Bancario
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 30/08/2022 Scarica PDF
Buoni postali "a termine" e sospensione della prescrizione
Rita Persico e Paolo Garagnani, Rita Persico, avvocato in Bergamo. Paolo Garagnani, avvocato in BolognaSommario 1. L’ampia problematica presentata dalle serie di buoni postali. - 2 Il caso dei buoni postali «a termine» emessi negli anni 2000. - 3. Il diritto alla restituzione del capitale investito e l’eccezione di prescrizione sollevata da Poste. - 4. La giurisprudenza sul punto. - 5. La sospensione della prescrizione ex art. 2941 n. 8 c.c. - 6. Le alternative risarcitorie e risolutorie.
1. I numerosi problemi sollevati dalle varie serie di buoni postali.
1.1.- La fiducia che da quasi cento anni viene confermata dagli italiani nell’investimento in buoni postali fruttiferi sta giorno dopo giorno venendo meno. Si incrina, così, un rapporto tra Poste e un folto gruppo di risparmiatori, in larga parte privi di conoscenze tecniche specifiche e tuttavia attratti da investimenti che (al di là di ogni discorso sui rendimenti, in sé e nel rapporto con quelli bancari o di altro genere) rassicurano per la percepita organicità dell’intermediario allo Stato e, dunque, per la conseguente certezza di forte tutela dell’investimento.
Nell’ultimo decennio, infatti, un vario assortimento di contenziosi giudiziari evidenzia la molteplicità delle questioni che gli investitori sono stati costretti ad avanzare a causa del tradimento delle proprie aspettative. Le questioni sono davvero tante.
1.2.- Da ricordare in proposito è, ad esempio, la modifica unilaterale in peius dei rendimenti che è stata operata dal decreto ministeriale 13.6.1986 per i buoni già sottoscritti, dall’intermediario ritenuto conosciuto ed efficace nei confronti dei sottoscrittori a seguito della mera pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Da segnalare è, poi, il mancato riconoscimento, per il periodo dal 21° al 30° anno, del rendimento indicato in sede di sottoscrizione dei titoli emessi nella vigenza del richiamato decreto, ma non modificati sulla chartula. Dal 2016 infatti numerosi risparmiatori si sono rivolti alla giustizia ordinaria ed arbitrale, per una questione che è oggi anche al vaglio della Corte europea dei diritti dell’uomo[1], legata al mancato rispetto delle promesse individuate sui moduli a loro consegnati. Si tratta della nota vicenda della «serie Q/P» emessa su moduli della «serie P» modificati in forza del decreto ministeriale 13.6.1986 istitutivo della «serie Q» con rendimenti inferiori rispetto a quelli della «serie P» di circa il 50%. La condizione dettata dal decreto per legittimarne la modifica è l’apposizione di due timbri: il primo, sul fronte, indicante la locuzione «serie Q/P» e il secondo, sul retro, «recante la misura dei nuovi tassi». Nel caso di specie però Poste, pur avendo applicato il timbro sul fronte, nella parte posteriore del documento ha apposto un timbro modificativo dei rendimenti per i soli primi venti anni, lasciando invariata la promessa per l’ultimo decennio. Così il risparmiatore, forte di quanto individuato sul titolo, alla riscossione, dopo trent’anni, si scontra con la pretesa di Poste di un riconoscimento di importi assai inferiori.
Ancora si può ricordare, sempre in via solo esemplificativa, la questione relativa al calcolo delle somme dovute al risparmiatore erodendo di anno in anno l’importo dovuto per la ritenuta fiscale, mentre la normativa primaria disciplina espressamente che l’imposta venga erogata, e quindi decurtata, solo in sede di rimborso.
2. Il caso dei buoni postali «a termine» emessi dagli anni 2000
2.1.- Non ultimo, si è posta pure la questione dei buoni a termine collocati dagli anni 2000 e per i quali Poste, al momento dell’incasso, ha opposto l’intervenuta prescrizione, così negando sia il riconoscimento dei frutti, sia il rimborso del capitale (a suo tempo investito).
La questione è emersa in relazione alle emissioni successive al 2000 e sostanzialmente perché da quel tempo le caratteristiche tecniche dei buoni sono state modificate rispetto all’impianto loro precedente.
La modifica è avvenuta in forza di quanto previsto dall’art. 7, co 3, d. lgs. 284/1999, che ha disposto l’abrogazione, per il «tempo futuro», dell’intero corpus costituito dal codice postale (DPR 156/1973), così tra l’altro eliminando la prescrizione della necessaria indicazione sul modulo dei rendimenti e della durata dell’investimento. Peraltro, il (di poco) successivo decreto del Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica del 19.12.2000 (pubblicato in G.U. n. 300 del 27.12.2000) ha posto, in capo a Poste, l’obbligo di (predisposizione e di) consegna ai sottoscrittori di un apposito foglio informativo contenente la descrizione dettagliata delle caratteristiche dei buoni postali fruttiferi emessi (art. 6)[2].
Con lo stesso decreto ministeriale sono state istituite la serie ordinaria A1 e quella AA1, connotata appunto dall’apposizione della (generica) dicitura «a termine» sul corpo del buono.
2.2.- Ora, questo sistema nei fatti non ha funzionato (quanto meno dal punto di vista degli investitori).
Se da un lato, la dicitura «a termine» appare troppo vaga, se non proprio indeterminata – appunto perché non indica quale sia, nel concreto, questo «termine»[3] -, dall’altro, il più delle volte il foglio informativo non è stato consegnato al sottoscrittore. O comunque non gli è stato chiarito il ruolo determinante che tale foglio viene a svolgere (quale unico documento contenente l’indicazione del termine effettivo dell’investimento).
In effetti, Il numero dei casi in cui il risparmiatore lamenta di non aver avuto alcun elemento da cui poter ipotizzare il maturarsi di un’imminente prescrizione del diritto all’incasso non lascia dubbi circa il fatto che la carenza delle informazioni fornite all’atto dell’investimento sia stata ben più ampia di qualche sporadico evento e che non si tratti della occasionale dimenticanza di qualche sprovveduto investitore che abbia agito in colpevole ritardo per la riscossione.
L’ipotesi è confortata dall’analisi dei precedenti giudiziali ed arbitrali sul tema, che chiariscono come la mancata consegna all’investitore del foglio informativo abbia assunto connotati sistematici, tanto che l’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato di recente ha aperto nei confronti di Poste un’istruttoria per presunta pratica commerciale scorretta nel collocamento dei buoni postali. L’indagine ha il fine di appurare se il collocatore abbia in effetti informato gli investitori, mediante la consegna del foglio informativo, sulla durata dell’investimento e conseguentemente sui termini di prescrizione dei titoli. Ciò in ragione del fatto che, tra il 2020 e il 2021, i buoni postali che risulterebbero prescritti sono circa 367mila per un totale di 404 milioni di euro[4].
3. Il diritto alla restituzione del capitale investito e l’eccezione di prescrizione sollevata da Poste.
3.1.- A fronte della mancata tempestiva presentazione del risparmiatore all’ufficio postale per la riscossione del buono postale «a termine», Poste - si è già detto - eccepisce l’intervenuta prescrizione del diritto di credito e rifiuta il rimborso.
A ragione giustificativa del diniego di pagamento, infatti, Poste adduce il decorso sia del termine di fruttuosità, inferiore rispetto a quello dei buoni ordinari, sia del successivo periodo utile per portare il buono all’incasso, individuato dall’art. 8, co. 1 DM 19.12.2000 in dieci anni (peraltro, in termini coerenti coi principi generali del sistema civilistico)[5].
La gravità del tema - per l’investitore - è evidente: viene pregiudicato il suo diritto non solo al riconoscimento degli interessi bensì - prima ancora e, anzi, prima di tutto - quello alla restituzione dello stesso capitale a suo tempo impiegato nell’investimento.
In effetti, Poste, eccependo la prescrizione, non nega l’esistenza dell’investimento, né tanto meno la congruità del rendimento richiesto dal risparmiatore. Oppone all’investitore, che pure ha confidato in un prodotto sicuro e garantito dallo Stato, il mancato tempestivo esercizio del diritto di credito (e così, per l’effetto, l’intervenuta estinzione del medesimo).
3.2.- Al fondo di tutto, il nocciolo della questione è il seguente: perché l’investitore non ha esercitato tempestivamente il proprio diritto? Trascuratezza ingiustificata dell’investitore o mancato adempimento, da parte di Poste, degli obblighi di protezione e di informazione che il sistema vigente impone agli intermediari bancari e finanziari (e a quelli agli stessi comunque equiparati)?
Non si può trascurare, in proposito, la natura del soggetto che compie tale rilievo ostativo al riconoscimento dell’altrui diritto. Si tratta, infatti, di un soggetto che «a rigore e sul piano dei precetti costituzionali (art. 47), dovrebbe comportare una peculiare attenzione nei confronti della clientela (attuale e potenziale) e il massimo della chiarezza ed efficienza dei servizi immessi nel mercato»[6].
Un soggetto, del resto che - non è vano rilevare - nemmeno può invocare ragioni economiche per giustificare l’opportunità di un mancato rimborso. Si noti infatti che, per gli anni 2020 e 2021 l’emittente ha eccepito ai risparmiatori la prescrizione per 404 milioni di euro avendo al contempo, nel solo anno 2021, percepito da Poste dividendi per euro 233 milioni[7].
4. La giurisprudenza sul punto.
4.1.- La questione, al vaglio delle Corti ha sortito risultati alterni.
La giurisprudenza in favore di Poste essenzialmente si fonda sull’assunto che la consegna del foglio informativo, seppur prevista dall’art. 6 del D.M. 19.12.2000, non integri un obbligo dalla cui osservanza dipenda la vincolatività delle prescrizioni ministeriali, essendo, in ogni caso, la conoscenza di queste ultime affidata dal legislatore alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Ne conseguirebbe l’esclusione di una responsabilità precontrattuale in capo a Poste per aver omesso informazioni tali da rendere edotto il risparmiatore, tanto da indurlo all’immediato incasso o quanto meno a porre in essere atti interruttivi della prescrizione[8].
Siffatta interpretazione toglie immotivatamente valore a una serie di prescrizioni, tutte contenute nell’articolo sopra richiamato[9], che la norma pone a carico del collocatore e che risultano così svuotate del loro contenuto precettivo in favore di una asserita sufficienza della sola pubblicazione in Gazzetta Ufficiale come strumento di conoscibilità erga omnes.
4.2.- La giurisprudenza in favore dei risparmiatori, di contro, fa discendere in modo convincente la responsabilità di Poste dalla cogenza degli obblighi informativi specificamente previsti sia dal TUF che dal TUB, sottolineando come tale corpus normativo risulti applicabile all’attività svolta da Poste in tema di collocamento di buoni fruttiferi[10], nonché dagli obblighi generali di buona fede, correttezza e trasparenza nell’esecuzione dei rapporti con l’investitore.
L’assenza quindi, nel documento, di elementi utili al riconoscimento della durata dell’investimento, della scadenza del titolo e della prescrizione del diritto, unitamente alla mancata prova, incombente su Poste, di aver fornito le relative e necessarie notizie, comporta la violazione dell’obbligo informativo e conseguentemente la responsabilità contrattuale di Poste fondante la domanda di risarcimento del danno[11].
5. La sospensione della prescrizione ex art. 2941 n. 8 c.c.
Ciò posto, è ora da concentrarsi sul punto focale della questione: se prescrizione del diritto di credito, eccepita da Poste, possa essere superata (oppure no) attraverso strumenti di tutela previsti dall’ordinamento giuridico.
La risposta parrebbe positiva in forza dell’articolo 2941 n 8 c.c. che recita: “La prescrizione rimane sospesa: […] 8) tra il debitore che ha dolosamente occultato l’esistenza del debito e il creditore, finché il dolo non sia stato scoperto”.
La Suprema Corte di cassazione ha ritenuto applicabile, infatti, la disposizione in esame "quando sussista un obbligo di informare" in capo al debitore (Cass. 29.1.2010, n. 2030) che ha omesso di comunicare al creditore una circostanza da considerarsi rilevante ai fini dell’esercizio del diritto del creditore. L’oggetto della condotta è, pertanto, “un atto dovuto, cioè un atto cui il debitore sia tenuto per legge" (Cass. 11.11.1998, n. 11348).
Nel caso concreto sono ravvisabili, ci pare, le condizioni che la norma richiede: l’omissione dell’informazione che condiziona la condotta del creditore, la rilevanza della circostanza taciuta ai fini del godimento del diritto e, ancora, il «dolo» nell’agire del debitore.
5.2.- L’omissione è da individuarsi nella circostanza fattuale che Poste non ha consegnato ai sottoscrittori di buoni il foglio informativo, seppur fosse obbligata a farlo al momento della conclusione del contratto di investimento (ma si ricordi pure che, a ben vedere, la consegna del foglio avrebbe dovuto essere accompagnata da opportuni e specifici ragguagli sull’importanza, nel concreto, del fatto che lo stesso andava a «integrare», per così dire, il testo del buono in punto di definizione della durata dell’investimento).
Non par dubbio, poi, che le informazioni contenute nel foglio informativo siano rilevanti, poiché diversamente avrebbero determinato le condotte degli investitori che, in assenza di indicazioni differenti, hanno sistematicamente agito secondo lo schema usuale applicato con i buoni ventennali: hanno atteso la scadenza di ciò che ritenevano essere il normale periodo fruttifero, convinti di incassare, senza ritardo ed alla loro massima remuneratività, le somme dovute.
5.3.- Quanto alla presenza del «dolo», che è richiesto dalla disposizione dell’art. 2941, n. 8, c.c., un duplice ordine di rilievi ne segnala la presenza.
Da un lato, l’identità dei presupposti di fatto che informano le azioni giudiziali e arbitrali massivamente attivate. Non è un caso che il gran numero di risparmiatori, che ha citato in giudizio il collocatore, lo abbia sistematicamente fatto dopo aver tentato la riscossione al ventesimo anno, ossia allo spirare di un termine univoco, di durata non casualmente preso a riferimento nella totalità dei rapporti controversi. Lo stesso (elevato) numero di identiche contestazioni degli investitori indica in modo univoco, del resto, che a fronte delle medesime sta un comportamento unitario, e costante, da parte dell’impresa postale.
Dall’altro, la circostanza che la mancata consegna del foglio informativo, contenente le caratteristiche di durata dell’investimento, ha nella sostanza impedito al risparmiatore di conoscere il giorno da cui far decorrere la prescrizione ordinaria. E’ da ricordare come, secondo l’orientamento della Corte di Cassazione, rientra - nell’ambito rilevante della nozione di «doloso occultamento», di cui all’art. 2941 n. 8 - anche l’ipotesi in cui il debitore sottaccia una circostanza che per contro era tenuto a rendere nota al creditore e che sia in sé stessa rilevante ai fini dell’esercizio del diritto del creditore: nell’emettere il buono, per l’appunto, l’intermediario ha proprio omesso di (fare emergere e) comunicare la durata dell’investimento.
In particolare, la Corte di Cassazione nel confermare il proprio orientamento ha stabilito che ben “può costituire doloso occultamento del debito la omessa comunicazione del maturare del presupposto per la riscossione del dovuto”, qualora “sussista un obbligo del debitore di corrispondere una somma al verificarsi dell’evento considerato in una data clausola contrattuale”[12].
Più di recente, la Corte è intervenuta sul punto ed ha confermato che “L'operatività della causa di sospensione della prescrizione, di cui all'art. 2941, n. 8, c.c., ricorre quando sia posta in essere dal debitore una condotta tale da comportare per il creditore una vera e propria impossibilità di agire, e non una mera difficoltà di accertamento del credito, e, quindi, quando sia posto in essere dal debitore un comportamento intenzionalmente diretto ad occultare al creditore l'esistenza dell'obbligazione”.[13]
5.4.- Si ribadisce che la meccanica ripetitività delle condotte poste all’attenzione dei Collegi, identiche tra loro, toglie ogni dubbio circa il fatto che si possa trattare di negligenza o di imperizia nel collocamento bensì di azione dolosamente preordinata. Parrebbe, al contrario, assai arduo sostenere che tutti i risparmiatori che richiedono giudizialmente il riconoscimento del loro diritto di credito si siano, immancabilmente e senza eccezioni di sorta, dimenticati di passare all’incasso nei termini noti.
È invece evidente uno schema, una scelta della società che collocava i buoni che, in occasione dell’emissione di serie di durata limitata definite “a termine”, non informava chi li sottoscriveva circa le effettive condizioni sottese all’investimento.
Non può peraltro trascurarsi, a completare il quadro sotto il profilo soggettivo, che tale limitato e parziale rispetto degli obblighi informativi è avvenuto a danno di soggetti adusi all’acquisto ripetuto di buoni, finanziato attraverso il reimpiego dei rendimenti maturati con titoli di serie precedenti portate alla naturale scadenza ed accompagnato da una rappresentazione delle caratteristiche del titolo, da parte degli uffici postali, che induceva a ritenere, laddove non fosse addirittura dichiarata espressamente, una durata ventennale dell’investimento.
Sul punto si è recentemente espresso – è altresì da segnalare - il Tribunale di Termini Imerese[14], che ha così statuito: «in generale, poi, si rammenta che, laddove sussista un obbligo informativo, l’omissione di tale informazione ha rilevanza ai fini della sospensione della prescrizione del diritto (Cass. civ. 11.11.98 n. 11348; ordinanza n. 2030 del 29/01/2010). Il che impedisce di considerare come trascorso il termine di prescrizione non potendosi revocare in dubbio che Poste Italiane avesse l’obbligo tassativo di informare il sottoscrittore attraverso la consegna allo stesso dello specifico foglio contenente tutte le condizioni del titolo, obbligo codificato nella richiamata normativa, regolarmente pubblicata in Gazzetta Ufficiale».
6. Le alternative risarcitorie e risolutorie.
Si tratta ora di comprendere quali strumenti di tutela possa mettere in campo il risparmiatore per far valere i propri diritti.
Ad avviso di chi scrive, l’azione volta ad ottenere la risoluzione del contratto per il grave inadempimento del collocatore, dato dalla mancata consegna del foglio informativo, e il conseguente risarcimento del danno è una delle strade percorribili[15].
Non l’unica però.
Egli può infatti agire, e forse con maggior successo, per il risarcimento del danno, seppur quantificato nella mera restituzione del capitale investito, per la violazione degli obblighi imposti al collocatore dalle disposizioni decretali[16] stante l’omissione della consegna del foglio informativo.
L’obbligo in questione, definibile in termini propri un «obbligo legale di fattispecie», si inserisce nell’ambito di un rapporto di diritto privato[17] ed in particolare nella fase di formazione del contratto.
Nei contenziosi alle cronache dei diversi organi giudiziari ed arbitrali, torna infatti in rilievo che, con assoluta sistematicità, il collocatore in tale sede non ha consegnato mai (o quasi) il predetto documento.
Il comportamento è in spregio agli obblighi legali del settore bancario e finanziario, si è detto, quello posto in essere da Poste Italiane, ma sostanzia anche una violazione delle disposizioni dettate dal dovere generale di lealtà e correttezza nei rapporti giuridici di cui agli artt. 1175, 1375, 1337, 1176 (anche nella sua declinazione di cui al secondo comma, trattandosi per Poste di attività professionale) c.c.[18].
A ben considerare, allora, il fatto di sentirsi opporre la prescrizione senza che fossero state correttamente profilate al collocamento le caratteristiche essenziali dei buoni permette al risparmiatore di applicare il meccanismo di protezione dei diritti di chi si vede opporre una pretesa che, seppur formalmente fondata, è in concreto esercitata mediante una condotta contraria a buona fede.
Proprio in relazione a ciò, si pone pertanto la possibilità di invocare la sospensione della prescrizione ai sensi dell’art. 2941, n. 8 c.c., ricordando i fatti e la già ribadita loro sistematicità.
[1] G. Ursino, “I buoni della serie «Q/P» arrivano alla Corte europea dei diritti dell’uomo”, Il Sole 24 Ore - Plus24, 9.7.2022
[2] È bene anche precisare, in proposito, che il Regolamento emesso con DPR 14.3.2001, n. 144 pubblicato in G.U. n. 94 del 23.4.2001 ha equiparato, all’art. 5, l’attività di raccolta del risparmio postale a quella svolta dalle banche italiane ai fini dell’applicazione delle norme del testo unico bancario e del testo unico delle finanze.
[3] Bisogna pure tenero conto, peraltro, del fatto che l’investitore in buoni postali – da qualificare come «medio» - ha conoscenze finanziarie modestissime, sì che facilmente non percepisce la differenza tra la tipologia di buoni «a termine» e quella dei buoni c.d. ordinari (e trentennali), così sovrapponendo le due figure.
[4] P. Mandoi “Poste, faro antitrust su buoni fruttiferi prescritti per 404 milioni”, in Milano Finanza, 27.5.2022.
[5] Art. 8, 1 c. DM 19.12.2000 “I diritti dei titolari dei buoni fruttiferi postali si prescrivono a favore dell’emittente trascorsi dieci anni dalla data di scadenza del titolo per quanto riguarda il capitale e gli interessi”.
[6] A.A.L. Dolmetta, Buoni Fruttiferi Postali Sulla serie «Q/P» l’ABF va contro la Cassazione, in Il Sole 24 Ore, Plus 24, 16.4.2022
[7] P. Mandoi - cit.
[8] Cfr. ex multis Tribunale di Savona, 22.2.2022, sent. n. 186/2022, in lesentenze.it
[9] Art. 6. D.M. 19.12.2000 “Pubblicità e comunicazioni ai risparmiatori”: “Poste italiane S.p.a. espone nei propri locali aperti al pubblico un avviso sulle condizioni praticate, rinviando a fogli informativi, che saranno consegnati ai sottoscrittori, la descrizione dettagliata delle caratteristiche dei buoni fruttiferi postali. -- Ai fini dell’adempimento di tali obblighi, la Cassa depositi e prestiti fornisce tempestivamente a Poste italiane S.p.a. le informazioni da pubblicizzare in conformità a quanto stabilito nel comma precedente. -- Le comunicazioni della Cassa depositi e prestiti ai titolari dei buoni fruttiferi postali sono effettuate mediante avvisi su quotidiani a diffusione nazionale di cui uno economico”
[10] Nel Regolamento “recante norme sui servizi di bancoposta” emesso con DPR 14.3.2001, n. 144 pubblicato in G.U. n. 94 del 23.4.2001, la raccolta del risparmio postale mediante, tra gli altri, i buoni postali fruttiferi effettuata da Poste per conto della Cassa depositi e prestiti, ai sensi dell’art. 5 DPR sopra richiamato, viene “equiparata alla banche italiane anche ai fini dell’applicazione delle norme del testo unico bancario e del testo unico della finanze richiamate ai commi 3 e 4, nonché della legge 10 ottobre 1990, n. 287”. Le disposizioni di cui al TUF ed al TUB si applicano, in quanto compatibili, “salva l’adozione di disposizioni specifiche da parte delle autorità competenti” e la norma prosegue al successivo comma 6 dichiarando, quali disposizioni specifiche, il d. l. 10.12.1993, n. 487, conv. in l. 29.1.1994, n. 71, dal d. lgs. 284/1999, il TUB e il TUF “in quanto compatibili” e “ove applicabili”.
[11] ex multis Tribunale di Milano, 16.2.2016, n. 2010/2016 in lesentenze.it
[12] Cass. 30.9.2016, n. 19567 (nello stesso senso Cass., 29.1.2010, n. 2030; Cass., 11.11.1998, n. 11348)
[13] Cass. civ., Sez. lavoro, Ordinanza, 27/02/2020, n. 5413 (rv. 656945-01)
[14] Trib. Termini Imerese, 1.5.2022, n. 367-2022 in www.lesentenze.it
[15] Tribunale di Sassari, 27.6.2022, n. 696-2022 in www.lesentenze.it
[16] Tra gli altri, quindi, il Decreto 19.12.2000 pubblicato in G.U. n. 300 del 27.12.2000, istitutivo della serie ordinaria A1 e “a termine” AA1, emesso dal Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica rubricato “Condizioni generali di emissione di buoni postali fruttiferi ed emissione di due nuove serie di buoni” nel quale l’art. 6 “Pubblicità e comunicazioni ai risparmiatori” dispone che: “1. Poste italiane S.p.a. espone nei propri locali aperti al pubblico un avviso sulle condizioni praticate, rinviando a fogli informativi, che saranno consegnati ai sottoscrittori, la descrizione dettagliata delle caratteristiche dei buoni postali fruttiferi. 2. Ai fini dell’adempimento di tali obblighi, la Cassa depositi e prestiti fornisce tempestivamente a Poste italiane S.p.a. le informazioni da pubblicizzare in conformità a quanto stabilito nel comma precedente. 3. Le comunicazioni della Cassa depositi e prestiti ai titolari dei buoni fruttiferi postali sono effettuate mediante avvisi su quotidiani a diffusione nazionale di cui uno economico”.
Dalla lettura di tale disposizione decretale emerge chiaramente in capo al collocatore l’onere di fornire al risparmiatore il “foglio informativo” contenente le informazioni dettagliate dell’investimento. Di converso, per l’emittente le modalità di comunicazione rimanevano, presumibilmente in considerazione della sua natura economica, limitate alla pubblicazione degli avvisi su quotidiani a tiratura nazionale, di cui uno economico.
Nel successivo Regolamento “recante norme sui servizi di bancoposta” emesso con DPR 14.3.2001, n. 144 pubblicato in G.U. n. 94 del 23.4.2001, la raccolta del risparmio postale mediante, tra gli altri, i buoni postali fruttiferi effettuata da Poste per conto della Cassa depositi e prestiti, ai sensi dell’art. 5 DPR sopra richiamato, viene “equiparata alla banche italiane anche ai fini dell’applicazione delle norme del testo unico bancario e del testo unico della finanze richiamate ai commi 3 e 4, nonché della legge 10 ottobre 1990, n. 287”. Le disposizioni di cui al TUF ed al TUB si applicano, in quanto compatibili, “salva l’adozione di disposizioni specifiche da parte delle autorità competenti” e la norma prosegue al successivo comma 6 dichiarando, quali disposizioni specifiche, il d. l. 10.12.1993, n. 487, conv. in l. 29.1.1994, n. 71, dal d. lgs. 284/1999, il TUB e il TUF “in quanto compatibili” e “ove applicabili”.
[17] Cass., sez. I, 4748/2022; Cass., sez. I, 4751/2022 Cass., sez. I, 4761/2018; Cass., SS. UU. 3963/2019
[18] “In tema di esecuzione del contratto, la buona fede si atteggia come impegno di cooperazione o un obbligo di solidarietà che impone a ciascun contraente di tenere quei comportamenti che, a prescindere da specifici obblighi contrattuali, o dal dovere extracontrattuale del neminem laedere, siano idonei a preservare gli interessi della controparte senza rappresentare un apprezzabile sacrificio” (Cass., 20.4.1994, n 3775).
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