CrisiImpresa
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 02/03/2021 Scarica PDF
Fondo per la salvaguardia dei livelli occupazionali e la prosecuzione dell'attività d'impresa. Il nuovo innovativo strumento a tutela dell'impresa in difficoltà è pronto per l'utilizzo
Ilaria Zingali, Avvocato in MilanoSommario: 1. Premesse. – 2. Caratteristiche principali e finalità del Fondo. – 3. Linee guida per l’analisi dello strumento. – 4. Caratteristiche dei soggetti beneficiari: le tipologie di imprese e lo stato di difficoltà finanziaria. – 4.1. Imprese Titolari di Marchi Storici. – 4.2. Imprese Rilevanti per Numero di Dipendenti. – 4.3. Imprese di Rilevanza Strategica. – 4.4. I chiarimenti sulla nozione di difficoltà economico-finanziaria. – 4.5. Ulteriori requisiti di ordine generale. – 5. Elementi del programma di ristrutturazione. – 6. Tipologia dell’intervento del Soggetto Gestore Invitalia. 6.1. Criteri comuni. – 6.2. Specificità dell’intervento per imprese in difficoltà economico finanziaria non rientranti nel paragrafo 2.2. della Comunicazione C/249/01: il capo II del Decreto Ministeriale. – 6.3. Specificità dell’intervento per imprese in difficoltà economico finanziaria di cui al paragrafo 2.2. della Comunicazione C/249/01: il capo III del Decreto Ministeriale. – 7. Procedura per l’ottenimento della misura. – 8. Ispezione, controlli e obblighi a carico dei soggetti beneficiari. – 9. Conclusioni.
1. Premesse
Tra gli strumenti introdotti recentemente con la normativa emergenziale a tutela dell’economia già duramente compromessa dalla pandemia, si distingue, per portata innovativa e per le ambiziose finalità, il Fondo per la salvaguardia dei livelli occupazionali e la prosecuzione dell’attività d’impresa (il “Fondo”).
Come noto, il Fondo è stato istituito dall’articolo 43 del decreto-legge 19 maggio 2020 n. 34 (il “Decreto Rilancio”) convertito con modificazioni nella legge 17 luglio 2020 n. 77 e successivamente parzialmente modificato dall’articolo 60 comma 3 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104.
Per quanto il Decreto Rilancio abbia tracciato l’impalcatura dell’istituto e le sue previsioni fondanti, è alla normativa regolamentare di secondo e terzo livello (i.e. decreti ministeriali, decreti direttoriali e circolari) che è stata demandata la complessa fase di definizione delle modalità di gestione del Fondo nonché di accesso allo stesso. Tale processo si è recentemente concluso con l’emanazione:
- del decreto ministeriale del 29 ottobre 2020, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 309 del 14 dicembre 2020, volto a definire i criteri e le modalità di gestione e di funzionamento del Fondo, delle procedure di accesso agli interventi e dei criteri per la definizione dello stato di difficoltà economico-finanziaria per accedere al Fondo stesso (il “Decreto Ministeriale”); e
- del decreto del direttore generale del Ministero del 20 gennaio 2021, pubblicato nel sito Internet del Ministero www.mise.gov.it, recante indicazioni operative in relazione alle modalità e alle condizioni di accesso al Fondo (il “Decreto Direttoriale”).
Scopo del presente scritto è quello di declinare una disciplina organica del nuovo istituto alla luce delle normative sopra richiamate e di fornire alcune preliminari considerazioni, in attesa che lo strumento del Fondo, attivo dal 2 febbraio 2021[1], abbia un suo utilizzo corrente e auspicando che lo stesso possa fornire uno strutturato fattivo ausilio alle imprese in difficoltà nell’ottica della salvaguardia del tessuto produttivo e della forza lavoro.
2. Caratteristiche principali e finalità del Fondo
Caratteristica principale del Fondo è l’utilizzo di quest’ultimo per effettuare un investimento di minoranza, in capitale o con strumenti di quasi-equity[2], da parte del c.d. Soggetto Gestore (i.e. Invitalia) in un arco temporale definito (non superiore a cinque anni) e per un ammontare non superiore ad Euro 10 milioni[3]; il tutto in presenza e a favore di particolari tipologie di imprese che versano in situazione di difficoltà finanziaria e a fronte di un piano di ristrutturazione finalizzato contestualmente alla salvaguardia dei livelli occupazionali e alla prosecuzione dell’attività d’impresa.
Più specificamente, la misura delineata si prefigge il doppio obiettivo di sostenere, da un lato, la produzione e di evitare, dall’altro, che la cessazione o la delocalizzazione dell’attività o di una sua parte fuori dal territorio nazionale producano un rilevante impatto sociale ed economico. Tante sono le previsioni volte a proteggere gli obiettivi annunciati, che si ritrovano principalmente: nei contenuti minimi che si richiedono al piano di ristrutturazione, negli obblighi previsti a carico dei beneficiari dell’intervento e nelle aree di verifica e monitoraggio del Soggetto Gestore nel corso dell’investimento, con le relative conseguenze in caso di mancato rispetto degli impegni.
L’apparentemente complessa articolazione normativa, che ha comportato una regolamentazione per tipologia di impresa in difficoltà e differenti modalità di intervento del Soggetto Gestore, non può che essere letta come il frutto dell’esigenza di aderire puntualmente alla normativa comunitaria sugli aiuti di Stato e, in particolare, alle disposizioni impartite dalla comunicazione della Commissione recante “Orientamenti sugli aiuti di Stato destinati a promuovere gli investimenti per il finanziamento del rischio” (Comunicazione 2014/C 19/04), alla comunicazione della Commissione recante “Orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese non finanziarie in difficoltà” (Comunicazione 2014/C 249/01) nonché alla comunicazione della Commissione in merito all’applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti di Stato concessi sotto forma di garanzie (Comunicazione 2008/C 155/02).
Lo strumento del Fondo è messo a disposizione sia di PMI[4] sia di imprese di grandi dimensioni. In relazione alle PMI che accedono al Capo III del Decreto Direttoriale (ossia di impresa che versa in uno stato di difficoltà ai sensi del paragrafo 2.2. della Comunicazione 2014/C 249/01), si segnala un vantaggio procedurale il cui fine è quello di ridurre le tempistiche per l’ottenimento dell’intervento. La Commissione Europea ha infatti approvato, con risposta in data 14 dicembre 2020, il regime italiano di aiuti di Stato alla ristrutturazione destinati alle PMI, nell’ambito dell’attuazione dell’articolo 43 del Decreto Rilancio[5]. Di conseguenza, ad oggi, risultano già approvati aiuti di Stato per le PMI in difficoltà, titolari di marchi storici di interesse nazionale o che svolgono attività economiche di importanza strategica. Il provvedimento della Commissione Europea non copre, invece, il sostegno sotto forma di aiuti alla ristrutturazione a favore delle grandi imprese che, come si dirà in seguito, necessitano, laddove versino in uno stato di difficoltà ai sensi del paragrafo 2.2. della Comunicazione 2014/C 249/01, di apposita notifica alla Commissione Europea.
Quanto alla dotazione del Fondo, questa, originariamente prevista nel Decreto Rilancio e quantificata in Euro 100 milioni, è stata successivamente estesa ad Euro 300 milioni per l’anno 2020 attraverso le modifiche introdotte dall’articolo 60 comma 3 del decreto-legge 14 agosto 2020 n. 104. Tali risorse sono comprensive degli oneri di gestione a carico del Fondo, rappresentanti essenzialmente dalla management fee[6] per il Soggetto Gestore e dagli oneri e le spese che verranno sostenuti per le attività di investimento e disinvestimento del Fondo[7].
Lo strumento risulta essere stato peraltro oggetto di rifinanziamento per un importo di Euro 250 milioni per l’anno 2021, Euro 100 milioni per l’anno 2022 e Euro 100 milioni per l’anno 2023[8].
Di tale dotazione del Fondo, risulta allo stato che solo un importo pari al 30% delle risorse è riservato, per un periodo di 12 mesi, all’attuazione dei programmi di ristrutturazione che prevedono il trasferimento dell’impresa, ovvero la prosecuzione dell’attività in capo ad altri soggetti, pur rimanendo in capo al Ministero la facoltà, sulla base dei dati che verranno forniti da Invitalia, di allocare diversamente le risorse disponibili.
3. Linee guida per l’analisi dello strumento
A seguito di un esame congiunto del Decreto Rilancio, del Decreto Ministeriale e del Decreto Direttoriale è possibile tracciare un’analisi completa ed esaustiva dello strumento sulla scorta delle seguenti direttrici:
- caratteristiche dei soggetti beneficiari;
- elementi del programma di ristrutturazione;
- tipologia di intervento suddiviso per imprese in difficoltà finanziaria ai sensi della Comunicazione 2014/C 249/01 (CAPO III, articoli 14 - 19 del Decreto Ministeriale) e per imprese non in difficoltà finanziaria ai sensi della Comunicazione 2014/C 249/01 (CAPO II, articolo 13 del Decreto Ministeriale);
- procedura per l’ottenimento della misura;
- ispezione e controlli;
- obbligo a carico dei soggetti beneficiari.
Il Fondo si propone quale strumento di supporto alla ristrutturazione di tre diverse tipologie di imprese: (a) le imprese titolari di marchi storici di interesse nazionale, ovvero titolari di quei marchi iscritti nel registro dei marchi storici di interesse nazionale ai sensi dell’articolo 185 bis del decreto legislativo 10 febbraio 2005 n. 30 (le “Imprese Titolari di Marchi Storici”); (b) le imprese sotto forma di società di capitali che si distinguono, al di là dell’attività svolta, per il numero di dipendenti impiegati, che non deve essere inferiore a n. 250 (le “Imprese Rilevanti per Numero di Dipendenti”); (c) imprese che, indipendentemente dal numero degli occupati, “detengono beni e rapporti di rilevanza strategica di interesse nazionale” (le “Imprese di Rilevanza Strategica”).
4.1. Imprese Titolari di Marchi Storici
Per “Imprese Titolari di Marchi Storici” si intendono quelle imprese iscritte nel cd. “Registro speciale dei marchi storici”, registro di recente istituzione a cui possono aderire solo i titolari o licenziatari esclusivi di marchi d'impresa registrati da almeno cinquanta anni o per i quali sia possibile dimostrare l'uso continuativo del marchio da almeno cinquanta anni, utilizzati per la commercializzazione di prodotti o servizi realizzati in un'impresa produttiva nazionale di eccellenza e storicamente collegata al territorio nazionale[9]. Trattandosi di disciplina di recente attuazione, è opportuno segnalare che l’iscrizione al suddetto registro è stata ufficialmente consentita solo a partire dal 16 aprile 2020, mediante presentazione di apposita domanda all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi[10]. Le modalità di iscrizione sono state espressamente disciplinate dal decreto direttoriale pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 7 aprile 2020. Al 15 dicembre 2020 risultano iscritti n. 65 marchi storici[11] ed è verosimile che il numero sia significativamente destinato ad aumentare.
4.2. Imprese Rilevanti per Numero di Dipendenti
Per “Imprese Rilevanti per Numero di Dipendenti” si intendono quelle imprese costituite in forma di società di capitali che hanno un numero di dipendenti superiore a 250. In questo caso non è richiesto alcun vincolo relativo al settore merceologico di riferimento, al marchio ovvero alla strategicità del settore, riconoscendo invece valore rilevante di protezione alla forza lavoro dislocata sul territorio nazionale. Proprio al fine di consentire l’esatta identificazione di quelle imprese rilevanti per numero di dipendenti, è intervenuto il Decreto Ministeriale chiarendo quali figure possano ricomprendersi nella nozione di “dipendente” al fine di integrare la fattispecie tipica; rientrano nel conteggio (a) i lavoratori con contratto di lavoro subordinato a tempo pieno e parziale, (b) i lavoratori a termine e (c) gli apprendisti.
In caso di gruppi di società, si potrà prendere a riferimento il valore consolidato della forza lavoro a livello di gruppo (senza quindi guardare esclusivamente alla società che ha presentato la domanda di accesso al Fondo), ma soltanto con riferimento ai dipendenti impiegati in unità locali dislocate sul territorio nazionale.
L’intento è evidentemente di due ordini: (i) estendere la misura a società appartenenti ad una struttura societaria articolata la quale per ragioni organizzative disloca la forza lavoro in più entità giuridiche; e (ii) consentire l’utilizzo dello strumento a tutela di quelle società che impieghino forza lavoro significativa sul territorio nazionale.
4.3. Imprese di Rilevanza Strategica
Per “Imprese di Rilevanza Strategica” il Decreto Ministeriale conia una specifica definizione. Si intendono infatti quelle imprese, indipendentemente dal numero degli occupati, che (a) svolgono la propria attività in settori economici ritenuti strategici ai sensi dell’articolo 15 del decreto-legge 8 aprile 2020 n. 23, convertito con modificazioni dalla legge 5 giugno 2020 n. 40 ovvero (b) “rivestono un ruolo chiave nel promuovere lo sviluppo e il benessere della collettività”.
Se casistica di cui al punto (a) è individuabile puntualmente per relationem a livello normativo, la seconda di cui al punto (b) ci si aspetta venga declinata in sede di applicazione dell’istituto al fine di una più puntuale individuazione della tipologia di imprese che rilevino in rapporto al benessere collettivo. In ogni caso appare chiaro che lo strumento possa in astratto applicarsi anche ad imprese che, seppur non rientranti nella fattispecie tipica “golden power”, abbiano un ruolo di rilievo nell’interesse dello sviluppo e del benessere della collettività.
Tali requisiti sono espressamente richiesti alla data di presentazione della domanda di accesso al Fondo.
4.4. I chiarimenti sulla nozione di difficoltà economico-finanziaria
Al Decreto Ministeriale si riconosce, inoltre, il pregio di chiarire a quale nozione debba farsi riferimento nell’identificare lo stato di difficoltà economico-finanziaria della società, individuando, per tale finalità, due diverse casistiche ciascuna delle quali porta all’utilizzo di diverse tipologie di intervento: quelle del capo II ovvero quelle del capo III del Decreto Ministeriale.
La struttura per quanto complessa appare essere, come anticipato, il risultato della necessità di coniugare l’esigenza di utilizzo dello strumento nel modo più ampio possibile pur mantenendo il rispetto dei limiti e delle condizioni imposte dalla normativa comunitaria sugli aiuti di Stato.
Tale processo argomentativo ha condotto ad individuare:
- una modalità di intervento più agile, regolata dal Capo II del Decreto Ministeriale, a favore di quell’impresa che presenta “flussi prospettici inadeguati a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate ma non versa in uno stato di difficoltà ai sensi del paragrafo 2.2. della Comunicazione C/249/01[12]”;
- una modalità di intervento più complessa, regolata dal Capo III del Decreto Ministeriale, a favore di quell’impresa che “versa in uno stato di difficoltà ai sensi del paragrafo 2.2. della Comunicazione C/249/01”.
La definizione di imprese in difficoltà di cui al paragrafo 2.2. della Comunicazione 2014/C 249/01 ha in effetti occupato gli operatori nel corso del 2020 al fine di comprende quali soggetti avessero diritto ad ottenere finanziamenti concessi e/o garantiti da SACE e/o SIMEST ai sensi della normativa pandemica COVID 19. Tali rilievi ed analisi valgono mutatis mutandis anche per l’attuale applicazione normativa. Si tratta in ogni caso di un elenco puntuale di fattispecie tipiche tra cui emergono le società oggetto di una procedura concorsuale per insolvenza e/o le società che hanno ridotto il capitale sociale oltre la metà a causa di perdite[13].
La fattispecie ibrida e maggiormente flessibile è invece rappresentata da quella definizione di impresa in difficoltà che non rientra nei contenuti della definizione e che si ricollega invece alla definizione aziendalistica di “flussi di cassa prospettici inadeguati a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate”. Si tratta di una definizione che ricorda la prima definizione di “crisi” del Codice della Crisi e dell’Insolvenza di cui al D. Lgs. 12 gennaio2019 n. 14[14]. Tuttavia, non essendovi un richiamo espresso a tale normativa, peraltro non ancora entrata in vigore[15], è presumibile che le caratteristiche dell’impresa in difficoltà sia valutata, caso per caso, in relazione alla situazione rappresentata dalla singola in difficoltà con la domanda ed il piano di ristrutturazione, nel rispetto dei principi aziendalistici sull’inadeguatezza dei flussi di cassa nell’ottica di continuità dell’impresa.
4.5. Ulteriori requisiti di ordine generale
Le imprese che possono accedere allo strumento devono essere imprese regolarmente costituite e iscritte nel registro delle imprese, con sede legale e operativa ubicata su tutto il territorio nazionale. È necessario, inoltre, che le citate imprese non rientrino tra quelle che hanno ricevuto e successivamente non rimborsato o depositato in un conto bloccato gli aiuti individuati quali illegali o incompatibili dalla Commissione Europea, e devono aver restituito agevolazioni godute per le quali è stato disposto dal Ministero un ordine di recupero.
Sussistono poi requisiti di qualificazione di ordine generale che impediscono la concessione di tale intervento ad alcune tipologie di soggetti e, più precisamente a coloro:
(a) nei cui confronti sia stata applicata la sanzione interdittiva di cui all’articolo 9, comma 2, lettera d) del decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231 e successive modificazioni e integrazioni;
(b) i cui legali rappresentanti o amministratori siano stati condannati, con sentenza definitiva o decreto penale di condanna divenuto irrevocabile o sentenza di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per i reati che costituiscono motivo di esclusione di un operatore economico dalla partecipazione ad una procedura di appalto o concessione ai sensi della normativa in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi di forniture vigente alla data di presentazione della domanda;
(c) che hanno riportato condanne penali o sanzioni amministrative definitive per le violazioni della normativa in materia di lavoro e legislazione sociale.
5. Elementi del programma di ristrutturazione
Alla base della concessione dello strumento rileva poi la presentazione da parte dell’istante di un idoneo programma di ristrutturazione da allegarsi all’istanza di accesso al Fondo. La principale finalità del programma, come più volte indicato, deve essere contestualmente alla salvaguardia dei livelli occupazionali, la prosecuzione dell’attività d’impresa. L’articolo 6 del Decreto Ministeriale individua in maniera esaustiva gli elementi che si richiedono debbano essere contenuti e descritti nel piano di ristrutturazione, con particolare riferimento ad “azioni” da intraprendere e “costi” della manovra.
Infatti, previa una dovuta informativa sull’impresa proponente (incluse le capacità imprenditoriali della compagine sociale), sulla situazione di crisi e sulle cause delle difficoltà in cui l’impresa versa, il piano di ristrutturazione deve contenere:
- le azioni che si intendono porre in essere per sostenere la continuità e lo sviluppo dell’attività d’impresa e ripristinare la reddittività, alle eventuali ipotesi di ristrutturazione finanziaria sotto forma di conferimenti di capitale effettuati da soci nuovi e esistenti e/o riduzione dei crediti da parte dei creditori esistenti;
- le azioni che si intendono porre in essere per ridurre gli impatti occupazionali connessi alla situazione di crisi economico-finanziaria, quali, a titolo esemplificativo: (i) i processi di riqualificazione finalizzati al miglioramento della qualità del capitale umano impiegato e/o alla riallocazione di addetti all’interno del gruppo societario di appartenenza ovvero presso imprese terze; (ii) le scelte di innovazione organizzativa e tecnologica finalizzate alla digitalizzazione e alla valorizzazione delle risorse umane; (iii) i modelli contrattuali e schemi di lavoro funzionali alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro; (iv) forme socialmente responsabili di gestione di eventuali esuberi di personale;
- alle imprese che abbiano manifestato interesse all’acquisizione della società o alla prosecuzione dell’attività d’impresa, ovvero alle azioni che si intendono porre in essere per trovare un possibile acquirente, anche mediante attrazione di investitori stranieri;
- alle opportunità offerte ai dipendenti di presentare una proposta di acquisto dell’impresa e ad ogni altra possibilità di recupero degli asset da parte degli stessi[16];
- ai costi connessi all’attuazione del programma di ristrutturazione.
6. Tipologia dell’intervento di Invitalia
6.1. Criteri comuni
L’intervento da parte di Invitalia ai sensi del Capo II del Decreto Ministeriale si estrinseca in due differenti opzioni: (a) l’assunzione di partecipazioni nel capitale sociale o (b) la realizzazione di investimenti in quasi-equity[17], compresi i prestiti obbligazionari e il rilascio di garanzie, anche in combinazione tra loro.
La struttura delle operazioni di investimento è lasciata all’autonomia negoziale, ad eccezione di alcuni necessari aspetti che qui si riportano.
L’operazione di investimento del Soggetto Gestore non potrà eccedere l’importo di Euro 10 milioni e, come già anticipato, tale investimento dovrà essere di minoranza e detenuto da Invitalia per un arco temporale non superiore a 5 (cinque) anni.
È previsto che il Soggetto Gestore avrà facoltà di ottenere la partecipazione di propri designati all’interno degli organi sociali al fine di garantire, nell’arco temporale di riferimento, un monitoraggio dell’andamento dell’impresa.
Ogni operazione di investimento è sottoposta ad apposita delibera del consiglio di amministrazione Invitalia; l’efficacia della delibera può essere sottoposta a condizione sospensiva tutte le volte in cui è attuabile a seguito dell’adozione di un provvedimento di terze parti (a titolo esemplificativo, notifica antitrust o golden power, waiver di istituti finanziari a seconda della struttura dell’operazione).
Infine, le modalità di exit dall’investimento saranno disciplinate all’interno di patti parasociali, che dovranno prevedere meccanismi di controllo su eventuali variazioni del programma di ristrutturazione che dovessero verificarsi successivamente all’operazione di investimento.
Fermi i tratti comuni dell’investimento da parte del Soggetto Gestore, si ricordi che, a seconda della situazione di difficoltà economica in cui versa l’impresa richiedente, sussiste un diverso set di norme applicabili (disciplinate dal Capo II o dal Capo III del Decreto Ministeriale).
6.2. Specificità dell’intervento per imprese in difficoltà economico finanziaria non rientranti nel paragrafo 2.2. della Comunicazione C/249/01:il capo II del Decreto Ministeriale.
Primo elemento di flessibilità rappresentato dalla disciplina del Capo II (imprese in difficoltà economico finanziaria non rientranti nel paragrafo 2.2. della Comunicazione 2014/C 249/01) riguarda il soggetto che può richiedere l’intervento: la richiesta può essere effettuata - e l’intervento di assunzione della partecipazione può avvenire - a favore dell’impresa richiedente in difficoltà economico finanziaria ovvero, in alternativa, nel capitale sociale dell’impresa cui è trasferita l’azienda[18].
In tal modo l’acquirente di un complesso aziendale, anche se in bonis, può beneficiare dello strumento direttamente sul presupposto dell’acquisto del complesso aziendale della società in crisi e della redazione del programma di ristrutturazione delle entità post acquisizione.
L’investimento di Invitalia non è, tuttavia, considerabile singolarmente. È previsto infatti che, contestualmente al Soggetto Gestore, concorra necessariamente all’operazione, l’investimento da parte di un soggetto privato indipendente, con modalità pari passu in misura almeno pari al 30% della complessiva operazione del capitale di rischio.
A tal proposito interviene nuovamente il Decreto Direttoriale, che introduce una definizione ad hoc di “investitore privato indipendente”, intendendosi con tale accezione colui che “non è socio dell’impresa in cui investe, compresi i business angels e le istituzioni finanziarie, a prescindere dall’assetto proprietario, a condizione che sostenga interamente il rischio relativo al proprio investimento; al momento della costituzione di una nuova società, tutti gli investitori privati, compresi i fondatori sono considerati indipendenti dalla stessa”.
L’investimento del Soggetto Gestore Invitalia deve infatti superare con esito positivo il “test dell’operatore in un’economia di mercato”, cd. “test MEIP”, espressamente disciplinato dalla Comunicazione 2014/C 19/04.
Ai fini della valutazione di un’operazione pari passu - secondo quanto stabilito dalla Commissione Europea – sono elementi da considerare: (i) la contemporaneità della decisione ed esecuzione dell'intervento da parte degli operatori pubblici e privati; (ii) l’uguaglianza delle modalità e condizioni dell'operazione per gli operatori pubblici e privati; (iii) la reale (e non simbolica e/o marginale) rilevanza economica dell’investimento degli operatori privati; e (iv) la comparabilità della posizione di partenza degli enti pubblici e degli operatori privati interessati [19].
6.3. Specificità dell’intervento per imprese in difficoltà economico finanziaria di cui al paragrafo 2.2. della Comunicazione C/249/01:il capo III del Decreto Ministeriale
La disciplina del Capo III del Decreto Ministeriale (imprese in difficoltà economico finanziaria rientranti nel paragrafo 2.2. della Comunicazione C/249/01) si connota per alcune rigidità d’impostazione dettate soprattutto dalla necessità di aderire alla normativa comunitaria sugli aiuti di Stato e, tuttavia, per una maggiore articolazione di previsioni anche a tutela della forza lavoro.
Innanzitutto, l’intervento di Invitalia può essere richiesto soltanto dall’impresa in difficoltà economica e non anche dalla cessionaria.
Nella presente fattispecie, fermo l’importo massimo consentito del Fondo, l’intervento del Soggetto Gestore è subordinato all’apporto, da parte dell’impresa richiedente di un significativo contributo proprio ai costi connessi all’attuazione del programma di ristrutturazione. Seguendo la definizione del Decreto Direttoriale, per contributo proprio devono intendersi risorse proprie dell’impresa proponente, dei sui azionisti e creditori, del gruppo cui fa parte o di nuovi investitori.
Tale contributo deve essere concreto, e non può ricomprendere i futuri profitti attesi, quali il flusso di cassa[20].
I costi ai fini della determinazione dell’apporto vengono quantificati nell’ambito del piano di ristrutturazione, o, qualora di importo diverso da Invitalia in sede di approvazione dell’investimento. Per essere significativo il contributo proprio deve essere pari almeno al 50% dei casi per le grandi imprese, al 40% dei costi per le imprese di medie dimensioni o al 25% dei costi stessi nel caso di piccole imprese.
Una ulteriore peculiarità dell’intervento del Capo III riguarda la possibile concessione di incentivi per il sostegno dell’occupazione, disciplinati dall’articolo 15 del Decreto Ministeriale.
A fronte del mantenimento di una percentuale non inferiore al 70 (settanta) per cento dei posti di lavoro dell’impresa possono essere concessi contributi a fondo perduto commisurati ai dipendenti per i quali è garantita la stabilità occupazionale.
Il contributo è stabilito nella misura massima di Euro 5.000 l’anno, per un massimo di 3 (tre) anni per ogni dipendente per cui è garantita la stabilità occupazionale nell’ambito del programma di ristrutturazione, sul presupposto del mantenimento del 100% della forza di lavoro. In caso di mantenimento della forza lavoro in una percentuale tra il 100 % e il 70% è previsto una riduzione del contributo, secondo metriche indicate nell’articolo 15 del Decreto Ministeriale[21].
Ai fini del mantenimento del contributo di cui all’articolo 15 del Decreto Ministeriale, al termine del periodo di fruizione del contributo, l’impresa beneficiaria è tenuta a garantire la stabilità occupazionale del personale e degli stessi livelli occupazionali per ulteriori due anni.
L’erogazione dei contributi a fondo perduto è subordinata all’attuazione dell’operazione di investimento; infatti i contributi vengono erogati annualmente a partire dalla data di avvio dell’operazione di investimento, intesa quale data di stipula degli atti necessari all’attuazione dell’investimento stesso.
Considerata l’eccezionalità della previsione, se sussistono impegni cogenti per il mantenimento delle agevolazioni, sono del pari previste, all’articolo 18 del Decreto Ministeriale, puntuali casistiche di revoca[22], tra cui emerge la riduzione dei livelli occupazionali, disposta durante il periodo di fruizione dell’incentivo o comunque in vigenza dell’obbligo di mantenimento degli stessi, salvo che le cause della riduzione siano determinate da giusta causa o giustificato motivo di licenziamento soggettivo o da eventi non imputabili al datore di lavoro. La revoca comporta la restituzione dell’importo complessivo erogato con le maggiorazioni previste dall’articolo 9 del decreto legislativo n. 123/1998.
In tema di cumulo, l’articolo 17 del Decreto Ministeriale e l’articolo 9 del Decreto Direttoriale chiariscono che gli aiuti concessi in relazione alle operazioni di investimento di cui al Capo III sono cumulabili con altri aiuti che l’impresa proponente ha ottenuto, durante il periodo di ristrutturazione, da altre fonti o nell’ambito di altri regimi, nei limiti di Euro 10 milioni.
Come anticipato in premessa, l’operatività delle disposizioni di cui al Capo III è subordinata, per le grandi imprese, all’autorizzazione dell’aiuto nei confronti di ciascuna impresa, nel rispetto delle specifiche condizioni fissate dalla Comunicazione 2014/C 249/01 con riferimento a tale categoria di imprese.
7. Procedura per l’ottenimento della misura
In linea con quanto previsto dal Decreto Rilancio, le imprese per beneficiare del Fondo oltre a versare in stato di difficoltà finanziaria devono aver avviato, alla data di presentazione della domanda di accesso al Fondo, un confronto presso la struttura per la crisi d’impresa del Ministero dello Sviluppo Economico, prevista dall’articolo 1 comma 852 della legge 27 dicembre 2006 n. 296 e successive modificazioni e integrazioni (la “Struttura per la Crisi d’Impresa”).
Come emerge dall’articolo 3 comma 2 del Decreto Direttoriale, la Struttura per la Crisi d’Impresa trasmette a Invitalia l’elenco delle imprese con le quali risulta avviato un tavolo di confronto e tutte le informazioni in possesso della stessa in funzione dell’attività svolta, proprio ai fini delle valutazioni dei piani di ristrutturazione.
L’ottenimento della misura passa attraverso una procedura puntuale guidata da disposizioni operative che si possono rinvenire nel Decreto Direttoriale e nei siti del Ministero dello Sviluppo Economico e del Soggetto Gestore. Nei siti web sopra richiamati sono messi a disposizioni i format di base per la presentazione della domanda di accesso al Fondo.
In estrema sintesi:
- la domanda può essere presentata a decorrere dalle ore 12:00 del 2 febbraio 2021, compilata in forma elettronica secondo quanto previsto dall’articolo 3 del Decreto Direttoriale e deve necessariamente contenere il programma di ristrutturazione. È importante segnalare che, per il medesimo programma di ristrutturazione, si può presentare una sola domanda di accesso; ne consegue che il set documentale deve essere sufficientemente completo nella forma e nella sostanza per evitare il rischio che l’eventuale carenza documentale porti a respingere la richiesta con il contestuale problema che la stessa non possa essere più ripresentata;
- la valutazione da parte del Soggetto Gestore prosegue nei successivi 90 giorni, con la possibilità, da parte di Invitalia, di sospendere il suddetto termine per una sola volta, nel caso sia necessario acquisire, ai fini della valutazione, ulteriore documentazione o informazioni. In tal caso il termine verrà riavviato solo in caso di completezza formale e sostanziale delle ulteriori informazioni e documentazione richieste;
- in caso di valutazione positiva del programma di ristrutturazione, Invitalia strutturerà l’operazione di investimento, che porterà in approvazione al proprio consiglio di amministrazione;
- successivamente all’approvazione, il Soggetto Gestore ne darà comunicazione al Ministero dello Sviluppo Economico, all’impresa proponente e agli eventuali investitori privati indipendenti coinvolti nell’operazione;
- con la comunicazione di approvazione, Invitalia autorizzerà la stipula di tutti gli atti necessari all’attuazione dell’operazione di investimento;
- in caso di esito negativo delle operazioni, Invitalia, con analoga comunicazione, comunicherà tempestivamente il diniego.
A corollario di quanto sopra indicato, appare degno di nota segnalare un percorso di priorità nell’avvio dell’istruttoria per quelle domande che avranno maggiore impatto sui profili occupazionali e di sviluppo produttivo.
8. Ispezioni, controlli e obblighi a carico dei soggetti beneficiari
A tutela del corretto utilizzo del Fondo, sono previsti, da un lato, poteri di ispezione e controllo da parte del Soggetto Gestore e del Ministero dello Sviluppo Economico e, dall’altro lato, obblighi specifici a carico della società beneficiaria dell’intervento.
Quanto alle ispezioni e ai controlli:
- l’impresa beneficiaria del Fondo è tenuta a trasmettere al Soggetto Gestore, per tutto il periodo del mantenimento della partecipazione nel capitale di rischio e di fruizione dei contributi per il mantenimento dei livelli occupazionali, entro il 28 febbraio di ogni anno, un dettagliato rapporto sullo stato di attuazione del programma di ristrutturazione, con evidenza delle attività poste in essere nell’anno precedente, della situazione occupazionale e delle prospettive di sviluppo delle attività d’impresa;
- il Ministero dello Sviluppo Economico, in ogni fase del procedimento, può effettuare controlli e ispezioni anche a campione, sullo stato di attuazione dei programmi di ristrutturazione oggetto dell’intervento del Fondo; e
- nel caso di erogazione di contributi pervisti nel contesto degli investimenti di cui al Capo III del Decreto Ministeriale, Invitalia può effettuare in qualsiasi momento controlli presso l’impresa proponente verificando il numero dei dipendenti come risultanti dalla denuncia contributiva.
Fermo l’impegno delle imprese beneficiarie di consentire e favorire lo svolgimento dei sopra menzionati controlli, le stesse devono assolvere agli obblighi informativi, di custodia e di rispetto della normativa di settore elencati nell’articolo 12 del Decreto Ministeriale, tra cui emerge l’obbligo di pubblicare le agevolazioni ricevute ai sensi dell’articolo 1 comma 123 e seguenti della legge 4 agosto 2017 n. 124, con rilascio della dichiarazione nella nota integrativa del bilancio[23].
In aggiunta, le imprese beneficiarie assumono stringenti impegni di non delocalizzare l’attività economica interessata dall’investimento, entro 5 (cinque) anni dalla data di ultimazione dell’iniziativa agevolata, come meglio indicato nell’articolo 12 comma 1 lettere g) e h) del Decreto Ministeriale.
9. Conclusioni
L’esame dello strumento, delle sue disposizioni e articolazioni tipiche spinge a effettuare una prima serie di riflessioni di ordine sistematico.
L’impresa che ne vuole beneficiare deve costruire anticipatamente un’operazione di ristrutturazione di ampio respiro, valutando l’ingresso di possibili partner nel capitale (nel caso del Capo II) o disponendo di fondi propri per coprire i costi (nel caso del Capo III); tutto ciò impone una volontà dell’impresa proponente di rimettersi in gioco nella valutazione e riprogrammazione del business aziendale, in un arco temporale di medio lungo termine. Programmi di ristrutturazione che hanno un’incidenza troppo gravosa sul tema della forza lavoro o poco ragionati in termini di strategie di business rischiano di non poter spiccare il volo alla luce della normativa sopra esposta. Fondamentale è il bilanciamento degli interessi di produttività e tutela della forza lavoro nazionale.
Resta ancora un tema aperto e di complessa soluzione quello dell’ottenimento della finanza interinale necessaria, soprattutto nel caso di imminente crisi di liquidità, a traghettare le imprese in difficoltà al perfezionamento dell’operazione.
Ciò posto, l’ingresso di Invitalia nel capitale sociale delle imprese in difficoltà deve essere letto come uno strumento di compartecipazione ai rischi prospettici dell’impresa, un investimento nel tessuto del Paese e delle singole imprese volto a sostenerle in ottica di lungo periodo.
L’importo dell’investimento, che si rammenta dover essere non superiore ad Euro 10 milioni rende, ad avviso di chi scrive, la portata dell’intervento più focalizzata sulle PMI, fermo restando che esigenze di capitalizzazione nell’intorno di Euro 15 milioni (considerato il 30% dell’investitore indipendente) possono essere appetibili nell’ambito delle difficoltà economico finanziare anche delle grandi imprese.
Un percorso fattibile ma più accidentato è quello delle imprese in difficoltà economico finanziaria di cui al paragrafo 2.2. della Comunicazione 2014/C 249/01 diverse dalle PMI, che devono provvedere anche all’autorizzazione dell’aiuto nei confronti di ciascuna impresa, nel rispetto delle specifiche condizioni fissate dalla Comunicazione 2014/C 249/01. Il vantaggio competitivo tuttavia dell’intervento di cui al Capo III del Decreto Ministeriale è rappresentato dalla possibilità di avere concessione di incentivi per il sostegno dell’occupazione, disciplinati dall’articolo 15 del Decreto Ministeriale.
Notizie di stampa fanno emergere come già alcune società abbiano ipotizzato di voler accedere al Fondo.
Alla luce delle considerazioni fino a qui esposte, sarà interessante monitorare nei prossimi mesi quelli che saranno i primi utilizzi dello strumento e la sua applicazione pratica nel contesto della crisi d’impresa soprattutto con particolare riguardo alle imprese che hanno avuto o intendano avere accesso ad uno degli strumenti di risoluzione della crisi, quali piani di risanamento, accordi di ristrutturazione dei debiti, concordati preventivi, normati, per il momento ancora, dall’attuale legge fallimentare.
[1] Le domande possono essere presentate dal 2 febbraio 2021.
[2] Come espressamente previsto nel Decreto Direttoriale, per investimento di “quasi-equity” dovrà intendersi un finanziamento che si colloca tra equity e debito e che abbia un rischio più elevato del debito di primo rango (senior) e un rischio inferiore rispetto al capitale primario (common equity) ed il cui rendimento, per colui che lo detiene, si baserà, principalmente, sui profitti o sulle perdite dell’impresa destinataria e che non sarà garantito nel caso di cattivo andamento dell’impresa. Gli investimenti in quasi-equity possono essere strutturati come debito, non garantito e subordinato, compreso il debito mezzanino, e in alcuni casi convertibile in equity, o come capitale privilegiato (preferred equity).
[3] Ai sensi dell’articolo 7, comma 3, del Decreto Ministeriale l’importo di euro 10 milioni può essere incrementato nel caso in cui al sostegno del programma di ristrutturazione partecipino, con proprie risorse anche la Regione interessata al programma medesimo ovvero altre amministrazioni o enti.
[4] La categoria delle microimprese, delle piccole imprese e delle medie imprese (complessivamente definita PMI) è costituita da imprese che: a) hanno meno di 250 occupati, e b) hanno un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di Euro, oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 43 milioni di Euro.
[5] Sul punto si veda il testo della risposta della Commissione State aid SA. 58790 (2020/N) – Italy Restructuring aid scheme for SMEs: Art. 43 DL 34/2020 - Fondo per la salvaguardia dei livelli occupazionali e la prosecuzione dell'attività d'impresa, ricevuta in data 14 dicembre 2020. In tale risposta la Commissione ha valutato la misura alla luce degli orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese non finanziarie in difficoltà del 2014. Su queste basi, la Commissione ha concluso che il regime italiano è conforme alle norme UE in materia di aiuti di Stato, in particolare all'articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del trattato sul funzionamento dell'Unione Europea (TFUE).
[6] Sul punto si veda l’articolo 3 del Decreto Ministeriale. In particolare, si segnala che la management fee spettante al Soggetto Gestore Invitalia sarà pari ad una commissione annua di gestione dell’1,50 per cento dell’ammontare del Fondo. La management fee sarà applicata per i primi sei anni a decorrere dalla data di entrata in vigore del Decreto Ministeriale, all’ammontare del Fondo. A decorrere dal settimo anno, la stessa misura della management fee sarà applicata al valore netto delle partecipazioni in portafoglio del Soggetto Gestore, acquisite con risorse finanziarie del Fondo, nonché degli eventuali contributi erogati ai sensi del Capo III. Fatta eccezione per il primo anno, in cui è corrisposta in un’unica rata, la management fee sarà riconosciuta in due rate semestrali anticipate.
[7] Tali oneri e spese per le attività di investimento e di disinvestimento comprendono i costi di due diligence legali, fiscali, contabili e finanziarie, ambientali e di business e i costi di assistenza legale e notarile sostenuti in occasione di tutte le fasi di gestione del Fondo, dall’acquisizione sino alla dismissione delle attività di cui è investito il Fondo. Per informazioni di maggior dettaglio, si confronti sul punto l’articolo 3 del Decreto Ministeriale.
[8] Cfr. Bilancio di previsione per capitoli del Ministero dello Sviluppo Economico per l’anno finanziario 2021 e per il triennio 2021-2023, sito del Ministero dello Sviluppo Economico https://www.mise.gov.it/images/stories/trasparenza/2020/Bilancio_di_previsione_per_capitoli-Tabella_3.pdf
[9] L’articolo 31 del D.L. 30 aprile 2019, n. 34 (il “Decreto Crescita”), convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1 della Legge 28 giugno 2019, n. 58, ha previsto che i titolari o licenziatari esclusivi di marchi d'impresa registrati da almeno cinquanta anni o per i quali sia possibile dimostrare l'uso continuativo da almeno cinquanta anni, utilizzati per la commercializzazione di prodotti o servizi realizzati in un'impresa produttiva nazionale di eccellenza storicamente collegata al territorio nazionale, possono ottenere l'iscrizione del marchio nel registro dei marchi storici di interesse nazionale, istituito presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi. Si segnala che con decreto del Ministro dello Sviluppo Economico del 10 gennaio 2020, lo stesso ha istituito il logo “Marchio storico di interesse nazionale” che le imprese iscritte nel registro possono spendere per finalità commerciali e promozionali, definendone altresì i criteri per l’utilizzo. Con Decreto del Direttore Generale per la Tutela della Proprietà Industriale, sono state definite le modalità attuative e gli aspetti procedurali relativi alla presentazione delle istanze per l’iscrizione dei marchi storici al registro. L’iscrizione al registro avviene automaticamente al momento dell’accoglimento dell’istanza depositata dall’utente che ne riceve espressa notifica. Oltre alla rappresentazione del marchio, il registro contiene, per ciascun marchio iscritto, un numero progressivo di iscrizione, nonché i principali dati bibliografici dello stesso e della correlata istanza di iscrizione depositata. Per una compiuta disamina si rinvia ai siti web del Ministero dello Sviluppo Economico: https://uibm.mise.gov.it/index.php/it/marchio-storico-di-interesse-nazionale/dal-16-aprile-e-possibile-iscriversi-al-registro-dei-marchi-storici-di-interesse-nazionale.
[10] La domanda può essere presentata esclusivamente in via telematica, attraverso il portale on line raggiungibile al link https://servizionline.uibm.gov.it. L’Ufficio provvede a verificare dette condizioni in un tempo massimo di 60 giorni nel caso di marchio registrato e di 180 giorni nel caso di marchio non registrato.
[11] Si citano tra gli altri: marchio Sasso di Carapelli Firenze S.p.A., Rigamonti di Salumificio Rigamonti S.p.A., Terme di Saturnia di Terme di Saturnia S.p.A., marchio figurativo Benetton di Benetton Group S.p.A., Olio Carli di Fratelli Carli S.p.A., Amaro Lucano di Lucano 1894 S.r.l., marchio figurativo Cirio di Conserve Italia Soc. Coop. Conserve Italia Soc. Coop. Agricola, marchio figurativo Polli di Fratelli Polli S.p.A., marchio Sperlari di Sperlari S.r.l., marchio figurativo Moreschi di Moreschi S.p.A., Antinori di Marchesi Antinori S.p.A., marchio figurativo Alpitour di Alpitour S.p.A., marchio figurativo Forst di Birra Forst S.p.A., marchio Rifle made in Italy di G. Brand S.p.A.
[12] Si riporta di seguito, per pronto riferimento, il paragrafo 2.2. della Comunicazione 2014/C 249/01: “Campo di applicazione materiale: nozione di «impresa in difficoltà». Uno Stato membro che prevede di concedere aiuti a un’impresa a norma dei presenti orientamenti deve dimostrare, sulla base di criteri oggettivi, che l’impresa in questione è in difficoltà ai sensi della presente sezione, fatte salve le specifiche disposizioni per gli aiuti per il salvataggio e il sostegno temporaneo per la ristrutturazione di cui al punto 29. Ai fini dei presenti orientamenti, si ritiene che un’impresa sia in difficoltà se, in assenza di un intervento dello Stato, è quasi certamente destinata al collasso economico a breve o a medio termine. Pertanto, un’impresa è considerata in difficoltà se sussiste almeno una delle seguenti circostanze:
- nel caso di società a responsabilità limitata, qualora abbia perso più della metà del capitale sociale sottoscritto (a causa di perdite cumulate. Ciò si verifica quando la deduzione delle perdite cumulate dalle riserve (e da tutte le altre voci generalmente considerate come parte dei fondi propri della società) dà luogo a un importo cumulativo negativo superiore alla metà del capitale sociale sottoscritto;
- nel caso di società in cui almeno alcuni soci abbiano la responsabilità illimitata per i debiti della società, qualora abbia perso più della metà dei fondi propri, quali indicati nei conti della società, a causa di perdite cumulate;
- qualora l’impresa sia oggetto di procedura concorsuale per insolvenza o soddisfi le condizioni previste dal diritto nazionale per l’apertura nei suoi confronti di una tale procedura su richiesta dei suoi creditori;
- nel caso di un’impresa diversa da una PMI, qualora, negli ultimi due anni:
· il rapporto debito/patrimonio netto contabile dell’impresa sia stato superiore a 7,5;
· il quoziente di copertura degli interessi dell’impresa (EBITDA/interessi) sia stato inferiore a 1,0.
Solo dopo tale periodo l’impresa può essere ammessa a beneficiare di aiuti per il salvataggio o per la ristrutturazione, a condizione che: possa essere definita un’impresa in difficoltà ai sensi dei presenti orientamenti; non faccia parte di un gruppo più grande se non alle condizioni fissate al punto 22.
Un’impresa facente parte di un gruppo più grande, o che viene da esso rilevata, non può, in linea di principio, beneficiare di aiuti ai sensi dei presenti orientamenti, salvo qualora si possa dimostrare che le sue difficoltà sono intrinseche e non risultano da una ripartizione arbitraria dei costi all’interno del gruppo e che sono troppo gravi per essere risolte dal gruppo stesso. Qualora un’impresa in difficoltà crei una controllata, quest’ultima e l’impresa in difficoltà che la controlla vengono considerate come un gruppo e possono ricevere aiuti alle condizioni fissate nel presente punto. Dato che è a rischio la sua stessa sopravvivenza, un’impresa in difficoltà non può essere considerata uno strumento idoneo per la promozione degli obiettivi di altre politiche pubbliche fintanto che non venga ripristinata la sua redditività. Pertanto, la Commissione ritiene che gli aiuti a favore delle imprese in difficoltà possano contribuire allo sviluppo di attività economiche senza alterare le condizioni degli scambi tra Stati membri in misura contraria al comune interesse solo quando siano rispettate le condizioni fissate nei presenti orientamenti, anche qualora tali aiuti siano concessi in base a un regime che è già stato autorizzato. Diversi regolamenti e comunicazioni nel settore degli aiuti di Stato e in altri settori vietano pertanto la concessione di aiuti di Stato alle imprese in difficoltà. Ai fini di tali regolamenti e comunicazioni, e fatto salvo quando questi stabiliscano altrimenti: per «impresa in difficoltà» si intende un’impresa in difficoltà ai sensi del punto 20 dei presenti orientamenti, e una PMI costituitasi da meno di tre anni non può essere considerata un’impresa in difficoltà, tranne quando soddisfa le condizioni previste al punto 20, lettera c).”
[13] Cfr. nota 10 che riporta la casistica di cui al paragrafo 2.2. della Comunicazione C/249/01.
[14] Si segnala tuttavia che, con il decreto correttivo (D. Lgs. 26 ottobre 2020 n. 147 pubblicato in Gazzetta Ufficiale serie generale n. 276 del 5 novembre 2020) tale definizione è stata ulteriormente modificata, tanto da non farsi più riferimento al termine “stato di difficoltà economico-finanziaria” ma a quello di “stato di squilibrio economico finanziario”, riferendosi in ogni caso a quello stato “che rende probabile l’insolvenza del debitore e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate”. Anche l’articolo 13 in tema di indicatori della crisi ha, a seguito del decreto correttivo, una nuova formulazione: “costituiscono indicatori di crisi gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell'impresa e dell'attività imprenditoriale svolta dal debitore, tenuto conto della data di costituzione e di inizio dell'attività, rilevabili attraverso appositi indici che diano evidenza della non sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e dell'assenza di prospettive di continuità aziendale per l'esercizio in corso o, quando la durata residua dell'esercizio al momento della valutazione è inferiore a sei mesi, nei sei mesi successivi. A questi fini, sono indici significativi quelli che misurano la non sostenibilità degli oneri dell'indebitamento con i flussi di cassa che l'impresa è in grado di generare e l'inadeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi. Costituiscono altresì indicatori di crisi ritardi nei pagamenti reiterati e significativi, anche sulla base di quanto previsto nell'art. 24”.
[15] Il Codice della Crisi e dell’Insolvenza, facendo proprio il principio aziendalistico per cui la crisi rappresenta uno stato di difficoltà economico finanziaria dell’impresa, anche profonda, ma non necessariamente strutturale o irreversibile, ha dato rilievo normativo e indipendenza funzionale al concetto di continuità aziendale intesa come la capacità dell’impresa di operare come un complesso aziendale funzionante e quindi di far fronte alle proprie obbligazioni e ai propri impegni, generando flussi di cassa sufficienti al suo funzionamento. Sia sul piano dei sistemi di allerta (in senso temporale ristretto) sia più in generale sul piano definitorio, infatti, la visione della crisi sembra spostarsi dall’elemento della reversibilità alla rilevanza dell’elemento prospettico dei flussi di cassa; la diagnosi della crisi come “probabile” insolvenza si fonda sulla valutazione, in via prospettica dei futuri flussi di cassa. Sulla nozione di “crisi” e di “indici di allerta” in relazione al nuovo Codice della Crisi e dell’Insolvenza si veda, tra gli altri, Riccardo Della Santina, “Indicatori e indici della crisi nel sistema degli strumenti di allerta: l’interpretazione sistematica e di metodo offerta dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabile” in Il Caso.it del 23 gennaio 2020; Assonime, “Le nuove regole sull’emersione anticipata della crisi d’impresa e gli strumenti d’allerta, circ. 19 del 2 agosto 2019”, su www.Assonime.it; Maurizio Irrera, “La collocazione degli assetti organizzativi e l’intestazione del relativo obbligo (tra Codice della Crisi e bozza di decreto correttivo)”, in Nuovo diritto delle Società, 2, 2020, 115 ss.; Patrizia Riva, Alessandro Danovi, Maurizio Comoli, Ambra Garelli, “Gli attori della governance coinvolti nelle fasi dell’allerta e gli indici della crisi secondo il nuovo C.C.I.”, in Giurisprudenza Commerciale, fasc. 3, giugno 2020, 594 ss.; Ferdinando Superti Furga, “Riflessioni sul codice della crisi e dell’insolvenza”, in Le Società, 2020, fasc. 1 p. 7 ss; Luigi Amerigo Bottai, “Gli assetti organizzativi dell’impresa nell’attuale fase di pandemia”, in Il Fallimentarista, focus del 27 dicembre 2020; Riccardo Della Santina, “Crisi d’impresa e insolvenza prospettica dell’imprenditore: questioni ancora aperte nell’imminenza dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 14/2019”, in Il Caso.it; Gianluca Brancadoro, “Crisi sistemiche e rilevanza giuridica nelle discipline delle crisi d’impresa”, in Crisi d’impresa e dell’Insolvenza, 19 maggio 2019, in Blog.IlCaso.it; Salvo Leuzzi, “Indicizzazione della crisi d’impresa e ruolo degli organi di controllo: note a margine del nuovo sistema”, in Crisi d’impresa e dell’Insolvenza, 28 ottobre 2019, in IlCaso.it.
[16] In relazione a tale aspetto si rinvia all’articolo 9 comma 4 del Decreto Ministeriale.
[17] Cfr. nota 2 per la definizione di investimenti di quasi-equity.
[18] Il richiamo viene fatto alle previsioni sulla cessione del ramo d’azienda previste in tema lavoristico, articoli 2112 del codice civile e 47 della legge 29 dicembre 1990 n. 428.
[19] Si riporta per pronto riferimento, quanto previsto dall’articolo 2.1.1 della Comunicazione 2014/C 19/04: “In generale, se un investimento è effettuato garantendo parità di trattamento a investitori pubblici e privati, la Commissione ritiene che esso sia conforme al test dell’operatore in un’economia di mercato e non costituisca quindi aiuto di Stato. Un investimento garantisce parità di trattamento quando viene effettuato alle stesse condizioni da investitori pubblici e privati, quando le due categorie di operatori agiscono in contemporanea e quando l’intervento dell’investitore privato ha una rilevanza economica effettiva. Si presume che l’operazione sia effettuata alle stesse condizioni se gli investitori pubblici e privati condividono gli stessi rischi e benefici e mantengono lo stesso livello di subordinazione in relazione alla medesima classe di rischio. Anche quando l’investitore pubblico si trova in una posizione migliore rispetto a quello privato, ad esempio perché riceve un rendimento in via prioritaria rispetto agli investitori privati, la misura può essere considerata in linea con le normali condizioni di mercato, fintanto che gli investitori privati non ricevono alcun vantaggio. Nel settore del finanziamento del rischio, le operazioni svolte da investitori pubblici e privati sono considerate contemporanee se gli investitori privati e pubblici coinvestono nei beneficiari finali tramite la stessa operazione di investimento. Si presume che gli investimenti di investitori pubblici e privati siano effettuati in contemporanea anche nel caso di investimenti effettuati tramite intermediari finanziari pubblico-privati. Un’ulteriore condizione è che il finanziamento fornito da investitori privati indipendenti dalle imprese in cui investono sia economicamente rilevante dal punto di vista del volume globale degli investimenti. La Commissione ritiene che, nel caso di misure per il finanziamento del rischio, una quota del 30% di investimento privato indipendente può essere considerata avente rilevanza economica. Se l’investimento soddisfa il test dell’operatore in un’economia di mercato, la Commissione ritiene che le imprese destinatarie degli investimenti non ricevano un aiuto di Stato, in quanto gli investimenti di cui sono oggetto sono considerati effettuati alle condizioni di mercato. Quando una misura consente a investitori privati di effettuare investimenti per il finanziamento del rischio in un’impresa o in una serie di imprese a condizioni più favorevoli di quelle degli investitori pubblici che investono nelle stesse imprese, tali investitori privati possono ricevere un vantaggio (investimenti non a condizioni di parità di trattamento). Questo vantaggio può assumere diverse forme, come una remunerazione preferenziale (incentivi inerenti alla partecipazione agli utili) o una ridotta esposizione alle perdite in caso di scarso rendimento dell’operazione sottostante rispetto agli investitori pubblici (protezione dai rischi).”
[20] Nella definizione di “contributo proprio” di cui al Decreto Direttoriale si chiarisce che “il contributo dello Stato o di un’impresa pubblica può essere preso in considerazione soltanto a condizione che sia privo di elementi di aiuto. Ciò avviene, in particolare, nel caso in cu il contributo pervenga da un’entità indipendente dall’autorità che concede gli aiuti (quale una banca statale o una holding pubblica) e che prende la decisione di investire sulla base dei propri interessi commerciali.”.
[21] Nel caso in cui l'impresa abbia sede o unità produttiva in aree del Paese svantaggiate dal punto di vista economico e produttivo per le quali siano previste particolari agevolazioni come le zone economiche speciali, l'incentivo è incrementato del 50 (cinquanta) per cento per lavoratore e la durata è aumentata di due anni, fermo restando tutti gli obblighi e le indicazioni descritte in precedenza.
[22] Ai sensi dell’articolo 18 del Decreto Ministeriale le agevolazioni del Capo III sono revocate, in tutto o in parte, nei seguenti casi: a) mancata attuazione del programma di ristrutturazione; b) verifica dell’assenza di uno o più requisiti di ammissibilità, ovvero di documentazione completa o irregolare, per fatti imputabili all’impresa beneficiaria e non sanabili; c) false dichiarazioni rese e sottoscritte dall’impresa beneficiaria; d) mancata osservanza delle disposizioni poste a tutela delle condizioni di lavoro; e) mancato rispetto delle norme edilizie e urbanistiche nonché di quelle inerenti alla tutela ambientale; f) sussistenza di una causa di divieto in relazione alla normativa antimafia, secondo quanto stabilito dall’articolo 94 comma 2 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 e successive modificazioni e integrazioni; g) riduzione dei livelli occupazionali, disposta durante il periodo di fruizione dell’incentivo o comunque in vigenza dell’obbligo di mantenimento degli stessi, salvo che le cause della riduzione siano determinate da giusta causa o giustificato motivo di licenziamento soggettivo o da eventi non imputabili al datore di lavoro; h) mancato rispetto degli obblighi di cui all’articolo 12, lettere f), g) e h).
[23] Sul punto e sulle possibili conseguenze nel caso di inadempimento si abbia riguardo all’articolo 12 comma 1 lett. f) del Decreto Ministeriale.
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