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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 10/03/2021 Scarica PDF
Il divorzio "cinese" in Italia. Come accedere de plano allo istituto dello scioglimento del matrimonio civile mediante applicazione della legge sostanziale cinese
Fan Zheng, Avvocato del Foro di MilanoSommario: 1. Preambolo. - 2. La Legge 31
maggio 1995 n. 218 e il Regolamento (UE) n. 1259/2010. - 3. Il codice civile
della Repubblica Popolare Cinese. - 3.1. Sul tema dell'affidamento condiviso.
1. Preambolo
Il presente elaborato verte sull'analisi dell'istituto dello scioglimento del
matrimonio civile alla luce della normativa di diritto internazionale privato
(Legge 31 maggio 1995, n. 218 e Regolamento europeo n. 1259/2010), con
specifico riferimento alla possibilità, per le coppie di cittadini stranieri,
di richiedere ai Giudici italiani l'applicazione della legge sostanziale
straniera.
Laddove si tratti di cittadini cinesi, ciò si traduce nell'opportunità di
accedere all'istituto del divorzio per saltum, ovvero senza il passaggio
intermedio costituito dalla separazione personale dei coniugi. Inoltre, per le
ragioni di cui infra, l'applicazione della legge sostanziale cinese non osta in
alcun modo con la possibilità di ricorrere anche all'istituto dell'affidamento
condiviso dei figli minorenni, così come previsto dalla normativa italiana.
In sostanza, dal punto di vista delle coppie di cittadini stranieri, tutto ciò
si traduce in un notevole risparmio in termini spese legali nonché in una
accelerazione delle tempistiche processuali atte ad addivenire allo
scioglimento del matrimonio civile.
2. La Legge 31 maggio 1995 n. 218 e il Regolamento (UE) n. 1259/2010
Prima di procedere all'analisi della disciplina di diritto internazionale
privato, occorre premettere che in Italia la possibilità di accedere
direttamente all'istituto dello scioglimento del matrimonio è limitata ad
ipotesi di particolare gravità (coniuge condannato all'ergastolo o ad un a pena
superiore a 15 anni etc.), elencate dall'art. 3, comma 1 della Legge 1 dicembre
1970, n. 898.
Nella normalità dei casi, invece, affinché possa procedersi al divorzio occorre
che siano rispettate due condizioni (contemplate dalla medesima disposizione
normativa):
1) sia stata pronunciata con sentenza passata in giudicato la separazione
giudiziale tra i coniugi o, in caso di separazione consensuale, la medesima sia
stata omologata;
2) sia decorso un termine di 12 mesi in caso di separazione giudiziale o di 6
mesi in caso di separazione consensuale.
Ebbene, nel caso in cui i coniugi interessati a procedere a divorzio siano
cittadini stranieri, è possibile escludere l'applicazione della legge
sostanziale italiana (L. 898/1970) sostituendola con la legge sostanziale
nazionale dei coniugi.
Tale opzione è ammissibile, in primo luogo, ai sensi dell'art. 31, comma 1
della L. 218/1995 secondo cui: "La separazione personale e lo scioglimento
del matrimonio sono regolati dalla legge nazionale comune dei coniugi al
momento della domanda di separazione o di scioglimento del matrimonio; in
mancanza si applica la legge dello Stato nel quale la vita matrimoniale risulta
prevalentemente localizzata" (enfasi aggiunta). Tale previsione
consentiva, quindi, di applicare la legge nazionale dei coniugi unicamente nel
caso in cui questi avessero avuto cittadinanza comune.
L'entrata in vigore del Regolamento (UE) n. 1259/2010[1] che prevale sulla
regolamentazione interna, ha poi consentito di contemplare anche l'ipotesi
opposta, prevedendo ai sensi dell'art. 5, paragrafo 1 che: "1. I coniugi
possono designare di comune accordo la legge applicabile al divorzio e alla
separazione personale purché si tratti di una delle seguenti leggi: a) la legge
dello Stato della residenza abituale dei coniugi al momento della conclusione dell'accordo;
o b) la legge dello Stato dell'ultima residenza abituale dei coniugi se uno di
essi vi risiede ancora al momento della conclusione dell'accordo; o c) la legge
dello Stato di cui uno dei coniugi ha la cittadinanza al momento della
conclusione dell'accordo; o d) la legge del foro" (enfasi aggiunta)[2].
Nell'ipotesi in cui i coniugi stranieri non abbiano una cittadinanza comune,
tale previsione consente, quindi, di applicare la legge sostanziale nazionale
di uno dei due coniugi, in presenza di un accordo di tal senso. Quest'ultimo
deve essere redatto per iscritto, datato e firmato da entrambi e può
perfezionarsi fino al momento in cui viene adita l'autorità giurisdizionale
(art. 7 e art. 5, paragrafo 2 del Regolamento n. 1259/2010).
Da ultimo, ai fini dell'applicazione della legge sostanziale straniera, l'art.
16 della L. 218/1995 e l'art. 12 del Regolamento n. 1259/2010 richiedono il
requisito della non contrarietà all'ordine pubblico.
3. Il codice civile della Repubblica Popolare Cinese
In virtù della normativa supra richiamata, verrà di seguito analizzata
l'ipotesi in cui i coniugi stranieri, di cui uno o entrambi di cittadinanza
cinese, optino per l'applicazione della legge sostanziale della Repubblica
Popolare Cinese, in presenza di un comune accordo in tal senso.
In primis, occorre premettere che la legge sostanziale della Repubblica
Popolare Cinese in materia di divorzio è applicabile dal Giudice italiano in
quanto non contraria all'ordine pubblico. Si veda, al riguardo, quanto
affermato dalla Cass. Civ. Sez. I, 25/07/2006 n. 16978 secondo cui: "la
circostanza che il diritto straniero, nella specie il diritto americano, non
preveda che il divorzio possa essere pronunciato soltanto dopo che sia
intervenuta la separazione personale dei coniugi e che sia decorso un adeguato
periodo di tempo tale da consentire ai coniugi di ritornare sulla loro
decisione, non costituisce ostacolo al riconoscimento della sentenza straniera,
per quanto concerne il rispetto del principio dell'ordine pubblico. Ciò che
infatti rileva è che il divorzio segua all'accertamento dell'irreparabile venir
meno della comunione di vita tra i coniugi, senza che sia necessario che il
fallimento dell'unione familiare sia attestato dalla separazione consensuale o
giudiziale e dal decorso di un termine adeguato prima della pronuncia del
divorzio" (enfasi aggiunta)[3]. Tali principi affermati dalla
giurisprudenza di legittimità con riferimento al tema della conformità
all'ordine pubblico della sentenza straniera ex art. 64 L. 218/1995, vengono
consequenzialmente estesi dalla giurisprudenza di merito anche nei riguardi
della legge straniera. Ex multis, si veda il Tribunale di Alessandria, Sez. I,
31/12/2018 n. 1068 secondo cui: "occorre ricordare che, alla luce dei
principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, l'assenza di una
precedente sentenza di separazione, in quanto non richiesta dalla legge
straniera che regola il rapporto, non preclude la pronuncia di divorzio in
applicazione di tale disciplina, i cui effetti non possono, dunque, ritenersi
contrari all'ordine pubblico - concetto richiamato dall'art. 16 della legge
218/1995 e dall'art. 12 del regolamento 1259/2010- risultando sufficiente il
riconoscimento dell'impossibilità della ricostituzione della comunione
materiale e spirituale (v. Cass., sentenza 16978/2006; Cass., sentenza
10378/2004)" (enfasi aggiunta)[4].
Tutto ciò premesso, la scelta della legge cinese in materia di divorzio (artt.
1076-1092 del codice civile della Repubblica Popolare Cinese[5]) consente ai
coniugi di ricorrere direttamente innanzi ai Tribunali italiani ai fini di un
divorzio "diretto", ossia chiedendo ai Giudici italiani di applicare
direttamente la legge sostanziale cinese per lo scioglimento del matrimonio
civile, non essendo in tal caso requisito di procedibilità la preliminare
pronuncia di una sentenza di separazione giudiziale o consensuale. La ragione
di ciò risiede nel fatto che nell'ordinamento cinese non è previsto l'istituto
della separazione personale dei coniugi bensi', esclusivamente, quello del
divorzio a cui i coniugi possono accedere direttamente senza l'intermediazione
dell'autorità giudiziaria.
L'istituto del divorzio era originariamente disciplinato dalla Legge sul
Matrimonio della Repubblica Popolare Cinese del 1980 emendata il 28 aprile 2001
(nello specifico dal Capo IV, artt. 31-42)[6] e abrogata dal codice civile
cinese (artt. 1076-1092) a partire dal 1 gennaio 2021. Sia il nuovo codice
civile cinese che la previgente normativa prevedevano esclusivamente l'istituto
del divorzio "diretto" accessibile mediante presentazione della
relativa istanza presso l'ufficio di registrazione del matrimonio[7].
L'art. 1076 del codice civile cinese prevede infatti che:
"I coniugi che volontariamente decidono entrambi di divorziare, devono
stipulare un accordo di divorzio formale e devono recarsi personalmente
all'ufficio di registrazione del matrimonio per presentare istanza di divorzio.
L'accordo di divorzio deve contenere l'intenzione di entrambe le parti di
divorziare volontariamente e il loro consenso su questioni come il matrimonio
dei figli, la proprietà e la gestione dei debiti".
Inoltre, ai sensi dell'art. 1078 del codice civile cinese:
"L'ufficio di registrazione del matrimonio, dopo aver verificato la loro
effettiva volontà di divorziare volontariamente e l'esistenza di intese in tema
di mantenimento degli figli, di beni e di gestione dei debiti, registra e
rilascia il certificato di divorzio".
Ne deriva che, in Cina, laddove le parti concordino nel procedere con il
divorzio, è sufficiente la presentazione di apposita istanza all'ufficio di
registrazione del matrimonio.
Nel caso in cui, invece, il divorzio non sia consensuale ma sia richiesto da
una sola delle parti, è possibile ricorrere ad una procedura di conciliazione
avviata dall'ufficio di registrazione del matrimonio o, in alternativa, vi è la
possibilità di adire il Tribunale del Popolo cinese (art. 1079 del codice
civile cinese). Ne deriva, quindi, che la figura dell'autorità giudiziaria non
è indispensabile neanche per il divorzio giudiziale.
In ogni caso, "Quando la registrazione del divorzio è completata o la
sentenza di divorzio o la dichiarazione di mediazione diventa effettiva, il
rapporto matrimoniale viene sciolto" (art. 1080 del codice civile cinese).
Numerose sono le pronunce di merito italiane che, in ottemperanza ai principi
di diritto internazionale privato vigenti[8], hanno applicato la legge
sostanziale cinese così come richiesto dai coniugi. Ex multis, si vedano le
numerose pronunce del Tribunale di Prato (n. 892 del 02/08/2016 - n. 31 del
18/01/2018 - n. 431 del 28/09/2020), nonché del Tribunale di Bologna (n. 3383
del 20/11/2013).
3.1 Sul tema dell'affidamento condiviso
In caso di figli minori, l'applicazione della legge sostanziale cinese da parte
dei Tribunali italiani non pregiudica il ricorso all'istituto dell'affidameno
condiviso.
Dal codice civile cinese si può solo dedurre, infatti, che i figli possono
essere affidati ad uno dei coniugi e la medesima costatazione poteva
effettuarsi anche nella vigenza della Legge sul Matrimonio della Repubblica
Popolare Cinese del 1980 emendata il 28 aprile 2001[9].
L'art. 1084 del codice civile cinese dispone che:
"Il rapporto tra genitori e figli non si estingue con il divorzio dei
genitori. Dopo il divorzio, a prescindere dal fatto che i figli siano stati
affidati al padre o alla madre, questi rimangono i figli di entrambi i
genitori.
Dopo il divorzio, entrambi i genitori conservano il diritto e il dovere di
mantenere, istruire ed educare i figli.
Dopo il divorzio, in linea di principio, i figli di età inferiore ai due anni
devono essere allevati direttamente dalla madre. Per i figli che hanno
raggiunto i due anni di età, se entrambi i genitori non riescono a raggiungere
un accordo sulla questione del mantenimento, il Tribunale del Popolo emetterà
una sentenza basata sulle circostanze specifiche di entrambe le parti e in
conformità con il principio dell'interesse dei figli minori. I desideri dei
figli che hanno raggiunto l'età di otto anni dovrebbero essere
rispettati".
L'art. 1085 del codice civile cinese afferma che:
"Qualora, dopo il divorzio, i figli vengano affidati ad uno dei coniugi,
l'altro deve sostenere in parte o per intero tutte le spese necessarie per
mantenimento, istruzione ed educazione degli figli. I due genitori si accordano
sulla entità e sulla durata di tale sostegno. In caso di disaccordo, provvede
il Tribunale del Popolo.
L'accordo o decisione giudiziaria sul pagamento delle spese per mantenimento,
istruzione ed educazione degli figli non impedisce a questi ultimi di chiedere
ragionevolmente un importo superiore in caso di necessità".
Dall'analisi della disciplina normativa di cui supra, deriva che, sebbene il
diritto cinese non contempli un istituto simile all'affidamento condiviso, ciò
non implica che tale istituto sia vietato dall'ordinamento giuridico cinese ma
semplicemente che non è oggetto di previsione legislativa.
La conseguenza è che, mentre la legge sostanziale cinese viene applicata alla
domanda di divorzio, la legge italiana può essere applicata quanto
all'esercizio della responsabilita genitoriale[10]; tutto ciò in conformità
all'art. 36-bis della L. 218 del 1995 secondo cui: "Nonostante il richiamo
ad altra legge, si applicano in ogni caso le norme del diritto italiano che:
a) attribuiscono ad entrambi i genitori la responsabilita' genitoriale;
b) stabiliscono il dovere di entrambi i genitori di provvedere al mantenimento
del figlio;
c) attribuiscono al giudice il potere di adottare provvedimenti limitativi o
ablativi della responsabilita' genitoriale in presenza di condotte
pregiudizievoli per il figlio".
[1] Regolamento (UE) 1259/2010 del Consiglio, relativo all'attuazione di una
cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla
separazione personale, in GUUE, L343/10.
[2] La possibilità di applicare tale regolamento europeo anche a cittadini
extracomunitari (come i cittadini cinesi) deriva dal carattere
"universale" della disciplina in esame, affermata dal considerando n.
12 ("Il presente regolamento dovrebbe presentare un carattere universale,
vale a dire che le norme uniformi in materia di conflitto di leggi dovrebbero
poter designare la legge di uno Stato membro partecipante, la legge di uno
Stato membro non partecipante o la legge di uno Stato non membro dell'Unione
europea"), nonché dall'art. 4 del Regolamento (UE) n. 1259/2010 ("La
legge designata dal presente regolamento si applica anche ove non sia quella di
uno Stato membro partecipante").
[3] Giurisprudenza ripresa, da ultimo, anche dalla Cass. Civ. Sez. I,
21/05/2018 n. 12473. Invece, con riferimento specifico all'ipotesi di una
sentenza cinese di divorzio, ex multis, viene in rilievo la risalente sentenza
della Corte di Appello di Milano del 03/05/1994 (applicativa di una normativa
ormai abrogata) secondo cui: "Non è contraria all'ordine pubblico, ai
sensi dell'art. 797 n. 7 c.p.c. una sentenza cinese di divorzio, fondata su
presupposti di fatto diversi da quelli contemplati dalla legge italiana, ma pur
sempre oggetto di autonomo accertamento da parte del giudice straniero e non
rimessi al libero apprezzamento delle parti".
[4] Nel caso di specie, si trattava dell'applicazione della legge olandese.
[5] Il codice civile della Repubblica Popolare Cinese è stato approvato il 28
maggio 2020 dal Congresso Nazionale del Popolo ed è entrato in vigore il 1
gennaio 2021. Prima della sua approvazione, i riferimenti normativi erano
contenuti in leggi ad hoc, come nel caso del matrimonio e del divorzio (Legge
sul Matrimonio della Repubblica Popolare Cinese del 1980, emendata nel 2001).
[6] L'art. 31 della Legge sul Matrimonio della Repubblica Popolare Cinese
prevedeva che:
"Ai coniugi che volontariamente decidono entrambi di divorziare viene
concesso il divorzio. Le parti devono recarsi all'ufficio di registrazione del
matrimonio per presentare istanza di divorzio. L'ufficio di registrazione del
matrimonio, dopo aver verificato la loro effettiva volontà e l'esistenza di
appropriate intese in tema di figli e di beni, rilascia il certificato di
divorzio".
Inoltre, ai sensi dell'art. 32 della medesima legge:
"Se il divorzio è chiesto da uno dei coniugi, (essi) possono consentire
all'ufficio competente di procedere alla conciliazione (mediazione) oppure
possono proporre direttamente istanza di divorzio, mediante ricorso, al
Tribunale del Popolo.
Nel delibare il divorzio, il Tribunale del Popolo deve tentare la
conciliazione; se v'è una rottura del legame affettivo, fallito il tentativo di
conciliazione, deve essere concesso il divorzio.
In uno dei seguenti casi, se la conciliazione è negativa, deve essere concesso
il divorzio:
(1) bigamia oppure convivenza di uno dei coniugi con un terzo;
(2) maltrattamento o abbandono dei membri di famiglia;
(3) comportamento reiterato di gioco d'azzardo o di tossicodipendenza;
(4) separazione dei coniugi per almeno due anni a causa di mancanza
dell'affetto reciproco;
(5) altre cause che portano alla rottura del legame affettivo tra marito e
moglie.
Quando viene dichiarato scomparso uno dei coniugi, all'altro che propone
istanza di divorzio deve essere concesso il divorzio". Gli articoli delle
Legge sul Matrimonio della Repubblica Popolare Cinese sono disponibili su
http://www.gov.cn/banshi/2005-05/25/content_847.htm (ultimo
accesso: 09/03/2021).
[7] Tuttavia, il nuovo codice civile cinese riporta una novità rispetto alla
previgente legge sul matrimonio, ovvero la previsione di un termine di 30
giorni posto a "garanzia" del coniuge che, successivamente alla
ricezione dell'istanza di divorzio da parte dell'ufficio di registrazione, non
è disponibile a divorziare.
Ai sensi dell'art. 1077 del codice civile cinese:
"Entro 30 giorni dalla data in cui l'autorità di registrazione del
matrimonio riceve la domanda di divorzio, se una delle parti non è disposta a
divorziare, può avanzare richiesta all'autorità di registrazione del matrimonio
di ritirare l'istanza di divorzio.
Entro 30 giorni dalla scadenza del termine specificato nel paragrafo
precedente, entrambe le parti devono rivolgersi personalmente all'autorità di
registrazione del matrimonio per richiedere il rilascio di un certificato di
divorzio; in caso di mancata domanda, si considera che abbiano ritirato la
domanda di divorzio". Gli articoli del Codice Civile della Repubblica
Popolare cinese sono disponibili su http://www.npc.gov.cn/npc/c30834/202006/75ba6483b8344591abd07917e1d25cc8.shtml
(ultimo accesso: 09/03/2021).
[8] Invece, tra i precedenti storici in cui un Tribunale italiano ha ritenuto
applicabile la legge cinese, in applicazione di una normativa ormai abrogata
(artt. 17 e 18 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice
civile, abrogati dall'art. 73 della Legge 31 maggio 1995 n. 218), vi è da
annoverare il Tribunale di Roma, 31/05/1980 secondo cui: "Al divorzio di
coniugi cinesi è applicabile la legge cinese ai sensi sia dell'art. 18 che
dell'art. 17 disp.prel. c.c. Il giudice italiano può pronunciare il divorzio
per mutuo consenso previsto da tale legge, una volta accertata la sussistenza
delle condizioni da essa poste nelle forme processuali stabilite dalla legge
italiana regolatrice del processo (art. 27 disp.prel. c.c.)".
[9] Ai sensi dell'art. 36 della Legge sul Matrimonio della Repubblica Popolare
Cinese:
"Il rapporto tra genitori e figli non si estingue con il divorzio dei
genitori. Dopo il divorzio, a prescindere dal fatto che i figli siano stati
affidati al padre o alla madre, questi rimangono i figli di entrambi i
genitori.
Dopo il divorzio, entrambi i genitori conservano il diritto e dovere di
mantenere, istruire ed educare i figli.
Dopo il divorzio, in linea di principio, in fase di allattamento, i figli
vengono affidati alla madre.
Dopo questa fase, in caso di disaccordo sull'affidamento dei figli, provvedere
il Tribunale del Popolo, tenendo conto degli interessi dei figli e valutando le
condizioni di entrambi i genitori".
Ai sensi dell'art. 37 della Legge sul Matrimonio della Repubblica Popolare
Cinese:
"Qualora, dopo il divorzio, i figli vengano affidati ad uno dei coniugi,
l'altro deve sostenere in parte o per intero tutte le spese necessarie per
mantenimento, istruzione ed educazione degli figli. I due genitori si accordano
sulla entità e sulla durata di tale sostegno. In caso di disaccordo, provvede
il Tribunale del Popolo.
L'accordo o decisione giudiziaria sul pagamento delle spese per mantenimento,
istruzione ed educazione degli figli non impedisce a questi ultimi di chiedere
ragionevolmente un importo superiore in caso di necessità".
[10] Ex multis, si vedano le pronunce del Tribunale di Prato (18/01/2018 n. 31
- 28/09/2020 n. 431) in cui è stato disposto l'affidamento condiviso dei figli
minori, con applicazione della legge sostanziale cinese quanto alla domanda di
divorzio.
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