CrisiImpresa
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 02/12/2020 Scarica PDF
Lockdown, crisi, banche e ristrutturazioni: un primo bilancio
Luciano Panzani, Già Presidente della Corte d'Appello di RomaRelazione al CONVEGNO DI ALBA, 20-21 novembre 2020.
1. Gli effetti della pandemia sul nostro sistema economico e giuridico sono stati numerosi. Probabilmente non siamo ancora in grado di valutarli tutti. La caduta del PIL ed il crollo dei fatturati sono la conseguenza più evidente, cui il nostro legislatore, alla pari di molti altri Paesi, ha cercato di porre rimedio, se si guarda all’oggi, più con misure di conservazione della nostra struttura economica che con provvedimenti di lungo respiro.
Consideriamo il fenomeno dal punto di vista della crisi d’impresa e delle misure che sono state adottate per farvi fronte. L’Executive Statement[1] del CERIL – Conference of European Restructuring and Insolvency Law, un autorevole Think Thank europeo di cui fanno parte noti fallimentaristi come Bob Wessels, Ignacio Tirado, Stephan Madaus, Paul Omar ed il nostro Giorgio Corno, il 20 marzo 2020 indicava la strada per le piccole-medie imprese, proponendone la “ibernazione” in attesa della soluzione della pandemia. Ibernazione significa conservazione della struttura dell’impresa e creazione degli strumenti che ne consentano la ripartenza non appena possibile. Una scelta non priva di conseguenze negative, anche se probabilmente obbligata, che accresce il numero delle zombie firms, sul proliferare delle quali l’OCSE aveva lanciato allarmi sin dal 2017[2].
Il nostro legislatore ha proceduto in questa direzione perché ha creato un vero e proprio diritto dell’emergenza per la crisi d’impresa[3], che si è mosso nel quadro europeo di sospensione del divieto di aiuti di Stato e di misure temporanee di sostegno, fondate principalmente su un’ampia erogazione di liquidità.
Gli interventi che sono stati adottati non sono andati esenti da criticità, anche rilevanti. Nel contempo la pandemia ha messo in luce non soltanto i limiti e le difficoltà del sistema sanitario nazionale, ma anche quelle di un presupposto fondamentale per lo sviluppo dell’economia qual è l’amministrazione della giustizia, soprattutto per quanto qui interessa, della giustizia civile.
Rispetto alle altre grandi crisi che il nostro sistema giustizia ha dovuto affrontare, il terrorismo degli anni di piombo e la criminalità organizzata con i delitti di mafia degli anni Novanta del secolo scorso, la crisi da Covid-19 ha sollevato problemi molto differenti. La magistratura ha reagito al terrorismo ed alla mafia con l’impegno, anche a rischio della vita, dei suoi uomini migliori, impegno che è stato condiviso dalle Forze dell’Ordine, da esponenti dell’Avvocatura e del giornalismo e che ha consentito di battere il terrorismo e di sconfiggere un certo tipo di mafia, anche se su questo tema la parola definitiva non è stata ancora pronunciata.
Al contrario il Covid ha colpito la struttura burocratica ed organizzativa dell’amministrazione della giustizia. Applicare le misure di distanziamento sociale nei nostri uffici giudiziari è complesso. Il problema è certamente aggravato dall’inadeguatezza di molti palazzi di giustizia. Lo smart working non risolve i problemi perché il processo telematico, che per fortuna nel settore civile esiste e funziona, è stato studiato e concepito per delle cancellerie che operano in presenza, non da remoto.
Il Ministero della Giustizia si sta attrezzando per risolvere questo problema, ma occorrerà ancora del tempo. L’istituzione degli sportelli di prossimità, che sarebbe preziosa se collegata alla possibilità di connessione on line, muove ancora i primi passi. Il ricorso a forme di udienza a distanza sconta qualche difficoltà tecnica e, a mio avviso, molte pregiudiziali ideologiche, che talvolta dimenticano che, come si sono espressi qualche mese fase i giudici americani delle Bankruptcies Courts in un webinar, l’essenziale è hear and to be heard. Questo è il cuore del processo che deve essere garantito e che il processo a distanza, purché adeguatamente organizzato può assicurare. Va in ogni caso sottolineato che questi problemi non esistono soltanto in Italia. Sono comuni a molti Paesi.
Il legislatore, consapevole di queste difficoltà, ha dettato norme temporanee che hanno sospeso per un certo periodo le udienze ed i termini. Le difficoltà non sono ancora superate, almeno a giudicare dai rilievi in più occasioni formulati dall’Avvocatura[4].
Da tempo è noto che la lentezza e l’inefficienza della giustizia civile costituisce un serio limite allo sviluppo della nostra economia, anche se gli effetti delle riforme già attuate, sono ormai misurabili[5], dimostrando che occorre proseguire su questa strada. Il fenomeno degli NPL e degli UTP n’è sensibilmente condizionato. L’incremento che questo fenomeno quasi certamente subirà per effetto della pandemia, e l’incidenza del Covid sulla piena funzionalità degli uffici giudiziari (anche se non mancano uffici virtuosi che hanno reagito alla crisi traendone risultati favorevoli[6]) rischiano di creare la tempesta perfetta.
2. Tra le decisioni assunte dal Governo e confermate dal Parlamento vi è stata, nel corso della prima ondata della pandemia, quella di rinviare di un anno l’entrata in vigore del nuovo codice della crisi e dell’insolvenza, elaborato dalla Commissione Rordorf, modificato in alcuni punti significativi dal Governo in occasione della sua emanazione e recentemente rivisto con il decreto correttivo 26 ottobre 2020, n. 147, pubblicato sulla G.U. del 5 novembre, dopo una lunga gestazione.
La scelta del legislatore italiano è stata opposta a quella del legislatore spagnolo che non ha rinviato la Ley Concursal, frutto di un’ampia revisione della legislazione previgente. In questi giorni è stata approvata la riforma della legge fallimentare adottata dall’Olanda, in attuazione della Direttiva UE 1023/2019 sui quadri di ristrutturazione[7]. Il Governo tedesco ha diffuso la bozza di un ampio progetto di revisione della normativa concorsuale, incentrato anch’esso sulla ristrutturazione delle imprese[8]. Anche la Germania guarda alla Direttiva ed alla sua attuazione. Per contro il nostro Codice della crisi, pur non presentando un impianto radicalmente contrario alle indicazioni della Direttiva, necessita, com’è ormai riconosciuto, una revisione[9].
Il rinvio del Codice è stato però il frutto prima di tutto della constatazione, universalmente condivisa, che non fosse opportuno far entrare in vigore il nuovo istituto dell’allerta, concepito per una situazione economica normale, in cui il numero di imprese in difficoltà che avrebbero dovuto essere spinte a riorganizzarsi tempestivamente, non superasse i livelli di guardia. I numeri attuali sono molto più elevati[10]. Soprattutto lo spirito della riforma sarebbe stato completamente tradito perché poco o nulla avrebbero potuto fare le imprese sul piano degli strumenti preventivi a fronte di un evento cosmico ed imprevedibile come il Covid. Detto questo, va però sottolineato che il rinvio, nelle intenzioni di alcuni, potrebbe diventare un rinvio sine die[11]. Vi potrebbe essere il rischio di una controriforma abrogativa dell’allerta e forse dell’intero codice.
Sul primo punto osservo che vi è forse l’occasione per un ripensamento dell’istituto, da rendere meno rigido e da combinare con gli strumenti di consulenza gratuita alle imprese in difficoltà previsti dalla Direttiva UE tra gli early warning tools, strumenti che allo stato non sono previsti dalla legislazione italiana[12]. Aggiungo che il rinvio ha sacrificato anche l’attuazione della rete degli OCRI e della composizione assistita, strumento che potrebbe essere oggi prezioso come luogo, esterno alle aule giudiziarie, in cui imprenditori e creditori, a loro volta spesso esponenti di altre imprese in difficoltà, potrebbero aprire la negoziazione. Non penso, sia chiaro, ad un avvio dell’allerta, ma ad una rete a disposizione degli imprenditori, da utilizzare su iniziativa dei medesimi, un luogo in cui negoziare, al riparo dell’obbligo di riservatezza previsto dal Codice[13]. La rete di strumenti e la capacità di consulenza delle Camere di commercio potrebbe essere messa utilmente a frutto se gli OCRI, probabilmente con la riduzione, nella maggior parte dei casi, dei collegi previsti dal codice ad un unico esperto e con un sistema di individuazione e nomina degli esperti più snello[14], potessero essere avviati e funzionare entro breve tempo, occupandosi tra l’altro di temi che oggi sono fondamentali, come la rinegoziazione dei contratti a seguito del Covid.
Il codice della crisi non si riduce all’allerta. Sarebbe un grave errore pensarlo. Il rinvio del codice ha avuto costi rilevanti perché ha impedito di avvalersi immediatamente di istituti che oggi sarebbero preziosi. Vi sono segnali, colti dalla stampa specializzata, che si vogliano anticipare alcuni istituti del codice, quali il sovraindebitamento, soprattutto l’esdebitazione dell’incapiente, la disciplina dei gruppi, di cui siamo tuttora carenti salvo che per l’amministrazione straordinaria, la composizione assistita che prima citavo. Nello stesso tempo da più parti si avverte la difficoltà di fare i conti con la cassetta degli attrezzi che il codice mette a disposizione. E’ osservazione comune che oggi vi è un contrasto rilevante tra la situazione formale delle imprese, che grazie alla legislazione dell’emergenza vedono sospesa la regola “ricapitalizza o liquida”, possono redigere il bilancio in continuità purché ne sussistessero le condizioni nell’esercizio precedente, non sono tenute ad effettuare gli ammortamenti, e quella effettiva, che dovrebbe essere presa in considerazione dal professionista attestatore in occasione della redazione del piano di ristrutturazione. Ed ancora l’ampiezza e l’incertezza dei futuri sviluppi della crisi rendono arduo redigere il piano ed accedere alla procedura. Per questa ragione la valutazione di fattibilità del piano andrebbe ricondotta, secondo diversi autorevoli commentatori, ad un giudizio di semplice plausibilità. Lorenzo Stanghellini ha osservato in un recente webinar[15] che mentre la giurisprudenza della Cassazione àncora la fattibilità ad una previsione in termini di certezza, la Direttiva UE richiede soltanto che il piano non sia “privo della prospettiva ragionevole di impedire l'insolvenza del debitore o di garantire la sostenibilità economica dell’impresa”[16]. Prospettiva ragionevole non è certezza. Più in generale l’approccio rigido della legislazione vigente nella valutazione della fattibilità del piano, approccio che si è trasfuso nel codice, certamente ispirato dai molti casi di abuso che vi sono stati in passato, potrebbe essere rimeditato per dar luogo a soluzioni a maglie più larghe. La stessa nozione di prevalenza dell’attività che prosegue rispetto a quanto viene liquidato dovrebbe essere rimeditata alla luce delle nuove esigenze, così come le norme che hanno introdotto requisiti di conservazione dei posti di lavoro che possono essere lontani dallo scopo primario di conservazione dell’attività produttiva nell’interesse dei creditori. Ancora in questi mesi ed ancora recentemente si è osservato che le difficoltà di redazione del piano potrebbero giustificare l’introduzione, anche in via temporanea, nel nostro ordinamento di una procedura “leggera”, che abbia finalità conservative dell’impresa anche nell’interesse dei creditori, favorendo la negoziazione in un quadro “protetto” e che eviti il ricorso a procedimenti che, come il concordato preventivo o gli accordi di ristrutturazione, sono spesso troppo invasivi e, soprattutto, richiedono troppe certezze nelle previsioni, certezze che come abbiamo visto, sono difficili da offrire. Il c.d. piano attestato rafforzato introdotto da ultimo, con l’uscita anticipata dal concordato con riserva in favore di un piano attestato, ha avuto sino ad oggi poca fortuna e non pare uno strumento adeguato. E’ infatti improbabile che un imprenditore abbandoni lo “ombrello” contro le azioni esecutive dei creditori offertogli dal concordato con riserva per avventurarsi sulla strada di un piano attestato, sia pur in base ad un accordo già raggiunto, dove sarebbe privo di ogni protezione. E nello stesso tempo la fase giudiziale della procedura, quella che si svolge nelle forme del concordato, sotto il controllo del commissario giudiziale, presenterebbe tutti i vincoli formali e gli appesantimenti della procedura giudiziale.
Manca nel nostro ordinamento una procedura c.d. light touch, che offra libertà all’imprenditore e sicurezza contro gli abusi ai creditori, rimanendo per così dire nella sola anticamera dell’Ufficio del giudice[17]. Vi sono state varie proposte in questa direzione, una anche da parte del sottoscritto insieme a Giorgio Corno[18].
Occorre, a nostro avviso, una procedura dove il controllo contro gli abusi, a tutela dei creditori, sussista, ma sia limitato nei contenuti, e dove il divieto di azioni esecutive sia graduato, dove il giudice possa intervenire, ma soltanto in quanto richiesto dai creditori a fronte di situazioni concrete di pericolo. Occorre anche considerare che la sospensione delle azioni esecutive, che nel nostro ordinamento ha sempre carattere generale e pressoché assoluto, soffrendo pochissime limitazioni[19], rappresenta un vantaggio per il debitore, ma incide sui fornitori e sull’efficienza delle imprese a valle nell’ambito della filiera, perché vieta anche l’adempimento spontaneo.
3. Più che gli interventi di ingegneria societaria o il diritto della crisi dell’emergenza contano i concreti sostegni all’attività di impresa. Gli interventi del Governo a partire dal dl Liquidità hanno riguardato l’erogazione di liquidità alle imprese in forme semplificate ed accelerate. Gli strumenti adottati sono stati da un lato una sorta di helicopter money, attuata da ultimo con i due decreti Ristori; dall’altro l’erogazione di credito bancario assistito dalla garanzia dello Stato, per il tramite del Fondo Centrale di Garanzia e di Sace. Accanto a questi interventi vi è stata la previsione di finanziamenti per importi ingenti alle imprese di grandi dimensioni, soggetti ad una valutazione del MEF, con profili anche discrezionali. A ciò si aggiunge il Patrimonio Rilancio gestito da CDP, di importo ingente, che è destinato ad operare nei mesi a venire[20].
Le critiche agli interventi sono state molteplici, anche se da ultimo sembra che le proteste si siano assopite, sostituite dalle doglianze relative al funzionamento dei c.d. Ristori. Restando al credito bancario vi è certamente stato un difetto di informazione, un certo ritardo, probabilmente fisiologico, tra il momento in cui le misure sono state previste dal d.l. Liquidità ed il momento in cui si è incominciato ad erogarle, una probabile ambiguità in ordine ai vincoli che il sistema bancario incontrava nell’erogazione con riguardo al merito creditizio, un’evidente macchinosità dei numerosi passaggi richiesti per accedere al credito. Dai dati che sono stati diffusi, risulta evidente l’entità dello sforzo complessivo del sistema bancario che ha inciso in misura rilevante sul deficit di liquidità delle imprese. A fronte di questo sforzo imponente, le criticità non sono mancate e non vanno taciute.
Dubbi solleva la scelta per quanto concerne Fondo Centrale di Garanzia e Sace di ricorrere alla normativa esistente, molto complessa, adattata soltanto in parte, che ha sicuramente reso più complicato e meno comprensibile dal punto di vista tecnico nelle sue modalità l’accesso al credito. Anche il tema del privilegio del garante pubblico sui finanziamenti erogati nei confronti dell’utilizzatore finale del credito, con evidente pregiudizio per gli altri creditori del sovvenuto, e del rientro consentito alla banca finanziatrice per quote significativamente rilevanti su precedenti finanziamenti, di cui non tutti gli istituti bancari si sono avvalsi, va approfondito[21]. Sembra che nelle technicalities si sia perso di vista lo scopo principale che era di dar ossigeno alle imprese, non di tutelare le banche finanziatrici o il soggetto garante.
L’interrogativo principale riguarda l’efficienza e la velocità operativa del nostro sistema bancario. Da tempo nei convegni andiamo rilevando che i tempi di negoziazione delle crisi d’impresa in Italia sono più lunghi che negli altri Paesi maggiormente industrializzati. N’è un’eco la difficoltà di rispettare il termine massimo di un anno di durata della sospensione delle azioni esecutive in pendenza di procedura conservativa previsto dall’art. 8 del codice della crisi, in attuazione della Direttiva 1023/2019. Tale termine non impressiona gli altri Stati membri della UE, mentre sembra poco compatibile con i tempi usuali delle trattative in Italia[22]. Questi tempi sembrano influenzati dalla lentezza dei processi decisionali delle nostre banche, oltre che dalla mancanza di un circuito di finanziamento non bancario.
Va ricordato che le banche italiane, almeno le più grandi, hanno fatto molto sia in termini di capitalizzazione sia di riduzione dello stock degli NPL[23]. La crisi pandemica ha però creato nuovi NPL che sembrano incidere in misura proporzionalmente più rilevante sulle banche minori, diverse delle quali presentano un ROE negativo.
Il finanziamento dell’impresa in crisi, che in molti casi è conseguenza della pandemia, ma che sovente vede la pandemia come una concausa per la preesistenza di altri fattori di difficoltà, rappresenta la chiave di volta per il recupero e la ripartenza dopo il Covid. I dati del terzo trimestre 2020, ampiamente commentati dalla stampa[24], dimostrano una grande capacità di reazione delle imprese italiane non appena sono state rimosse, purtroppo soltanto temporaneamente, le misure di distanziamento sociale. La battaglia per la ripartenza richiede una molteplicità di strumenti. Un adeguato strumentario di misure per le imprese in difficoltà, un sistema bancario e finanziario efficiente, una giustizia civile adeguata sono certamente una parte della soluzione.
[1] Cfr. CERIL - News.
[2] OCSE, The Walking Dead? Zombie Firms and Productivity Performance in OECD Countries OECD Economics Department Working Papers no. 1372, in OECD.org Sul tema esiste ormai un’amplissima letteratura che guarda soprattutto agli effetti della pandemia. Un buon esempio delle attuali preoccupazioni è l’articolo di J. Rennison, Pandemic debt binge creates new generation of ‘zombie’ companies, in Financial Times, 14 settembre 2020.
[3] Per un’analisi complessiva della disciplina si veda la Relazione tematica 8 luglio 2020, n. 56 dell’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione in Relazione tematica n. 56 del 2020 (465 Kb) (cortedicassazione.it).
[4] Si veda il Comunicato n. 31 del 4 maggio 2020 dell’Ordine degli Avvocati di Roma, Otto chili di linee guida: il peso della giustizia a Roma, in Leggi tutto qui (ordineavvocatiroma.it) Fortunatamente la vicenda segnalata dall’Avvocatura romana non pare essere la regola ed è comunque in via di superamento.
Per un’analisi accurata degli effetti della sospensione dei termini e della previsione di udienze da remoto nel processo esecutivo si veda ora R.Rossi, La legislazione emergenziale sui procedimenti esecutivi, in Giur.It., 2020, 2342, che sottolinea come il rispetto del contraddittorio nei confronti dell’esecutato non costituito in giudizio abbia effetti meno dirompenti perché, come più volte ritenuto dalla giurisprudenza, essendo ormai questione dell’attuazione di un diritto già affermato, il rapporto tra il giudice e le parti verte sull’esercizio dell’attività ordinatoria della procedura al giudice attribuita dalla legge.
[5] Si veda il recente studio di E. Ciapanna, S. Mocetti, A. Notarpietro, The effects of structural reforms: Evidence from Italy, in Banca D’Italia – Temi di discussione, Novembre 2020. Lo studio valuta e misura l’aumento della capacità produttiva delle imprese per effetto dei miglioramenti nell’efficienza della giustizia civile. Le liberalizzazioni dei servizi introdotte con il dl “Salva Italia” del 2011, le riforme della giustizia civile varate a partire dallo stesso anno e il pacchetto “Industria 4.0” lanciato nel 2016, avrebbero determinato un aumento del livello del Pil tra i 3 e i 6 punti percentuali rispetto a quello che si sarebbe realizzato senza interventi governativi. Da questo studio emerge che le affermazioni spesso ripetute a far tempo dal 2017 che il miglioramento dell’efficienza della giustizia civile avrebbe potuto significare un punto di PIL non erano prive di fondamento.
[6] Mi riferisco qui ai dati esposti da Alida Paluchowski, presidente della sezione fallimenti del Tribunale di Milano, e da Maria Rosaria Covelli, presidente del Tribunale di Viterbo, al Convegno Lockdown, Crisi, Banche e Ristrutturazioni: un Primo Bilancio, organizzato dall’Associazione Albese Studi di diritto commerciale, tenutosi il 20-21 Novembre. Le relazioni sono disponibili in streaming al sito: associazionealbesestudidirittocommerciale.it
Sul processo telematico nelle procedure concorsuali si veda anche L. De Simone, La gestione del processo telematico nelle procedure concorsuali, in Fallimento, 2020, 11, 1476.
[7] Sull’argomento rinvio alla rassegna che della nuova legge olandese è stata fatta nel Bollettino n. 2 pubblicato dall’Osservatorio internazionale crisi d’impresa del Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili, n. 2, in Osservatorio internazionale crisi d'impresa - CNDCEC (commercialisti.it). Per un commento più completo si veda R.J. van Galen, Het Wetsontwerp Homologatie Onderhands Akkoord (The Act on the Confirmation of Out-Of-Court Restructuring Plans, Ondernemingsrecht 2020/39.
[8] Anche in questo caso si rinvia alla rassegna contenuta nel Bollettino n. 2 dell’Osservatorio Nazionale crisi d’impresa del CNDCEC ed in particolare a K.H. Lauser, Disegno di Legge sulla ristrutturazione extragiudiziale – una rivoluzione del diritto dell’insolvenza di imprese?, ivi, p. 44.
[9] L.Panzani, Il preventive restructuring framework nella Direttiva 2019/1023 del 20 giugno 2019 ed il codice della crisi. Assonanze e dissonanze, in Dirittobancario.it, 14 ottobre 2019.
[10] Rinvio qui alla Relazione tenuta al già citato Convegno dell’Associazione Albese Studi di diritto commerciale del 20-21 novembre 2020, da S.Giacomelli, accessibile in streaming sul sito dell’Associazione e alle slides, ugualmente disponibili sul sito.
[11] M.Arato – L. Panzani, Il codice della crisi: un rinvio o un addio?, in Ilcaso.it
[12] Si veda l’art. 3, comma 2, lett. b) della Direttiva e il 22° Considerando.
[13] Va ricordato in particolare l’obbligo di riservatezza a carico dei creditori previsto dall’art. 4, comma 2, del codice della crisi. Sarebbe utile l’entrata in vigore dell’obbligo di buona fede e correttezza a carico di debitore e creditori previsto dall’art. 3.
[14] Se la rete degli OCRI viene sganciata dall’allerta, viene meno la necessità che la nomina degli esperti sia effettuata dall’Autorità giudiziaria, purché sia assicurata terzietà ed indipendenza.
[15] S.S.M., Il codice della crisi d’impresa e le misure d’allerta, Corso 4-6 novembre 2020, relazione di Lorenzo Stanghellini. Va peraltro sottolineato che non tutta la giurisprudenza della Suprema Corte si muove nei termini ora indicati, anche se è indubbio che la previsione dell’art. 47 CCII nel testo ora modificato dal decreto correttivo, va in questa direzione. Con maggior cautela Cass. 15 giugno 2020, n. 11522, come già precedente giurisprudenza, si esprime in termini di plausibilità della previsione.
[16] Si veda l’art. 10, comma 3.
[17] Cito, ad esempio, a proposta di D. Galletti, Il diritto della crisi sospeso e la legislazione concorsuale in tempo di guerra, in www.fallimentarista.it del 14 aprile 2020.
[18] G. Corno – L. Panzani, Proposta di legge per una moratoria straordinaria volta a gestire l’emergenza, tramite l’istituzione della procedura di “amministrazione vigilata.” in ilcaso.it/articoli/cri.php?id_cont=1228.php
[19] Non è così nel sistema previsto dalla Direttiva 1023/2019. Si veda l’art. 6, comma 3, ed il 34° Considerando: “Una sospensione delle azioni esecutive individuali può essere generale, riguardando tutti i creditori, o può interessare solo alcuni singoli creditori o categorie di creditori. Gli Stati membri dovrebbero poter escludere determinati crediti o categorie di crediti dall'ambito di applicazione della sospensione in circostanze ben definite, come i crediti che sono garantiti da attività la cui eliminazione non pregiudicherebbe la ristrutturazione dell'impresa, o come quando i crediti vantati da creditori nei cui confronti una sospensione causerebbe un ingiusto pregiudizio nella forma, ad esempio, di perdite non compensate o di un deprezzamento della garanzia reale”.
[20] Complessivamente sino all’estate il Governo aveva varato interventi per circa 100 miliardi, di cui 44 miliardi per le imprese. Altri 8 miliardi sono stati previsti con i recenti decreti Ristoro. Il patrimonio Rilancio si aggiunge a questi valori. Dai dati, tratti dalle informazioni comunicate da Banca d’Italia, esposti da Silvia Giacomelli nella sua già citata relazione al Convegno dell’Associazione Albese Studi di diritto commerciale, risulta che la moratoria sui prestiti alle PMI ha visto 1,3 milioni di domande di adesione accolte al 98% al 30 ottobre su un valore complessivo delle esposizioni per cui era stato chiesto l’intervento di 156 miliardi. Il Fondo di garanzia per le PMI ha visto 1,4 milioni di domande con un ammontare di prestiti erogati stimato in circa 80 miliardi, pari a 2/3 dei prestiti a PMI e MidCap. Infine la garanzia Sace per le imprese di maggiori dimensioni ha visto 902 richieste per circa 18 miliardi, di cui 16,1 erogati.
[21] Sul tema si veda la relazione di M. Arato, Garanzia Sace e Fondo Centrale di Garanzia Coerenze ed incoerenze, al già citato convegno dell’Associazione Albese Studi di diritto commerciale, 20-21 novembre 2020. Si vedano inoltre le recenti pronunce della Suprema Corte: Cass. 13 maggio 2020, n. 8882; Cass. 9 marzo 2020, n. 6508, ed i commenti di L. D’Orazio, Il privilegio SACE ex d.lgs. n. 123 del 1998 tra revoca provvedimentale e risoluzione di diritto nella fase esecutiva del rapporto, e di M.Fabiani, Privilegio dei crediti con garanzia dello Stato: una postilla, in Fallimento, 2020, 11, 1378 e ss.
[22] N’è prova il fatto che il termine di dodici mesi, previsto sin dal testo originariamente diffuso di proposta di Direttiva, è rimasto immutato nelle successive stesure, nonostante gli interventi italiani diretti ad ottenere una regolamentazione più articolata.
[23] Rinvio qui alla Relazione di Marcello Messori al Convegno dell’Associazione Albese Studi di diritto commerciale del 20-21 novembre 2020, già citato. Si veda la relazione in streaming e le slides che mostrano dati significativi sulla riduzione dello stock degli NPL. Ma mostrano anche che il quarto gruppo in ordine di grandezza delle banche, quello appunto delle banche minori, presenta un ROE negativo.
[24] Rinvio qui anche alla relazione di Stefano Barrese, Il sostegno finanziario alle imprese nell’emergenza Covid. Primi bilanci e prospettive, al già citato Convegno dell’Associazione Albese Studi di diritto commerciale, del 20-21 novembre 2020, disponibile in streaming sul sito dell’Associazione.
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