. – 4. Le invalidità e le norme penali. – 5. Il contratto stipulato a seguito di condotta estorsiva: tesi dell’annullabilità per violenza. – 6. Il contratto stipulato a seguito di condotta estorsiva: tesi della nullità virtuale. – 7. Conclusioni.
1. Introduzione.
L’individuazione dell’invalidità contrattuale non risulta immediata nel caso di condotta che, oltre a violare una norma penale, costituisca un presupposto civilistico di annullabilità.
Con riferimento alla conclusione di un accordo a seguito di condotta integrante il delitto di estorsione ex art. 629 c.p., si confrontano due diversi orientamenti: il primo ravvisa nell’accordo concluso un vizio di annullabilità per violenza, ex art. 1434 c.c.; il secondo, più recente, ravvisa un caso di nullità c.d. “virtuale”, ex art. 1418, 1° co., c.c.
Recentemente la seconda sezione della Corte di Cassazione, con ordinanza n. 17568, datata 4.5.2022 e pubblicata il 31.5.2022, è intervenuta sulla questione.
2. Il fatto.
Il fatto oggetto di decisione verte su un’articolata vicenda creditoria, intercorrente fra due fratelli e una società, di cui si espongono i punti rilevanti ai fini del presente scritto.
Una società prestava ai fratelli una somma di denaro e questi, trovandosi nell’impossibilità di onorare il debito, vendevano alla creditrice – mediante contratto preliminare e susseguente definitivo – un immobile di loro proprietà.
Successivamente la società otteneva dal Tribunale di Ancona l’emissione di decreto ingiuntivo nei confronti dei debitori, i quali in sede di opposizione eccepivano, fra le altre cose, la nullità dei menzionati contratti immobiliari, ex art. 1418, 1° co., c.c., in quanto stipulati a seguito di condotta estorsiva ex art. 629 c.p.
Il Giudice di prime cure, differentemente dalla ricostruzione degli opponenti, ravvisava nei menzionati contratti immobiliari un’ipotesi di annullabilità per violenza, ex art. 1434 c.c. Successivamente la Corte di Appello di Ancona, con sentenza n. 838, depositata in data 8.7.2016, confermava il menzionato capo della decisione.
Le parti ricorrevano alla Corte di Cassazione e i debitori, fra le altre cose, con il terzo motivo di ricorso, censuravano la sentenza di secondo grado nella parte in cui riteneva i contratti de quibus annullabili e non nulli.
Il Giudice di legittimità, con ordinanza datata 4.5.2022 e depositata il 31.5.2022, accoglieva con rinvio l’esposto motivo di ricorso, dichiarando assorbite le restanti censure e formulando il seguente principio di diritto: “Il contratto stipulato per effetto diretto del reato di estorsione è affetto da nullità ai sensi dell'art. 1418 c.c., rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio, in conseguenza del suo contrasto con norma imperativa, dovendosi ravvisare una violazione di disposizioni di ordine pubblico in ragione delle esigenze d'interesse collettivo sottese alla tutela penale, in particolare l'inviolabilità del patrimonio e della libertà personale, trascendenti quelle di mera salvaguardia patrimoniale dei singoli contraenti perseguite dalla disciplina sull'annullabilità dei contratti”.
3. L’invalidità: nullità e annullabilità.
La problematica sottesa alla decisione in oggetto verte sul concetto di invalidità del contratto in relazione alla violazione di norme penali.
L’invalidità del negozio giuridico consiste nella sua difformità dall’ordinamento e ne comporta l’inefficacia originaria o conseguente a provvedimento giudiziale[2]. Il Codice annovera, nell’ambito delle invalidità contrattuali, la nullità e l’annullabilità (è discusso se possa aggiungersi la rescindibilità[3])[4]. La nullità è un vizio radicale, di portata generale, implicante l’inefficacia ab origine del contratto[5]. L’annullabilità, ricorrente nei casi previsti dalla legge, integra un vizio meno grave, comportante la provvisoria efficacia dell’accordo fino all’intervento di una pronuncia costitutiva di annullamento[6]. Le interferenze fra i menzionati vizi e il diritto penale sono molteplici.
4. Le invalidità e le norme penali.
Per quanto concerne la nullità c.d. “virtuale”, l’art. 1418, 1° co., c.c. prevede la nullità del contratto “quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente” (ammettendo, quindi, la previsione di casi in cui la violazione di tali norme comporti effetti differenti dalla nullità)[7]. A riguardo si parla di illegalità del contratto[8]. Nonostante l’ordinamento non definisca il concetto di norma imperativa (lasciando così agli interpreti il compito di delinearne la nozione[9]), la norma penale rientra pacificamente in tale categoria.
Ciononostante, alcune condotte, seppur penalmente rilevanti, implicano – almeno apparentemente – l’annullabilità del contratto, come nel caso della violenza ex art. 1434 c.c. La fattispecie menzionata costituisce un vizio del consenso del paciscente, consistente nella prospettazione di un male ingiusto e notevole, idonea a impressionare una persona sensata e ad arrecarle il timore del male prospettato ex art. 1435 c.c.[10].
A riguardo, è fondamentale la distinzione fra i c.d. “reati contratto” e i c.d. “reati in contratto”. Nel primo caso l’illecito è insito nell’accordo stesso, essendo sanzionata la pattuizione in sé e per sé (e.g. gli accordi di corruzione ex artt. 318-322 c.p., il contratto usurario ex art. 640 c.p., la cessione di stupefacenti ex art. 73, d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309)[11]. Nel secondo caso la sanzione non riguarda la regolamentazione del contratto, ma la condotta tenuta nella fase di formazione dello stesso[12].
Sotto il profilo patologico, non vi è dubbio che il “reato contratto” comporti la nullità dell’accordo ex art. 1418, cpv., c.c.[13].
Le conseguenze del “reato in contratto” implicano invece un discorso più articolato. A riguardo la dottrina sembra propendere per applicazione della disciplina relativa al vizio del consenso in concreto realizzato[14]. Diversamente, la giurisprudenza distingue i casi in cui la norma penale disattesa tuteli o meno un interesse collettivo: qualora la disposizione interessata sia prevista a presidio di un interesse pubblico, ritiene sussistere il più grave vizio della nullità. Viene esclusa l’applicazione dell’annullabilità per la diversità delle finalità sottese, in quanto la disciplina ex artt. 1425 ss. c.c. è posta a tutela dell’interesse del singolo (e non della collettività). Si tratta di un criterio ermeneutico incentrato sulla natura dell’interesse tutelato, la cui violazione (se collettivo e trascendente la sfera privata) comporterebbe, sotto il profilo civilistico, l’applicazione della disciplina dettata dagli artt. 1418 ss. c.c.[15].
Tale discussione è stata riproposta con riferimento all’ipotesi di contratto concluso a seguito di condotta estorsiva ex art. 629 c.p.
5. Il contratto stipulato a seguito di condotta estorsiva: tesi dell’annullabilità per violenza.
L’estorsione è un delitto disciplinato nel titolo XIII del libro secondo del Codice penale e definito dall’art. 629 c.p. Il reato si perfeziona quando l’agente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio con altrui danno, costringendo taluno, mediante violenza o minaccia, a fare o a omettere qualche cosa. Si tratta quindi di un reato d’evento, a forma vincolata e plurioffensivo, in quanto lesivo di più beni giuridicamente protetti, ossia la libertà personale e l’integrità patrimoniale[16].
Per quanto concerne i risvolti civilistici di tale fattispecie criminosa, ossia la patologia negoziale ravvisabile, la dottrina, dando importanza al vizio della volontà concretizzatosi[17], riconduce la fattispecie all’ipotesi di annullabilità per violenza[18]. Anche la giurisprudenza[19], almeno fino a pochi anni addietro, ha adottato la medesima soluzione. A fondamento di tale ricostruzione si adduce la considerazione che la minaccia possa essere ricondotta, sotto il profilo civilistico, alla fattispecie di cui agli artt. 1434 e 1435 c.c. e che, per l’effetto, debba trovare applicazione la relativa disciplina dell’efficacia provvisoria, sino all’intervento di una pronuncia di annullamento.
6. Il contratto stipulato a seguito di condotta estorsiva: tesi della nullità virtuale.
La giurisprudenza più recente, di merito[20] e di legittimità[21], riconduce invece la patologia negoziale conseguente ad azione estorsiva all’ipotesi di nullità del contratto, ex art. 1418 c.c.
L’orientamento giurisprudenziale attuale (e apparentemente dominante) valorizza, in particolare, la plurioffensività del delitto di estorsione. Infatti, partendo dalla rivalutazione della funzione di tutela della libertà personale (e non della sola dimensione patrimoniale) svolta dall’art. 629 c.p., riconosce che la norma penale de qua sarebbe dettata da ragioni di ordine pubblico. Più precisamente, si ritiene che la stessa tuteli esigenze d'interesse collettivo, trascendenti la mera sfera economica del privato. Pertanto, secondo tale impostazione, l’importanza degli interessi tutelati esclude la ricorrenza dell’annullabilità ed impone l’applicazione del più grave vizio della nullità.
L’orientamento descritto è stato accolto anche dall’ordinanza in esame, nella quale la Suprema Corte rivendica esplicitamente una intervenuta “evoluzione giurisprudenziale sulla c.d. ‘nullità virtuale’ per violazione di norme penali”. Il Giudice di legittimità, dopo aver ribadito la sopra rammentata distinzione fra reati contratto e reati in contratto, sottolinea la necessità di valutare la natura degli interessi sottesi alla norma penale violata (ricordando l’applicazione di tale criterio in tema di truffa e di circonvenzione d’incapace, riguardo ai quali si sono adottate soluzioni opposte[22]). Esamina quindi gli interessi sottesi al reato previsto dall’art. 629 c.p., statuendo al riguardo che “l'oggetto della tutela giuridica nel reato di estorsione è costituito dal duplice interesse pubblico della inviolabilità del patrimonio e della libertà personale”. Viene altresì ricordata la vasta legislazione speciale connessa, perseguente il duplice scopo di offrire un sostegno economico alle vittime e di implementare l’azione di contrasto al reato in oggetto, incoraggiando le denunce da parte delle vittime stesse. Sulla base di tali considerazioni, con riferimento alla natura dell’estorsione la Corte di Cassazione statuisce che “la fattispecie penale del delitto di estorsione è posta indiscutibilmente a tutela di interessi non soltanto di tipo patrimoniale, ma anche di diritti inviolabili della persona, quali appunto la libertà personale, e di interessi generali della collettività”. Infine, con riferimento all’invalidità ravvisabile, la Suprema Corte conclude che il “contratto concluso per mezzo di una condotta estorsiva, pertanto, è stipulato in violazione di norme imperative e, pur in assenza di una sanzione esplicita, è nullo per lesione dell’interesse generale di ordine pubblico tutelato dalla norma violata”.
7. Conclusioni.
La seconda sezione della Corte di Cassazione, con ordinanza n. 17568, datata 4.5.2022 e pubblicata il 31.5.2022, in commento, ha quindi ribadito il recente orientamento, secondo cui il contratto concluso per mezzo di condotta estorsiva è affetto da nullità e inefficacia ab origine, ex art. 1418 c.c., in ragione dell’importanza degli interessi tutelati dall’art. 629 c.p.
Tale orientamento, nonostante l’articolata motivazione a suo supporto, non appare esente da critiche.
In primo luogo, non vi è dubbio sulla riconducibilità della nozione penalistica di estorsione - nella misura in cui si coarti la volontà della vittima senza annichilirla - alla nozione civilistica di violenza, espressamente prevista dall’art. 1434 quale “causa di annullamento del contratto”.
Tanto più che - secondo le tradizionali regole ermeneutiche, con particolare riguardo al principio di prevalenza della norma speciale su quella generale (lex specialis derogat generali) – l’art. 1418 c.c., che prevede la nullità del contratto per contrarietà a norme imperative, “salvo che la legge disponga diversamente”, è norma generale rispetto all’art. 1434 c.c., la cui specialità rispetto alla prima è indubbia, integrando peraltro quella diversa disposizione di legge ivi prevista, pur in presenza di norme imperative.
Sulla base di tali assunti, anche nel caso in cui l’accordo sia il risultato di una condotta estorsiva, appare più ragionevole e conforme all’ordinamento ritenere prevalente la disciplina prevista dagli artt. 1434 ss. c.c. (annullabilità del contratto per violenza), rispetto a quella prevista dagli artt. 1418 ss.. c.c. (nullità del contratto per contrarietà a norme imperative).
[1] Avvocato del Foro di Brescia.
[2] L’invalidità e l’inefficacia (o, di converso, la validità e l’efficacia) sono categorie giuridiche distinte e non necessariamente compresenti. Infatti, può configurarsi sia un negozio valido ed inefficace (e.g. il contratto conforme all’ordinamento giuridico, ma soggetto a termine iniziale o a condizione sospensiva), che un negozio invalido e – almeno provvisoriamente – efficace (e.g. il contratto stipulato a seguito di vizio del consenso e non annullato da provvedimento giudiziale). A riguardo cfr. Bianca, Il contratto, 2a, in Diritto civile, III, Milano, 2000, 524-525; Ferroni, Le invalidità negoziali: generalità, in AA. VV., Le nullità negoziali di diritto comune, speciali e virtuali, a cura di Ferroni, Milano, 1998, 15-18; Gazzoni, Manuale di diritto privato, 17a, Napoli, 2015, 993; Navarretta, Attività giuridica, in AA. VV., Diritto privato, I, Torino, 306; Roppo, Il contratto, Milano, 2001, 735; Sacco, Nullità e annullabilità, in Digesto banca dati ipertestuale, Torino, 1995; Santoro-Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, 9a, Napoli, 1966, 241; Torrente, Manuale di diritto privato, 21a, Milano, 2013, 626.
[3] A favore Bianca, op. cit., 610; Carbone, Caringella, I principi del diritto civile, 2a, Roma, 235. Contra Gazzoni, op. cit., 993; Santoro-Passarelli, op. cit., 244.
[4] La categoria dell’inesistenza, consistente in una mancanza radicale degli elementi di una fattispecie, tale da rendere impossibile la sua sussunzione sotto la stessa, è una categoria di origine dottrinale e pretoria. A riguardo cfr. Bianca, op. cit., 614-616; Criscuoli, Il contratto. Itinerari normativi e riscontri giurisprudenziali, Padova, 1992, 366-367; Federico, Art. 1418, in Comm. Cendon, Milano, 2010, 935-937; Ferroni, op. cit., 7 ss.; Franceschelli, Nullità del contratto Artt. 1418-1423, in Comm. Schlesinger, Milano, 2015, 40-41; Galgano, Il negozio giuridico, in Tr. Cicu-Messineo, Milano, 1988, 240-244; Gallo, Trattato del contratto, III, Torino, 2010, 1907-1909; Gazzoni, op. cit., 995; Roppo, op. cit., 755; Sacco, op. cit.; Santoro-Passarelli, op. cit., 242; Torrente, op. cit., 624.
[5] Angeloni, Nullità, in Dizionario enciclopedico del diritto, II, diretto da Galgano, Padova 1996, 1022; Bianca, op. cit., 612; Carbone, Caringella, op. cit., 235; Criscuoli, op. cit., 372; Ferroni, op. cit., 22; Franceschelli, op. cit., 54; Galli, Nuovo corso di diritto civile, Padova, 944; Gallo, op. cit., 1906; Gazzoni, op. cit., 994; Navarretta, op. cit., 328; Nicotra, Artt. 1418-1424 c.c., in Commentario al codice civile, a cura di Giordano, Trani, 2019, 535; Roppo, op. cit., 739; Santoro-Passarelli, op. cit., 246; Torrente, op. cit., 626.
[6] Angeloni, Annullabilità, in Dizionario enciclopedico del diritto, I, diretto da Galgano, Padova 1996, 78-79; Bianca, op. cit., 642; Carbone, Caringella, op. cit., 235; Criscuoli, op. cit., 380; Currò, Art. 1441, in Comm. Cendon, Milano, 2010, 1363; Ferroni, op. cit., 22; Galli, op. cit., 944; Gallo, op. cit., 1984-1985; Gazzoni, op. cit., 1005; Navarretta, op. cit., 328; Nicotra, Artt. 1425-1446 c.c., in Commentario al codice civile, a cura di Giordano, Trani, 2019, 556-547; Roppo, op. cit., 876; Santoro-Passarelli, op. cit., 254; Torrente, op. cit., 637.
[7] Bianca, op. cit., 618; Carbone, Caringella, op. cit., 237; Criscuoli, op. cit., 368; Federico, op. cit., 948; Franceschelli, op. cit., 90-91; Galgano, op. cit., 231-232; Galli, op. cit., 951; Gallo, op. cit., 1914; Gazzoni, op. cit., 996; Navarretta, op. cit., 330; Nicotra, Artt. 1418-1424 c.c., in Commentario al codice civile, a cura di Giordano, Trani, 2019, 535; Roppo, op. cit., 746; Torrente, op. cit., 628; Vilella, Le nullità virtuali, in AA. VV., Le nullità negoziali di diritto comune, speciali e virtuali, a cura di Ferroni, Milano, 1998, 615.
[8] L’illegalità è un concetto distinto dall’illiceità del contratto, disciplinata dall’art. 1418, cpv., c.c. e rientrante nella categoria della nullità c.d. “strutturale”. L’illiceità si realizza in caso di contrarietà dell’oggetto, della causa o dei motivi (comuni ed esclusivi) a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume. Si tratta di una contrarietà all’ordinamento più forte rispetto alla mera illegalità e per tale motivo (differentemente dalla fattispecie di cui all’art. 1418, 1° co., c.c.) non ammette conseguenze diverse dalla nullità. Bianca, op. cit., 617 ss.; Carbone, Caringella, op. cit., 238; Criscuoli, op. cit., 369; Di Bona, Le singole cause d’invalidità di diritto comune, in AA. VV., Le nullità negoziali di diritto comune, speciali e virtuali, a cura di Ferroni, Milano, 1998, 133 ss.; Federico, op. cit., 975; Franceschelli, op. cit., 112 ss.; Galgano, op. cit., 244; Galli, op. cit., 944; Gazzoni, op. cit., 996; Navarretta, op. cit., 330; Nicotra, op. cit., 537; Roppo, op. cit., 747; Torrente, op. cit., 628-629.
[9] Concordemente si ravvisa quale carattere principale della norma imperativa la sua inderogabilità da parte dei privati. Inoltre, un orientamento tradizionale, ancora seguito in giurisprudenza, ritiene che la stessa tuteli un interesse pubblico. Tale impostazione è stata recentemente messa in discussione a seguito dell’affermarsi delle nullità c.d. “di protezione”, funzionali alla tutela dell’interesse di una parte contrattuale. A riguardo cfr. Carbone, Caringella, op. cit., 240; Federico, op. cit., 949-951; Filanti, Invalidità (I agg.), in Digesto banca dati ipertestuale, Torino, 2016; Galgano, op. cit., 232; Galli, op. cit., 951; Gallo, op. cit., 1917-1920; Gazzoni, op. cit., 996; Nicotra, op. cit., 535; Roppo, op. cit., 747; Vilella, op. cit., 619-621.
[10] Angeloni, Violenza, in Dizionario enciclopedico del diritto, II, diretto da Galgano, Padova 1996, 1558-1559; Bianca, op. cit., 657-660; Borrione, Artt. 1434-1435, in Comm. Cendon, Milano, 2010, 1278 ss.; Figone, La violenza Artt. 1434-1438, in Comm. Schlesinger, Milano, 2005, 69-121; Galgano, op. cit., 291-293; Gallo, op. cit., 1838-1848; Gazzoni, op. cit., 977; Navarretta, op. cit., 263-265; Nicotra, Artt. 1425-1446 c.c., in Commentario al codice civile, a cura di Giordano, Trani, 2019, 549; Roppo, op. cit., 825 ss.; Santoro-Passarelli, op. cit., 166-167; Torrente, op. cit., 521-522.
[11] Bianca, op. cit., 619; Federico, op. cit., 954; Figone, op. cit., 56; Galgano, op. cit., 248-249; Gallo, op. cit., 1935; Navarretta, op. cit., 330; Vilella, op. cit., 661.
[12] Federico, op. cit., 955; Figone, op. cit., 56; Galli, op. cit., 952; Gallo, op. cit., 1934-1935; Navarretta, op. cit., 330; Vilella, op. cit., 661.
[13] Federico, op. cit., 954; Figone, op. cit., 56; Galgano, op. cit., 244; Gallo, op. cit., 1935; Navarretta, op. cit., 330; Nicotra, Artt. 1418-1424 c.c., in Commentario al codice civile, a cura di Giordano, Trani, 2019, 536.
[14] Bianca, op. cit., 618; Federico, op. cit., 955; Figone, op. cit., 57; Gallo, op. cit., 1906; Navarretta, op. cit., 330; Nicotra, op. cit., 536.
[15] Carbone, Caringella, op. cit., 243; Galli, op. cit., 952; Navarretta, op. cit., 330. Ex multis Cass. II, 17.1.2022, n.1221, in www.dejure.it; Cass. SS. UU., 30.12.2021, n.41994, in www.dejure.it; Cass. I, 5.8.2020, n.16706, in www.dejure.it; Cass. SS. UU., 28.1.2020, n.1867, in www.dejure.it.
[16] Bottiglioni, Estorsione, in Dizionario enciclopedico del diritto, I, diretto da Galgano, Padova, 1996, 642-643; Marini, Estorsione, in Digesto banca dati ipertestuale, Torino, 1990.
[17] Bianca, op. cit., 618; Federico, op. cit., 955; Navarretta, op. cit., 330; Nicotra, op. cit., 536.
[18] Carbone, Caringella, op. cit., 243; Figone, op. cit., 55; Franceschelli, op. cit., 92; Gallo, op. cit., 1932.
[19] Cass. III, 23.8.2011, n.17523, in www.dejure.it; Cass. VI, 14.12.2010, n. 25222, in www.dejure.it; Cass. II, 28.5.2007, n.12484, in www.dejure.it; Cass. SS. UU., 18.5.1994, n.4844, in www.dejure.it;Cass. II, 10.12.1986, n.7322, in www.dejure.it.
[20] Trib. VE sez. lav., 22.2.2022, n.122, in www.dejure.it.
[21] Cass. VI, 24.2.2022, n. 6271, in www.dejure.it; Cass. II, 17.1.2022, n.1221, in www.dejure.it; Cass. II, 27.8.2020, n.17959, in www.dejure.it.; Cass. pen. II, 22.12.2016, n.54561, in www.dejure.it.
[22] La giurisprudenza ravvisa l’annullabilità del contratto concluso a seguito di truffa ex art. 640 c.p. e, diversamente, la nullità di quello concluso a seguito di circonvenzione di incapace ex art. 643 c.p. in ragione della maggior importanza degli interessi tutelati. La descritta diversità di trattamento non è andata esente da critiche in dottrina (Bianca, op. cit., 619). A riguardo cfr. Carbone, Caringella, op. cit., 243; Galli, op. cit., 953-954.
Ex multis Cass. II, 28.4.2017, n.10609, in www.dejure.it; Cass. II, 20.3.2017, n.7081, in www.dejure.it; Cass. III, 20.4.2016, n.7785, in www.dejure.it;Cass. pen. IV, 23.4.2008, n.27412, in www.dejure.it; Cass. II, 7.2.2008, n. 2860, in www.dejure.it.
Ex multis dalla giurisprudenza di merito Trib. RO XVII, 11.2.2022, n.2393, in www.dejure.it; Trib. BR I, 3.11.2021, n.1419, in www.dejure.it; Trib. LE I, 5.2.2021, n.320, in www.dejure.it; Trib. TO II, 2.2.2021, n.466, in www.dejure.it Trib. FE, 20.3.2018, n.191, in www.dejure.it.
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