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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 17/10/2022 Scarica PDF

La sorte del garante sovraindebitato. Rapporti tra fideiussioni e procedure concorsuali

Andrea Jonathan Pagano, Simone Giugni, Francesca Moncini, Andrea Jonathan Pagano, Cultore della Materia in "Diritto Fallimentare" presso l'Università degli Studi di Urbino Carlo Bo


Sommario: 1. Sulla generale disciplina della posizione del fideiussore consumatore in ambito civilistico e concorsuale; 2. La postergazione dei crediti inesigibili nelle procedure concorsuali; 3. La cristallizzazione dello stato passivo omologato. Atti e fatti nuovi post omologazione quali elementi potenzialmente modificativi dello stato passivo concorsuale; 4. Il fideiussore sovraindebitato e la sorte dei pagamenti effettuati in corso di procedura; 5. Conclusioni

 

 

Abstract

Il presente contributo muove dalla singolare e quanto mai problematica posizione di garanzia assunta da un soggetto, in procedura di sovraindebitamento, nei confronti di una società, poi dichiarata insolvente.

L’aspetto nodale verte sul rapporto tra la procedura concorsuale minore, medio tempore instaurata e debitamente, la società garantita, debitore principale, posta in status decoctionis ed il creditore di quest’ultima, segnatamente un istituto di credito.

Attesa una erogazione in favore dell’istituto di credito da parte della procedura concorsuale minore, giusta omologazione della stessa, l’articolo analizza la c.d. cristallizzazione dello stato passivo concorsuale, la stabilità dei piani di riparto, nonché la legittimazione ad agire e le tutele accordate al medesimo soggetto “escusso”, finanche preventivamente rispetto al debitore principale.

 

1. È un dato di fatto che, nell’affrontare i complessi rapporti tra le procedure di sovraindebitamento di cui alla legge 3/2012 e le procedure concorsuali “maggiori” disciplinate dalla legge fallimentare, uno dei temi che ha suscitato il maggior dibattito è stata la posizione del fideiussore che si trovi a garantire le obbligazioni contratte da un’impresa in crisi o in stato di insolvenza.

Non è un caso che l’art. 184 L.F. preveda, in conseguenza dell’omologazione del concordato preventivo, un generale effetto esdebitatorio[1] sia per l’imprenditore che per i soci illimitatamente responsabili[2],[3],[4], mentre alcun beneficio è concesso al fideiussore, costretto pertanto ad accedere alla composizione della crisi da sovraindebitamento[5].

Ciò posto, diviene di vitale importanza stabilire se, e se sì in quali casi, il fideiussore sovraindebitato possa accedere a quello che è indubbiamente, per motivi che i limiti della presente trattazione non consentono di approfondire, l’istituto più “accattivante” tra quelli disciplinati dalla legge 3, ossia il piano del consumatore ex artt. 12 bis e segg. della citata normativa.  

A questo proposito, si rammenta che un generale inquadramento della posizione ontologica del consumatore latu sensu inteso è stato fornito dalla Giurisprudenza Comunitaria e Nazionale a seguito di un ricorso in cui nel costituirsi in giudizio l’opponente eccepiva l'incompetenza territoriale del tribunale padovano per avere residenza in territorio ricadente sotto la competenza territoriale del Tribunale di Rovigo, invocando l'applicazione sistematica del foro del consumatore giusto principio di diritto espresso dalla Corte di Giustizia Europea con le decisioni nn. 74 e 534 del 2015; la giurisprudenza comunitaria, difatti, ha riconosciuto la prevalenza del foro del consumatore anche allorquando soggetti privi di collegamento direzionale con la società abbiano rilasciato una garanzia per la medesima[6].

È stato preliminarmente osservato che, anche sotto il profilo della gerarchia delle fonti e di supremazia del diritto comunitario rispetto a quello nazionale, i principi affermati, già nel 2015, dalla Corte di Giustizia Europea appaiono travolgere anche il dictum sancito dalla giurisprudenza di legittimità[7] poiché appare inidonea una sentenza del giudice del singolo stato membro a superare un principio di portata generale affermato dalla Corte di Giustizia che, pur in un sistema di civil law, qual è quello interno e comunitario, vede attribuire alle decisioni della Corte di Giustizia una forza cogente più simile a quanto accade nei sistemi a common law.

Il caso all'esame della Corte di Giustizia nella causa 534/2015 è stato infatti deciso, risolvendolo, confermando l'orientamento sancito nell’ordinanza della Corte di Giustizia del 19 novembre 2015, la quale si è espressa anch'essa sul tema dell'applicabilità alla fideiussione delle leggi sulle clausole abusive nei contratti con i consumatori[8].

La Corte ha significato come sia del tutto irrilevante, ai fini del merito, l'oggetto del contratto ai fini dell'applicabilità della tutela del consumatore al garante-fideiussore, negando che la nozione di "consumatore" o di "professionista" potesse essere assegnata soltanto sulla base del rapporto di accessorietà con il contratto "garantito".

Tale criterio si innesta nel solco dell'idea sulla quale si basa il sistema di tutela istituito dalla Direttiva UE 93/2013, secondo il quale il consumatore si trova in una situazione di inferiorità sistematica rispetto al professionista per quanto concerne sia il potere nelle trattative sia il livello di informazione. Questa situazione di inferiorità può ben rilevarsi anche nell'ipotesi di un contratto di garanzia, stipulato tra una banca ed alcuni garanti-persone fisiche.

Ciò che rileva è l'accertamento, nel merito, della qualità in cui i fideiussori hanno agito stipulando la garanzia personale. In altri termini, la Corte di Giustizia europea ha delineato che la nozione di consumatore, ai sensi dell'articolo 2, lett. b), Direttiva UE 93/2013, ha un carattere assolutamente oggettivo. Essa va determinata alla luce di un criterio ontologico-funzionale, consistente nel vagliare se il rapporto contrattuale in esame rientri nell'ambito di attività estranee[9] alla professione. Alla luce di ciò è stata affermata la competenza territoriale del Tribunale di Rovigo quale foro del consumatore (Trib. Rovigo, 13/12/2016).

In ambito di concordato preventivo e, più in generale delle procedure concorsuali maggiori volontarie, la Suprema Corte[10] ha statuito alcuni principi circa l’inquadramento sistematico dei fideiussori insolventi nei confronti del creditore garantito. In particolare, la Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi circa la effettiva possibilità di riconoscere ai garanti il diritto di voto in fase di adunanza dei creditori nonché la possibilità di inserire nel piano di concordato una prescrizione[11] talché possa estendersi l’effetto esdebitatorio[12] concorsuale finanche ai fideiussori[13].

Circa la prima direttrice, gli Ermellini, ribadendo il proprio precedente orientamento sul tema[14] hanno negato la possibilità che il garante possa essere titolare del diritto di voto in sede di adunanza nell’approvazione del concordato, stante il fatto che “il fideiussore non ha un credito di regresso prima del pagamento e dunque non può essere ammesso con riserva per un credito condizionale”. A tal proposito, la Suprema Corte ha elaborato il proprio fondamento giuridico sulla base di due principali rilievi. Preliminarmente, è stata richiamata la prescrizione di all’art. 1950 c.c. secondo cui il fideiussore sia titolare del diritto di regresso[15], e quindi di un diritto di credito, esclusivamente allorquando effettivamente abbia pagato.

Tale prescrizione va necessariamente coordinata con l’art. 61 l. fall., che statuisce che il diritto regresso tra i coobbligati possa essere legittimamente azionato esclusivamente previa soddisfazione integrale del creditore. Da tale combinato disposto, la Cassazione ha, dunque, ricavato “a contrario” il nodale principio per cui “il pagamento del debito garantito non è condizione di esigibilità, ma presupposto per la stessa esistenza del credito di regresso del fideiussore” (Cass. 22382/2019) In secondo luogo la mancata legittimazione in capo al fideiussore di esercitare il diritto di voto, soggiunge da quanto statuito espressamente dall’art. 174 che “attribuisce ai fideiussori che non abbiano adempiuto al pagamento solo un diritto di intervento all’adunanza, potendo esprimere in quella sede osservazioni e contestazioni, ma non anche il diritto di partecipare alla votazione” (Cass. 19609/2017).

Per ciò che riguarda la seconda direttrice, circa la effettiva ammissibilità di poter inserire nel piano concordatario una qualche clausola tale da estendere la “purga debitorum” altresì ai garanti in caso di omologazione, la Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto che “deve escludersi che l’effetto esdebitatorio del concordato possa essere esteso ai coobbligati in forza di patto espresso inserito nella proposta, trattandosi di disciplina degli effetti del concordato normativamente stabilita e dunque sottratta alla disponibilità delle parti” (Cass. 19609/2017). A tal proposito, infatti, la Corte ha evidenziato come l’art. 184, comma 2, l. fall., sia esplicativo nell’accezione in cui prevede che i creditori concorsuali “conservano impregiudicati i diritti contro i coobbligati, i fideiussori del debitore e gli obbligati in via di regresso” (Cass. 19609/2017), sì da costituire una eccezione alla estensione degli effetti favorevoli tra condebitori così come statuito dal combinato disposto di diritto comune ex artt. 1301 e 1941 del codice civile[16]

Poiché la norma si atteggia come effettiva ed espressa deroga alla generale regola civilistica, volta ad invogliare quanto più possibile la accettazione della proposta concorsuale da parte dei creditori, non sembra plausibile ritenere che tale prescrizione possa essere superata ovvero elusa in via pattizia, inserendo, nella proposta concordataria la previsione liberazione dei fideiussori.

 

2. Nell’ambito delle procedure concorsuali, un aspetto assolutamente pregnante inerisce all’aspetto qualitativo dei crediti e, dunque, all’ordine dei privilegi, alle cause di prelazione nonché alla esigibilità delle somme asseritamente vantate ovvero debitamente ammesse.

Per quanto concerne la esigibilità del credito, vale la pena ricordare quanto statuito a mente dell’art. 633 c.p.c., talché affinché possa considerarsi tale, la somma non deve essere sottoposta a vincoli e condizioni ovvero, qualora sottoposto a un termine, questi dovrà essere decorso inutilmente[17].

Una fattispecie di inesigibilità[18] creditizia sottende al contratto di garanzia, rectius fideiussione, con il quale, un soggetto, per sommi capi, si obbliga a soddisfare e supplire in tutto ovvero in parte l’inadempimento del soggetto garantito in favore del beneficiario, solitamente un istituto di credito.

In particolare, nella fattispecie di fideiussione civilistica, non già a prima richiesta, il beneficiario, onde essere legittimato ad escutere la garanzia dal garante, è onerato, congiuntamente, di fornire la prova dell’inadempimento del debitore principale e dell’avvenuta promozione contro lo stesso di infruttuose azioni, previa costituzione di un valido titolo. Solo alla sussistenza della totalità delle condizioni di cui sopra discende la esigibilità di tutto o parte del credito residuo, ab initio imputato al debitore principale, contro il garante cui il beneficiario può ben richiederne l’adempimento.

Ed è proprio il profilo di cui sopra che conduce al concetto di inesigibilità del credito, fulcro della presente sezione. Difatti, nell’ottica di un qualsivoglia soggetto, resosi in precedenza garante, ammesso ad una procedura concorsuale, vuoi maggiore o minore, solange il debitore principale sia correntemente e correttamente adempiente ovvero non sussista la esigibilità coi crismi di cui sopra, non potrà soddisfare, finanche pro quota, il debito del beneficiario.

Sulla scorta di quanto suesposto, è invalsa la pratica in giurisprudenza, in ambito concorsuale, di statuire, sin dalla omologa, la postergazione dei crediti inesigibili contro il garante ammesso al concorso, talvolta, inserendoli, finanche obtorto collo, in apposite classi, qualitativamente e quantitativamente soddisfatte (qualora sia possibile, naturalmente, soddisfarle in qualche modo) in maniera disomogenea rispetto ai naturali pari grado. All’uopo, confermando tale orientamento in ambito di sovraindebitamenti, soggiunge in aiuto la recente pronuncia del Tribunale labronico, ultra omnia, del 08.06.2021 secondo cui “deve pertanto ritenersi ammissibile la soddisfazione in misura differenziata dei creditori […] ove siano creditori -  dell’istante - […] per debiti propri e […] ove siano creditori dello stesso per debiti altrui, dei quali lo stesso deve rispondere in ragione della fideiussione prestata” - in caso di inadempimento del debitore principale, [il creditore] sarà soddisfatto, se nei termini,  endoconcorsualmente, previa richiesta di escussione ed insinuazione, secondo il grado di privilegio. Peraltro, in altra parte della pronuncia, proprio a riprova della inesigibilità e del mero accantonamento previsto, il Giudice Delegato statuiva nel senso di prevedere che “nel caso di escussione satisfattiva da parte dei creditori del debitore principiale […] l’importo destinato ai creditori chirografari per debiti contratti nell’interesse di altri sarà erogato a favore degli altri creditori […] in misura proporzionale al loro residuo credito”.

Dunque, non solo la giurisprudenza ha avallato una distinzione qualitativa e quantitativa, nell’accezione di una legittima discrasia satisfattiva per teorici pari grado, bensì, ed è questo l’aspetto più dirimente ai fini del presente contributo, anche temporale nel senso di creare una condizione sospensiva, giusta inesigibilità, all’interno della procedura concorsuale, discendente da un rapporto pattizio sorretto da norme genuinamente civilistiche[19].

 

3. Dalla legittimità di attuare una postergazione in ragione del credito sorto per debito altrui, discende la seconda sezione dell’articolo, segnatamente inerente alla immodificabilità[20], giusta esecutività, rectius cristallizzazione, dello stato passivo.

Essendo il contributo volto ad una analisi sulle procedure concorsuali volontarie minori, in verità, più che lo stato passivo fallimentare, è d’uopo il riferimento al combinato disposto di cui agli artt. 6, 7, 12 bis, 14 ter e quinquies l. 3/2012.

Nella totalità delle procedure summenzionate, vuoi minori vuoi maggiori, la cesura per la immodificabilità dello stato passivo è statuita con l’udienza per l’adunanza nel concordato preventivo e con l’udienza per la omologazione del piano del consumatore ovvero per la apertura della liquidazione del patrimonio[21].

In merito alla liquidazione del patrimonio si è peraltro affermato[22] che, contrariamente al procedimento di formazione dello stato passivo disciplinato dalla legge fallimentare, soggetto a precisi termini di preclusione e decadenza, la formazione del passivo del sovraindebitato non fallibile ha natura amministrativa. Per l’effetto, va riconosciuta l’ammissibilità della domanda di partecipazione tardiva presentata oltre il termine assegnato dal liquidatore ex art. 14 sexies co. 2 lett. b) L. 3/2012.

La prima eccezione, concerne, non già l’istituto della opposizione allo stato passivo ovvero la contestazione di uno o più crediti, nella qualità e nella quantità, risolubile endoconcorsualmente, bensì le c.d. cause pendenti, per le quali, a fronte di un sempre prudente e raccomandato inserimento nel piano volontario dell’intero credito richiesto da controparte nel petitum. In tal modo, seguendo anche le linee guida dei Tribunali nonché ODCEC nazionali, in caso di soccombenza dell’asserito creditore, quest’ultimo sarebbe espunto dal programma di liquidazione e le somme sarebbero fisiologicamente elise dal piano.

Ma se le cause pendenti sono rigidamente disciplinate e, oramai, la di questi sorte, qualunque essa dovesse essere, risulta di facile incasellamento ed inquadramento nella procedura concorsuale, ben altra questione inerisce alla disamina delle garanzie prestate dal soggetto ammesso al concorso.

Altro fatto volto a modificare fisiologicamente lo stato passivo è sicuramente l’istituto di cui alla rinuncia del credito[23]. Tale fattispecie, atto proprio, unilaterale e ricettizio posto in essere dal creditore, nel caso di specie già ammesso alla procedura, concerne, dunque, un atto a forma libera mediante il quale il titolare del credito dichiara liberamente di rinunciare alla posizione e tutela accordata.

Pur non essendo possibile, in questa sede, dare atto dell’ampio e non completamente risolto dibattito giurisprudenziale sul tema, va però sottolineata la probabilità che, nelle procedure di sovraindebitamento, si assista a richieste di modifiche, dal lato attivo, delle posizioni creditorie a seguito di operazioni di cessione e cartolarizzazione dei crediti bancari e finanziari.

In attesa che, sul punto, sia fatta definitiva chiarezza, si può senza dubbio affermare che al cessionario potranno essere opposte dal debitore le stesse eccezioni che avrebbero potuto essere opposte al cedente (in questo senso la già citata Trib. Brescia 16.11.2021).

Ultimo ed estremamente residuale fatto modificativo dello stato passivo sottende all’istituto dell’adempimento del terzo, ossia da parte di un soggetto estraneo al comparto debitorio, per atto di liberalità ovvero convenienza. Si pensi, ad esempio, a un concordato in continuità ed al pagamento in favore di fornitore strategico traslato dalla società decotta alla affittuaria, saldato da quest’ultima in corso di procedura senza rivalsa alcuna sulla procedura concorsuale[24].

Ma al netto di questi rarissimi casi, non sembrano sussistere ulteriori fattispecie atte ad apportare cambiamenti alla cristallizzata situazione post omologa di una qualsivoglia procedura concorsuale volontaria minore.

O no? 

 

4. Alla luce delle considerazioni di cui ai paragrafi precedenti, gli autori, tornando al cuore dell’essay, si chiedono le sorti di un soggetto consumatore, attesa la presenza di un cospicuo importo di debiti contratti in ragione di garanzie fideiussorie prestate a garanzia di debiti di società di capitali, medio tempore dichiarata insolvente decotta. Appare opportuno chiedersi cosa, in astratto potrebbe occorrere, successivamente alla omologazione, allorquando uno o più creditori si dovesse tempestivamente insinuare al passivo della società fallita, debitore principale, né la fideiussione veniva escussa e, comunque, non erano esperite le formalità prescritte (art. 1957 c.c.) talché, in astratto, il rapporto di garanzia non sarebbe più azionabile.

Viene da domandarsi quale sia la sorte delle somme teoricamente erogande in favore dei creditori e quali potrebbero essere le dinamiche successive.

In astratto, sembrano prospettarsi due scenari, con relativi esiti, distinti tra loro.

Un primo scenario sembra poter essere, ferma la immutabilità del programma di liquidazione[25] quello avente come presupposto il pagamento da parte del sovraindebitato delle somme accantonate. Il sovraindebitato, “escusso volontariamente”, conformemente al programma di liquidazione, può insinuarsi al passivo fallimentare perché il pagamento da parte del coobbligato comporta il “blocco” automatico di ogni potenziale domanda di ammissione del creditore garantito non ancora insinuato. Il credito del fideiussore nei confronti della società decotta, sostanzialmente, si sostituisce a quello del creditore principale, non intaccando, in alcun modo, la massa passiva ed il rapporto tra creditori.

Il secondo scenario concerne la possibilità che la preclusione civilistica di escussione ex art. 1957 c.c., giusta mancata insinuazione al passivo del fallimento e mancata “coltivazione” della tutela del credito, travolga la cristallizzazione dello stato passivo e del programma di liquidazione di cui al sovraindebitamento, impedisca la erogazione delle somme accantonate in favore dell’istituto.

In verità, non sussistendo né dottrina né giurisprudenza alcuna in tal senso,[26] anche alla luce della giovane età della L.3/2012, della durata media[27] delle procedure e del momento, alla conclusione giusta postergazione del credito, in cui tale problematica potrebbe crearsi, gli autori ritengono unicamente percorribile la via secondo cui operare un ragionamento ermeneutico a contrario onde fornire una prospettiva realistica e debitamente argomentata.

In particolare, l’elemento fulcro della discussione concerne l’eventus modificandi del piano, ossia la causa di una possibile rettifica del sovraindebitamento.

Appare, dunque, dirimente, verificare se le preclusioni scaturenti dal combinato disposto di cui agli artt. 1957 c.c., 93 e 101 l.f. scaturiscano un evento modificativo dello stato passivo[28]. Se, invero, gli atti o fatti volti alla modifica del passivo concorsuale, sono esclusivamente quelli ricordati nel paragrafo precedente, non sembra che tale fattispecie possa rientrarvi.

In particolare, la preclusione civilistica non può essere annoverata in una estinzione dell’obbligazione né per pagamento del debitore principale ovvero di un terzo né per una qualsivoglia eccezione di soccombenza in causa correlata né, a maggior ragione, in una latu sensu intesa rinuncia al credito.

Senza alcun tipo di riprova giurisprudenziale e dottrinale, pare plausibile ritenere che l’iter corretto sia, dunque, quello di ritenere corretta l’impostazione della immodificabilità del programma di liquidazione[29] e di optare per il pagamento delle somme, postergate, debitamente accantonate, da parte della procedura minore in favore dell’istituto di credito.

 

5. Le conclusioni degli autori, sono invero, volte ad enucleare, in astratto i possibili scenari e, per quanto possibile, fornire spunti per una corretta applicazione della fattispecie.

In primo luogo, atteso il pagamento endoprocedurale, finanche pro quota del sovraindebitato, sembra plausibile che questi possa legittimamente insinuarsi al passivo fallimentare, dato che il pagamento da parte del coobbligato comporta il blocco automatico di ogni potenziale domanda di ammissione del creditore garantito non ancora insinuato. Il credito del fideiussore escusso nei confronti della società insolvente, sostanzialmente, si sostituisce, in quota, a quello del creditore principale, non intaccando, in alcun modo, la massa passiva e il rapporto tra creditori[30].

Un cenno merita, in tema di garanzie, la particolare fattispecie della pluralità di garanzie, allorquando, dunque, la fideiussione fosse stata sottoscritta anche da soggetti diversi dal sovraindebitato. A parere di chi scrive, quest’ultimo, previa escussione parziale, può legittimamente chiedere in regresso la quota parte agli altri garanti, ai sensi e per gli effetti dell'art. 1299 c.c., che consente al solvens di ottenere la ripetizione dai coobbligati della parte gravante su ciascuno di essi[31].

Milita in questo senso il tenore letterale del comma 2 dell’art. 62 L.F., a norma del quale “il coobbligato che ha diritto di regresso verso il fallito ha diritto di concorrere nel fallimento di questo per la somma pagata”.

In applicazione dei principi che regolano le obbligazioni solidali, possiamo inoltre affermare che il solvens possa recuperare dai condebitori parte dell’esborso e in particolare chiedere la differenza tra quanto pagato e la quota intera a suo carico.

Appare poi opportuno chiedersi se, esperita l’azione di insinuazione al passivo, in caso di un qualsivoglia ricavo, quest’ultimo debba essere obtorto collo appreso alla procedura, così come accade ai sensi e per gli effetti delle prescrizioni sulla liquidazione del patrimonio ovvero se la gestione possa essere rimessa alla valutazione al Gestore della Crisi ed al Liquidatore, se nominato.

In ultima istanza, essendo sempre più, nella pratica, possibile la occorrenza di una concomitanza di insolvenza del garante e della garantita - stante il drammatico trend post-emergenziale di decrescita occupazionale[32] ed i numerosissimi fallimenti[33] occorsi - sembrerebbe opportuno ottenere una qualche linea guida, giurisprudenziale o normativa, sul trattamento dei crediti endoconcorsuali soddisfatti per debito altrui e relativo rapporto col programma di liquidazione de quo.



[1] Sui generali effetti esdebitatori nelle procedure concorsuali volontarie, si veda Macagno G.P. “Effetti esdebitatori del concordato preventivo in pendenza del termine di risoluzione e sopravvenuta dichiarazione di fallimento”, in Il Fallimento, 3/2019, 337; Caron F. “Efficacia esdebitatoria del concordato preventivo nei confronti dei soci illimitatamente responsabili”, in Il Fallimento, 11/2015, p. 1204.

[2] Sui rimedi avverso gli atti dei soci illimitatamente responsabili, si veda Spiotta M. “Revocatoria contro gli atti compiuti dal socio illimitatamente responsabile: legittimazione ad agire”, in Giurisprudenza italiana, 5/2007, p. 1163.

[3] Sul particolare profilo del socio illimitatamente responsabile, parimenti, garante Cfr Tribunale Milano, 23/12/2015 e Tribunale Teramo, 24/06/2020.

[4] Sul tema della sospensione della esecuzione promossa sul bene del socio illimitatamente responsabile della società ammessa al concordato preventivo si veda Tribunale Roma, 02/12/2020.

[5] Sul rapporto tra socio illimitatamente responsabile e procedure da sovraindebitamento, ex multis, Michelotti F. “I soci illimitatamente responsabili e le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento”, in Il Fallimento, 3/2020, p. 315.

[6] Per un generale inquadramento dell’istituto, si veda Di Martino M. “La crisi da sovraindebitamento: la concorsualità differenziata e il piano del Consumatore, in Salvis Juribus, 2022, p. 2-5.

[7] Cfr Cassazione, Ordinanza n. 24846/2016

[8] Per una disamina dei tratti qualitativi e quantitativi della figura moderna del consumatore, si veda Pagano A.J. “L’ inquadramento sistematico della qualifica di consumatore estesa all’ imprenditore individuale non cessato”, in Salvis Juribus, 2022, p. 2-4.

[9] Vale la pena evidenziare come, tra le attività estranee, volte a validare e corroborare la qualifica di consumatore, vi sia anche quella di socio di capitale come evidenziato da Pagano A.J. “Ammissione alla procedura di piano del consumatore da parte di socio di una cooperativa”, in Il Fallimentarista, 2021, p. 3.

Una disamina, invece, sulla natura del socio d’opera, si veda per tutti Spiotta M. “Anche il socio d’opera può essere considerato moroso”, in Le Società, 1/2021, p. 52-58.

[10] Cass. civ., Sez. I, Sent., (data ud. 04/06/2019) 06/09/2019, n. 22382 secondo cui “la disposizione della L. Fall., art. 184, comma 2, costituisce una deroga espressa al principio della comunicabilità degli effetti favorevoli tra i condebitori previsto dall'art. 1301 c.c., per la remissione volontaria e dall'art. 1941 c.c., per la fideiussione, considerata costituzionalmente legittima, in riferimento agli artt. 3 e 42 Cost., L. Fall., art. 184 (o dell'art. 135), giacché il fideiussore, da un lato paga quanto si era assunto l'obbligo di pagare e dall'altro subisce, in sede di rivalsa, gli effetti del concordato come qualunque altro creditore: tale disciplina trova fondamento nella finalità di favorire l'accettazione della proposta concordataria da parte dei creditori (Cass. 23275/2006).

Deve pertanto escludersi che l'effetto esdebitatorio del concordato possa essere esteso ai coobbligati in forza di patto espresso inserito nella proposta, trattandosi di disciplina degli effetti del concordato normativamente stabilita e dunque sottratta, a differenza di quanto previsto dalla disposizione della L. Fall., art. 184, u.c., alla disponibilità delle parti.”

[11] Nell’alveo dei rimedi avverso la prescrizione in ambito concordatario, si veda Baroncini F. “La prescrizione dei crediti nella fase esecutiva del concordato preventivo con cessione dei beni”, in Il Fallimento, 6/2022, p. 813.

[12] Secondo Cass. civ., 22/06/2020, n. 12085 tale misura premiale deve essere esclusa allorquando il fallimento sia stato dichiarato quando è ancora possibile instare per la risoluzione ex art. 186 l.fall. della procedura concordataria, posto che l'attuazione del piano è resa impossibile per l'intervento di un evento come il fallimento che, sovrapponendosi al concordato medesimo, inevitabilmente lo rende irrealizzabile.

[13] Cfr. Cass. civ., Sez. I, Sentenza, 24/04/2015, n. 8387 e Cass. civ., Sez. Unite, 16/02/2015, n. 3022.

[14] Cass. civ., Sez. I, Ordinanza, 04/08/2017, n. 19609 (rv. 645184-01) che ha statuito come in tema di concorso di creditori, ex art. 61, comma 2, l. fall., il fideiussore non ha un credito di regresso prima del pagamento e dunque non può essere ammesso con riserva per un credito condizionale; potrà invece essere ammesso al passivo solo dopo il pagamento, in surrogazione del creditore, considerata la natura concorsuale del credito di regresso.

In senso conforme, Tribunale Roma, Decreto, 04/04/2018, n. 1329.

[15] Tra coloro che si sono interessati al tema del rapporto tra procedure concorsuali coatte e garanzie fideiussorie, si veda Ronco S. “Obbligazione fideiussoria e fallimento del debitore principale”, in Il Fallimentarista, 2018, p. 3.

[16] Cfr in senso conforme Cass. civ., Sez. I, 09/01/2008, n. 177 (rv. 601298) ed in senso difforme Cass. civ., Sez. I, Sentenza, 06/09/2019, n. 22382.

[17] Si veda quanto osservato in materia da Cardinale E. “Il sovraindebitamento civile e del consumatore”, in Il sovraindebitamento civile e del consumatore, Sistemi giuridici europei alla prova del dialogo, 2018, p. 2-5.

[18] Sul complesso rapporto tra garante e debitore principale insolvente, Corte d'Appello Venezia, Decreto, 29/07/2019 secondo cui “fino al momento del pagamento, il fideiussore, pur titolare di un diritto di credito per titolo e causa anteriore alla data di pubblicazione del ricorso ex art. 168 l.f. che gli consente di assumere la qualifica di soggetto creditore del debitore concordatario (richiamando come effetto la fonte del credito e non la sua esigibilità), è da considerarsi solo un creditore eventuale e futuro, rispetto al quale il concordato è obbligatorio ex art. 184 l.f. È solo con l'assolvimento dell'obbligo di pagamento che il garante ottiene l'esigibilità del proprio credito divenendo titolare di una situazione giuridica soggettiva di pieno accesso alla concorsualità, attraverso un cambiamento nella sola titolarità soggettiva dal creditore al fideiussore dato che quest'ultimo non può avere una collocazione, a livello di quantum, superiore a quella vantata dal creditore originario. Né può essere invocata, come vorrebbe [la società in concordato preventivo], la regola di cui all'art. 111 c.p.c., secondo cui il processo prosegue tra le parti originarie anche in caso di trasferimento del diritto controverso a titolo particolare, in quanto la specialità della disciplina in materia consente il diritto di intervento del fideiussore (art. 174 l.f.), portatore di un interesse specifico dal momento che il concordato produce l'effetto di esdebitare il debitore, senza però liberare gli stessi garanti. Ritenuto, pertanto, che non possa essere detratto dal computo della maggioranza dei crediti, ai fini del voto, l'importo corrispondente ai crediti di cui sono divenuti titolari i fideiussori in sostituzione ai creditori originari, per effetto della escussione in data anteriore alla adunanza dei creditori, sussiste la legittimazione [della Banca] alla proposizione della opposizione e va, pertanto, confermato il decreto reclamato sul punto.” (Massima Redazionale, Wolters Kluwer

[19] Sul rapporto tra disciplina creditizia concorsuale e civilistica, si veda Fabiani M. “La regola della par condicio creditorum all’esterno di una procedura di concorso” in Diritto della Crisi, 2020, p. 2-4.

[20] Sul tema della immodificabilità del lato attivo si veda Tribunale Brescia, Sez. fall., 21/02/2020, per cui, dopo l'omologazione, i creditori anteriori sono vincolati agli effetti modificativi del concordato, ma, in caso di inadempimento, sono giuridicamente liberi di agire esecutivamente nei confronti del debitore per l'adempimento di quanto promesso con la proposta.

[21] Per un generale inquadramento sulla disciplina della liquidazione del patrimonio, si veda Cesare F. “Sovraindebitamento: Liquidazione del patrimonio”, in Il Fallimentarista, 2020, p. 2-4.

[22] Trib. Brescia 16.11.2021

[23] Farenga L., “Manuale di diritto commerciale”, Giappichelli, Torino, 2020, p. 617-624.

[24] Platania F. “La conservazione degli effetti esdebitativi del piano del consumatore nella legge sul sovraindebitamento e nel codice della crisi e dell’insolvenza,” in Diritto della Crisi, 2021, p. 3-4.

[25] Per una disamina dell’istituto nell’alveo della liquidazione del patrimonio si veda Farolfi A. “La liquidazione del patrimonio,” in Il Fallimento, 12/2021, p. 1623–1633.

[26] Vale la pena evidenziare, in via analogica, i principi dettati da Cass. 16.10.2017 n. 24296, secondo la quale “in caso di fideiussione con pattuizione del beneficio di escussione (art. 1944 c.c., comma 2), se il debitore principale fallisce, il creditore garantito, per evitare la decadenza dalla fideiussione prevista dall’art. 1957 c.c., comma 1, non potendo più assumere iniziative individuali, deve proporre istanza di insinuazione al passivo fallimentare nel termine semestrale previsto dallo stesso art. 1957 c.c., decorrente dalla data di apertura della procedura concorsuale”.

[27] Per una disamina sulle declinazioni temporali patologiche, si veda Valerini F. “Sovraindebitamento,” in Il Fallimentarista, 2020, p. 2-5.

[28] Si veda, sul tema, Palladino V.  “Regime delle preclusioni e garanzia del contraddittorio nel giudizio di opposizione allo stato passivo,” in Il Fallimentarista, 2021, p. 2-6.

[29] Per una disamina, si veda per tutti Silla F. “Sovraindebitamento: liquidazione dei beni e crediti futuri,” in Il Fallimentarista, 2021, p. 2-5.

[30] Sull’analisi degli istituti, si veda Maffei D. “La differenza tra contratto autonomo di garanzia e fideiussione,” in Quotidiano Giuridico, 2022, p. 2-3.

[31] Ex multis, De Santis F. “Garanzie dei finanziamenti alle imprese in crisi ed autotutele esecutive,” in Il Fallimento, 10/2021, p. 1262–1271.

[32] ISTAT, “Dati sull’occupazione e disoccupazione (2020),” 2020.

[33] Per un approfondimento circa le conseguenze economico-concorsuali occorse a seguito dell’outbreak pandemico si veda Iacomelli S. “Note Covid-19 - Fallimenti d’impresa in epoca Covid,” in Banca d’Italia, 2022.


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