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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 23/01/2024 Scarica PDF

Il primato del principio di risultato in materia di appalti pubblici e il ruolo strumentale del principio di tutela della concorrenza nel panorama giuridico europeo

Luca Mongiello, Avvocato in Bologna


Sommario: 1. L’attuale primato del principio di risultato e il ruolo strumentale della tutela della concorrenza nella materia dei contratti pubblici nel panorama giuridico europeo. - 2. Le Direttive 71/304/CEE, 71/305/CEE e 77/62/CEE: la centralità della tutela della concorrenza. - 3. Le direttive 90/531/CEE, 92/50/CEE, 93/36/CEE, 93/37/CEE, 93/38/CEE: la persistenza del primato della tutela della concorrenza rispetto al principio di risultato. - 4. La sentenza della Corte di Giustizia CE 17 settembre 2022 (in causa C-513/99), Concordia Bus Finland, e le direttive del primo decennio dell’attuale secolo: ancora il primato della concorrenza e il principio del risultato quale implicazione di quest’ultima. - 5. Le direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE: il primato del principio di risultato e la concorrenza come strumento per il suo conseguimento.


   

1. L’attuale primato del principio di risultato e il ruolo strumentale della tutela della concorrenza nella materia dei contratti pubblici nel panorama giuridico europeo

Il nuovo Codice dei contratti pubblici di cui al Decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 all’art.1 disciplina il principio del risultato. Tale disposizione prevede che è perseguito dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il miglior rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza. Al secondo comma si statuisce che la concorrenza tra gli operatori economici è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti[1]. La codificazione del principio di risultato costituisce il primato della funzione di committenza pubblica rispetto alla tutela della concorrenza.[2] Come emerge anche dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato tale principio prima di essere inserito nel nuovo Codice dei contratti pubblici è stato dapprima acquisito a partire dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia e, in particolare, dalla sentenza 17 settembre 2002 (nella causa C-513/99), Concordia Bus Finland, e successivamente, positivizzato nelle direttive attualmente in vigore, il più importante esempio delle quali è la direttiva 2014/24/UE laddove si prevede che le amministrazioni aggiudicatrici possono imporre requisiti per garantire che gli operatori economici possiedano le risorse umane e tecniche e l’esperienza necessarie per eseguire l’appalto con un adeguato standard di qualità[3]. Dall’analisi della legislazione europea in materia di contratti pubblici si osserva come inizialmente gli sforzi del legislatore comunitario sono stati profusi soprattutto per la tutela della concorrenza e, in misura minore, per il conseguimento del miglior risultato, mentre gli atti legislativi più recenti denotano un mutamento d’ottica in cui quest’ultimo principio prevale sul primo il quale assume un ruolo strumentale al suo conseguimento.

 

2. Le Direttive 71/304/CEE, 71/305/CEE e 77/62/CEE: la centralità della tutela della concorrenza

Le prime direttive in materia di appalti, emanate negli anni 70 del secolo scorso, prevedevano soprattutto norme a tutela della concorrenza. Ciò non significa che il legislatore europeo in tale materia non si preoccupasse del risultato degli appalti e della loro esecuzione: infatti, pur in assenza dell’esplicita enunciazione del principio di risultato, erano presenti riferimenti all’offerta economicamente più vantaggiosa e ai diversi criteri sui quali le amministrazioni dovevano fondarsi per la sua determinazione. Tuttavia, dall’analisi dei testi legislativi emerge un legislatore molto più attento alla tutela concorrenza piuttosto che all’esito dell’affidamento.

Nella direttiva 71/304/CEE concernente la soppressione delle restrizioni alla libera prestazione dei servizi in materia di appalti di lavori pubblici ed all’aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici tramite agenzie e succursali non era presente alcun riferimento al risultato dell’affidamento. Il legislatore europeo aveva emanato tale provvedimento normativo per eliminare nell’ambito degli appalti pubblici le discriminazioni e le restrizioni alle attività professionali e alla libertà di stabilimento nei confronti delle persone fisiche o giuridiche private basate sulla nazionalità dei prestatori. Infatti, nel quarto considerando della direttiva veniva indicato che le amministrazioni aggiudicatrici non avrebbero potuto imporre alle persone giuridiche di diritto privato alle quali venisse aggiudicato un appalto alcuna discriminazione basata sulla nazionalità degli appaltatori e nel penultimo considerando che le prescrizioni tecniche menzionate negli appalti di lavori pubblici non avrebbero dovuto contenere clausole aventi effetti discriminatori. Inoltre, le singole disposizioni legislative erano tutte incentrate sulla soppressione di restrizioni alla libertà di stabilimento e sulla parificazione delle persone negli stati membri. È evidente come il legislatore fosse concentrato nella rimozione degli ostacoli alla creazione di un mercato competitivo.[4]

A differenza della direttiva suindicata nelle direttive 71/305/CEE e 77/62/CEE, di coordinamento delle procedure di aggiudicazione, rispettivamente, degli appalti di lavori pubblici e degli appalti pubblici di forniture, erano presenti norme relative sia al risultato sia alla tutela della concorrenza ma il primato era nettamente detenuto da quest’ultima. Entrambe le direttive, infatti, esplicitavano di essere organizzate sulla base della concorrenza ed emerge che obiettivo del legislatore europeo fosse quello del coordinamento delle procedure nazionali di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici e degli appalti pubblici di forniture ai fini della realizzazione simultanea della libertà di stabilimento e della libera prestazione di servizi. In particolare, il legislatore esplicitava che lo sviluppo della concorrenza effettiva nel settore degli appalti pubblici richiedesse una pubblicità comunitaria dei relativi bandi di gara indetti dalle amministrazioni aggiudicatrici degli Stati membri. Con riferimento al risultato in entrambe le direttive veniva previsto che le amministrazioni aggiudicatrici ai fini dell’aggiudicazione dell’appalto potessero fondarsi in alternativa: a) unicamente sul prezzo più basso; b) a favore dell’offerta economicamente più vantaggiosa. In caso di tale ultima scelta avrebbero dovuto considerare diversi criteri variabili secondo l’appalto quali il prezzo, il termine di esecuzione, il costo di utilizzazione, il rendimento e il valore tecnico.[5] La possibilità che le amministrazioni potessero affidare l’appalto sull’unico fondamento del prezzo più basso è significativo del fatto che il legislatore avesse posto in secondo piano il principio di risultato.

 

3. Le direttive 90/531/CEE, 92/50/CEE, 93/36/CEE, 93/37/CEE, 93/38/CEE: la persistenza del primato della tutela della concorrenza rispetto al principio di risultato

Negli anni 90 del secolo scorso nella legislazione europea in materia di appalti il  principio della tutela della concorrenza continuava a detenere il primato rispetto a quello del risultato. Il motivo è presto detto: lo sviluppo e il completamento del mercato europeo.

Infatti, nei considerando della direttiva 90/351/CEE relativa alle procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, fornitori di servizi di trasporto nonché operanti nel settore delle telecomunicazioni, veniva indicato che: A) i soggetti che operavano in tali ambiti non procedevano ad appelli alla concorrenza a livello europeo a causa della natura chiusa dei mercati di riferimento, dovuta alla concessione da parte delle autorità nazionali, di diritti speciali o esclusivi per l’approvvigionamento, la messa a disposizione o la gestione di reti di fornitura dei servizi in questione, lo sfruttamento di una data area geografica per un fine determinato, la messa a disposizione o lo sfruttamento di reti pubbliche o la fornitura di servizi pubblici di telecomunicazioni; B) un altro motivo importante per cui era mancante in tali settori una concorrenza a livello comunitario era costituito dai diversi modi che le autorità nazionali utilizzavano per influenzare il comportamento di detti enti, ivi comprese l’assunzione di partecipazioni nei relativi capitali sociali o la rappresentanza negli organi amministrativi direttivi o di vigilanza di tali enti; C) il compimento del mercato europeo richiedeva la liberalizzazione degli appalti pubblici nei settori esclusi dall’applicazione della direttiva 71/305/CEE e della direttiva 77/62/CEE. Nelle disposizioni normative veniva previsto che: 1) gli Stati membri  controllassero che ciascun ente osservasse i principi della non discriminazione e della concorrenza nell’aggiudicazione di appalti e forniture e di lavori; 2) gli enti aggiudicatori non potessero far ricorso agli accordi quadro in modo abusivo con l’effetto di impedire, limitare o distorcere la concorrenza; 3) venisse garantita una concorrenza sufficiente nel numero di candidati accolti nella fase di aggiudicazione.

L’importanza della tutela della concorrenza era talmente forte che a seguito dell’Allegato XV della direttiva veniva posta la Dichiarazione all’articolo 15 della direttiva 90/351/CEE in cui il Consiglio e la Commissione dichiaravano che, nelle procedure aperte o ristrette, fosse esclusa qualsiasi negoziazione con i candidati o gli offerenti vertente su elementi fondamentali dei contratti la cui variazione potesse falsare il gioco della concorrenza.

Allo stesso modo nella direttiva 92/50/CEE di coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi veniva indicata la presenza di pratiche restringenti la concorrenza e limitative della partecipazione dei cittadini di altri Stati membri agli appalti ed esplicitato che ai fini dell’eliminazione di tali condotte fosse necessario migliorare l’accesso ai fornitori di servizi alle procedure di aggiudicazione. In tale provvedimento normativo veniva statuito che: a) con riferimento al numero di candidati invitati a partecipare ai concorsi di progettazione era necessario tenere conto della necessità di garantire un’effettiva concorrenza; b) non dovessero essere oggetto di pubblicazione le informazioni relative all’aggiudicazione di appalti la cui divulgazione potesse recare pregiudizio alla lealtà della concorrenza tra prestatori di servizi; c) nelle procedure ristrette e nelle procedure negoziate il numero di candidati invitati a presentare offerte dovesse essere sufficiente a garantire una concorrenza effettiva.

E nulla cambiava nelle direttive 93/36/CEE, 93/37/CEE e 93/38/CEE di coordinamento, rispettivamente, delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture, di lavori e delle procedure di appalto degli enti erogatori di acqua ed energia, che forniscono servizi di trasporto e che operano nei settori delle telecomunicazioni. Tutte le direttive erano improntate allo sviluppo della concorrenza e veniva lasciata l’alternativa dell’aggiudicazione sulla base esclusivamente del prezzo più basso o dell’offerta più vantaggiosa.[6]

 

4. La sentenza della Corte di Giustizia CE 17 settembre 2022 (in causa C-513/99), Concordia Bus Finland, e le direttive del primo decennio dell’attuale secolo: ancora il primato della concorrenza e il principio del risultato quale implicazione di quest’ultima

Nell’introduzione si è anticipato che il principio del risultato è stato acquisito a partire dalla sentenza della Corte di Giustizia CE 17 settembre 2022 (in Causa C-513/99), Concordia Bus Finland.[7] Tuttavia, nelle direttive emanate nel primo decennio del nostro secolo non si verificò alcun mutamento di ottica da parte del legislatore europeo; il principio della tutela della concorrenza continuò a detenere il primato rispetto a quello di risultato.

La causa oggetto del giudizio della Corte di Giustizia aveva avuto la propria origine da una procedura di appalto per la gestione della rete di autobus urbani del Comune di Helsinki. L’ufficio di approvvigionamento del comune l’1 settembre 1997 e con avviso pubblicato sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità Europee tre giorni dopo aveva indetto tale procedura precisando itinerari e orari in un documento relativo a sette lotti. La controversia nella causa principale riguardava un lotto relativo ad una linea. Secondo il bando di gara l’appalto sarebbe stato aggiudicato all’impresa autrice dell’offerta più vantaggiosa per la città sotto il profilo economico complessivo della gestione, per la qualità degli autobus e la gestione qualitativa ed ambientale da parte dell’imprenditore offerente. Con riferimento al punteggio era stato previsto che l’offerta più interessante avrebbe dovuto ottenere un numero determinato di punti; il punteggio delle altre offerte veniva calcolato in base ad una formula che prevedeva la divisione tra il costo per il compenso annuo dell’offerta più vantaggiosa e il costo dell’offerta considerata e la moltiplicazione del risultato così ottenuto per il numero di punti ottenuto per l’offerta più interessante. Veniva, altresì, previsto un supplemento di punti per l’utilizzo di autobus ad impatto ambientale e acustico sotto un determinato limite e per un insieme di criteri qualitativi e un programma di preservazione ambientale attestati mediante certificazione. L’ufficio di approvvigionamento del Comune di Helsinki otteneva due proposte da due differenti imprese di cui, a parità di certificazioni, una meno dispendiosa mentre l’altra, seppure più cara, a più basso impatto ambientale e sonoro. La commissione commerciale decideva di scegliere la seconda proposta dal momento che la sua offerta era stata considerata come la più vantaggiosa sotto il profilo economico complessivo.

L’impresa esclusa proponeva ricorso dinanzi all’autorità finlandese per la concorrenza per chiedere l’annullamento della decisione sostenendo che a) l’attribuzione di punti supplementari al materiale ad impatto ambientale e acustico sotto un determinato limite fosse parziale e discriminatoria e b) fossero stati assegnati punti supplementari per l’uso di un tipo di autobus che solo l’impresa vincitrice aveva la possibilità di proporre. L’Autorità respingeva il ricorso motivando che l’ente aggiudicatore aveva il diritto di decidere quale materiale fosse di suo gradimento specificando che la fissazione dei criteri di scelta e la loro ponderazione dovrebbero sempre avvenire in modo obiettivo, tenendo conto di quali siano le necessità dell’ente aggiudicatore e della qualità del servizio. L’amministrazione aggiudicatrice a propria volta dovrebbe essere in grado di giustificare la fondatezza della scelta e dell’applicazione dei propri criteri di valutazione. La stessa autorità giudicante affermava, inoltre, che la decisione del Comune di Helsinki di favorire gli autobus meno inquinanti fosse una decisione di politica ambientale, diretta a ridurre i danni causati all’ambiente dalla circolazione degli autobus e che non vi era stata discriminazione dal momento che tutti i concorrenti avevano la possibilità, se l’avessero voluto, di acquistare autobus alimentati a gas naturale.

L’impresa perdente presentava ricorso dinanzi alla Corte Suprema Amministrativa della Finlandia contro la decisione dell’autorità sostenendo che l’attribuzione di punti supplementari ad autobus meno inquinanti e meno rumorosi aveva favorito l’impresa vincitrice, la quale era l’unica in pratica ad avere la possibilità di utilizzare materiale che potesse ottenere tale punteggio. La Corte sollevava, per quanto qui di interesse, le seguenti questioni pregiudiziali dinanzi alla Corte di giustizia: 1) se la normativa in materia di appalti pubblici allora vigente si interpretava nel senso che una municipalità, in caso di organizzatore quale ente aggiudicatore di una gara di appalto relativa all’esercizio del trasporto pubblico urbano della stessa municipalità, avrebbe potuto prendere in considerazione, tra i criteri per l’attribuzione dell’appalto sulla base dell’offerta economicamente più vantaggiosa, oltre al prezzo proposto, al programma qualitativo ed ambientale dell’esercente in questione ed a molte altre caratteristiche del materiale circolante, anche la riduzione di emissioni inquinanti e del livello sonoro, secondo le modalità indicate nel bando di gara talché, in ipotesi di emissioni inquinanti e di livello sonoro di alcuni veicoli inferiori ad un determinato limite, sarebbe stato possibile attribuire punti supplementari di cui tenere conto nel raffronto tra offerte; 2) se tale normativa europea andasse interpretata nel senso che l’attribuzione di punti supplementari per le summenzionate caratteristiche relative alle emissioni di sostanze inquinanti e al livello sonoro del materiale non era tuttavia permessa quando era in precedenza noto che l’azienda esercente il trasporto pubblico mediante autobus appartenente alla municipalità aveva la possibilità di offrire materiale in possesso delle suddette caratteristiche che solo rare imprese del settore avevano la possibilità di offrire. La Corte enunciava i seguenti principi: A) la normativa in materia di appalti pubblici doveva essere interpretata nel senso che, quando, nell’ambito di un appalto pubblico relativo alla prestazione di servizi di trasporti urbani mediante autobus, decideva di attribuire un appalto all’offerente che aveva presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa, l’amministrazione aggiudicatrice poteva prendere in considerazione criteri ecologici, quali il livello di emissioni di inquinanti o il livello sonoro degli autobus, purché tali criteri fossero collegati all’oggetto dell’appalto, non conferissero alla detta amministrazione aggiudicatrice una libertà incondizionata di scelta, fossero espressamente menzionati nel capitolato di appalto o nel bando di gara e rispettassero tutti i principi fondamentali del diritto comunitario, in particolare del principio di non discriminazione; B) il principio della parità di trattamento non ostava a che fossero presi in considerazione criteri collegati alla tutela dell’ambiente per il solo fatto che la propria azienda di trasporti dell’amministrazione aggiudicatrice rientrasse fra le rare imprese che hanno la possibilità di offrire un materiale che soddisfi i detti criteri.

Da una lettura dei principi enunciati dalla corte emergeva come la normativa comunitaria sugli appalti pubblici andasse interpretata nel senso che le amministrazioni aggiudicatrici potessero formulare domande qualificate anche se questo comportava una riduzione degli operatori economici con effettive possibilità di aggiudicazione dell’appalto e quindi della concorrenza.

Nonostante tale arresto nella legislazione europea il principio della concorrenza continuò a detenere il primato anche nel primo decennio del nostro secolo. Tale scelta del legislatore europeo era motivata da alcune necessità, tra le quali la creazione di una situazione di concorrenza effettiva in alcuni settori, la disciplina delle attività delle centrali di committenza, la realizzazione dello scopo per cui le specifiche tecniche fissate dalle amministrazioni aggiudicatrici avrebbero dovuto consentire l’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza.

Nelle direttiva 2004/17/CE di coordinamento delle procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali, mentre il criterio di aggiudicazione degli appalti rimaneva il medesimo delle precedenti direttive, ovvero, alternativamente, unicamente il prezzo più basso o l’offerta economicamente più vantaggiosa, veniva creata un’intera procedura per stabilire se una determinata attività fosse direttamente esposta alla concorrenza e veniva esplicitato che le specifiche tecniche dovevano consentire pari accesso agli offerenti e non dovevano comportare la creazione di ostacoli ingiustificati all’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza. Veniva indicato, altresì, che gli enti aggiudicatori non potevano ricorrere alle aste elettroniche abusivamente o in modo tale da impedire, limitare o distorcere la concorrenza. Lo stesso è avvenuto con le direttive 2004/18/CE e 2009/81/CE, rispettivamente, di coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi e di coordinamento delle procedure per l’aggiudicazione di taluni appalti di lavori, di forniture e di servizi nei settori della difesa e della sicurezza da parte delle amministrazioni aggiudicatrici e recante la modifica delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE laddove di fronte a qualche innovazione delle disposizioni normative di riferimento alla concorrenza il criterio di aggiudicazione degli appalti rimaneva sempre il medesimo.

 

5. Le direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE: il primato del principio di risultato e la concorrenza come strumento per il suo conseguimento

Le direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE attualmente in vigore dimostrano come l’ottica del legislatore europeo abbia subìto un profondo mutamento e che il primato sia passato dal principio della tutela della concorrenza a quello del risultato dell’affidamento. Dall’analisi delle direttive, infatti, non emerge più quale principale obiettivo la creazione e l’espansione di un mercato concorrenziale ma l’individuazione di un vantaggio economico globale per le amministrazioni aggiudicatrici attraverso l’inclusione di criteri ambientali, sociali o relativi all’innovazione. Dalla lettura delle direttive emerge che: A) la direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione con riferimento ai criteri di aggiudicazione prevede che le concessioni sono aggiudicate sulla base di criteri oggettivi che assicurino una valutazione delle offerte in condizioni di concorrenza effettiva in modo da individuare un vantaggio economico complessivo per l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore e che i criteri di aggiudicazione possono includere, tra l’altro, criteri ambientali, sociali o relativi all’innovazione; B) la direttiva 2014/24/UE dispone che i criteri di selezione possono riguardare l’abilitazione all’esercizio dell’attività professionale, alla capacità economica e finanziaria e alle capacità tecniche e professionali e che le amministrazioni aggiudicatrici possono imporre requisiti per garantire che gli operatori economici possiedano le risorse umane e tecniche e l’esperienza necessarie per eseguire l’appalto con un adeguato standard di qualità; C) la direttiva 2014/25/UE sulle procedure statuisce che gli enti aggiudicatori procedono all’aggiudicazione degli appalti sulla base dell’offerta economicamente più vantaggiosa che può includere il miglior rapporto qualità/prezzo, valutato sulla base di criteri quali gli aspetti qualitativi, ambientali e/o sociali, connessi all’oggetto dell’appalto.

Non è più prevista la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici di effettuare l’aggiudicazione dell’appalto sulla base unicamente del prezzo più basso. Il fine principale del legislatore europeo non è più quello dello sviluppo di un mercato concorrenziale ma quello del conseguimento del miglior esito dell’affidamento dove la concorrenza assume un ruolo strumentale al conseguimento di tale scopo con conseguente passaggio del primato al principio del risultato.[8]



[1] L’art. 1 del D.Lgs. 31 marzo 2023 n. 36, rubricato “Principio del risultato” prevede: “1. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti perseguono il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza. 2. La concorrenza tra gli operatori economici è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti. La trasparenza è funzionale alla massima semplicità nella corretta applicazione delle regole del presente decreto, di seguito denominato “codice” e ne assicura la piena verificabilità. 3. Il principio del risultato costituisce attuazione, nel settore dei contratti pubblici del principio del buon andamento e dei correlati principi di efficienza, efficacia ed economicità. Esso è perseguito nell’interesse della comunità e per il raggiungimento degli obiettivi dell’Unione europea. 4. Il principio del risultato costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto, nonché per: a) valutare la responsabilità del personale che svolge funzioni amministrative o tecniche nelle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti; b) attribuire gli incentivi secondo le modalità previste dalla contrattazione collettiva. Sulla codificazione del principio di risultato nel nuovo Codice dei Contratti Pubblici cfr. U. Baldi, G. Balocco, V. Bontempi, A. Cancrini, P. Clarizia, C. Ciccia Romito, F. D’Alessandri, E.A.L. Delbarba, V. Fasciani, B. Fiorucci, R. Fragale, F. Gavioli, E. Giardino, E. Leonetti, G. Napolitano, M. Nunziata, C.M. Oriolo, L.R. Perfetti, F. Rumma, F. Sigillò, F. Vagnucci, A. Vitale, L. Zanghi Buffi, “Il nuovo codice degli appalti (D.lgs. n. 36/2023) Analisi delle novità, aspetti operativi e indicazioni pratiche”, Wolters Kluwer, Milano, 2023; B. Brunella, M. Mariani, E. Toma, “La nuova disciplina dei contratti pubblici, Commento al D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36”, 2023, Giappichelli, Torino, 2023.

[2] Cfr. sul punto G. Napolitano, “Il nuovo Codice dei contratti pubblici: i principi generali” in U. Baldi, G. Balocco, V. Bontempi, A. Cancrini, P. Clarizia, C. Ciccia Romito, F. D’Alessandri, E.A.L. Delbarba, V. Fasciani, B. Fiorucci, R. Fragale, F. Gavioli, E. Giardino, E. Leonetti, G. Napolitano, M. Nunziata, C.M. Oriolo, L.R. Perfetti, F. Rumma, F. Sigillò, F. Vagnucci, A. Vitale, L. Zanghi Buffi, “Il nuovo codice degli appalti (D.lgs. n. 36/2023) Analisi delle novità, aspetti operativi e indicazioni pratiche”, Wolters Kluwer, Milano, 2023;

[3] Cfr. Cons. Stato 29/12/2023, n. 6467 ove si legge che “a partire dalla sentenza della Corte di Giustizia, 17 settembre 2002, in causa C-513/99, è acquisito il principio per cui la tutela della concorrenza nel settore dei contratti pubblici implica anche la capacità dell’impresa di stare sul mercato offrendo prodotti competitivi per soddisfare una domanda pubblica qualificata, in relazione ai sottostanti interessi della collettività (secondo la logica del contratto pubblico come strumento a plurimo impiego). La positivizzazione di tale principio è scolpita nella direttiva 2014/24/UE laddove si prevede, con riferimento alle capacità tecniche e professionali, che “le amministrazioni aggiudicatrici possono imporre requisiti per garantire che goli operatori economici possiedano le risorse umane e tecniche e l’esperienza necessarie per eseguire l’appalto con un adeguato standard di qualità (art. 58, paragrafo 4), confermando l’impostazione secondo la quale la pubblica amministrazione ha interesse ad incentivare la partecipazione alle gare di soggetti particolarmente qualificati, che garantiscano elevati standard qualitativi al fine di svolgere al meglio le prestazione oggetto di gara” (nello stesso senso le successive sentenze nn. 6829, 6831,6834,6835, 6837 e 6839 del 2021)”.

[4] Sul punto vd. A. Fonzi, “Il principio di concorrenza nell’esecuzione dei contratti pubblici”, Giappichelli, Torino,pag. 42 ss.

[5] La direttiva 71/305/CEE all’art. 29 prevedeva che i criteri sui quali le amministrazioni aggiudicatrici potevano fondarsi per l’aggiudicazione dell’appalto fossero o unicamente il prezzo più basso o l’offerta economicamente più vantaggiosa. Qualora la scelta fosse ricaduta su tale ultima opzione le amministrazioni dovevano tenere conto di diversi criteri variabili secondo l’appalto, quali il prezzo, il termine di esecuzione, il costo di utilizzazione, il rendimento, il valore tecnico. In quest’ultimo caso, le amministrazioni aggiudicatrici erano tenute a menzionare nel capitolato d’oneri o nel bando di gara tutti i criteri di aggiudicazione di cui esse prevedessero l’applicazione, possibilmente nell’ordine decrescente dell’importanza che era loro attribuita. La direttiva 77/62/CEE all’art. 25 prevedeva una disposizione simile: i criteri sui quali le amministrazioni aggiudicatrici si fondavano per l’aggiudicazione dell’appalto erano o unicamente il prezzo più basso o l’offerta economicamente più vantaggiosa. Qualora la scelta fosse ricaduta su tale ultima opzione le amministrazione dovevano tenere conto di diversi elementi di valutazione variabili secondo l’appalto quali il prezzo, il termine di consegna, il costo di utilizzazione, il rendimento, la qualità, il carattere estetico e funzionale, il valore tecnico, il servizio successivo alla vendita e l’assistenza tecnica. In tale ultimo caso le amministrazioni aggiudicatrici erano tenute a menzionare nel capitolato d’oneri o nel bando di gara tutti i criteri di aggiudicazione di cui prevedono l’applicazione, possibilmente nell’ordine decrescente di importanza che è loro attribuita.

[6] Sul tema della concorrenza negli appalti pubblici cfr. M. D’Alberti, “Lezioni di diritto amministrativo”, Giappichelli, Torino, pag. 302 ss.

[7] La sentenza della Corte di Giustizia CE 17 settembre 2022 (in Causa C-513/99), Concordia Bus Finland, ebbe grande importanza anche con riferimento al principio della parità di trattamento nelle procedure di affidamento degli appalti pubblici. Cfr. sul punto M.P. Chiti, G. F. Cartei, “Trattato di diritto amministrativo europeo”, Giuffrè Milano, pag. 339.

[8] Per un approfondimento sul la concorrenza quale metodo e non quale fine si veda A. Buonanno, P. Cosmai, “La riforma del codice degli appalti”, Wolters Kluwer, Milano, pag. 29.


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