CrisiImpresa
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 09/05/2020 Scarica PDF
L'applicazione della presunzione di continuità nella redazione dei bilanci IAS/IFRS: è davvero ammissibile (opportuna)?
Maria Di Sarli, Ricercatore presso l'Università di TorinoSommario: 1. Note introduttive - 2. Regole di interazione tra norme codicistiche e IAS-Regulation. - 3. I criteri di accertamento dello stato di continuità fissati dagli IAS/IFRS. – 4. I presupposti per l’abbandono dei criteri di funzionamento secondo i principi contabili. - 5. Considerazioni conclusive.
1. Note introduttive
All’indomani della pubblicazione del D.L. 23/2020 (c.d. Decreto liquidità), nel formulare alcune prime riflessioni sulla portata dell’art. 7 che accorda alle società di redigere i bilanci 2019 e 2020 in una prospettiva di continuità purché tale stato sussistesse nell’esercizio precedente, ho affermato che si tratta di una previsione riservata alle società che redigono il bilancio sulla base delle norme civilistiche e che per “un simile provvedimento a favore dei soggetti Ias adopter occorrerà attendere un intervento analogo da parte dello standard setter internazionale e della Commissione Europea»[1].
In quel momento non mi era parso necessario diffondermi in motivazioni a sostegno di questa affermazione[2] per diversi ordini di motivi. Anzitutto perché non la ritenevo frutto di una interpretazione, ma di una mera constatazione date le regole in materia di gerarchia delle fonti secondo le quali, come è noto, una legge dello stato non può derogare alla disciplina comunitaria, nella specie il Regolamento CE n. 1606/2002. Inoltre, nel frattempo l’ESMA[3], l’EBA[4], la CEAOB[5] avevano già diffuso chiarimenti circa le modalità di applicazione di alcuni principi contabili internazionali, in particolare dell’IFRS 9 in ordine ai criteri di determinazione delle perdite attese, affermando di essersi a tal fine reciprocamente coordinate e di aver consultato preventivamente la Commissione europea, nell’ottica di promuovere una applicazione uniforme degli IAS/IFRS nell’ambito dell’Unione allo scopo di prevenire divergenze applicative. Queste dinamiche di condivisione e di consultazione rispondenti alla necessità di una applicazione armonizzata dei principi contabili internazionali all’interno dell’Unione avevano confortato la mia idea che il legislatore italiano non potesse autonomamente intervenire sulla disciplina IAS/IFRS e tale convincimento trovava ulteriore conferma nella lettera dell’art. 7, D.L. 23/2020 che nell’indicare la norma oggetto di disciplina fa esclusivo riferimento all’art. 2423-bis, comma 1, n. 1, c.c. e non anche allo IAS 1, parr. 25 e 26. Infine, a mio avviso in tal senso deponeva nettamente anche la storia (ancora) recente dell’ultima crisi finanziaria che, come si ricorderà, aveva portato a mettere in discussione l’adeguatezza del criterio del fair value ai fini della valutazione degli strumenti finanziari e che era stata affrontata, sul piano contabile, con un intervento dello IASB che aveva modificato lo IAS 39, rapidamente omologato dalla Commissione europea mediante il Regolamento 1004/2008/CE del 15 ottobre 2008[6]. Il problema dell’impatto della crisi anche quella volta era stato fronteggiato anche dal legislatore italiano, che però in quella occasione aveva destinato espressamente i propri provvedimenti alle sole società che redigevano il bilancio in conformità alle regole civilistiche[7].
Tutti questi dati non sono parsi decisivi per altra dottrina, la quale ha attentamente osservato come escludere dall’ambito di applicazione dell’art. 7, D.L. 23/2020 i soggetti Ias adopter darebbe luogo ad una irrazionale disparità di trattamento e giunge a ritenere - attraverso la valorizzazione di alcuni indici interpretativi e una verifica di compatibilità con la normativa europea - che la presunzione dello stato di continuità sia applicabile anche nella redazione dei bilanci redatti in conformità agli IAS/IFRS[8].
Tale conclusione merita di essere presa in considerazione perché in effetti il fenomeno pandemico pone esigenze comuni a tutto il mondo delle imprese[9], resta tuttavia il dubbio se essa sia giuridicamente ammissibile e in una prospettiva più ampia anche opportuna.
Sotto il primo profilo, va verificato il grado di applicabilità residuale delle norme contabili interne rispetto gli IAS/IFRS, mentre sotto il secondo occorre valutare se l’applicazione delle norme emergenziali emanate dal nostro legislatore possa minare l’affidabilità dell’informazione contabile delle nostre società Ias complaint, con il rischio di pregiudicarne la credibilità e con essa la capacità di finanziamento sui mercati.
2. Regole di interazione tra norme codicistiche e IAS-Regulation
Il problema degli spazi di applicazione residuale delle norme del codice civile rispetto agli IAS/IFRS si è posto simultaneamente all’entrata in vigore della c.d. Ias Regulation, momento a partire dal quale nel nostro ordinamento, come è noto, hanno iniziato a convivere due distinte discipline contabili, quella codicistica e quella composta dai principi contabili internazionali omologati dalla Commissione europea e adottati con lo strumento del regolamento comunitario. Gli IAS/IFRS dunque costituiscono parte integrante della disciplina interna e, per i soggetti che li applicano in via obbligatoria oppure volontaria, si sostituiscono alle norme codicistiche. La sostituzione però riguarda solamente le aree di sovrapposizione e precisamente le clausole generali, i principi generali, i criteri di valutazione e la struttura del bilancio. Continuano a trovare applicazione anche nei confronti dei soggetti IAS adopter invece le norme del codice civile, che disciplinano profili non regolati dagli IAS/IFRS e segnatamente la relazione sulla gestione (e altri allegati imposti dalla disciplina interna), la pubblicità e la revisione dei conti annuali. Nell’ambito di questo quadro la stessa Commissione Europea[10] ha offerto dei chiarimenti in ordine alla possibilità di applicare in via residuale talune norme nazionali, stabilendo che in nessun modo una società che applica gli IAS/IFRS omologati debba tenere conto di eventuali obblighi contrari, contradditori o restrittivi previsti dal diritto nazionale. Tanto considerato, in dottrina si è affermato che in caso di sovrapposizione tra legislazione interna e principi contabili internazionali «certamente prevalgono questi ultimi in quanto nessuna norma nazionale può limitare od ostacolare l’applicazione dei principi IAS/IFRS […]; una volta prescelti i principi contabili internazionali per la redazione dei conti individuali e consolidati la società non deve, infatti, tenere conto delle eventuali previsioni contrarie contenute nella legislazione interna»[11]. In effetti, lo IAS 1, par. 16 stabilisce che “un'entità non deve descrivere il bilancio come conforme agli IFRS a meno che non sia conforme a tutte le disposizioni degli IFRS”.
La correttezza dell’ipotesi che l’art. 7, D.L. 23/2020 sia applicabile ai fini della redazione dei bilanci IAS/IFRS va dunque verificata alla luce di queste regole.
3. I criteri di accertamento dello stato di continuità fissati dagli IAS/IFRS
L’art. 7, D.L. 23/2020 intitolato “disposizioni temporanee sui principi di redazione del bilancio”, si compone di due commi. Il primo prevede che «nella redazione del bilancio di esercizio in corso al 31 dicembre 2020, la valutazione delle voci nella prospettiva della continuazione dell’attività, di cui all’art. 2423-bis, comma primo, n. 1) del codice civile può comunque essere operata se risulta sussistente nell’ultimo bilancio di esercizio chiuso in data anteriore al 23 febbraio 2020»; mentre il secondo stabilisce che le previsioni di cui al comma 1 si applicano anche ai bilanci chiusi entro il 23 febbraio 2020.
Le due disposizioni introducono una deroga alla normale procedura di accertamento dello stato di going concern perché in luogo di un’analisi prospettica ne consentono una retrospettiva[12].
Si tratta di verificare se questa metodologia operativa, accordata in questa particolare circostanza emergenziale, sia compatibile con gli IAS/IFRS. La materia è disciplinata dallo IAS 1 che in proposito, al par. 26, stabilisce che «nel determinare se il presupposto della prospettiva della continuazione dell'attività è applicabile, la direzione aziendale tiene conto di tutte le informazioni disponibili sul futuro, che è relativo ad almeno, ma non limitato a, dodici mesi dopo la data di chiusura dell'esercizio», ma poi aggiunge che «se l'entità ha un pregresso di attività redditizia e dispone di facile accesso alle risorse finanziarie, si può raggiungere la conclusione che il presupposto della continuità aziendale sia appropriato senza effettuare analisi dettagliate», avvertendo però che fuori da questi casi, «la direzione aziendale può aver bisogno di considerare una vasta gamma di fattori relativi alla redditività attuale e attesa, ai piani di rimborso dei debiti e alle potenziali fonti di finanziamento alternative, prima di ritenere che sussista il presupposto della continuità aziendale».
In base al tenore letterale dello IAS 1, dunque, l’analisi retrospettiva consentita dall’art. 7, D.L. 23/2020 pare effettivamente compatibile con gli IAS/IFRS; essa viene espressamente contemplata, seppur con esclusivo riferimento alle società redditizie e che dispongono di facile accesso alle risorse finanziarie. Fuori da questi casi, lo IAS 1 esige un ponderato scrutinio forward looking dello stato di going concern.
Benché, sul piano teorico, lo IAS 1, par. 26 e l’art. 7, D.L. 23/2020 non siano perfettamente sovrapponibili (il primo si riferisce alle società redditizie e con facile accesso alla liquidità, il secondo a società in stato di continuità nell’esercizio precedente), mi pare che in sostanza la loro applicazione conduca a selezionare pressoché le medesime società, in particolare se si tiene conto delle numerose misure a sostegno della liquidità delle imprese che via via si stanno assumendo[13]. Pertanto, mi sembra che seppur con un certo grado di approssimazione si possa affermare che nell’ambito degli IAS/IFRS (ma non invece nei principi contabili italiani[14]) esista già una semplificazione equivalente a quella accordata dall’art. 7, D.L. 23/2020.
In ogni caso, come più sopra precisato, laddove esiste una sovrapposizione, gli IAS/IFRS prevalgono sulla disciplina interna alla quale non residua spazio di applicazione. Sicché anche fuori dai casi in cui lo IAS 1, par. 26 consente di fondare l’ipotesi della sussistenza della continuità aziendale sulla capacità pregressa di produrre reddito e su quella attuale di finanziarsi, rimane ferma l’applicazione delle regole poste dallo IAS 1 e precisamente l’obbligo generale di accertare lo stato di going concern con il metodo prospettico. Lo IAS 1, infatti, non contiene una previsione simile a quella che troviamo inserita nell’IFRS 9, par. 5.5.11. in virtù della quale deve farsi ricorso a informazioni forward looking sempre che esse siano “disponibili senza eccessivi costi o sforzi”. E’ proprio sulla scorta di tale previsione che l’Esma, ai fini della determinazione del livello del rischio di credito ai sensi dell’IFRS 9, ha consentito che “if reasonable ad supportable information that is more forward-looking than information on the past due status of the concerned exposures is not available without undue cost or effort (either on an individual or a colletive basis), issuers may use past due information to determine whether there have been significant increases in credit risk since initial recognition”[15].
In ogni caso, è opportuno osservare che pur ammettendo questa semplificazione operativa, l’Esma ha ribadito l’importanza di fornire ogni rilevante informazione relativamente agli impatti potenziali del Covid-19 e ha sottolineato - sotto un profilo più generale - che questo adempimento è particolarmente importante per quelle aree del bilancio nelle quali gli IAS/IFRS richiedono una significativa attività di giudizio. In definitiva, se si ammettono semplificazioni su metodi e procedure applicative, nessuna semplificazione è accordata sul piano della informazione.
4. I presupposti per l’abbandono dei criteri di funzionamento secondo i principi contabili
Com’è noto, i criteri di redazione del bilancio contenuti nel codice civile nonché quelli stabiliti dagli IAS/IFRS si applicano nella redazione dei bilanci di funzionamento e si contrappongono ai criteri di liquidazione.
In proposito, lo IAS 1 stabilisce che “nella fase di preparazione del bilancio, la direzione aziendale deve effettuare una valutazione della capacità dell'entità di continuare a operare come un'entità in funzionamento. Un'entità deve redigere il bilancio nella prospettiva della continuazione dell'attività a meno che la direzione aziendale non intenda liquidare l'entità o interromperne l'attività, o non abbia alternative realistiche a ciò. Qualora la direzione aziendale sia a conoscenza, nel fare le proprie valutazioni, di significative incertezze relative ad eventi o condizioni che possano comportare l'insorgere di seri dubbi sulla capacità dell'entità di continuare a operare come un'entità in funzionamento, l'entità deve evidenziare tali incertezze”.
In base alla disciplina dettata dai principi contabili internazionali, dunque, l’abbandono dei criteri di funzionamento s’impone solamente allorché si intenda liquidare la società oppure quando non vi sia una alternativa realistica al suo scioglimento. La mera incertezza circa la capacità della società di proseguire come una entità in funzionamento, invece, non comporta il passaggio immediato alla redazione del bilancio in un’ottica di liquidazione, ma pone solamente l’obbligo di fornire adeguate informazioni relativamente alle circostanze e alle condizioni capaci di compromettere la continuità aziendale.
I principi contabili italiani sul punto sono ancora più netti: l’OIC 11 al par. 24 infatti stabilisce che “quando, ai sensi dell’articolo 2485 del codice civile, viene accertata dagli amministratori una delle cause di scioglimento di cui all’articolo 2484 del codice civile, il bilancio d’esercizio è redatto senza la prospettiva della continuazione dell’attività”, ma al par. 23 precisa anche che “ove la valutazione prospettica della capacità dell’azienda di continuare a costituire un complesso economico funzionante destinato alla produzione di reddito porti la direzione aziendale a concludere che, nell’arco temporale futuro di riferimento, non vi sono ragionevoli alternative alla cessazione dell’attività, ma non si siano ancora accertate ai sensi dell’art. 2485 del codice civile cause di scioglimento di cui all’art. 2484 del codice civile, la valutazione delle voci di bilancio è pur sempre fatta nella prospettiva della continuazione dell’attività”.
Secondo i principi contabili interni e internazionali quindi i meri sintomi di una perdita di continuità potenzialmente riassorbibile (come potrebbe essere quella associata all’epidemia da Covid-19) non determinano l’immediata inidoneità dei criteri di funzionamento a rappresentare fedelmente la situazione patrimoniale, reddituale e finanziaria della società. In questa prospettiva il ricorso alla presunzione di continuità di cui all’art. 7, D.L. 23/2020 nella generalità dei casi appare del tutto superflua, in quanto finché la prospettiva dello scioglimento non si fa concreta i principi contabili non consentono di abbandonare i criteri di funzionamento nella redazione del bilancio. Allo stesso tempo, posto che il quadro concettuale della disciplina del bilancio è rimasto intatto, in primis la clausola generale della fair presentation, le società in definitivo stato di dissesto che abbiano deliberato (o intendano deliberare se si tratta di società IAS compliant) lo scioglimento nonostante tutte le norme messe in campo dal legislatore tese a contrastarlo, non sono legittimate a ricorrere alla presunzione di continuità. L’applicazione dell’art. 7, D.L. 23/2020 infatti non è obbligatoria, ma è rimessa alla discrezionalità tecnica del redattore del bilancio che potrà avvalersene ma con il vincolo di fornire una informazione chiara, veritiera e corretta[16].
5. Considerazioni conclusive
Sulla scorta del quadro di regole illustrato, a ben vedere, le norme emergenziali emanate dal nostro legislatore effettivamente capaci di scongiurare l’abbandono dei criteri di funzionamento nella redazione del bilancio sono quelle che hanno momentaneamente disinnescato le cause di scioglimento[17]. Si tratta di norme che agiscono sul piano del diritto societario e non di quello contabile pertanto sono indirizzate a tutte le società e vanno ad incidere direttamente sul giudizio di continuità perché consentono la prosecuzione dell’attività d’impresa in situazioni che normalmente la precluderebbero. In questo contesto, l’art. 7, D. L. 23/2020 si limita a potenziare la portata di tali norme perché introduce, come più sopra chiarito, una semplificazione nella procedura di accertamento dello stato di going concern e soprattutto nella sua modalità di illustrazione in bilancio, essendo possibile a tal fine fare mero riferimento alle risultanze del bilancio precedente. Per le società non obbligate alla redazione del bilancio sulla base degli IAS/IFRS si tratta di semplificazioni giustificate dal fatto che per esse, con riferimento al bilancio, prevale la funzione organizzativa rispetto a quella informativa. Sulla base di questa premessa, il legislatore, al dichiarato scopo di “agevolare la redazione dei bilanci”[18] ha sollevato gli amministratori delle società non aventi una rilevanza pubblica da una scivolosa e complessa valutazione prospettica della tenuta dello stato di continuità e potenzialmente anche dai costi di una consulenza esterna, nei casi in cui la società non possieda al proprio interno strutture e risorse adeguate al compimento di una così delicata attività di giudizio. Ritengo però che, in virtù di quanto inderogabilmente previsto dall’art. 2086, comma 2, c.c., per gli amministratori sia rimasto fermo l’obbligo del monitoraggio dello stato di continuità, salvo che i suoi esiti sono capaci di incidere sui criteri di formazione del bilancio solamente nel caso di perdita irreversibile dello stato di funzionamento e di una ineluttabile messa in liquidazione della società. Fuori da questi casi, i rischi della perdita di continuità, per quel che riguarda il bilancio, assumono rilievo solamente sul piano informativo. E’ su questo punto però che l’art. 7, D.L. 23/2020 mi pare sia intervenuto più incisivamente, in quanto consente agli amministratori di ovviare ad una analitica illustrazione dei dati a fondamento dell’ipotesi di going concern posta alla base del bilancio, prevedendo che “il criterio di valutazione è specificamente illustrato nella nota informativa, anche mediante il richiamo alle risultanze del bilancio precedente”[19].
Se la ricostruzione della portata dell’art. 7, D.L. 23/2020 proposta è corretta e alla luce di quanto più sopra esposto pare potersi concludere che per le società Ias adopter: a) una forma di accertamento retrospettivo dello stato di continuità è già contemplata dallo IAS 1, le cui unitarie previsioni sono destinate a prevalere sulla disciplina nazionale in virtù delle regole in materia di gerarchia delle fonti; b) le semplificazioni in ordine alla illustrazione dei criteri sui quali è stata fondata l’ipotesi dello stato di funzionamento non sono compatibili con il livello di trasparenza richiesto alle società quotate o vigilate.
A conforto di queste conclusioni, va segnalato come la Consob rifacendosi ad alcuni public statements emessi dall’Esma, ha indirizzato ai componenti gli organi di amministrazione e di controllo e dei dirigenti preposti un “richiamo di attenzione” sulla necessità di osservare i principi che presiedono al processo di produzione dell’informativa finanziaria e pare utile osservare che lo ha fatto nella stessa data in cui è stato pubblicato il c.d. D.L. Liquidità, dopo che la relativa bozza circolava già da qualche giorno e di cui quindi aveva senz’altro conoscenza[20].
Nello specifico, con riferimento ai bilanci 2019, la Consob afferma che l’epidemia da Covid-19 può essere considerata come un evento sorto dopo la data di chiusura del bilancio e, in quanto tale, in conformità allo IAS 10, ritiene che i correlati effetti, data la tempistica con cui si sono manifestati, nella generalità dei casi, non sono suscettibili di comportare rettifiche agli importi rilevati in bilancio, senza alludere alla possibilità di ricorrere alla presunzione di continuità di cui all’art. 7, D.L. 23/2020 per ovviare a eventuali rettifiche nei casi in cui risultassero invece necessarie. Al contrario, la Consob con riferimento all’impatto degli eventi sorti successivamente alla chiusura dell’esercizio, ai fini della verifica dello stato di continuità aziendale raccomanda la corretta applicazione dei principi contabili e richiama espressamente il par. 26 dello IAS 1, richiedendo «agli amministratori di basare le proprie valutazioni circa la sussistenza del presupposto della continuità aziendale su tutte le informazioni disponibili sul futuro, che è relativo ad almeno dodici mesi dopo la data di chiusura dell’esercizio, acquisite fino alla data di approvazione del bilancio». Inoltre, ribadisce in più punti la necessità di offrire una esaustiva informazione in merito agli impatti del Covid-19, in particolare sui valori delle attività e delle passività e di mettere in evidenza eventuali difficoltà ad effettuare tali stime. Addirittura, la Consob richiama l’attenzione degli amministratori a fornire aggiornamenti rispetto alle informazioni contenute nel bilancio attraverso la relazione sulla gestione e persino in occasione delle delibere di approvazione del bilancio; mentre per quel che riguarda i revisori raccomanda loro di acquisire gli elementi probativi ai fini dell’espressione del proprio giudizio sulla tenuta dello stato di continuità aziendale nonché sull’adeguata disclosure degli effetti connessi agli “eventi successivi”[21].
Come ultima nota conclusiva, vorrei osservare che il ricorso alle semplificazioni ammesse dall’art. 7, D.L. 23/2020 per le società Ias adopter oltre a non essere a mio avviso giuridicamente ammissibile, non è neppure opportuno soprattutto nel caso di società multi-quotate. Non si può dimenticare quanto lungo e complesso sia stato il processo di armonizzazione contabile faticosamente condotto dalle istituzioni europee per conseguire il riconoscimento dei bilanci delle società con sede nell’Unione fuori dai mercati europei e segnatamente negli USA[22]. Peraltro, anche a seguito di tale riconoscimento, permane una sorta di “diffidenza” verso i bilanci IAS/IFRS, dal momento che tale sistema di regole è connotato da un minore grado di dettaglio rispetto agli Usa-Gaap[23], circostanza che ne favorisce applicazioni non uniformi[24]. Esito che, come è evidente, è giudicato molto negativamente e che si suggerisce di mitigare attraverso l’emanazione di guide applicative, ma soprattutto con il rafforzamento del sistema di enforcement[25]. Per soddisfare tale istanza, sono stati attribuiti all’Esma un ruolo di coordinamento per l’armonizzazione dell’informazione contabile a livello europeo, mentre sul fronte interno ciascun Paese ha individuato un enforcer nazionale: nel nostro Paese tale prerogativa è attribuita alla Consob[26]. Pertanto mi pare che ai fini della redazione del bilancio IAS/IFRS si debba fare esclusivo riferimento alle indicazioni interpretative e applicative ufficiali offerte da tali soggetti, allo scopo di garantire il necessario grado di comparabilità della informativa contabile pubblica[27], in quest’ottica mi pare che nessun rilievo possano assumere interpretazioni dottrinali non nettamente da esse suffragate. Con riferimento agli IAS/IFRS la consistency nell’applicazione dei principi contabili non è sufficiente che venga perseguita a livello meramente interno, ma deve essere estesa a livello sovranazionale: l’obiettivo dell’armonizzazione infatti è quello di garantire un unico linguaggio contabile per un efficiente funzionamento dei mercati.
In questa prospettiva, per le società italiane Ias compliant il ricorso alle semplificazioni accordate dal legislatore per la verifica e la illustrazione dello stato di funzionamento ai fini della redazione del bilancio potrebbe rivelarsi un boomerang: la loro applicazione rischia di essere interpretata come un indice di minore completezza e affidabilità dell’informativa, circostanza che potrebbe pregiudicare il successo di iniziative di raccolta del capitale che peraltro vengono suggerite come una delle possibili “cure” alla “malattia” rispetto alla presunzione di continuità che si ritiene agisca più limitatamente solo sui “sintomi”[28].
* Ricercatore di Diritto Commerciale - Università degli Studi di Torino
[1] M. Di Sarli, Redazione del bilancio e dintorni ai tempi del Coronavirus: prime riflessioni, in www.ilcaso.it, 11 aprile 2020 e in Il diritto dell’emergenza: profili societari, concorsuali, bancari e contrattuali, a cura di M. Irrera, in I quaderni di RES, 2020, p. 46 ss., disponibile su www.centrores.org.
[2] Il rilievo è di M. Ventoruzzo, Continuità aziendale, perdite sul capitale e finanziamenti soci nella legislazione emergenziale da Covid-19, 2020, in corso di pubblicazione su Le società.
[3] Esma, Accounting implications of the COVID-19 outbreak on the calculation of expected credit losses in accordance with IFRS 9, del 25 marzo 2020 (https://www.esma.europa.eu/sites/default/files/library/esma32-63-951_statement_on_ifrs_9_implications_of_covid-19_related_support_measures.pdf).
[4] EBA, Statement on the application of the prudential framework regarding Default, Forbearance and IFRS9 in light of COVID19 measures, 25 marzo 2020 disponibile sul sito https://eba.europa.eu/.
[5] CEAOB 2020-008 del 24 marzo 2020 (https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/business_economy_euro/banking_and_finance/documents/200325-ceaobstatement-covid-19_en.pdf).
[6] Sul tema si rinvia alla curata e documentata ricostruzione di L. A. Bianchi, Riflessioni su fair value e dintorni, in L. A. Bianchi, Bilanci, operazioni straordinarie e governo dell’impresa, Milano, 2013, p. 188 ss.
[7] V. art. 15, comma 13, del d.l. 29 novembre 2008, n. 185, conv. in legge 28 gennaio, 2009, n. 2 ove si stabiliva che “considerata l’eccezionale situazione di turbolenza nei mercati finanziari, i soggetti che non adottano i principi contabili internazionali, nell’esercizio in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, possono valutare i titoli non destinati a permanere durevolmente nel loro patrimonio in base al loro valore di iscrizione così come risultante dall’ultimo bilancio o, ove disponibile, dall’ultima relazione semestrale regolarmente approvati anziché al valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato, fatta eccezione per le perdite di carattere durevole”.
[8] V. M. Ventoruzzo, Continuità aziendale, cit.
[9] Lo evidenzia anche Assonime, Impatto della pandemia da Covid-19 sui bilanci delle imprese relativi all’esercizio 2019, n. 5. 2020, parr. 3 e 4.
[10] Commissione Europea, Osservazioni riguardanti taluni articoli del regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 luglio 2002, relativo all’applicazione dei principi contabili internazionali, della quarta direttiva 78/660/CEE del Consiglio del 25 luglio 1978 relativa ai conti annuali di taluni tipi di società e della settima direttiva 83/349/CEE del Consiglio del 13 giugno 1983 relativa ai conti consolidati, p. 10.
[11] G. Strampelli, L’introduzione dei Principi IAS-IFRS e gli effetti della disciplina giuridica del bilancio di esercizio, in Obbligazioni. Bilancio, a cura di M. Notari e L. A. Bianchi, in Commentario alla riforma delle società, diretto da P. Marchetti - L.A. Bianchi - F. Ghezzi - M. Notari, p. 375.
[12] Lo segnala anche M. Ventoruzzo, Continuità aziendale, cit., p.4, laddove precisa che l’art. 7, d. l. 23/2020 non altera il concetto di continuità, «bensì specifica su quali basi, quali dati di fatto, si può riscontrarla; si disciplina cioè come l’ipotesi di continuità possa essere sostenuta».
[13] Per una illustrazione delle a sostegno della liquidità delle imprese messe in campo dal nostro legislatore si rinvia a G. Garesio, Alla ricerca della liquidità perduta. Prime considerazioni sulle misure di sostegno alle imprese e sui loro possibili impatti sui ratios patrimoniali delle banche, in Il diritto dell’emergenza: profili societari, concorsuali, bancari e contrattuali, a cura di M. Irrera, cit., p. 117 ss.
[14] Cfr. OIC 11, Finalità e postulati del bilancio, 2018, parr. 21 e ss. ove si fa esclusivo riferimento ad analisi prospettiche.
[15] Esma, Accounting implication, cit. p. 3.
[16] Sul punto M. Ventoruzzo, Continuità aziendale, cit. pare avere un’opinione parzialmente diversa, affermandoche con riferimento ai casi «in cui è pressoché certo o assai probabile che l’attività d’impresa si interromperà definitivamente a breve, sarà non solo possibile, ma anche opportuno, che il bilancio rifletta questa informazione nella valutazione delle voci nonostante la libertà concessa dall’art. 7 Decreto liquidità».
[17] Essenzialmente l’art. 10 e l’art. 6 del D.L. 23/2020. Il primo ha introdotto il principio di improcedibilità dei ricorsi per la dichiarazione di fallimento e di liquidazione coatta amministrativa, nonché per l’accertamento dello stato di insolvenza nell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi. Il secondo invece ha previsto la sospensione delle norme in materia di riduzione del capitale sociale per perdite e di conseguente scioglimento della società Per tutti questi temi v. M. Irrera, E. Fregonara, La crisi d’impresa e la continuità aziendale ai tempi del coronavirus, in Il diritto dell’emergenza: profili societari, concorsuali, bancari e contrattuali, a cura di M. Irrera, cit, p. 18 ss.
[18] Così espressamente la relazione illustrativa al D. L. 23/2020.
[19] Sulla imprecisa formulazione di questa previsione e sulla sua portata applicativa v. M. Ventoruzzo, Continuità, cit.
[20] Consob, Richiamo di attenzione n. 6/2020, del 9 aprile 2020, disponibile sul sito www.consob.it.
[21] Sulle criticità dell’attività di revisione in concomitanza della emergenza sanitaria v. Assirevi, Informativa alle associate, n. 513, del 13 marzo 2020.
[22] La Securities and Exchange Commission - SEC solo nel 2007 ha adottato il provvedimento di riconoscimento dei bilanci redatti in conformità agli IAS/IFRS, Cfr. https://www.sec.gov/rules/concept/2007/33-8831.pdf e https://www.sec.gov/rules/final/2007/33-8879.pdf. Fino a quel momento per le società aventi titoli quotati nei mercati statunitensi che non redigevano i bilanci in conformità agli USA-Gaap era richiesta la redazione di un documento di riconciliazione a tali principi, da sottoporre al giudizio di un revisore locale. Queste regole, come è evidente, creavano costi e inefficienze.
[23] Gli IAS-IFRS vengono ricondotti a modelli contabili principle based, mentre gli USA-Gaap sono classificati come rule-based. I primi si caratterizzano per un impianto assiomatico, in cui le norme di applicazione pratica si fanno derivare da principi di ordine generale, che formano il c.d. quadro concettuale di base o framework; i secondi invece sono di stampo induttivo, nel senso che si caratterizzano per il fatto di disciplinare in maniera dettagliata la rilevazione contabile degli accadimenti di gestione e di accompagnare i singoli standard con specifiche guide applicative. Per una sintesi dei vari fattori che hanno spinto gli Usa-Gaap verso un carattere rule-based, si rinvia a D. C. Donelson - J. McInnis - R. D. Mergenthaler, Explaining Rule-based Characteristics in U.S. GAAP: Theories and Evidence, 2013, in https://olin.wustl.edu/docs/faculty/rbc_jm.pdf.
[24] In un Report del 2012, la SEC afferma: “although the financial statements that the SEC staff analysed largely appeared to comply with IFRSs, there is diversity in application of IFRSs globally. Regulators in various jurisdictions would need to work cooperatively to foster consistent application and enforcement of IFRSs”, cfr. SEC, Work Plan for the Consideration of Incorporating IFRSs into the Financial Reporting System for U.S. IssuersW, 2012, disponibile su https://www.sec.gov/spotlight/globalaccountingstandards/ifrs-work-plan-final-report.pdf.
[25] SEC, Work Plan for the Consideration of Incorporating IFRSs, cit.
[26] V. G. Strampelli, L’enforcement “pubblico” dell’informazione contabile tra strumenti di carattere preventivo e sanzioni reputazionali, in Riv. soc., 2015, p. 573 ss.
[27] Tale esigenza è espressamente ribadita da IOSCO, Statement on Application of Accounting Standards during the COVID-19 Outbreak, 3 aprile 2020. Nello stesso senso, in termini generali, già Banca d’Italia, Consob, Ivass, Accordo di coordinamento in materia di applicazione degli IAS/IFRS, del 13 dicembre 2007, disponibile su www.consob.it.
[28] V. M. Ventoruzzo, Continuità aziendale, cit.
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