Bancario
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 12/05/2020 Scarica PDF
Pandemia e credito garantito dallo Stato (recensione ad A.A. DOLMETTA «Prospettive e problemi del credito pandemico coperto da garanzia statale»)
Alberto Mager, Dottorando presso l’Università Commerciale L. Bocconi1. Il saggio di Aldo Angelo Dolmetta [1], che si intende in questa sede illustrare, commenta le misure adottate dal Governo nel decreto liquidità (D.L. 8 aprile 2020, n. 23, attualmente in sede di conversione) dirette far fronte al crescente bisogno di credito diffusosi tra gli operatori italiani come conseguenza della pandemia in essere e della crisi economica dalla stessa provocata.
Per approcciare il tema, può dirsi che tali misure sono strutturate dalla normativa emergenziale secondo le schema di base che prevede il diretto coinvolgimento delle banche, quali prestatori di denaro, e la partecipazione dello Stato (per il tramite di Sace S.p.A. e del Fondo di Garanzia per le PMI) a mezzo di garanzia personale. E si articolano nelle tre operazioni, distinte per la dimensione del credito di riferimento, di fascia «alta» - garantito da Sace S.p.A. (art. 1) -, di fascia «mediana» (art. 13, comma 1, lett. da a) a h)) e «bassa» (art. 13, lett. h, sino a 25 mila Euro), assistite dal Fondo di Garanzie per le PMI.
2. Nella prima parte (paragrafi da n. 1 a n. 5), prendendo tratto dalla critica alla posizione espressa dal capo del dipartimento Vigilanza della Banca d’Italia nel corso dell’audizione parlamentare dello scorso 15 aprile in tema di implementazione degli strumenti in questione, l’autore delinea i caratteri principali della normativa emergenziale. Che si connota per il trasferimento del rischio del credito connesso all’operazione - o di parte preponderante di esso - su quel debitore particolarmente affidabile che è lo Stato (contro-garante rispetto all’impegno assunto da Sace o dal Fondo), e per l’adesione su base volontaria del sistema bancario, chiamato a sostenere il costo della provvista erogata agli operatori. Creando così le condizioni per il sorgere di un (provvisorio) mercato del «credito pandemico», che deve - secondo quanto argomenta il saggio - essere informato dall’obbiettivo della tutela del lato della domanda di credito, vale a dire il tessuto socio-economico nazionale colpito dall’emergenza.
Tale finalità, ad avviso dell’autore, va perseguita con una disciplina che assicuri la sostenibilità del credito erogato, anzitutto per il tramite di un contenimento del prezzo dello stesso. Da questa visuale, la stabilità del sistema bancario rappresenta un obbiettivo di ordine secondario per l’interpretazione della normativa, che è peraltro indirettamente e almeno in parte tutelato dal respiro che il sorgere di questo nuovo mercato assicura all’impresa creditizia (nel contesto di una crisi invece diffusa a tutti gli altri settori).
3.1. Fermate le coordinate di base dell’intervento normativo, nella seconda parte dello scritto (da n. 6 a n. 12) si esaminano i principali profili negoziali delle operazioni di credito garantito regolate dallo stesso, evidenziando la marcata eterogeneità tra le (tre) operazioni pensate dal Governo e concentrandosi sul credito di fascia alta garantito Sace S.p.A. di cui all’art. 1 (che ha come modello di riferimento la disciplina di cui al d.lgs. 123 del 1998).
Dall’analisi emergono una serie di nodi problematici, che l’autore scioglie - a beneficio del legislatore in sede di conversione, ma anche degli operatori chiamati a stilare i nuovi testi contrattuali - così da assicurare la coerenza tra la funzione della normativa (la tutela delle imprese colpite dall’emergenza che necessitano per sopravvivere di credito) e la sua struttura, a larghi tratti confusa, e che rischia di pregiudicare l’efficienza del mercato ipotizzato.
3.2. In primo luogo (nn. 7 e 8), ci si sofferma sui contorni della garanzia Sace, che viene inscritta nella categoria del credito di firma. Per assicurare la qualificazione in termini di contratto autonomo (Garantievertrag) dell’impegno assunto da Sace e l’assoggettamento alla relativa disciplina (aspetto reputato essenziale per il concreto funzionamento del meccanismo pensato dal legislatore) bene sarebbe precisare che tale garanzia è prestata con la clausola «senza eccezioni» (che accompagni l’altra, già presente nel testo del Decreto, «a prima richiesta»).
Inoltre, distinguendo rispetto allo scenario con cui si confronta il d.lgs. 123/1998, l’autore condivide la connotazione della garanzia Sace di cui alla normativa emergenziale in termini di «irrevocabilità», che opportunamente mette al riparo la banca dal rischio del credito, chiarendo tuttavia che ciò si giustifica solo nella misura in cui a quest’ultima non sia imputabile alcuna violazione nella verifica in concreto dei requisiti di accesso alle misure di sostegno in questione (diversamente risultando l’ente erogatore responsabile in via risarcitoria nei confronti del garante).
Condivisibile si manifesta anche l’impostazione della normativa laddove riferisce la garanzia a singole operazioni di credito - indipendentemente dalla forma negoziale utilizzata, che dipende dalle concrete esigenze del prenditore (dal mutuo sino all’apertura di credito) - e non invece al patrimonio del cliente (escludendone così il carattere omnibus della garanzia).
Perplessità sono invece espresse con riguardo alla fattispecie, utilizzata ampiamente dal legislatore dell’emergenza, della garanzia a «copertura limitata» - a salire dal 70% dell’importo del finanziamento - che rischia di pregiudicare l’efficienza della normativa, nella misura in cui le banche appesantiscano in vario modo (secondo quanto si segnala emergere dai primi spunti offerti dalla prassi) l’erogazione della parte non garantita, che condiziona l’erogazione della porzione garantita. Meglio sarebbe, ad avviso dell’autore, rinunciare a questa critica figura, garantendo proporzionalità e sostenibilità delle operazioni con un maggior numero di scaglioni e relativo importo massimo garantito (sempre al 100%).
Ancora muovendo dal raffronto con la disciplina di cui al d.lgs. 123/1998, si evidenzia, rispetto al disposto dell’art. 9, comma 5 di tale decreto, l’insussistenza di privilegio per il credito di rivalsa di Sace verso il debitore (opzione che appare in sé discutibile per le finalità intrinseche all’intervento dello Stato). Soluzione che concorre con la regola, espressamente ripresa dalla normativa, del pari concorso tra creditore erogante (per la parte di credito non garantita) e garante (appunto per il credito di rivalsa) sul patrimonio del debitore, a determinare una situazione di forte tensione verso la necessità di procurarsi garanzie convenzionali ulteriori, specie per la parte di credito non garantita (e ciò a maggior ragione suggerisce di rinunciare alla fattispecie della «copertura limitata»).
3.3. Aspetto assai importante affrontato dal saggio (nel n. 9) è quello del prezzo del «credito pandemico», che è disciplinato dal legislatore in modo diverso per ciascuna delle tre fasce: etero-regolato minuziosamente per quella bassa, genericamente per quella alta e lasciato all’autonomia privata per la fascia mediana (soluzione quest’ultima criticata dall’autore, che ne segnala l’incomprensibilità).
Quanto alla fascia bassa (art. 13, lett. m)), l’adozione di un tasso di interesse imposto e onnicomprensivo (= che copre tutte le voci che compongono il prezzo del credito per il prenditore) è soluzione in termini finalistici condivisa, che favorisce l’immediata individuazione di una struttura rimediale idonea in caso di violazione (sostituzione ex art. 1419, comma 2, c.c. e operatività della garanzia nel limite del montante di interessi rideterminato). L’oscurità della formula prevista dal legislatore per il calcolo di tale tasso dischiude tuttavia problemi informativi (= di comprensione) che dovranno essere prima di tutto risolti dall’ente creditizio in sede contrattuale, indicando il tasso effettivamente preteso dal cliente (in ossequio al disposto dell’art. 117, comma 4, TUB).
Quanto invece alla fascia alta, il criterio del «minor prezzo» (si intende: del minor prezzo del credito agevolato assistito da garanzia dello Stato rispetto al prezzo che lo stesso credito avrebbe avuto senza la garanzia) rischia all’evidenza di dissolversi in disposizione «di facciata», inidonea a orientare il mercato in questione verso l’obbiettivo di tutela della domanda di credito. Si rende dunque necessaria un’interpretazione finalistica di tale criterio, funzionale a indirizzare verso un significativo contenimento del prezzo delle operazioni in questione. A questo riguardo, l’autore suggerisce di assumere come parametro «orientativo» quello del recupero dei costi sostenuti dall’impresa bancaria, e ammettere compensi, a fronte di attività che vengono svolte dal creditore erogante (principalmente istruttoria e monitoraggio), nei limiti di una stretta proporzionalità tra la voce di compenso e l’attività effettivamente svolta. Nel contesto di tale processo di determinazione del prezzo, senz’altro si dovrà scomputare pro quota il rischio di credito (per la parte garantita dallo Stato) e importanza centrale assumerà, tra i vari costi, quello della provvista.
In ogni caso, secondo quanto argomenta il saggio, preferibile sarebbe anche per la fascia alta l’adozione di tassi imposti o di meccanismi analoghi. In mancanza, l’autore evidenzia che, ferma la necessaria valorizzazione del criterio del «minor prezzo», struttura rimediale idonea ad assicurare il contenimento dello stesso sarebbe la disciplina (con portata essenzialmente deterrente rispetto ad eventuali abusi) sull’usura in concreto di cui all’art. 644, comma 3, c.p.c.
3.4. Altri aspetti affrontati nella seconda parte del saggio (nn. 10 e 11) riguardano la previsione di un periodo di preammortamento per le operazioni in questione e l’eventualità della rinegoziazione dell’esposizione pregressa in sede di erogazione del credito agevolato.
Sul primo profilo, si ritiene errata l’impostazione della normativa, che pare (anche nei primi spunti offerti dalla prassi) incentivare un largo utilizzo del meccanismo del preammortamento. Meccanismo che favorisce strutturalmente - specie dalla visuale del negozio di credito nel suo complesso - l’impresa erogatrice, e appare dunque incoerente rispetto al principio di tutela del prenditore che deve informare la disciplina emergenziale. Meglio sarebbe prevedere rate molto basse per il periodo iniziale di ammortamento (che, perdurante la pandemia, pare ad oggi il più grave), oppure spostare in là l’inizio di ogni obbligo di pagamento.
Quanto all’aspetto della rinegoziazione, l’autore ritiene condivisibile - nonché per certi versi inevitabile - l’assunto alla base della normativa, che consente, in sede di erogazione del credito agevolato, di coinvolgere l’esposizione pregressa. Ciò tuttavia non certo al fine di consolidare la posizione dell’impresa bancaria, ma per (tentare di) porre rimedio la complessiva situazione di difficoltà patrimoniale del prenditore, come determinata anche dall’esposizione accumulata pre-emergenza. A tale fine risulta necessario sia l’erogazione di effettivo “nuovo” credito - a salire dal limite minimo del 10% previsto dalla normativa - sia la rinegoziazione dell’esposizione pregressa (prima di tutto, con l’estensione del prezzo contenuto anche al debito pregresso). Entrambe condizioni necessarie perché la banca erogatrice benefici della garanzia dello Stato sul credito erogato.
3.5. In chiusura (n. 12), ci si sofferma sul peculiare rapporto tra creditore bancario e garante statale creato dalla normativa in questione (rapporto su cui si innesta quel «meccanismo di condivisione» alla base di questo nuovo mercato del credito).
L’esame viene condotto dall’angolo visuale della procedura deliberativa dell’operazione di credito agevolato (disciplinata essenzialmente solo per la fascia alta). Procedura che vede la banca impegnata, sotto la propria responsabilità professionale e nell’interesse proprio e del garante (in ultima analisi, dunque, anche nell’interesse pubblico), a svolgere la verifica dei presupposti per l’accesso del prenditore al credito agevolato - aspetto rispetto al quale l’autore evidenzia la vaghezza della normativa, che va necessariamente corretta - nonché la valutazione del merito del credito e il monitoraggio nella fase di svolgimento del rapporto.
In questa prospettiva, è da escludere che i riscontri di Sace (ed in certi casi del Ministero) alla valutazione positiva della banca possano esonerare quest’ultima da responsabilità rispetto ad erronee valutazioni che le competono (al più potendosi configurare in casi estremi un concorso di responsabilità di Sace ex art. 1227, comma 1, c.c.).
[1] Reperibile sul sito dirittobancario.it dal 12 maggio 2020 e pubblicato in Rivista di Diritto Bancario, 2020, I, 2, 253-291
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