CrisiImpresa
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 30/09/2021 Scarica PDF
L'adesione forzosa del creditore tributario e contributivo all'accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento e al concordato minore [1]
Franco Michelotti, Dottore commercialista in PistoiaSommario. 1. Le novelle sul cd. cram down tributario nella legge sul sovraindebitamento e sul cd. cram down tributario e contributivo nella legge fallimentare. Il regime previsto nel codice della crisi per il concordato minore. 2. Il caso deciso dal Tribunale di Pistoia. 3. La rilevanza della mancata adesione. 4. La convenienza trattamento proposto al creditore tributario (o contributivo) rispetto all’alternativa liquidatoria. 5. La relazione del del gestore della crisi o del professionista f. f. di OCC.. 6. (segue). La prognosi degli esiti della liquidazione concorsuale e della esecuzione tributaria singolare. 7. La competenza del tribunale nel cram down tributario. 8. 8. Il cram down fiscale per i crediti tributari degli enti locali. 9. Conclusioni.
Abstract. Il propagarsi sempre più ampio della crisi, sospinta dalla pandemia, ha portato il legislatore a modificare la legge fallimentare, mediante l’anticipazione di una misura introdotta nel codice della crisi, l’adesione forzosa dei creditori tributari e contributivi ai concordati preventivi e agli accordi di ristrutturazione del debito (c.d. cram dowm fiscale e previdenziale o contributivo). E’ opinione diffusa che tale novità abbia una significativa influenza sul successo di tali strumenti di regolazione della crisi d’impresa. Il cram down fiscale è stato introdotto anche nella legge sul sovraindebitamento con la legge di conversione del c.d. decreto ristori, che non ha però compreso gli enti gestori di forme di previdenza ed assistenza obbligatorie. Il presente contributo esamina il nuovo istituto nel sovraindebitamento, prendendo spunto da una recentissima pronuncia del Tribunale di Pistoia, che si segnala come uno dei primi provvedimenti giurisdizionali in cui l’accordo di composizione viene omologato non solo con l’adesione forzosa, ma anche con applicazione analogica del cram down ai creditori contributivi.
1. Le novelle sul cd. cram down tributario nella legge sul sovraindebitamento e sul cd. cram down tributario e contributivo nella legge fallimentare. Il regime previsto nel codice della crisi per il concordato minore.
La legge n. 176/2020, di conversione del d. l. n. 137/2020, entrata in vigore il 25 dicembre 2020, ha riformato la legge n. 3/2012 e succ. mod. ed int., anticipando diverse innovazioni contenute nel codice della crisi, la cui entrata in vigore era da ultimo stata differita al 1° settembre 2021, poi ulteriormente prorogata al 16 maggio 2022. Tra le novità di maggior rilievo, apportate dalla novella, figura nella disciplina della procedura di accordo di composizione della crisi la cd. adesione coattiva o forzosa dell’amministrazione finanziaria alla proposta di accordo, anche in mancanza di adesione, secondo il nuovo comma 3-quater dell’art. 12, l. n. 3/2012 che così dispone: «3-quater. Il tribunale omologa l'accordo di composizione della crisi anche in mancanza di adesione da parte dell'amministrazione finanziaria quando l'adesione è decisiva ai fini del raggiungimento delle percentuali di cui all'articolo 11, comma 2, e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione dell'organismo di composizione della crisi, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione è conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria.»
Il presente contributo si propone di commentare tale rilevante novità legislativa, alla luce degli orientamenti dottrinali[2] e delle prime pronunce della giurisprudenza di merito.
E’ appena il caso di ricordare come, prima che la legge sul sovraindebitamento fosse innovata dalla norma sopra citata, la legge fall. sia stata analogamente innovata ad opera dell’art. 3, comma 1-bis del D.L. n. 125/2020, conv. con mod. nella legge n. 159/2020, entrato in vigore a partire dal 4/12/2020, il quale ha introdotto delle importanti novità in tema di transazione fiscale e contributiva, anticipando quanto previsto dal codice della crisi all’art. 48, già ampiamente commentate sia dalla dottrina specialistica[3], che dalla prassi amministrativa con la circ. n. 34 del 29/12/2020, come pure dalla giurisprudenza di legittimità con la recente ordinanza delle SS.UU. della Corte di Cass., la n. 8504/2021[4].
La legge di conversione n. 159/2020 ha, poi, espunto dall’ordinamento il D.M. 4 agosto 2009, adottato ai sensi dell'art. 32, co. 6, D.L. 185/2008, conv., con mod. nella legge n. 2/2009, che regolamentava la transazione da parte degli enti previdenziali ed assistenziali nell'ambito di accordi di ristrutturazione e concordati preventivi, facendo venire meno l'obbligo dell'INPS e dell’INAIL di rigettare le transazioni in cui la proposta di pagamento fosse inferiore al 100% per i crediti privilegiati ex art. 2778, co. 1, n. 1 c. c. e per i crediti per premi, al 40% per i crediti privilegiati ex art. 2778, co. 1, n. 8 c.c. e al 30% per i crediti chirografari.
In questo quadro si collocano le decisioni del Tribunale di La Spezia, Napoli e Pistoia, che si segnalano come alcuni dei primi decreti di omologazione degli accordi di composizione della crisi da sovraindebitamento[5] in cui sia stato applicato il cd. cram down fiscale e, come si vedrà, contributivo.
La novella – di rilevante portata pratica - consente al tribunale (o al giudice v. infra § 7) di omologare un accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria (o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie) al ricorrere di due condizioni:
1. che la mancata adesione sia determinante per il raggiungimento del quorum del 60% delle adesioni alla proposta di accordo, formulata dal debitore; in pratica, il tribunale è tenuto a verificare che l’accordo sarebbe stato approvato con la suddetta maggioranza qualificata, se l’adesione fosse pervenuta (cd. rilevanza della mancata adesione, v. infra § 3);
2. che dalla relazione del gestore della crisi, nominato dal referente l’o.c.c., o del professionista facente funzioni di o.c.c., nominato dal presidente del tribunale o da un giudice da lui delegato, risulti che la proposta di accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento è conveniente per l’amministrazione finanziaria (o per l’ente gestore di forme di previdenza o assistenza obbligatoria) rispetto all’alternativa liquidatoria (cd. convenienza della proposta, v. infra § 4).
Nel dossier del 16 dicembre 2020 sul cd. decreto “ristori”, a cura del servizio studi del Senato e della Camera dei deputati, si coglie la ratio della nuova norma che riprende “in larga parte quanto previsto dall’art. … omissis … 48, comma 5 del Codice dell’impresa” in tema di omologazione del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis l. fall.. Circa lo spirito della norma è opportuno richiamare la relazione illustrativa al codice della crisi secondo cui l’art. 48 (del codice della crisi) viene introdotto «al fine di superare ingiustificate resistenze alle soluzioni concordate, spesso registrate nella prassi».
Nel codice della crisi, anche per effetto delle modifiche apportate dal cd. decreto correttivo, il d. lgs. 26/10/2020, n. 147, l’art. 80, co. 3, prevede che il concordato minore, procedura che si colloca in linea con l’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento, possa essere omologato dal giudice “anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l’adesione è determinante ai fini del raggiungimento della percentuale di cui all’art. 79, comma 1 e, anche sulla base delle risultanze, sul punto, della specifica relazione dell’OCC, la proposta di soddisfacimento dell’amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria”.
Il decreto correttivo ha, infatti, aggiunto nel testo del comma 3 citato tra i destinatari del cram down anche i creditori contributivi, allineando, quindi, il concordato minore con il concordato preventivo e con gli accordi di ristrutturazione dei debiti, per i quali è prevista la transazione fiscale e contributiva.
E’, pertanto, possibile ristrutturare i debiti tributari (e contributivi), nonché i relativi accessori, quali sanzioni ed interessi, senza che sia necessario ottenere l’adesione dell’ente pubblico titolare del credito, quindi dell’Agenzia delle entrate e dell’Agenzia delle entrate-riscossione, (dell’INPS e dell’INAIL,) dato che spetta al tribunale (o al giudice) la valutazione non solo della legittimità del trattamento che la proposta riserva a tali creditori pubblici, ma anche circa la convenienza rispetto alla presumibile soddisfazione che avrebbero in caso di liquidazione del patrimonio o nella altre alternative liquidatorie. Il giudizio del tribunale (o del giudice) si fonda sulla relazione del gestore della crisi, quale professionista indipendente, che si deve esprimere in punto di convenienza rispetto all’alternativa liquidatoria.
2. Il caso deciso dal tribunale di Pistoia.
Tra le prime pronunce giurisprudenziali in tema di adesione “forzosa” si segnala – come già detto in precedenza - quella del tribunale di Pistoia per il trascinamento forzoso dell’ INPS.
L’accordo di composizione della crisi, omologato dal tribunale di Pistoia, può essere in estrema sintesi così riepilogato:
a) pagamento integrale delle spese di procedura in rate mensili decorrenti dal 6° mese dal passaggio in giudicato del decreto di omologazione;
b) costituzione di un fondo rischi per spese impreviste di euro 1.000;
c) degradazione in chirografo dei prelatizi incapienti in base alla perizia ex art. 7 l. n. 3/2012;
d) pagamento a saldo e stralcio, mediante finanza esterna, entro 6 mesi dal passaggio in giudicato del decreto di omologazione di Agenzia Entrate (priv. degradato e chiro) per il 4,11%; INPS (priv. degradato e chiro) per il 4,16%; Comune di Altopascio (priv.) per il 30,67%; Comune di Sesto Fiorent. per il 10,25%; INAIL (chiro) per il 31,06% e CCIAA (chiro) per il 15,14%;
e) pagamento a saldo e stralcio in 7 rate semestrali di Agenzia Entrate (priv.) per il 85,93% dal 36° mese fino al 72° mese dal passaggio in giudicato del decreto di omologazione;
f) destinazione dell’eventuale residuo del fondo spese al pagamento dell’Agenzia delle Entrate;
e) messa a disposizione della procedura della somma di euro 3.000, cd. finanza esterna, da parte di un terzo, che garantisce, altresì, la completa esecuzione della proposta;
f) versamento di euro 200 al mese da parte del debitore per 72 mesi dal passaggio in giudicato del decreto di omologazione;
g) riparto finale entro 72 mesi dal passaggio in giudicato del decreto di omologazione (termine di adempimento dell’accordo);
h) regolare pagamento delle rate del mutuo ipotecario sulla abitazione principale del debitore.
La proposta di accordo ha riportato il dissenso dell’INPS e di un Comune per un ammontare complessivo di oltre il 55% dei crediti ammessi al voto, per cui l’accordo non risultava approvato dalla maggioranza qualificata del 60% dei creditori ammessi al voto e il dissenso dell’INPS era decisivo per il mancato raggiungimento della suddetta percentuale. L’OCC - da parte sua - nella relazione attestativa definitiva sulla fattibilità del piano, in coerenza con quanto affermato nella relazione estimativa ex art. 7 l. n. 3/2012, ha dedotto la convenienza dell’accordo proposto rispetto alle alternative liquidatorie, tra le quali ha esaminato, oltre alla liquidazione del patrimonio, anche l’esito per l’agenzia delle entrate del pignoramento dello stipendio della sovraindebitata nella misura di un decimo ex art. 72-ter del d.p.r. n. 602/73 e succ. mod. ed int..
Il tribunale si è trovato di fronte al dissenso determinante dell’INPS, alla convenienza della proposta per il creditore INPS e alla lacuna della legge n. 3 citata che non prevede espressamente il cd. trascinamento forzoso degli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie, come invece è previsto dalla legge fall. per il concordato preventivo e per gli accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis.
Adottando una interpretazione costituzionalmente orientata, volta ad evitare di sollevare una questione di legittimità costituzionale per violazione del principio di eguaglianza e di parità di trattamento ex art. 3, co. 1, Cost. della legge n. 3/2012 nella parte in cui non prevede l’adesione forzosa all’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento del creditore ente gestore di forme di previdenza e assistenza obbligatoria, il tribunale ha colmato la lacuna della legge, mediante il ricorso all’analogia legis, estendendo la norma dell’art. 12, co. 3-quater citato anche a tali enti previdenziali e, quindi, all’INPS.
Il tribunale, dunque, ha omologato l’accordo in virtù del “trascinamento” forzoso del creditore INPS ai sensi del nuovo comma 3-quater dell’art. 12 della legge n. 3/2012, così integrato, superando il quorum richiesto dalla legge del 60%.
Da ultimo è interessante notare come nell’accordo omologato il giudice del sovraindebitamento abbia ritenuto legittima la proposta di accordo che prevede il regolare pagamento delle rate del mutuo ipotecario sulla prima casa del debitore, peraltro in regolare ammortamento, in considerazione del fatto che il gestore della crisi nella relazione estimativa ex art. 7 l. n. 3/2012 aveva rilevato come il valore venale dell’immobile fosse insufficiente a coprire l’integrale pagamento del creditore ipotecario, per cui la mancata liquidazione dell’immobile non ledeva gli interessi degli altri creditori.
3. La rilevanza della mancata adesione.
Nel caso in esame, dunque, è stata applicata dal Tribunale di Pistoia la nuova norma sull’adesione forzosa o coattiva alla proposta di accordo di composizione della crisi, introdotta nell’art. 12, co. 3-quater, l. n. 3/2012 dall’art. 4-ter del D. L. 137/2020, conv., con mod., nella legge n. 176/2020, in vigore dal 25/12/2020, in precedenza citata, sia pure integrata in via analogica.
In considerazione della novella, che ha interessato anche il concordato preventivo, con la modifica dell’art. 180 l. fall., e gli accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis l. fall. gli interpreti si sono interrogati sulla portata della locuzione “in mancanza di adesione”, che è la prima condizione per l’applicazione della norma citata.
Occorre notare che il legislatore ha utilizzato la stessa formulazione letterale sia nel sovraindebitamento, che negli accordi ex art. 182-bis l. fall..
Infatti, la nuova norma sull’adesione forzosa o coattiva alla proposta di accordo di ristrutturazione del debiti, introdotta nell’art. 182-bis, co. 4, l. fall. dall’art. 3, co.1-bis del D. L. 125/2020, conv., con mod., nella legge n. 159/2020, in vigore dal 4/12/2020, così dispone: “Il tribunale omologa l'accordo anche in mancanza di adesione da parte dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l'adesione e' decisiva ai fini del raggiungimento della percentuale di cui al primo comma e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista di cui al medesimo comma, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria”.
Al riguardo, tuttavia, occorre rilevare che nel concordato preventivo il silenzio vale come rigetto della proposta, in quanto l’approvazione della proposta richiede che il voto favorevole sia espresso; del pari, per gli accordi di ristrutturazione dei debiti, in cui l’adesione deve essere espressa palesemente dal creditore, altrimenti non vi è accordo. Viceversa, nel sovraindebitamento vige il principio opposto, quello del silenzio assenso, per cui la mancanza di adesione espressa fa scattare il silenzio assenso.
Ciò precisato, prima di esaminare la problematica ora accennata nel sovraindebitamento, occorre dare uno sguardo al dibattito che si è sviluppato sul tema della “mancanza di adesione” nella legge fallimentare per gli accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis.
In sintesi, sono emersi due orientamenti.
Il primo[6], fautore di una interpretazione restrittiva, esclude l’applicabilità della norma alle fattispecie in cui l’amministrazione finanziaria o gli enti gestori di forme di previdenza ed assistenza obbligatorie abbiano espresso il rigetto della proposta. In tale prospettiva, la mancanza di adesione verrebbe interpretata come mancanza di manifestazione di volontà. Richiamando, poi, l’utilizzo del termine dissenso nella legge fallimentare come nell’art. 128, co. 2, e nell’art. 125, co. 2, si argomenta per escludere che il legislatore abbia utilizzato la locuzione “in mancanza di adesione” per ricomprendervi anche il dissenso espresso, rilevando, viceversa, che, se lo avesse voluto, lo avrebbe precisato in chiaro, in aderenza al canone ermeneutico ubi lex voluit, dixit. Inoltre, la tesi estensiva entrerebbe in conflitto con la natura negoziale dell’accordo di ristrutturazione, che è pacificamente un contratto. Nell’ambito dei sostenitori della tesi restrittiva, poi, si distingue tra atti di rigetto non motivati ed atti adeguatamente motivati[7]. Mentre i primi potrebbero essere disapplicati dal Tribunale, con l’effetto pratico di equipararli alla mancanza di adesione, in quanto illegittimi, perché affetti da vizi per violazione di legge ex art. 3 della legge n. 241/1990 e per eccesso di potere per non avere rispettato le istruzioni fornite al riguardo con la circ. n. 34E/2020 secondo cui “l’eventuale diniego da parte dell’Ufficio dovrà necessariamente essere corredato da una puntuale motivazione, idonea a confutare analiticamente, in base ad elementi chiari, oggettivi e verificabili, le argomentazioni e le conclusioni...”, i secondi non potrebbero essere travolti dall’adesione forzosa.
Il secondo[8], che propende per un’interpretazione estensiva, ritiene che la mancanza di adesione si abbia non solo quando il creditore tributario o contributivo non abbia espresso alcuna volontà, cioè sia rimasto in silenzio di fronte alla proposta depositata dall’impresa, ma anche quando vi sia stato il rigetto espresso alla proposta, dato che anche il rigetto espresso sarebbe qualificabile come “mancanza di adesione”. Inoltre, secondo i fautori della esegesi estensiva, un argomento utile per sostenere tale tesi è il passaggio, richiamato in precedenza, della stessa relazione illustrativa al codice della crisi, che, nel commentare l’art. 48, chiarisce lo spirito della norma sull’adesione forzosa consistente nel “superare ingiustificate resistenze alle soluzioni concordate” che si registrano nella prassi.
Venendo, ora, al sovraindebitamento, occorre cogliere il contenuto normativo della norma in esame, nel senso che la norma giuridica, per essere tale, deve avere un contenuto innovativo rispetto all’ordinamento giuridico preesistente.
Orbene, a causa del principio del silenzio assenso, prima richiamato, se il creditore tributario non si esprime sulla proposta di accordo a lui rivolta dal debitore, viene considerato consenziente. Quindi, se il significato della norma in esame “in mancanza di adesione” fosse quello di poter trascinare un creditore tributario rimasto silente di fronte alla proposta di accordo, si avrebbe che non vi sarebbe alcuna innovazione, dato che tale risultato si ottiene di già con il silenzio assenso. Pertanto, non può essere quello il significato innovativo della norma in esame. Viceversa, se il significato della locuzione “in mancanza di adesione” fosse quello di convertire il dissenso espresso in consenso forzoso, come ha fatto il tribunale di Pistoia nel provvedimento sopra commentato, allora si avrebbe un effettivo contenuto innovativo, tipico della norma giuridica.
E’ da ritenere, dunque, che i dubbi e i contrasti che sono emersi nella dottrina che ha commentato la novella in esame nella legge fallimentare per gli accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis, non abbiano motivo su cui fondarsi nel sovraindebitamento per la disciplina dell’accordo di composizione della crisi, in quanto la norma legittima il tribunale a convertire di diritto in consenso il dissenso espresso, in presenza delle condizioni stabilite dalla legge.
Altra questione che hanno affrontato gli interpreti del novellato art. 182-bis della legge fallimentare è quella del termine entro il quale far pervenire l’adesione, atteso che la novella ha anticipato la disciplina recata dal codice della crisi, ma non tutte le relative previsioni. Infatti, l’art. 63, co. 2, CCII, richiamando l’art. 48, co. 5, CCII che dispone la regola del cram down tributario e contributivo, precisa che “ai fini dell’art. 48, co. 5, l’eventuale adesione deve intervenire entro 90[9] giorni dal deposito della proposta di transazione”. Quest’ultima previsione non è stata recepita dalla novella nell’art. 182-bis, né nell’art. 182-ter L. fall. per cui emergevano delle criticità circa l’applicazione della regola sull’adesione coattiva, in quanto occorre stabilire quando si possa affermare che la proposta di accordo non ha trovato l’adesione del creditore pubblico. E’, infatti, noto che le amministrazioni pubbliche, come quella finanziaria e l’INPS, abbiano tempi lunghi per pervenire all’adozione di un provvedimento di adesione o di rigetto alla proposta di transazione fiscale o contributiva loro rivolta dell’impresa, sicché la fissazione di un termine entro il quale la volontà dell’ente debba essere espressa è strettamente funzionale all’effettiva operatività della norma sull’adesione forzosa in mancanza di alcun provvedimento di accoglimento o di rigetto del creditore pubblico. Tale lacuna normativa è rilevante nella disciplina degli accordi di ristrutturazione dei debiti, mentre tale problema non si pone nell’analoga disciplina prevista per il concordato preventivo, nel quale la mancanza di adesione – o meglio di voto - potrà essere accertata allo spirare del termine di 20 giorni decorrenti dall’adunanza dei creditori.
Orbene, il d. l. n. 118/2021 è intervenuto, emendando sia l’art. 182-bis l. fall., che l’art. 180 l. fall., con norme entrate in vigore il 25 agosto 2021 ed in corso di conversione.
L’art. 20, co. 1, lett. a) del suddetto decreto ha sostituito la parola “voto” con “adesione” nell’art. 180 citato, per cui oggi il cram down fiscale è descritto sia nel concordato, che negli accordi ex art. 182-bis, che nell’accordo da sovraindebitamento con l’identica formulazione “in mancanza di adesione”.
La lett. b) dello stesso articolo ha inserito al quarto comma dell’art. 182-bis la seguente norma: “Ai fini di cui al periodo che precede, l’eventuale adesione deve intervenire entro novanta giorni dal deposito della proposta di soddisfacimento.” Il legislatore ha recepito il testo sopra indicato nel codice della crisi.
Nella disciplina dell’accordo di composizione il dissenso alla proposta deve essere comunicato al gestore della crisi dal creditore almeno dieci giorni prima dell’udienza di omologazione, come previsto dall’art. 11, co. 1, l. n. 3/2012 o, comunque, entro il termine fissato dal giudice nel decreto di apertura per l’espressione del dissenso alla proposta. Pertanto, anche in questo caso i dubbi applicativi che si riscontravano negli accordi di ristrutturazione dei debiti, prima del d. l. n. 118/2021, non valgono per il sovraindebitamento.
La norma sull’adesione forzosa potrà essere applicata dal tribunale dopo lo spirare del suddetto termine in caso di dissenso alla proposta, comunicato dall’ente pubblico con un provvedimento di diniego.
Già si è illustrato che la regola sul cram down fiscale o contributivo, per poter essere applicata, richiede che l’adesione sia “decisiva” ai fini del raggiungimento della percentuale del 60% dei creditori ammessi al voto sulla proposta di accordo.
Al riguardo, è noto che la suddetta maggioranza qualificata delle adesioni si calcoli rispetto a tutti i creditori, non per teste, ma in relazione all’ammontare dei loro crediti verso il debitore.
Inoltre, si deve trattare dei cd. creditori concorsuali, vale a dire i creditori anteriori al momento in cui l’ultima pubblicità del decreto di ammissione alla procedura è stata eseguita. Tali crediti hanno titolo o causa anteriore alla pubblicazione nel registro delle imprese della proposta di accordo e del decreto di apertura di cui all’art. 10, co. 2, lett. a) l. n. 3/2012, se trattasi di imprese oppure per gli altri debitori diversi dalle imprese alla pubblicazione del decreto e della proposta sul sito internet del tribunale o all’esecuzione dell’altra forma di pubblicità (pubblicazione sui giornali locali, ecc.) disposta dal giudice nel decreto di apertura.
Il quorum si calcola sul totale degli ammessi al voto. Di regola sono i creditori chirografari, a cui vanno aggiunti anche quelli prelatizi, se rinunziano espressamente alla prelazione e nei limiti in cui vi rinunziano, se la rinuncia è parziale.
Inoltre, vanno computati nei creditori ammessi al voto anche i creditori prelatizi per i quali la proposta prevede la degradazione in chirografo per incapienza, per la parte incapiente. A ciò si aggiunga, come è avvenuto nell’accordo omologato dal tribunale di Pistoia, che vanno ammessi al voto anche i creditori prelatizi per i quali la proposta di accordo prevede una dilazione ultrannuale. In tal caso, è ammesso al voto non l’intero credito prelatizio, ma solo una parte di tale credito, che viene calcolata in misura pari alla perdita economica conseguente al pagamento con dilazione ultrannuale, applicando il criterio indicato dall’art. 86 CCII (cfr. Cass. 17391/2020 e Cass. 17834/2019).
Restano esclusi i ccdd. creditori prededucibili e quelli posteriori.
Affinché “la mancata adesione” sia decisiva, occorre che l’accordo sia stato approvato dai creditori che rappresentino una percentuale inferiore al 60% dei crediti e che con l’adesione “forzosa” la percentuale degli aderenti salga ad una % pari o superiore al 60%. Verificandosi tale condizione, l’adesione è rilevante e il tribunale in sede di omologa può trascinare forzosamente il creditore tributario (o contributivo) da quelli fino a quel momento contrari a quelli aderenti.
Altro argomento poco esaminato dai primi commentatori è quello se l’adesione forzosa debba essere valutata singolarmente per ogni creditore tributario o contributivo oppure se debbano essere valutati congiuntamente.
La valutazione singola di ciascun creditore tributario o contributivo frustrerebbe lo spirito della norma per cui, se per raggiungere la maggioranza qualificata del 60%, è necessario trascinare più creditori pubblici, che hanno espresso il diniego alla proposta, i crediti di cui sono titolari vanno sommati tra loro come se fossero un creditore unico, considerando “rilevante” l’insieme di tali crediti. E’ evidente che, in tal caso, occorre che il gestore della crisi abbia indicato la convenienza della proposta rispetto a ciascuno dei creditori pubblici trascinati.
4. La convenienza del trattamento proposto al creditore tributario o contributivo rispetto all’alternativa liquidatoria.
La seconda condizione per l’applicazione della norma sul trascinamento forzoso è che la proposta di trattamento del creditore tributario (o contributivo) sia conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria.
Questo il testo dell’art. 12, co. 3-quater, l. n. 3/2012.
Per alternativa liquidatoria è da ritenere che si tratti – in prima approssimazione - della liquidazione del patrimonio di cui all’art. 14 ter e ss. della legge n. 3/2012.
In questa prospettiva, il confronto va fatto tra il trattamento proposto con l’accordo e il trattamento che avrebbe il creditore pubblico dal riparto finale della liquidazione del patrimonio.
Tuttavia, è opportuno osservare che nella legge n. 3 l’art. 12, co. 2, allorché disciplina il cd. cram down fa riferimento “all’alternativa liquidatoria disciplinata dalla sezione seconda”. Del pari, in sede di omologazione del piano del consumatore l’art. 12-bis, co. 4, nel disciplinare il cram down fa riferimento “all’alternativa liquidatoria disciplinata dalla sezione seconda del presente capo”. E’ evidente il riferimento alla procedura di liquidazione del patrimonio. A questo punto si può osservare che il testo letterale del comma 3-quater citato differisca dalle norme sopra citate sul cram down, in quanto non vi è alcun riferimento alla “sezione seconda (del presente capo)”. Allora, se si volesse attribuire un significato normativo al mancato richiamo espresso alla sezione seconda, si potrebbe ipotizzare che l’alternativa liquidatoria non sia soltanto la procedura concorsuale di liquidazione del patrimonio, ma che possa essere anche la esecuzione singolare sui beni immobili del debitore, o sui suoi beni mobili o anche l’esecuzione presso terzi. Ad avvalorare questa seconda interpretazione, è il decreto di omologazione del tribunale di Pistoia qui commentato in cui si da atto che il gestore della crisi ha valutato anche l’alternativa liquidatoria consistente nel pignoramento dello stipendio del debitore, da parte dell’Agente della riscossione, sia pure limitato al decimo in applicazione dell’art. 72-ter del d.p.r. n. 602/1973 e succ. mod. ed int. per gli importi fino a 2500 euro. Anche il trib. Napoli, 21/6/2021 citato esamina come alternativa liquidatoria il pignoramento del quinto dello stipendio.
Estendendo, dunque, l’ambito oggettivo della disposizione in esame per alternativa liquidatoria non si intende solo il trattamento che il creditore pubblico avrebbe in caso di liquidazione del patrimonio, ma anche il trattamento che si avrebbe in caso di esecuzione singolare sui beni mobili o sugli immobili o presso terzi, così come nel caso di accordi in continuità l’alternativa liquidatoria è, oltre a quelle sopra indicate, anche il trattamento che il creditore pubblico avrebbe in caso di liquidazione volontaria della società o dell’impresa in esecuzione di un accordo liquidatorio o con cessione dei beni ai creditori. Per le imprese agricole, poi, l’alternativa liquidatoria, oltre a quelle sopra indicate, può essere data anche da un accordo ex art. 182-bis l. fall. di carattere liquidatorio.
Venendo, ora, ai criteri per valutare la convenienza, è da ritenere che vada valutata non solo in termini di percentuale di pagamento o di soddisfacimento, ma anche di tempi previsti di pagamento, come pure di garanzie che possano assicurare il pagamento del credito nella misura e nei tempi obiettivamente prevedibili.
Inoltre, il giudizio prognostico sulla convenienza, che è rilevante per il cram down tributario (o contributivo), si differenzia dal giudizio di convenienza di cui all’art. 9, co. 3-bis1, lett. d), l. n. 3/2012, in quanto, mentre quest’ultimo va espresso dal gestore della crisi in modo assoluto o generale, cioè per tutti i creditori, quello del comma 3-quater in commento è relativo alla posizione creditoria dell’Agenzia delle entrate, dell’Agenzia delle entrate-riscossione (dell’INPS e dell’INAIL), per cui in alcuni casi la convenienza per i creditori pubblici suddetti può affermarsi rispetto ad un accordo che, invece, per altri creditori potrebbe non essere conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria.
* * *
Infine, è stato rilevato come il requisito della convenienza, richiesto dalla legge per il cd. cram down tributario (o contributivo) si distingua da quello del trattamento non deteriore[10], richiesto dalla legge n. 3/2012 nel cram down[11] tout court, nel senso che una proposta di accordo che preveda un trattamento eguale a quello che si avrebbe in sede di riparto finale della liquidazione del patrimonio non può dirsi conveniente[12], mentre potrebbe realizzare il requisito del trattamento non peggiore, per cui l’interpretazione corretta della convenienza, ad avviso dello scrivente, esige che il trattamento proposto con l’accordo sia migliorativo o più favorevole rispetto a quello che si avrebbe con la liquidazione del patrimonio o con le altre alternative liquidatorie.
5. La relazione del gestore della crisi o del professionista f. f. di OCC.
Ciò precisato, al fine dell’applicazione della norma in esame viene in evidenza il ruolo essenziale del gestore della crisi o del professionista f. f. di OCC, che svolge una funzione informativa nei confronti dei creditori e dei terzi sulla fattibilità del piano che sta alla base dell’accordo, in analogia alla funzione che svolge il professionista attestatore[13] del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis l. fall..
La convenienza dell’accordo deve risultare dalla “relazione dell’organismo di composizione della crisi”. Quindi, occorre individuare quale relazione dell’OCC dovrà trattare della convenienza dell’accordo rispetto all’alternativa liquidatoria.
Orbene, il gestore della crisi, oltre a redigere la relazione sulla verifica ex art. 15, co. 6, della veridicità dei dati posti a base dell’accordo e sulla attestazione, iniziale ex art. 9, co. 2, e definitiva ex art. 12, co. 1,, di fattibilità del piano, con particolare riferimento all’idoneità dello stesso ad assicurare l'integrale pagamento dei creditori titolari di crediti impignorabili, è oggi chiamato a redigere anche una relazione particolareggiata, ex art. 9, co. 3-bis.1, legge n. 3/2012, che comprende:
a) l'indicazione delle cause dell'indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore nell'assumere le obbligazioni;
b) l'esposizione delle ragioni dell'incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte;
c) l'indicazione dell'eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dai creditori;
d) la valutazione sulla completezza e sull'attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda, nonché sulla convenienza del piano rispetto all'alternativa liquidatoria;
e) l'indicazione presumibile dei costi della procedura;
f) la percentuale, le modalità e i tempi di soddisfacimento dei creditori;
g) l'indicazione dei criteri adottati nella formazione delle classi, ove previste dalla proposta.
E’ da ritenere, pertanto, che la relazione in cui il gestore della crisi si pronuncia in tema di convenienza della proposta rispetto all’alternativa liquidatoria sia quella particolareggiata ex art. 9 citato.
Tuttavia, al fine del cram down tributario (o contributivo), è opportuno chiarire che la relazione suddetta abbia un contenuto speciale, consistente nel giudizio sulla convenienza dell’accordo rispetto alla liquidazione del patrimonio per i creditori pubblici tributari (e contributivi). In altri termini, il gestore della crisi deve dimostrare il vantaggio che consegue il creditore tributario (o contributivo) dalla proposta di accordo rispetto allo scenario della liquidazione concorsuale o, come si è visto, della esecuzione singolare.
Nel caso del cram down tributario o contributivo in commento, dunque, la relazione particolareggiata del gestore della crisi si arricchisce di ulteriori contenuti, comprendendo anche la prognosi degli esiti della liquidazione concorsuale o dell’esecuzione singolare per i creditori tributari e contributivi.
Tale prognosi, tuttavia, è oggetto di un’altra relazione del gestore della crisi, quella estimativa di cui all’art. 7 della legge n. 3/2012, che è necessaria, però, solo nel caso in cui la proposta di accordo preveda la degradazione in chirografo dei creditori prelatizi incapienti. Nel concordato minore la relazione estimativa in parola è disciplinata all’art. 75, co. 2, CCII. E’ appena il caso di rilevare che la liquidazione di cui parla l’art. 7 citato (e l’art. 75 CCII) non è solo la liquidazione concorsuale del patrimonio, ma può essere anche la liquidazione per effetto della esecuzione singolare, come pure – per gli imprenditori agricoli – l’accordo di natura liquidatoria di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis l. fall.. Pertanto, in tale ultimo caso, nel corredo documentale unito alla proposta di accordo saranno allegate 3 relazioni del gestore della crisi: la relazione sulla veridicità dei dati e sulla attestazione di fattibilità del piano, la relazione particolareggiata e quella attestativa estimativa ex art. 7 citato. Quest’ultima non sarà necessaria se la proposta non prevede la degradazione in chirografo dei prelatizi incapienti, per cui, in tal caso, la prognosi degli esiti della liquidazione del patrimonio dovrà essere redatta nella relazione particolareggiata, quale necessario parametro di riferimento per il giudizio di convenienza.
Nel codice della crisi, per il concordato minore valgono le suesposte considerazioni svolte circa la convenienza dell’accordo, in quanto la relazione particolareggiata è prevista nell’art. 76, co. 2 alla cui lett. d) è indicata la valutazione di convenienza del piano rispetto all’alternativa liquidatoria.
Giova rilevare, però, che nel codice della crisi per il concordato minore l’art. 80, co. 3 citato parla di una “specifica relazione dell’OCC”, per cui pare che in effetti la relazione particolareggiata, prevista nella legge n. 3/2012, debba arricchirsi di ulteriori contenuti come in precedenza rilevato al fine di consentire al giudice il trascinamento forzoso degli enti pubblici in esame.
6. (segue). La prognosi degli esiti della liquidazione concorsuale e della esecuzione tributaria singolare.
In questo quadro, occorre che il gestore della crisi simuli lo scenario della liquidazione del patrimonio, ipotizzando – come detto – il riparto finale. Infatti, essendo i crediti tributari e contributivi in gran parte assistiti dal privilegio generale sui mobili e dalla collocazione sussidiaria sul realizzo degli immobili, per pronosticare fondatamente se e quanto potrà recuperare il creditore pubblico dalla liquidazione del patrimonio, occorre prevedere il riparto finale. In tale prospettiva, risulta necessaria anche la previsione delle spese specifiche e generali della procedura. Da tale prognosi sui risultati della liquidazione del patrimonio, emergeranno i crediti che nella liquidazione del patrimonio verranno presumibilmente pagati integralmente, quelli che nella liquidazione del patrimonio verranno pagati parzialmente e che dunque risulteranno parzialmente incapienti, così come quelli che non avranno alcun riparto perché totalmente incapienti. Per giungere a tale risultato, il gestore della crisi dovrà prevedere il realizzo concorsuale dei beni, dei crediti e di tutte le altre attività con un valore economico, suddividendole per masse attive, mobiliare ed immobiliari. Sul lato del passivo, dovrà essere verificato l’elenco dei creditori e di tutte le altre passività, procedendo altresì alla graduazione dei debiti da soddisfarsi sulla massa attiva mobiliare e di quelli che sono da soddisfare sulle masse immobiliari. Così operando, il gestore della crisi potrà giungere alla individuazione dei crediti prelatizi totalmente incapienti e di quelli parzialmente incapienti. Nell’ambito, poi, dei creditori prelatizi incapienti dovrà essere individuato il creditore tributario e quello contributivo.
Nel codice della crisi in cui la procedura liquidatoria del sovraindebitato è la liquidazione controllata ex art. 268 ss., le considerazioni sopra illustrate con riferimento alla liquidazione del patrimonio valgono anche per la liquidazione controllata.
Accedendo all’interpretazione estensiva, che comprende nell’alternativa liquidatoria anche l’esecuzione tributaria presso il debitore e presso terzi, la prognosi da effettuare deve necessariamente tenere conto delle speciali norme che regolano la riscossione coattiva, di cui al titolo secondo del d.p.r. n. 602/1973 e succ. mod. ed int.. Infatti, i beni mobili relativamente impignorabili di cui all’art. 515, co. 3, c.p.c. restano pignorabili nei limiti di un quinto in presenza della condizioni stabilite dall’art. 62 del d.p.r. citato. Rilevanti sono, poi, i limiti di pignorabilità delle retribuzioni di cui all’art. 72-ter dello stesso decreto, fissati – tra gli altri - nei limiti di un decimo per gli importi fino ad euro 2500 e nei limiti di un settimo per gli importi fino ad euro 5000. Del pari rilevante è la cd. impignorabilità ex art. 76, co. 1, lett. a) dello stesso decreto dell’abitazione in cui risiede il debitore, se non di lusso, come pure l’improcedibilità dell’espropriazione immobiliare se il credito per cui si procede è inferiore ad euro 120.000 ex art. 76, co. 1, lett. b) ciato, oppure se il valore dei beni immobili, al netto delle passività ipotecarie iscritte sul bene immobile per il quale si procede, è inferiore ad euro 120.000.
7. La competenza del tribunale nel cram down tributario.
Per completezza di analisi, è appena il caso di rilevare come il comma 3-quater citato preveda che l’omologazione dell’accordo di composizione della crisi in cui si applichi la norma sull’adesione forzosa del creditore tributario (o contributivo) debba essere pronunciata dal tribunale, anziché dal giudice del sovraindebitamento, come avviene di regola ai sensi dell’art. 12, co. 2, l. n. 3/2012. Ciò pare contraddittorio solo che si consideri che l’accordo è omologato dal giudice e non dal tribunale e che in caso di opposizione all’omologa da parte di un creditore per ragioni di convenienza il decreto di omologa è pronunciato, dopo avere effettuato il cd. cram down, dal giudice e non dal tribunale.
Si tratta di una deroga alla generale competenza del giudice del sovraindebitamento, che non trova logica spiegazione se non per una svista del legislatore, che ha introdotto la norma sul cram down tributario prendendola dalla legge fallimentare, in cui – in effetti – si rileva che la competenza all’omologazione tanto del concordato preventivo, quanto degli accordi di ristrutturazione dei debiti, spetti al tribunale.
Nel codice della crisi, invece, in coerenza con il sistema, l’art. 80, co. 3, attribuisce al giudice la competenza all’omologa e al trascinamento forzoso del creditore tributario o contributivo.
Nelle pronunce esaminate di Pistoia e Napoli, i giudici del sovraindebitamento hanno omologato le proposte, con il trascinamento dei creditori pubblici che avevano votato contro, senza trattare nella motivazione del provvedimento il tema della competenza qui rilevato.
8. Il cram down fiscale per i crediti tributari degli enti locali.
Un tema poco esaminato è quello relativo alla portata della locuzione “amministrazione finanziaria”, di regola, limitato all’Agenzia delle Entrate, all’Agenzia delle Dogane e all’agente della riscossione. Occorre, cioè, domandarsi se nell’”amministrazione finanziaria”, di cui al comma 3-quater in commento, possa essere ricompreso anche ogni altro creditore tributario, vale a dire il titolare del diritto al tributo, quale soggetto attivo del rapporto tributario. In pratica, accedendo ad una tale interpretazione estensiva, verrebbero ricompresi anche gli enti locali, come i Comuni, per i tributi IMU, ICI, Tari, Tasi, sulla pubblicità e sulle pubbliche affissioni e per ogni altro tributo comunale. Del pari, sarebbero compresi i tributi provinciali e quelli regionali. Nella legge fallimentare il problema non si è posto, perché tali tributi non sono compresi nella cd. transazione fiscale, ma nel sovraindebitamento, stante la mancanza di una procedura come quella disciplinata dall’art. 182-ter l. fall., tale limitazione non opera, rendendo – di fatto – possibile l’estensione del cram down fiscale ai suddetti enti pubblici territoriali, se titolari del diritto al tributo.
Del resto, l’art. 8, co. 1-quinquies, l. n. 3/2012, ripetuto con identica formulazione per una svista del legislatore, all’art. 9, co. 3-bis2, l. n. 3/2012, pone a carico dell’OCC l’obbligo di dare notizia entro 7 giorni dall’avvenuto conferimento dell’incarico da parte del debitore, anche agli uffici fiscali degli enti locali, dell’incarico ricevuto, i quali uffici entro 30 giorni dalla comunicazione della notizia devono indicare il debito tributario accertato e gli eventuali accertamenti pendenti.
Tale obbligo, introdotto con il decreto ristori, in vigore dal 25/12/2020, è funzionale all’adempimento dell’obbligo, sempre posto a carico dell’OCC, di presentare, contestualmente al deposito in tribunale della proposta di accordo o comunque non oltre 3 giorni, ai sensi dell’art. 9, co. 1, secondo periodo, l. n. 3/2012, la proposta di accordo agli uffici fiscali, compresi quelli degli enti locali, nella quale deve essere contenuta la ricostruzione della sua posizione fiscale e l’indicazione di eventuali contenziosi pendenti.
E’ appena il caso di notare come tale ultima disposizione di legge preveda, in analogia alla norma di cui all’art. 182-ter l. fall., che la proposta di accordo di composizione della crisi vada depositata agli uffici fiscali “contestualmente” al deposito in tribunale della medesima proposta di accordo. Ciò all’evidente scopo di informare tempestivamente i creditori tributari della proposta, anche a loro rivolta, dal debitore, nella prospettiva di metterli in condizione di esprimere il consenso o il dissenso alla proposta. Nella legge fallimentare tale deposito innesca il procedimento amministrativo della cd. transazione fiscale di cui all’art. 182-ter citato che si conclude con il voto al concordato o con l’adesione o il rigetto alla proposta di accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis l. fall.. Nella legge n. 3/2012 tale deposito non può che avere lo stesso scopo, per cui – in questa sede – si osserva che mentre la transazione fiscale non è estesa agli enti locali, viceversa l’art. 9 citato espressamente li prevede dal che logicamente discende che gli enti locali per i tributi di cui sono titolari potrebbero essere ricompresi nell’”amministrazione finanziaria” di cui al comma 3-quater dell’art. 12, in commento.
9. Conclusioni.
In un’epoca segnata profondamente dalla crisi, innescata e accelerata dalla pandemia ancora in corso, il legislatore è intervenuto in maniera sistematica sulla legge fallimentare per arginare un fenomeno crescente, non condivisibile e per certi versi preoccupante, quello della inerzia e della contrarietà, dimostrata in questi anni, delle amministrazioni pubbliche, finanziaria e previdenziale, alle soluzioni concordate delle crisi d’impresa, con una riforma che è andata certamente oltre quello che sarebbe stato – forse – l’intervento più semplice, la introduzione del silenzio assenso nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti. D’altro lato, però, lo stesso atteggiamento delle amministrazioni pubbliche, reiteratamente contrario agli strumenti negoziali di composizione della crisi, si è osservato negli ultimi anni anche nelle procedure di sovraindebitamento, in cui - per la verità - il silenzio assenso è istituto presente fin dal 2012.
E’ proprio dalla negativa esperienza del naufragio di innumerevoli accordi da sovraindebitamento, verificatasi negli ultimi anni, che – forse – il legislatore ha tratto le conseguenze più rilevanti per decidere la portata della novella, forse preveggendo che, anche con l’introduzione del silenzio assenso nella legge fallimentare per gli accordi ex art. 182-bis e per il concordato preventivo, non sarebbe cambiato lo scenario attuale, rendendo di fatto inutile la riforma.
Con la modifica della legge n. 3/2012 sul sovraindebitamento, ad opera della legge n. 176/2020, si è introdotta, dunque, per i soggetti non fallibili una speciale disciplina per il cd. cram down fiscale (e contributivo), analoga a quella conseguente alle modifiche alla legge fallimentare, in cui, pur con le diversità di disciplina oggettivamente rilevabili, è possibile cogliere la medesima ratio legis.
Da ultimo, con il decreto legge n. 118/2021, in corso di conversione, il legislatore ha emendato ulteriormente la legge fallimentare nelle disposizioni sul concordato preventivo e sugli accordi di ristrutturazione dei debiti, per superare le lacune rilevate dalla dottrina e le interpretazioni contrarie alla piena operatività del regime della conversione forzosa del dissenso espresso dalle suddette amministrazioni pubbliche in consenso alle proposte convenienti per i creditori tributari e contributivi.
Il cd. cram down fiscale e contributivo è destinato ad avere una notevole influenza sui processi di ristrutturazione del debito, attuati, sia mediante accordi da sovraindebitamento, che da accordi ex art. 182-bis l. fall., sia mediante concordati preventivi, rimuovendo uno dei nodi strutturali del nostro paese che fino ad oggi hanno impedito la soluzione di innumerevoli crisi.
In conformità al principio del buon funzionamento della pubblica amministrazione di cui all’art. 97 Cost., le proposte di ristrutturazione del debito tributario e contributivo, se convenienti per gli interessi pubblici, dovranno essere accolte o con l’adesione “spontanea” dell’ente pubblico o con l’adesione “forzosa” del tribunale, quando l’adesione sia decisiva per l’approvazione della ristrutturazione. L’autorità giudiziaria, dunque, va a sostituirsi ad una amministrazione pubblica quando, per timore delle responsabilità che possono ricadere sui funzionari che adottano le decisioni, non persegue - come dovrebbe - l’interesse fiscale, respingendo (o nella legge fallimentare anche non aderendo a) proposte dei debitori obiettivamente vantaggiose per i creditori tributari e contributivi, come affermato dal professionista indipendente, vuoi come gestore della crisi, vuoi come attestatore, figura sempre più centrale nella soluzione della crisi d’impresa e da sovraindebitamento.
[1] Il presente saggio è una rielaborazione della relazione, tenutasi il 25 settembre 2021, al convegno di studi, organizzato in Rezzato (BS), dall’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Brescia, su “La gestione della crisi di impresa nel post pandemia tra esigenze del paese, legge fallimentare e codice della crisi”.
[2] Cfr., F. Cesare, Il nuovo sovraindebitamento modificato dalla legge di conversione del Decreto Ristori, in Il fallimentarista, 5/1/2021; L. Gambi, L’accordo di composizione della crisi con trnsazione fiscale è omologabile anche in caso di voto erariale contrario, in Il fallimentarista, 30/7/2021; L. Panzani, L’omologazione dell’accordo di composizione della crisi in caso di voto contrario dell’Agenzia delle Entrate, in Il fallimentarista, 17/3/2021; L. Panzani, Sovraindebitamento: l’aggiornamento della legge 3/2012. Qualcosa di vecchio e qualcosa di nuovo, in Il fallimentarista, 2/3/2021; A. Crivelli, A. Ghedini, Cram down fiscale nel concordato, nell'accordo di ristrutturazione ed in quello del sovraindebitato tra leggi di fine anno e CCI, in www.ilfallimentarista.it, 19 aprile 2021.
[3] M. Ferro, L. 159/2020: il giudizio di convenienza supplisce nei concordati al mancato voto dell’ente pubblico per i debiti tributari e previdenziali, in Il Quotidiano giuridico, 7 dicembre 2020; L. Gambi, Spunti sul cram down nella transazione fiscale, in www.ilfallimentarista.it, 09 dicembre 2020; G. Angelini-G. Dan, Nuova transazione fiscale: applicazione da uniformare, in Il Sole 24 ore, 28 dicembre 2020; L. De Bernardin, Brevi note a prima lettura sull’omologa dei piani di ristrutturazione con trattamento dei crediti tributari e contributivi, in www.Ilcaso.it, 2 gennaio 2021; G. Andreani, Le nuove norme della legge fallimentare sulla transazione fiscale, in www.ilfallimentarista.it, 5 gennaio 2021; L. Calò, La transazione fiscale e contributiva in mancanza di adesione da parte dell'Agenzia delle entrate e degli istituti previdenziali, in www.ilfallimentarista.it, 5 gennaio 2021; L. Gambi, Questioni aperte sul cram down nella transazione fiscale, in www.ilfallimentarista.it, 25 gennaio 2021; G. D’Attorre, La ristrutturazione “coattiva” dei debiti fiscali e contributivi negli adr e nel concordato preventivo, in Il Fallimento, 2 / 2021, 153 ss.; M. Monteleone, S. Pacchi, Il nuovo “cram down” del tribunale nella transazione fiscale, in www.ilcaso.it, 9 febbraio 2021; A. Turchi, Cram down fiscale anche in caso di voto negativo dell’amministrazione finanziaria, in www.ilcaso.it, 12 febbraio 2021; P. Riva, La Circolare AdE 34/E 2020 e la trappola dell'expectation gap: l'attestazione non può tecnicamente avere funzioni di “garanzia”, in www.ilfallimentarista.it, 22 febbraio 2021; E. De Mita, Con la nuova transazione al centro l’interesse fiscale, Il Sole 24 ore, 22 febbraio 2021; L. Gambi, Apparenti discrasie nella ristrutturazione “forzosa” dei debiti fiscali-contributivi, in www.ilcaso.it, 3 marzo 2021;A. Danovi, D. Giuffrida, Cram down fiscale e previdenziale, in AA.VV., Nuova transazione fiscale, Milano, marzo 2021, 41 ss.; S. Imbriaci, Transazione previdenziale, in AA.VV., Nuova transazione fiscale, Milano, marzo 2021, 62 ss.; R. Sgrò, I crediti tributari e contributivi nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione, in AA.VV., Nuova transazione fiscale, Milano, marzo 2021, 23 ss.; G.Acciaro, A. Turchi, L’attestazione ex art. 182 ter e i nuovi principi del Cndec, in AA.VV., Nuova transazione fiscale, Milano, marzo 2021, 53 ss.; M. Sala, M. C. Bassi, La valutazione dell’erario, in AA.VV., Nuova transazione fiscale, Milano, marzo 2021, 45 ss.; D. Giuffrida, Crediti tributari e contributivi: presupposti, falcidia, e ambito di applicazione, in AA.VV., Nuova transazione fiscale, Milano, marzo 2021, 15 ss.; A. Danovi, G. Acciaro, Evoluzione normativa e finalità della transazione fiscale, in AA.VV., Nuova transazione fiscale, Milano, marzo 2021, 7 ss.; L. Gambi, Il voto contrario alla transazione fiscale non è autonomamente impugnabile, in www.ilcaso.it, 20 marzo 2021; A. Nicotra, M. Pezzetta, Novità in materia di transazione fiscale e cram down, in Schede di aggiornamento, 2021, 517 ss.; G. Andreani, A. Tubelli, Transazione fiscale omologabile anche con il rigetto del fisco, in il fisco, 6 / 2021, 507 ss.; G. Andreani, A. Tubelli, La transazione fiscalederogaalla regola della priorita’ assoluta, in www.ilcaso.it, 14 marzo 2021; L. Galeotti Flori, La transazione fiscale nella gestione della crisi d’impresa: il nuovo art. 182-ter della legge fallimentare ed il “trascinamento” dei crediti erariali e contributivi, in SFEF, 2021; A. Russo, Diniego di transazione fiscale scrutinabile dal giudice del fallimento – commento, in il fisco, 17/2021, 1675 ss.; L. Panzani, L'omologazione dell'accordo di composizione della crisi in caso di voto contrario dell'Agenzia delle Entrate, in www.ilfallimentarista.it, 17 marzo 2021; A. Crivelli, A. Ghedini, Cram down fiscale nel concordato, nell'accordo di ristrutturazione ed in quello del sovraindebitato tra leggi di fine anno e CCI, in www.ilfallimentarista.it, 19 aprile 2021; M. Pollio, La degradazione dei crediti nella nuova transazione fiscale: modalità, giudizi di stima e ricerca della legittima distribuzione della finanza ai creditori pozioni, in Crisi, Gestione Economico Finanziaria e Rilancio dell’impresa, 2021, 3 ss.; F. Michelotti, L’adesione “coattiva” del creditore tributario e contributivo all’accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis legge fall., in Strumenti finanziari e fiscalità, 2021, n. 53, 113-123.
[4] Secondo l’ordinanza delle Sezioni Unite n. 8504/2021, il rigetto, da parte dell’Agenzia delle entrate, della proposta di transazione fiscale, formulata dal contribuente nell’ambito di un accordo di ristrutturazione dei debiti, di cui all’art. 182-bis l.f., è impugnabile dinanzi al Tribunale fallimentare e non al giudice tributario. Cfr., G. Andreani, Transazione fiscale: dalle Sezioni Unite un endorsement per la omologazione “coattiva” estensiva, in www.ilfallimentarista.it, 1 aprile 2021.
[5] Cfr. Trib. La Spezia 14/01/2021, in www.ilcaso.it; Trib. Napoli 21/06/2021, in ilfallimentarista; Trib. Pistoia 08/07/2021, inedito.
[6] Cfr., tra gli altri, M. Ferro, op. cit.; De Bernardin, op. cit., 6 s.; M. Monteleone, S. Pacchi, op. cit., 9 ss.; Sgrò, op. cit., 27; circ. Agenzia Entrate n. 34/2020;
[7] Cfr., amplius, M. Monteleone, S. Pacchi, op. cit., 12 ss..
[8] V., G. Andreani, Le nuove norme della legge fallimentare sulla transazione fiscale, cit.; G. Angelini-G. Dan, op. cit.; A. Danovi, D. Giuffrida, op. cit.; M. Pollio, op. cit..
[9] Termine introdotto con il cd. decreto correttivo; il termine indicato precedentemente era di 60 giorni.
[10] V. amplius, M. Ferro, op. cit.; M. Monteleone, S. Pacchi, op. cit., 17 s..
[11] L’art. 12, co. 2, della legge n. 3/2012, infatti, così dispone: «2. … omissis . Quando uno dei creditori che non ha aderito o che risulta escluso o qualunque altro interessato contesta la convenienza dell'accordo, il giudice lo omologa se ritiene che il credito può essere soddisfatto dall'esecuzione dello stesso in misura non inferiore all'alternativa liquidatoria disciplinata dalla sezione seconda.» Del pari, l’art. 12-bis, co. 4: « 4. Quando uno dei creditori o qualunque altro interessato contesta la convenienza del piano, il giudice lo omologa se ritiene che il credito possa essere soddisfatto dall'esecuzione del piano in misura non inferiore all'alternativa liquidatoria disciplinata dalla sezione seconda del presente capo.»
[12] Contra, trib. Napoli, 21/06/2020, che ha considerato conveniente la proposta di accordo in cui «il debitore ha offerto in pagamento all'Agenzia delle Entrate le medesime somme che la stessa ricaverebbe nello scenario liquidatorio attraverso il pignoramento dello stipendio che, ex art. 545, commi 3 e 4, c.p.c. non può eccedere il quinto dello stesso.» Per la verità, il giudice avrebbe potuto invocare l’applicazione del limite di un decimo per il pignoramento dello stipendio e concludere per la convenienza dell’accordo.
[13] Con riferimento alla funzione della relazione attestativa del professionista indipendente nella legge fallimentare, cfr., Riva, op. cit., che ritiene impropria l’affermazione nella circ. n. 34/2020 dell’Agenzia delle Entrate secondo cui il professionista svolge un ruolo di garanzia nei confronti dei creditori e dei terzi, in quanto l’Agenzia sarebbe caduta nella nota trappola del cosiddetto expectation gap, vale a dire “lo strutturale scollamento esistente tra le attese riposte nell'attività di controllo svolta e la portata del servizio prestato dai revisori e quindi qui dall'attestatore”.
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