CrisiImpresa
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 25/03/2021 Scarica PDF
Le offerte concorrenti nel nuovo codice della crisi: tra novità e problemi irrisolti
Francesco Carelli, Avvocato in MilanoSommario: 1. Introduzione. - 2. Gli interventi legislativi - 3. I problemi irrisolti. - 4. Conclusione.
1. Introduzione
L’istituto delle offerte concorrenti è stato inserito per la prima volta all’interno dell’ordinamento concorsuale italiano con il D.L. n. 83/2015 convertito con legge n. 132/2015. L’obiettivo della norma è quello di aumentare la contendibilità dei beni dell’impresa in concordato tanto nelle procedure a struttura liquidatoria, tanto in quelle miste o in continuità che prevedano la liquidazione di singoli beni o di aziende, in significativa correlazione alle ipotesi in cui la proposta contiene già l’individuazione della controparte. In queste fattispecie, ai creditori non rimaneva altro che l’alternativa di accogliere o respingere in blocco la proposta. Già la più evoluta prassi dei tribunali fallimentari aveva individuato soluzioni efficaci a scongiurare il rischio che il procedimento concordatario finisse per consentire trasferimenti di ricchezza a prezzi vili a favore di soggetti preventivamente scelti dallo stesso debitore. Nei noti casi del concordato “San Raffaele” del Tribunale di Milano[1] e del concordato “La Perla” del Tribunale di Bologna,[2] a seguito delle riserve espresse dal commissario circa la congruità del prezzo proposto dal terzo individuato dal debitore, il Tribunale invitava il debitore ad avviare la ricerca di potenziali acquirenti alternativi all’originario offerente. Questa necessità di intromettersi nella gestione degli atti liquidatori dell’azienda non è fine a sé stessa ma è espressamente diretta a “garantire ai creditori concordatari la possibilità di ottenere una maggiore soddisfazione del proprio credito grazie all’automatico ed obbligatorio ricorso a procedure competitive di selezione del contraente”.[3]
La rilevanza della disposizione in oggetto sulla disposizione del patrimonio concordatario e sulla soddisfazione dei creditori ha fatto sì che in pochi anni emergessero alcuni punti di attrito cui dottrina e giurisprudenza hanno cercato di risolvere, talora a vantaggio dell’autonomia del debitore, talaltra a favore dell’interesse generale e prioritario della soddisfazione dei creditori.
Il nuovo Codice della Crisi è intervenuto su alcuni di essi per cercare di dare maggiore organicità al sistema concorsuale. Nonostante tale impegno, tuttavia, molti conflitti sono rimasti ancora irrisolti.
L’obiettivo di questo paper è quello di illustrare l’intervento del codice in materia di offerte concorrenti, analizzando la disposizione dell’articolo 91 nelle parti in cui innova la previgente disciplina. Dopodiché ci si soffermerà su quei temi che invece non sono stati affrontati dal legislatore per comprendere come debbano essere interpretati nell’orizzonte del nuovo sistema della crisi d’impresa. In conclusione, si evidenzierà come con le modifiche apportate dal nuovo codice della crisi alle offerte concorrenti abbiano ampliato lo spazio di applicazione della concorrenza nell’ambito del procedimento concorsuale.
2. Gli interventi legislativi
L’irrevocabilità dell’offerta originaria - Il presupposto di applicazione della norma è la presenza nel piano di concordato dell’offerta di un terzo finalizzata in qualsiasi modo a trasferire l’azienda, uno o più rami d’azienda o degli specifici beni. Sui caratteri che deve possedere l’offerta originaria affinché ricada nel perimetro applicativo della norma si è discusso molto negli ultimi anni. Secondo la disposizione del codice, riprendendo quanto già previsto dalla legge fallimentare, l’offerta deve prevedere, a fronte del trasferimento dell’azienda o dei beni, un corrispettivo in danaro o comunque a titolo oneroso.
Questa espressione consente di far rientrare nei caratteri dell’offerta una vasta gamma di ipotesi dalla datio in solutum all’accollo di debiti o alla cessione di crediti. “Questo riferimento comprende ogni ipotesi in cui l’offerta di acquisto o di affitto sia accompagnata dall’impegno della controparte ad assumere un sacrificio patrimoniale da intendersi in senso ampio. Non è escluso che l’offerta di acquisto possa prevedere il pagamento rateale del corrispettivo ovvero che l’offerta di affitto con obbligo di futuro acquisto stabilisca che nel prezzo si computino i canoni versati”.[4]
La disposizione stabilisce, poi, in continuità con la previgente disciplina, che l’offerta deve essere presentata da parte di un soggetto già individuato, ciò comporta che non possa trattarsi di un’offerta per persona da nominare in quanto “la ratio è quella di evitare che il Tribunale apra una procedura competitiva sulla base di offerte frivole, dovendo valutare, tra le altre cose, anche la serietà e la solvibilità del soggetto terzo che acquisterebbe l’azienda o i beni in caso di asta deserta”.[5]
Un tema invece che in passato era controverso era se l’offerta originaria dovesse essere per sua natura irrevocabile. Questo perché l’articolo 163bis della legge fallimentare prevedeva che l’offerta divenisse irrevocabile soltanto dal momento in cui viene modificata in conformità con il decreto e viene prestata la garanzia stabilita con il medesimo decreto. A ciò si aggiunga che, mentre l’irrevocabilità era stata espressamente prevista per le successive offerte concorrenti, nulla era stato previsto relativamente a quella c.d. “preconfezionata”. Parte della dottrina propendeva per interpretazioni meno rigorose per cui “occorre che si tratti di una vera e propria offerta vincolante e non una mera manifestazione d’interesse ma non che sia irrevocabile, visto che è previsto che essa divenga irrevocabile dopo il decreto del Tribunale”.[6]
Lo scopo dichiarato di questa interpretazione era quello di estendere il più possibile la casistica rientrante sotto lo spettro della procedura competitiva. Tuttavia, la giurisprudenza[7] già durante la legge fallimentare aveva elevato il requisito dell’irrevocabilità come presupposto indispensabile ai fini dell’applicazione dell’istituto. Il nuovo art. 91, invece, prevede espressamente che la sua disciplina troverà applicazione esclusivamente quando il piano di concordato comprende un’offerta irrevocabile. Lo scopo di questa previsione non è quello di ridurre l’applicazione della disciplina ma semplicemente di evitare i costi e l’attività burocratica connessi con l’instaurazione di una procedura competitiva in assenza di un serio impegno da parte del mercato.
Non basta, quindi, che il piano preveda la necessità di procedere al trasferimento dell’azienda ma è necessario che sia stato già individuato un soggetto che si sia irrevocabilmente offerto ad ottenerla. Solo allora si dovrà procedere secondo il dettame dell’articolo 91 e, ove non venisse attivata la procedura, la proposta concordataria sarebbe inammissibile per violazione del principio di ordine pubblico economico della necessaria collocazione mediante procedimento competitivo dei beni aziendali.[8]
L’affitto d’azienda - L’articolo 91 delimita l’oggetto dell’offerta che fa attivare la procedura competitiva al trasferimento, anche prima dell’omologazione, dell’azienda o di uno o più rami d’azienda o di specifici beni.
Il comma 2 chiarisce che la disciplina delle offerte concorrenti si applica anche quando anche prima dell’apertura della procedura di concordato, il debitore ha stipulato un contratto che comunque abbia la finalità del trasferimento non immediato dell’azienda, del ramo d’azienda o di specifici beni aziendali.
Lo spettro oggettivo di applicazione della norma è ampio in quanto prevede “tutti i casi in cui il piano di concordato preveda la traslazione a determinati terzi, definitiva o temporanea e a qualsiasi titolo, purché oneroso, di componenti dell’attivo specificamente individuate, indipendemente dal fatto che esse siano costituite dall’azienda dell’imprenditore in crisi, da un suo ramo o da singoli cespiti”.[9] Il primo comma della disposizione si conclude prevedendo che questa disciplina si applica anche in caso di affitto d’azienda. Sull’applicabilità della disciplina all’affitto d’azienda erano sorti numerosi elementi di criticità.
In primis, nella vigenza della legge fallimentare, la dottrina e la giurisprudenza avevano indicato la necessità di distinguere fra diverse fattispecie: il caso dell’affitto finalizzato a un futuro acquisto stipulato in qualsiasi tempo stipulato ed il caso dell’affitto d’azienda senza impegno d’acquisto successivo.
Nel primo caso, ove l’affitto fosse stato stipulato prima della presentazione della domanda sarebbe stato al di fuori del perimetro applicativo dell’art. 163bis l.f.rientrando invece nella disciplina dei contratti pendenti. Qualora invece fosse stipulato successivamente oggetto della procedura competitiva sarebbe stato soltanto la futura cessione e non l’affitto ponte in quanto “creerebbe una rigidità eccessiva della procedura”.[10] La semplice offerta di affitto d’azienda senza nessun impegno successivo relativo alla cessione del complesso aziendale non sarebbe rientrata nel perimetro applicativo in quanto non ha la finalità del trasferimento non immediato dell’azienda.[11]
L’altro elemento di criticità era rappresentato dalla clausola di compatibilità prevista dalla norma che si riteneva attenesse a due profili: la sussistenza di un’offerta pervenuta da un soggetto individuato dal debitore; la presenza del carattere di urgenza con cui deve avvenire l’operazione.[12]
Il nuovo Codice della Crisi ha, invece, eliminato la clausola della compatibilità. La ragione per cui può ritenersi sia stato eliminata si rinviene nel fatto che, ove sia necessaria una maggiore speditezza, sarà il giudice a tenerne conto nel decreto che disciplina le modalità di svolgimento della gara.
Il codice sembra poi aver ampliato l’oggetto della procedura competitiva, risolvendo così il dibattito tra le formanti del diritto, prevedendo tra le fattispecie oggetto della disciplina anche l’affitto di azienda, a prescindere che sia finalizzato o meno al trasferimento dell’azienda a carattere definitivo in un momento successivo.
In questo senso va, innanzitutto, un’interpretazione di carattere sistematico, dal momento che dal combinato disposto degli artt. 2112 e 2556 c.c. per trasferimento d’azienda si intendono tutti i contratti con cui si trasferisce non soltanto la proprietà ma anche il godimento dell’azienda, quindi non solo la cessione ma anche l’usufrutto e l’affitto. Inoltre, da un punto di vista teleologico, se l’intento del legislatore è quello di favorire la concorrenza sui beni aziendali al fine di massimizzare il vantaggio per i creditori non si avvede come possa allora essere escluso l’affitto di azienda per il solo fatto che esso non preveda una futura cessione della proprietà di quei beni.
La pubblicità al fine di acquisire offerte concorrenti – Il primo comma dell’articolo 91 prevede che tutte le volte che si manifesta un’offerta con le caratteristiche previste dalla norma in oggetto, il tribunale o il giudice da esso delegato dispone che dell’offerta stessa sia data idonea pubblicità al fine di acquisire offerte concorrenti, in maniera tale da verificare se si possa ulteriormente massimizzare il realizzo a beneficio dei creditori.
Questa disposizione rappresenta, in relazione ai suoi effetti, la novità di maggior portata prevista dal Codice della Crisi alla disciplina delle offerte concorrenti.Si può sostenere che con questa disposizione “il legislatore della riforma abbia voluto evitare che il Tribunale sia chiamato ad emettere un decreto che potrebbe essere inutile per l’assenza di concorrenti, se dopo la pubblicazione dell’offerta nessuno si sia fatto avanti, sia pure in modo ancora non impegnativo”.[13]
Per idonea pubblicità deve intendersi, in linea di massima sempre, come anche previsto all’art. 91 comma 5, la pubblicità sul portale delle vendite pubbliche di cui all’articolo 490 c.p.c., nelle forme di pubblicità di cui al predetto articolo per quanto compatibili. “Ovviamente tale forma potrà e dovrà essere integrata con altri strumenti in ragione della tipologia dei beni e della loro ubicazione, potranno dunque essere previste su pubblicazioni su quotidiani nazionali o locali ovvero su riviste di settore”.[14]
All’esito di questa fase, prevede il comma 3 che soltanto se pervengono manifestazioni di interesse, il tribunale o il giudice da esso delegato, dispone con decreto l’apertura della procedura competitiva.
Va sottolineato, infine, che “anche in questo caso la legge ha recepito prassi già introdotte nei tribunali, al fine di evitare l’attivazione della complessa ed onerosa procedura nei casi in cui fosse già stata positivamente riscontrata l’assenza di interesse sul mercato per il bene della cui alienazione si tratta”.[15] Tale statuizione però rappresenta una vera chiave di volta per l’applicazione dell’istituto, giacché il timore delle lungaggini e dei costi derivanti dalla procedura sono ridotti al minimo in quanto alla gara si procederà non ogniqualvolta si verificherà la fattispecie, bensì tutte le volte in cui si verifica l’esistenza dell’offerta irrevocabile ed effettivamente si manifestino altri soggetti interessati. Ciò comporta un significativo aumento dei vantaggi per la massa creditoria non solo in termini di possibile soddisfazione economica ma anche da un punto di vista di brevità della procedura.
La vendita delegata – Tra gli elementi che il decreto del Tribunale o del giudice delegato deve necessariamente prevedere per legge rientra la fissazione della data dell’udienza per l’esame delle offerte. L’art. 91 innova la disciplina prevedendo che questa debba essere fissata soltanto se la vendita avviene davanti al giudice. Ciò significa che “la vendita può, ma non deve obbligatoriamente avvenire dinanzi al giudice delegato che, verosimilmente, valuterà discrezionalmente di intervenire solo quando la gara abbia ad oggetto beni di valore particolarmente elevato o quando la sua presenza sia resa opportuna da specifiche circostanze del caso concreto”.[16] La possibilità di prevedere la vendita davanti ad un soggetto diverso quale può essere il commissario giudiziale o un professionista nominato per l’operazione era un tema discusso nella legge fallimentare. Sebbene secondo parte della dottrina fosse indicato come ammissibile,[17] la giurisprudenza talora riteneva che la norma escludesse che la gara potesse avvenire al di fuori dell’udienza in quanto ciò rappresentava un elemento di maggior garanzia per il debitore che subiva questa limitazione della sua autonomia negoziale e patrimoniale.[18]
Questa modifica normativa consente, da un lato, di velocizzare la procedura evitando la ritualità dell’udienza ove ciò non sia ritenuto necessario, dall’altro, rappresenta un passo verso un maggior carattere negoziale della procedura competitiva arretrando il ruolo del giudice che si limita ad essere supervisore degli interessi dei creditori e non parte attiva del procedimento di vendita rendendo così più celere il procedimento.
3. I problemi irrisolti
Se queste costituiscono le novità introdotte dal legislatore al fine di risolvere alcuni conflitti ed incertezze maturate nel corso degli anni, vi sono ancora temi numerosi che non sono stati affrontati e per i quali continuerà ad aversi una certa criticità.
Il rapporto con le proposte concorrenti - Con l’introduzione delle proposte e delle offerte concorrenti, prima nella Legge Fallimentare e poi nel Codice della Crisi, si è fatta avanti l’idea di aprire il concordato alla concorrenza sul presupposto che questi due strumenti possano aumentare le possibilità di soddisfazione dei creditori concordatari, attribuendo a questi ultimi un’opzione ulteriore rispetto a quella di accettare o rifiutare la proposta del debitore.
I due istituti tuttavia hanno funzioni e rationes completamente differenti.Nelle proposte concorrenti “la concorrenza si attua dando ai creditori chiamati al voto la possibilità di scelta tra la proposta e il piano presentato dal debitore e quelli introdotti da altri creditori, mentre con le offerte concorrenti ai creditori viene sottoposta una sola proposta, che è quella che recepisce l’offerta risultante migliore, secondo una selezione tra le varie offerte pervenute, cui il piano originario deve conformarsi”.[19]
Tuttavia, tra questi due istituti è possibile che vi siano delle situazioni in cui vi possa essere un contatto tra le due fattispecie. Ad esempio, ove la proposta del debitore contenga uno di quegli atti che ricadono nella definizione di offerta dell’art. 91 e al contempo non assicuri le percentuali minime di soddisfazione dei creditori chirografari previste dall’art. 90 per cui i creditori sarebbero legittimati a presentare una proposta concorrente. Il legislatore non si è preoccupato, nemmeno nel nuovo Codice, di disciplinare i fenomeni di interazione che possono ingenerarsi tra i due istituti.
Nell’esempio citato, “il pur obbligatorio avvio della procedura competitiva competitiva di cui all’art. 91 non può precludere il diritto dei creditori a presentare una o più proposte concorrenti rispetto a quella del debitore”.[20]
Un elemento di criticità che si sovrappone è legato al caso in cui questa procedura competitiva porti al superamento di quelle soglie minime di soddisfazione dei creditori che l’originaria proposta presentata dal debitore non assicurava. Secondo parte della dottrina, ciò comporta semplicemente che “ai creditori verranno sottoposte la proposta del debitore, come integrata dal risultato della gara tra i più offerenti e le altre proposte”.[21]
Secondo altri invece, “considerato che l’offerta concorrente selezionata all’esito del procedimento non modifica il piano e la proposta del debitore se non per ciò che attiene il ricavato delle ipotizzate vendite, v’è ragione di ritenere che i creditori perdano ogni legittimazione a proporre piani e proposte concorrenti in ogni caso in cui la proposta del debitore modificata consenta il successivo superamento delle percentuali minime previste”.[22]
Ulteriore elemento di attrito tra i due istituti è quello relativo alla sorte dell’offerente emerso vincitore dopo la gara ex art. 91 nell’ipotesi in cui, in sede di voto, i creditori preferiscano l’eventuale proposta concorrente presentata da un altro creditore. A riguardo, si ritiene che “tra il debitore e l’acquirente, all’esito della procedura competitiva, si verrebbe a perfezionare una reciproca obbligazione, sottoposta a condizione sospensiva (consistente nell’approvazione del concordato), (...) a fronte del mancato avveramento dell’evento condizionante, il negozio traslativo rimarrà privo di effetti e al contempo potrà eseguirsi la proposta di concordato che ha ottenuto il voto della maggioranza dei crediti”.[23] In ogni caso, sebbene la disciplina delle offerte concorrenti incontri degli ostacoli applicativi quando interagisce con le proposte concorrenti, questo non può far sì che venga limitata l’applicazione di questi istituti, andando a limitare gli incentivi positivi ad esso collegati. Si pensi altresì al fatto che la disciplina delle offerte concorrenti è stata definita con un carattere meno invasivo e più spedito a causa della mera eventualità della gara e della possibilità di delegare la vendita.
Un altro fenomeno di interazione tra questi istituti si realizza nel caso in cui le varie proposte concorrenti prevedano offerte che possiedono caratteri tali da essere assoggettate alla disciplina dell’art. 91.
Sebbene nel nuovo codice non vi sia alcun ostacolo legislativo a valutare la presenza di soggetti interessati alle offerte contenute nelle proposte concorrenti, si deve notare come, dovendo concludersi la procedura entro venti giorni dall’inizio del voto dei creditori quindi entro il termine utile per modificare le proposte da parte di coloro che le hanno presentate sarebbe inverosimile immaginare un soggetto terzo che in un tempo così ristretto manifesti il suo interesse, svolga efficacemente le attività di due diligence necessarie e organizzi la propria partecipazione alla gara in maniera seria e convincente. Considerando che le proposte concorrenti possono essere presentate fino a trenta giorni prima della data iniziale del voto dei creditori, è ragionevole ritenere, a meno che non si ritengano tutti i termini indicati nel codice della crisi ordinatori, non sia possibile procedere con la procedura competitiva di cui all’articolo 91. Ciò è coerente, innanzitutto, con il principio per cui ove la proposta concorrente non fosse conveniente allora ragionevolmente non verrebbe approvata in sede di voto, inoltre, le eventuali liquidazioni in esecuzione del concordato avverrebbero comunque secondo modalità competitive dovendo applicarsi l’articolo 114 comma 4.
Il concordato con assunzione - Una forma di concordato su cui è sorta una forte incertezza circa l’applicabilità delle offerte concorrenti è il concordato con assunzione: “l’assuntore subentra nella posizione dell’imprenditore in crisi assumendosi tutti i rischi d’impresa, senza godere degli effetti purgativi sostanziali né di quelli processuali conseguenti alla cessione d’azienda nell’ambito concordatario”.[24] Le ragioni con cui si escludeva l’applicazione in questo caso si rinvengono nel fatto che “la proposta concordataria costruita sull’impegno di un assuntore risulta strutturalmente diversa da quella poggiante su di un piano che preveda un’offerta diretta al trasferimento dell’azienda, di rami di essa o di specifici beni, poiché la prima presenta una vocazione onnicomprensiva sconosciuta alla seconda in quanto il trasferimento di beni costituisce una conseguenza diretta della assunzione dell’integrale onere concordatario, ossia dell’adempimento della proposta”.[25]
La presentazione di un’offerta concorrente rispetto a quella dell’assuntore rischia infatti di tradursi suo malgrado in una proposta concorrente dove può realizzarsi una modificazione soggettiva del rapporto obbligatorio strutturalmente diversa da quella programmata nella proposta originaria, poiché quest’ultima si fonda sull’accollo mentre la prima integra sostanzialmente un’espromissione.
Vi sono tuttavia situazioni in cui tale ricostruzione appare meno persuasiva, ad esempio, quando il piano prevede una dissociazione tra la figura dell’assuntore e quella del cessionario delle attività, specie laddove quest’ultimo non sia riconducibile nemmeno indirettamente al primo.
Per scongiurare il rischio di trattamenti differenziati in situazioni tra loro equiparabili ma in qualche modo di confine, ed al tempo stesso per inibire il ricorso a meccanismi sostanzialmente elusivi delle offerte, in alcune sentenze di merito è stato valorizzata la vocazione onnicomprensiva dell’art. 91.[26]
La giurisprudenza prevalente[27] tende ad escludere l’applicazione della disciplina delle offerte concorrenti come disciplinata nella legge fallimentare, osservando che la ratio della norma risulta estranea al concordato con assunzione, dove il terzo non si limita ad acquistare il patrimonio per un dato corrispettivo, ma diviene successore e sostituto del debitore liberato, assumendone la posizione attiva e passiva. Deve, infine, considerarsi che oggettive difficoltà sorgerebbero nel concreto espletamento dell’ipotetica gara, in relazione alla comparabilità di più impegni di assunzione, i quali ben potrebbero presentare molteplici profili di disomogeneità. “Non è un caso del resto, che in materia di proposte concorrenti – quali di fatto sarebbero gli eventuali impegni di assunzione alternativi a quello già depositato – il legislatore abbia previsto che la selezione non avvenga attraverso una semplice gara, ma spetti ai creditori mediante esercizio del voto”. [28]
Il medesimo ragionamento deve porsi anche con la disciplina del codice della crisi. Osservando che la figura del concordato con assunzione torna ad essere espressamente prevista tra le forme di continuità indiretta deve sostenersi che qualora si ravvisi la fattispecie, lo strumento che dovrà essere utilizzato per contestare il trasferimento dell’azienda sarà rappresentato dalle proposte concorrenti.
L’aumento di capitale sociale - Ancorché il presupposto applicativo della disciplina sia un’offerta irrevocabile su una o più componenti dell’attivo, in giurisprudenza è acceso il dibattito sulla possibilità o meno di estendere il perimetro applicativo della disposizione alle operazioni sul capitale sociale dell’impresa in crisi, specie quando siano riservate a un terzo, sul presupposto che queste producono, in concreto, lo stesso risultato della cessione d’azienda.
È stato così sostenuto che “la predisposizione di un piano di concordato che realizzi ed abbia per effetto il trasferimento sostanziale dell’azienda ad un terzo già individuato per forme negoziali c.d. anomale, spesso coincidenti con operazioni societarie che difficilmente possono consentire al Tribunale la predisposizione della procedura competitiva, deve ritenersi inammissibile per incompatibilità con la norma imperativa ed inderogabile sulle offerte concorrenti in quanto elusiva del disposto normativo e da qualificarsi quindi in frode alla legge con conseguente illiceità della causa concreta del concordato”.[29]
Questa tesi appare però non convincente per una pluralità di ragioni: “a) le operazioni sulle partecipazioni e sul capitale rappresentano atti dispositivi del patrimonio dei soci e non della società e non possono quindi equipararsi al trasferimento di attivi sociali; b) la cessione dell’azienda non è assimilabile all’aumento di capitale né sotto un profilo giuridico né con riguardo alla sostanza economica dell’operazione; c) l’impossibilità di dar luogo all’attuazione della disciplina delle offerte concorrenti non si traduce in alcun modo nella rinuncia a far valere le regole della competitività e della contendibilità, il cui presidio è assicurato da altri strumenti quali le proposte concorrenti”.[30]
Già soltanto “i principi generalissimi in tema di responsabilità patrimoniale (art. 2740 c.c.) e di autonomia della responsabilità (artt. 2325 c.c. e 2462 c.c.) impediscono – in assenza di una espressa previsione – di esportare il sistema delle offerte concorrenti al patrimonio dei soci, estensione invece prevista nell’istituto delle proposte concorrenti”.[31] Questa differenza di estensione trova la sua ratio nel fatto che nel caso della proposta concorrente, il creditore proponente si assume il rischio del governo della società e i rischi si trasferiscono su di lui; assai minori sono i rischi per chi formula un’offerta sui beni aziendali tenendo conto che al meccanismo delle offerte concorrenti si applica l’articolo 114 CCI che comporta gli effetti purgativi della vendita coattiva.
Allo stesso modo, seppur superficialmente simili, in realtà il trasferimento d’azienda ed il trasferimento del capitale sociale possiedono numerose differenze: il mutamento soggettivo della compagine sociale non comporta alcuna influenza sulla continuità dei rapporti sostanziali e processuali dell’impresa; allo stesso modo vi sono significative differenze dal punto di vista del diritto societario, nonché dal punto di vista del diritto del lavoro in quanto “il trasferimento del pacchetto azionario di maggioranza di una società di capitali non integra gli estremi del trasferimento d’azienda ai sensi dell’art. 2112 c.c.”.[32]
In giurisprudenza è stato evidenziato come il vincolo della competizione attraverso offerte concorrenti “non può intendersi esteso, se non attraverso una forzata interpretazione teleologica in totale distonia con la lettera della disposizione e il suo immediato perimetro applicativo, al caso in cui la società debitrice realizza un’operazione di modificazione degli assetti proprietari (...) in quanto di fatto si risolverebbe in una espropriazione dei diritti dei soci”.[33]
Deve notarsi, in conclusione, che tutte le pronunce di merito favorevoli all’estensione della disciplina non poggiano la loro decisione su elementi prettamente di diritto quanto sull’esame della fattispecie concreta in cui emergeva la volontà di eludere la norma sulle offerte concorrenti e realizzare il trasferimento di un bene compreso nel patrimonio concordatario.
Il rapporto con i diritti di prelazione - Il procedimento di selezione può incontrare un momento di criticità ove sul bene oggetto del trasferimento insista un diritto di prelazione legale o convenzionale.
Per quanto riguarda il diritto di prelazione legale, si ritiene che, salve esplicite deroghe in senso contrario, sussista una generale incompatibilità del diritto di prelazione con le vendite coattive e, quindi, con quelle fallimentari.
Tale incompatibilità varrebbe non solo per le prelazioni legali ma anche per quelle di origine convenzionale.[34]
Tuttavia, la giurisprudenza di merito ha cercato di costituire un sistema che permetta di rendere compatibile la disciplina delle offerte concorrenti con quella del diritto di prelazione.
Nel caso in cui – e solo nel caso in cui, si potrebbe aggiungere – il bene oggetto di prelazione coincida pienamente con il bene oggetto del trasferimento, si dovrebbe procedere comunque all’esperimento della gara posto che il diritto del prelazionario si eserciterebbe sull’offerta più alta a parità di condizioni rispetto agli offerenti in competizione.Ciò consente di tutelare il meccanismo pubblicistico della vendita competitiva, non compromette la par condicio creditorum e non attribuisce vantaggi ingiustificati al prelazionario.[35]
Per le ipotesi di prelazione convenzionale, il debitore possiede un’arma radicale potendo egli presentare domanda per l’autorizzazione allo scioglimento del vincolo contrattuale ex art. 97 CCI e facendo così caducare la fonte del diritto del prelazionario. Tuttavia, questa eventualità dipende non solo dalla volontà del debitore di presentare tale domanda ma altresì dalla circostanza che il Tribunale o il giudice delegato ritengano che il richiesto scioglimento risponda all’esigenza di agevolare la soluzione concordataria prescelta.[36]
Per quanto riguarda invece l’ipotesi in cui sia prevista la concessione di un diritto di prelazione in capo all’offerente originario, è condivisa l’opinione per cui deve essere oggetto di gara anche il diritto di prelazione, in quanto elemento determinante dell’offerta o del contratto.[37]
“Qualora il diritto di prelazione dovesse limitare la competizione e l’apertura al mercato del bene oggetto di cessione, il Tribunale dovrebbe attivare il suo potere conformativo ed aprire la gara secondo le prescrizioni del decreto solo sul contratto o sull’offerta, eliminando la previsione del diritto di prelazione”.[38]
Sembra corretto ritenere che questa impostazione, così come ricostruita dalla giurisprudenza nella legge fallimentare, debba estendersi anche nel nuovo codice giacché altrimenti si limiterebbe l’ambito di applicazione delle offerte concorrenti e del più generale principio della concorrenza.
Le consultazioni sindacali ex art. 47 l. 428/90 – L’ultimo aspetto da osservare è quello della compatibilità con la disciplina giuslavoristica. Il nuovo articolo 191 CCI riconosce che al trasferimento di azienda nell’ambito delle procedure di liquidazione giudiziale, concordato preventivo e al trasferimento d’azienda in esecuzione di accordi di ristrutturazione si applica l’articolo 47 della legge 29 dicembre 1990, n. 428.
Questa disposizione prevede che in presenza di una procedura concorsuale si possa derogare alla disciplina dell’art. 2112 c.c. relativa al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda. In tal caso, l’acquirente dell’azienda e i rappresentanti dei lavoratori possono convenire le modifiche al rapporto di lavoro per quanto consentito dalle norme.
In ogni caso, il presupposto indispensabile di questa disciplina giuslavoristica è l’avvio delle consultazioni sindacali per il raggiungimento di uno specifico accordo sindacale. Proprio a riguardo si pongono dei problemi di coordinamento tra la disciplina delle offerte concorrenti e quella delle consultazioni sindacali. “La procedura di cui all’art. 47, l. 428/90 prevede tempistiche che potrebbero presentare qualche difficoltà di interrelazione con il termine fissato per l’inizio del voto dei creditori, senza dire del diverso interesse dell’imprenditore a impegnarsi seriamente nelle trattative con i rappresentanti dei lavoratori a seconda che esse vertano su una offerta alla quale egli abbia aderito o su una proposta concorrente, quando non del tutto ostile”.[39]
È ragionevole ritenere che il giudice terrà conto del comportamento del cessionario dell’azienda nei confronti delle rappresentanze sindacali ai fini dell’ammissibilità della proposta, fermo restando però il prioritario interesse dei creditori, nonché assumerà rilevanza per quanto riguarda la valutazione del soggetto da parte del commissario giudiziale, tenendo conto che il nuovo codice prevede espressamente la necessità di salvaguardare l’occupazione attraverso la clausola ex articolo 84.
4. Conclusione
Dalla disamina sinora svolta emerge con chiarezza come il legislatore abbia cercato di favorire l’uso delle offerte concorrenti rendendone più leggera la disciplina sia in termini di onerosità e di speditezza, prevedendo la mera eventualità della gara, sia in termini di controllo del giudice, introducendo legislativamente l’ipotesi della vendita delegata. Tutto ciò comporta inevitabilmente un evidente incentivo all’uso anche in quei casi la cui appartenenza allo spettro di applicazione possa risultare dubbio.
Nella ricostruzione svolta nei paragrafi precedenti potrebbe prima facie emergere una certa perplessità sulle concrete intenzioni del legislatore relativamente alla diffusione di questo istituto e, in generale, del principio della concorrenza nella liquidazione dei beni aziendali. Questo perché, a latere delle novità volte a semplificarne l’iter, si manifesta un’evidente incompatibilità dell’istituto con altri fenomeni giuridici quali il concordato con assunzione, l’aumento di capitale sociale a favore del terzo e, persino, con le proposte concorrenti. Tale perplessità, però, si può agevolmente superare utilizzando una visione d’insieme, in quanto, guardando congiuntamente la disciplina delle offerte concorrenti con quella delle proposte concorrenti di cui all’articolo 90 appare chiaro come in realtà tutte le suddette fattispecie sono sottese alla possibilità dello svolgimento di un qualche tipo di contesa competitiva. Utilizzando i termini della procedura civile, si può dire che dove non è “competente per materia” la disciplina delle offerte concorrenti allora lo è quella delle proposte concorrenti. Allo stesso modo quando non sia possibile esperire la vendita competitiva secondo le modalità dell’articolo 91 perché decorso il termine ultimo dei venti giorni prima della data iniziale del voto dei creditori, allora troverà applicazione la disciplina della vendita competitiva ex articolo 114 che richiama espressamente le disposizioni sul tema della liquidazione giudiziale.
[1] Trib. Milano, 27 ottobre 2011 in Il Fallimento
[2] Trib. Bologna, 16 luglio 2013 in ilcaso.it
[3] G. Di Cecco, “Le offerte concorrenti e le cessioni” in M. Sandulli, G. D’Attorre, La nuova mini-riforma della legge fallimentare, Giappichelli, 2016, p. 156
[4] C. Trapuzzano, “Le offerte concorrenti: inquadramento dell’istituto e profili applicativi” in S. Ambrosini (ed.), Fallimento, soluzioni negoziate della crisi e disciplina bancaria, 2017, Zanichelli p. 382
[5] G. Tarzia, “Intervento di terzi, proposte e offerte concorrenti nel concordato preventivo” in Il Fallimento, n. 10, 2020, p. 1296
[6] A. La Malfa, , “Le offerte concorrenti” in S. Ambrosini (ed.), Fallimento, soluzioni negoziate della crisi e disciplina bancaria, 2017, Zanichelli p. 353. Si veda anche L. Panzani, “La liquidazione dei beni nel fallimento e nel concordato” in Il Fallimento, 2017, p. 1137
[7] Così Trib. Bolzano 17 maggio 2016 in ilcaso.it, Trib. Modena 19 aprile 2016 in ilcaso.it, Trib. Forlì 3 febbraio 2016 in ilcaso.it
[8] Trib. Lucca, 05 gennaio 2021 in ilcaso.it
[9] M. Aiello, “Il controverso perimetro applicativo delle procedure competitive di cui all’art. 163 bis l.f.: operazioni sul capitale sociale e concordato per assunzione” in Il Fallimento, n. 1, 2019, p. 80. Si veda anche M. Fabiani, “Aumento di capitale e offerte concorrenti nel concordato preventivo” in Il Fallimento, 2018, p.1374
[10] Trib. Siracusa, 24 gennaio 2017 in ilcaso.it
[11] Così L. Mandrioli, “L’affitto d’azienda nel concordato preventivo” in Giurisprudenza Commerciale, n. 2, 2019, p. 357 ss. Si veda anche G. Tarzia, op.cit., p. 1297
[12] Ancora L. Mandrioli, op.cit., p. 365
[13] G. Tarzia, op. cit., p. 1301
[14] D. Burroni, “Concordato Preventivo” in S. Sanzo, D. Burroni, Il nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, Zanichelli, 2019, p. 155
[15] Id.
[16] Ibid., p. 156
[17] S. Ambrosini, Il nuovo diritto della crisi d’impresa: L. 132/2015 e prossima riforma organica, Zanichelli, 2016, p. 111
[18] Trib. Bolzano 17 maggio 2016 in ilcaso.it
[19] C. Trapuzzano, op.cit., p. 387
[20] G. Di Cecco, op. cit., p. 159
[21] C. Trapuzzano, op.cit., p. 388
[22] G. Di Cecco, op.cit., p. 160
[23] M. Ratti, Commento all’Art. 163-bis in AA.VV., La nuova riforma del diritto concorsuale, p. 182
[24] F. Bortolotti, L. Mandrioli, “Le offerte concorrenti nel concordato preventivo: la disciplina dell’art. 163 bis l.f.” in Il Fallimento, n. 11, 2018, p. 1335
[25] M. Terenghi, “Nuovi contribute giurisprudenziali in materia di rapporti tra concordato con assunzione ed offerte concorrenti” in ilfallimentarista.it, 11 gennaio 2019, p. 4
[26] In questo senso Trib. Torino, 19 giugno 2018 in ilfallimentarista.it, Trib. Alessandria, 18 gennaio 2016 in ilcaso.it
[27] Trib. Milano, 15 gennaio 2017 in Il Fallimento, n. 4, 2018, p. 513; Trib. Monza, 26 giugno 2018 in Dejure, Trib. Rimini 1 dicembre 2016 in ilcaso.it
[28] M. Aiello, “Il controverso perimetro applicativo delle procedure competitive di cui all’art. 163 bis l.f.: operazioni sul capitale sociale e concordato per assunzione” in Il Fallimento, n. 1, 2019, p. 86
[29] Trib. Alessandria 14 dicembre 2017, in Il Fallimento, nello stesso senso Trib. Brescia 21 giugno 2018, in Il Fallimento, Trib. Padova 18 luglio 2018, in Il Fallimento.
[30] M. Aiello, op. cit., p. 82-83
[31] M. Fabiani, La struttura finanziaria del concordato preventivo, Zanichelli, 2019, p. 289
[32] Cass. Civ. 12 marzo 2013, n. 6131. Così anche Cass. Civ., 18 aprile 2007, n. 9251
[33] Trib. Napoli 4 luglio 2018 in Il Fallimento. Così anche Trib. Massa, 15 marzo 2017, Trib. Rimini 1 dicembre 2016, Trib. Vicenza 4 ottobre 2016 tutte su ilcaso.it
[34] Cass. Civ., sez. I, 16 novembre 2003, n. 17523
[35] Trib. Bolzano, 9 maggio 2018 in Dejure
[36] G. Di Cecco, op.cit., p. 178
[37] Trib. Alessandria, 11 gennaio 2016 in ilcaso.it
[38] F. Bortolotti, L. Mandrioli, op.cit., n. 11, 2018, p. 112
[39] S. Ambrosini, Il nuovo diritto della crisi d’impresa: L. 132/2015 e prossima riforma organica, Zanichelli, 2016, p. 111
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