CrisiImpresa
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 28/04/2020 Scarica PDF
Procedure concorsuali e COVID-19: prime riflessioni alla luce del d.l. liquidità
Alessandro Farolfi, Giudice nel Tribunale di RavennaSommario: 1. COVID–19 e disciplina emergenziale dell’attività giudiziaria - 2. L’impatto sulle procedure concorsuali, in particolare i procedimenti per la dichiarazione di fallimento. - 2.1. Ricorsi ante 9 marzo 2020. – 2.2. Ricorsi depositati dal 9 marzo al 30 giugno. - 2.3. Ricorsi depositati dopo il 30 giugno. - 3. Le ulteriori disposizioni del d.l. liquidità in materia concorsuale - 3.1. Concordati preventivi e ADR già omologati. - 3.2. Procedimenti di concordato preventivo non ancora omologati. - 3.3. Procedimenti di concordato prenotativo. - 4. Il rinvio dell’entrata in vigore del Codice della crisi e l’avvio di una “Fase 2”.
1. COVID–19 e disciplina emergenziale dell’attività giudiziaria
La pandemica diffusione del virus Covid-19 (c.d. Coronavirus), oltre a costituire una drammatica emergenza sanitaria, sta certamente determinando uno shock economico di impensabili dimensioni, nonchè evidenti ricadute sull’organizzazione e lo svolgimento dell’attività giudiziaria nel nostro paese. In questo senso non possono non essere citati il D.L. 8 marzo 2020, n. 11, “Misure straordinarie ed urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell'attività giudiziaria” (in GU Serie Generale n.60 del 08-03-2020[1]), nonché il successivo D.L. 17 marzo 2020, n. 18, “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19” (in GU Serie Generale n.70 del 17-03-2020[2]).
Con il primo articolato normativo si è, infatti, previsto un rinvio delle udienze e la sospensione dei termini per il compimento di atti dei procedimenti civili e penali (salvo eccezioni) fra il 9 ed il 22 marzo, seguito da una seconda fase – fino al 31 maggio - in cui il governo dell’emergenza è stato demandato ai capi degli uffici giudiziari, indicando alcune tipologie organizzative adottabili, nel rispetto superiore delle esigenze igienico-sanitarie imposte dalla necessità di evitare il proliferare dei contagi.
Non accennando a diminuire la diffusione dell’epidemia[3], il secondo provvedimento (denominato “Cura Italia”) è poi intervenuto abrogando gli artt. 1 e 2 del citato d.l. 8 marzo e dettando all’art. 83 una disciplina emergenziale che – come rimodulata temporalmente in forza dell’art. 36 del nuovo d.l. liquidità, 8 aprile 2020, n. 23[4] - può così riassumersi:
a) a decorrere dal 9 marzo e sino all’11 maggio 2020 le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari (con talune eccezioni previste al comma 3 dello stesso art. 83) sono rinviate d'ufficio a data successiva all’ 11 maggio 2020;
b) nello stesso periodo, sono sospesi i termini per il compimento di qualsiasi atto degli stessi procedimenti (sia pure con le eccezioni del citato comma 3), precisando che ove il decorso abbia inizio durante il periodo di sospensione, l'inizio stesso deve intendersi differito alla fine di detto periodo; quando invece il termine deve computarsi a ritroso e ricade in tutto o in parte nel periodo di sospensione, deve essere differita l'udienza o l'attività da cui decorre il termine in modo da consentirne il rispetto; per la prima volta si è stabilito che la sospensione riguarda anche i termini previsti per l’adozione dei provvedimenti giudiziari e per il deposito della loro motivazione;
c) a decorrere dal 12 maggio e fino al 30 giugno 2020 i capi degli uffici giudiziari, sentiti l'autorità sanitaria regionale, per il tramite del Presidente della Giunta della Regione, e il Consiglio dell'ordine degli avvocati, dovranno adottare le misure organizzative, anche relative alla trattazione degli affari giudiziari, necessarie per consentire il rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie imposte dalla diffusione del virus, secondo una serie di indicazioni contenute al successivo comma 7, fra cui si ricorda in particolare quanto previsto alla lettera f), circa la tenuta dell’udienza da remoto, tramite sistemi di videoconferenza (individuato dal DGSIA nell’applicativo Microsoft Teams); la sostituzione dell’udienza con un contraddittorio scritto per le udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti (c.d. modello cartolare di cui alla lettera h); il rinvio tout court a data successiva al 30 giugno (lett. g);
d) viene individuata una serie di procedimenti eccettuati dall’applicazione delle disposizioni relative alla prima fase di sospensione e dalla possibilità di rinvio a data successiva al 30 giugno, sostanzialmente riconducibili nel settore civile a due categorie:
i) procedimenti urgenti tipici o per previsione normativa (per le materie del settore civile talune cause di competenza del tribunale dei minorenni, cause relative ad alimenti ed obbligazioni alimentari derivanti da rapporti familiari, parentela o affinità; tutela, interdizione, inabilitazione, ADS, quando l’urgenza non consenta neppure l’adozione di provvedimenti provvisori e sia possibile l’esame dell’interessato in condizioni di sicurezza; TSO; ordini di protezione contro gli abusi familiari; convalida dell’espulsione, allontanamento e trattenimento degli stranieri; procedimenti legati alla provvisoria esecuzione delle sentenze);
ii) procedimenti urgenti atipici o per previsione giudiziale (definiti come “tutti i procedimenti la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti” ed il cui accertamento è compiuto dal capo dell'ufficio giudiziario o dal suo delegato in calce alla citazione o al ricorso, con decreto non impugnabile ovvero, per le cause già iniziate, con provvedimento del giudice istruttore o del presidente del collegio, egualmente non impugnabile).
Il secondo decreto n. 18/2020 (chiamato anche “Cura Italia”) ha inoltre dettato alcune importanti precisazioni volte a risolvere alcune incertezze interpretative postesi con riguardo al precedente D.L. n. 11/2020, quale il chiarimento che la sospensione dei termini riguarda tutti i procedimenti e non solo quelli che abbiano un’udienza ricompresa nel primo periodo di efficacia delle norme o che entro tale primo periodo sono comunque anticipabili alcuni provvedimenti organizzativi della seconda fase per i procedimenti urgenti, quali la tenuta dell’udienza da remoto o con metodo cartolare (cfr. il comma 5 del già citato art. 83).
Su tale fondamentale schematizzazione, occorre aggiungere che in sede di conversione del già citato d.l. 17 marzo 2020 (c.d. Cura Italia), il Senato ha approvato in data 9 aprile, con il ricorso alla fiducia, il testo di un Maxiemendamento integralmente sostitutivo dell’iniziale A.S. n. 1766[5] che, per quanto qui rileva, presenta numerose integrazioni all’art. 83, pure già citato:
- in primo luogo, per quanto riguarda l’individuazione dei procedimenti espressamente ritenuti urgenti, si sono indicate alcune precisazioni che vanno nel senso di un restringimento di tale categoria: si è infatti precisato che nei procedimenti davanti al tribunale per i minorenni, per quelli riguardanti i minori allontanati dalla famiglia l’urgenza sussiste solo “quando dal ritardo può derivare un grave pregiudizio” pur se si è aggiunto che ciò vale anche per i “procedimenti in cui è urgente e indifferibile la tutela di diritti fondamentali della persona”; al tempo stesso la modifica sembra chiarire che le cause di separazione e divorzio in genere non hanno di per sé tale qualificazione, ma solo nei “casi in cui vi sia pregiudizio per la tutela di bisogni essenziali”; si sono poi aggiunti vari procedimenti elettorali di cui agli artt. 22, 23 e 24 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150;
- in secondo luogo, il testo sembra incentivare fortemente le modalità alternative di gestione dell’udienza e, in particolare, quella da remoto (come detto mediante applicativo di videoconferenza Teams o Skype for Business), prevedendo al comma 7 lett. f) che ciò può riguardare lo “svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti”, nonché “dagli ausiliari del giudice, anche se finalizzate all'assunzione di informazioni presso la pubblica amministrazione”; si poi previsto, attraverso l’inserimento di una nuova lettera h bis) che le linee guida del dirigente dell’ufficio possono riguardare “lo svolgimento dell'attività degli ausiliari del giudice con collegamenti da remoto tali da salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione delle parti”;
- su un ulteriore piano di intervento, lo svolgimento di attività da remoto viene incentivata anche per momenti solo occasionalmente legati allo svolgimento dell’attività giurisdizionale, ovvero propedeutici o successivi (es. incontri genitori figli in spazi neutri o alla presenza di personale dei Servizi, con la previsione che nei casi in cui non sia possibile la videoconferenza gli incontri stessi sono sospesi fino al 30 giugno; svolgimento delle camere di consiglio collegiali, che possono essere svolte da remoto con la precisazione che “il luogo da cui si collegano i magistrati è considerato camera di consiglio a tutti gli effetti di legge”; svolgimento in videoconferenza dei procedimenti di mediazione, purchè con il consenso di tutte le parti, precisandosi che in tal caso ciò potrà avvenire anche dopo il 30 giugno);
- si prevede, infine, per semplificare le forme di rilascio delle procure speciali ai difensori che nei procedimenti civili, sino al termine delle misure rivolte ad assicurare il distanziamento sociale, “la sottoscrizione della procura alle liti può essere apposta dalla parte anche su un documento analogico trasmesso al difensore, anche in copia informatica per immagine, unitamente a copia di un documento di identità in corso di validità, anche a mezzo strumenti di comunicazione elettronica. In tal caso, l'avvocato certifica l'autografia mediante la sola apposizione della propria firma digitale sulla copia informatica della procura.
Su questa disciplina d’emergenza è anche intervenuto il Consiglio superiore della magistratura, dettando linee guida di indirizzo per gli uffici giudiziari con delibera del Plenum dello scorso 26 marzo, integrata da quella del successivo 1° aprile e poi, ancora, dell’8 aprile[6].
Il sistema così previsto ha di fatto determinato il lockdown degli uffici giudiziari (salvo i già citati procedimenti urgenti e quelli definiti come tali nel settore penale) e previsto una seconda fase sino alla fine di giugno prossimo, affidata alle misure organizzative che ciascun dirigente dell’ufficio giudiziario riterrà di adottare, sia pure nel ventaglio di alcune soluzioni delineate normativamente e sopra ricordate in sintesi. Non può inoltre fin da ora non osservarsi come una razionale adozione di misure organizzative si debba confrontare con analoghe e doverose iniziative volte a tutelare il personale amministrativo e di cancelleria sul piano igienico sanitario, superando altresì auspicabilmente l’impossibilità dello stesso di accedere da remoto ai sistemi informatici ministeriali Sicid e Siecic.
2. L’impatto sulle procedure concorsuali, in particolare i procedimenti per la dichiarazione di fallimento
Nessuna norma espressa del d.l. 17 marzo 2020, n. 18 ha riguardato direttamente le procedure concorsuali, tema che in questa sede si vuole ulteriormente approfondire, lasciando ad altri pregevoli contributi ogni ulteriore considerazione riguardante più in generale i settori della giustizia civile e penale[7].
Va al riguardo premesso che le prime interpretazioni hanno comunque confermato che la sospensione prevista per il periodo fino al 15 aprile – oggi destinato a protrarsi sino all’11 maggio in forza dell’art. 36 del d.l. liquidità, pubblicato l’8 aprile – deve ritenersi ancora più incisiva rispetto alla sospensione feriale di cui alla Legge 7 ottobre 1969, n. 742, così da ritenersi regolata in modo speciale e prevalente rispetto a quest’ultima (del resto non si dubita ad esempio che la c.d. sospensione Covid-19 si applichi anche ai procedimenti di lavoro, invece sottratti alla sospensione feriale). Si è quindi generalmente ritenuto che anche le procedure rivolte alla dichiarazione del fallimento (c.d. prefallimentari) siano sottoposte al regime di sospensione e rinvio d’ufficio delle udienze da Covid – 19, salva ovviamente la possibilità di dichiarazione giudiziale dell’urgenza per ragioni effettive e non seriali, eventualmente segnalate dalle stesse parti[8]. Al contempo, gli operatori hanno immediatamente sollecitato la necessità di un intervento più organico sul tema delle procedure concorsuali e, più in generale, sul sostegno alle imprese ed agli operatori economici duramente provati dall’emergenza sanitaria e dal conseguente lockdown. Una raccomandazione in questo senso, particolarmente autorevole, è altresì contenuta in una deliberazione adottata il 20 marzo dal CERIL – Conference of European Restructuring and Insolvency Law, con cui si invitano gli stati dell’Unione Europea a procedere all’immediata adozione di provvedimenti volti a
1) sospendere obblighi e termini di presentazione delle domande di accesso ad una procedura concorsuale – sancendo altresì una correlativa irresponsabilità degli imprenditori - indipendentemente dalla prova che lo stato di crisi dipenda solo dall’epidemia virale in corso, e in seconda battuta;
2) far fronte alla crisi di liquidità non solo con interventi diretti, ma anche con una moratoria generalizzata delle azioni esecutive contro le imprese insolventi[9].
Su tale impianto si deve segnalare la rilevantissima novità dell’art. 10 del d.l. c.d. liquidità, approvato dal Consiglio dei ministri dello scorso 6 aprile, il cui comma 1 afferma che: “tutti i ricorsi ai sensi degli articoli 15 e 195 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 e 3 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, depositati nel periodo tra il 9 marzo 2020 ed il 30 giugno 2020 sono improcedibili”.
Alla luce di tale dato normativo, risulta perciò necessario distinguere fra richieste di fallimento depositate prima del 9 marzo e ricorsi depositati dopo tale data e fino al termine del periodo emergenziale (si ripete allo stato individuato nel 30 giugno p.v.), secondo la seguente articolazione, che per esigenze di sinteticità espositiva può di seguito schematizzarsi.
2.1. Ricorsi ante 9 marzo 2020
a) in linea generale tutte le udienze prefallimentari fissate fra il 9 marzo e l’11 maggio devono essere rinviate a data successiva al pari delle altre udienze civili (eccettuata come si è detto una eventuale dichiarazione d’urgenza ad hoc per singolo procedimento e non generalizzata per categoria di procedimenti);
b) quelle rinviate o già fissate a dopo il 30 giugno potranno tenersi, allo stato regolarmente, in forma ordinaria;
c) quelle dichiarate urgenti o rinviate a data ricompresa fra il 12 maggio ed il 30 giugno (o già previste originariamente entro tale lasso temporale) potranno invece celebrarsi secondo le indicazioni organizzative dell’ufficio; fra queste, salva ovviamente la regola generale del rispetto del contraddittorio, le prime prassi applicative hanno scelto la modalità del contraddittorio cartolare (cfr. art. 83 co. 7 lett. h) oppure, in maggioranza, il modello da remoto (cfr. art. 83 co. 7 lett. f), distinguendosi a riguardo fra ipotesi in cui il giudice possa gestire l’udienza tramite l’applicativo informatico di videoconferenza anche dalla propria abitazione o dimora e chi ha ritenuto necessario che il giudice debba comunque essere fisicamente nell’ufficio giudiziario di fronte al quale è avvenuta la vocatio in ius, ipotesi quest’ultima che appare maggiormente rispettosa del diritto di difesa se si considera che è ben possibile (ed anzi frequente in concreto) che il debitore compaia personalmente in udienza senza un legale, al fine rendere dichiarazioni, depositare documentazione contabile, richiedere un breve termine per sanare l’esposizione debitoria, ecc… Si ricorda al riguardo che tale comparizione e deposito collaborativo può essere indispensabile per il fallendo, anche al fine di evitare una successiva possibile imputazione ai sensi dell’art. 217 e 220 l.f. Inoltre, solo una possibilità effettiva di partecipazione consente al debitore di poter essere parte di un contraddittorio su eventuali acquisizioni effettuate nell’esercizio di poteri officiosi che caratterizzano questo tipo di procedimento. Naturalmente queste preoccupazioni non riguardano le udienze successive ad una formale e già avvenuta costituzione in giudizio del debitore, mediante difensore, in quanto in questo caso ritornano certamente utilizzabili le modalità sia telematica che da remoto;
d) in ogni caso occorrerà verificare per ciascun procedimento che sia osservato il termine a comparire di 15 giorni di cui all’art. 15 co. 3 l.f. fra notifica e udienza di comparizione, nonostante la sospensione dei termini fra la data del 9 marzo e l’11 maggio; si tratterà ciò di verificare:
- se il termine è già integralmente decorso prima dell’inizio della sospensione (e in questo caso nulla quaestio) oppure no;
- se il termine non è già integralmente decorso, occorrerà sommare quello anteriore alla sospensione a quello decorrente a partire dal 12 maggio arrivando ad almeno 15 giorni sino all’udienza prefallimentare[10];
- se l’inizio del decorso si verifica durante il periodo di sospensione ex lege, allora il conteggio dovrà essere spostato e verificato a partire dal 12 maggio, da individuare quale nuovo termine di decorrenza dello spatium temporale previsto dal citato art. 15 co. 3 l.f.
2.2. Ricorsi depositati dal 9 marzo al 30 giugno
In questo caso la nuova disposizione dell’art. 10 del d.l. liquidità prevede espressamente l’improcedibilità. Nella relazione di accompagnamento si afferma che “risulta indispensabile, per un periodo di tempo limitato sottrarre le imprese ai procedimenti finalizzati all’apertura del fallimento” e che “si è quindi optato per una previsione generale di improcedibilità di tutte quelle tipologie di istanza che coinvolgono imprese di dimensioni tali da non essere assoggettate alla disciplina dell’amministrazione straordinaria della grandi imprese, mantenendo il blocco per un periodo limitato, scaduto il quale le istanze per la dichiarazione dello stato di insolvenza potranno essere nuovamente presentate”.
Il testo che sta circolando, e salve diverse soluzioni in sede di conversione, prevede quindi una vera e propria moratoria per un periodo di tempo abbastanza breve, finalizzata ad arginare possibili pressioni sugli imprenditori derivanti da istanze di creditori ma anche, al contempo, evitare agli stessi la drammatica alternativa fra proseguire l’attività in un momento di scoramento generale o presentare una immediata richiesta in proprio di fallimento.
La soluzione dell’improcedibilità, pertanto, sembra applicabile anche alla richiesta di apertura della procedura fallimentare proveniente dallo stesso debitore, che non può – visti gli interessi pubblicistici e più generali sottesi – rinunciare a questo periodo di moratoria.
La lettera della norma, inoltre, sembra imporre una immediata pronuncia in rito, non sembrando consono al testo attuale un mero rinvio della trattazione a data successiva al 30 giugno, tenuto anche conto che quando il legislatore ha inteso prevedere delle mere sospensioni lo ha fatto in modo inequivoco, come già ricordato con l’art. 83 cit. o con l’art. 54 ter inserito in sede di conversione del d.l. Cura Italia[11], oppure ancora con il successivo art. 103 co. 6[12].
L’improcedibilità non preclude, peraltro, una volta scaduto questo periodo di protezione, la riproposizione della domanda. Tale circostanza, unitamente al carattere del tutto transitorio e temporalmente concentrato della misura, sembra scongiurare alcuni dubbi di costituzionalità che sono stati posti in ordine al carattere in parte retroattivo della norma.
Il testo dell’art. 10 prevede una sola eccezione a tale regime “protettivo”:
a) quando la richiesta viene presentata dal pubblico ministero;
b) purchè, concorrentemente, con essa venga avanzata domanda di adozione dei provvedimenti cautelari di cui all’art. 15 comma 8 l.f.
In altri termini, la sola richiesta proveniente dal p.m. non è di per sé sottratta al regime della improcedibilità, salvo che la stessa si caratterizzi ulteriormente per una urgenza particolarmente evidente, derivante dalla richiesta di misure cautelari o conservative (ad esempio rivolte ad evitare eventi distrattivi in corso o imminenti, fonte di grave pregiudizio per l’integrità dell’attivo e quindi, per gli stessi creditori concorsuali).
Il comma 3 della stessa disposizione prevede, ancora, che nel periodo che va dal 9 marzo al 30 giugno siano sospesi i termini degli artt. 10 e 69 bis l.f. Trattasi di disposizione che vuole evidentemente evitare che il periodo di improcedibilità delle domande di fallimento provochi un danno irrimediabile per i creditori.
In estrema sintesi, l’art. 10 l.f. prevede, come è noto, un regime di ultrattività annuale del soggetto giuridico “cessato” di cui si chiede il fallimento, il cui decorso non è impedito dalla semplice domanda giudiziale, ma solo dalla pronuncia di fallimento. Decorso l’anno senza che la sentenza sia intervenuta, l’apertura della procedura concorsuale diviene impossibile, nonostante la pendenza di un procedimento prefallimentare, salvo che il creditore od il p.m. dimostrino che l’effettiva cessazione dell’attività di impresa è successiva alla cancellazione[13]. La norma vuole evitare, perciò, che la temporanea improcedibilità delle domande di fallimento precluda per sempre tale declaratoria. La specialità di detta eccezione si ritiene non ne consenta l’estensione alle istanze di fallimento antecedenti al 9 marzo, le quali non subiscono detta improcedibilità e che, al fine di evitare l’effetto preclusivo derivante dal decorso dell’anno previsto dal citato art. 10 l.f., dovranno perciò più opportunamente essere dichiarate urgenti e trattate pervenendo alla tempestiva pronuncia di fallimento, secondo quanto già visto in precedenza.
Anche la deroga all’art. 69 bis l.f. mira alla medesima finalità di evitare pregiudizi per i creditori, sospendendo i termini di tre e cinque anni rispettivamente decorrenti dalla dichiarazione di fallimento o dal compimento dell’atto pregiudizievole da revocare. Pure essendo tale precisazione senz’altro opportuna, va detto che l’art. 83 co. 8 del d.l. n. 18/2020 prevede già che “per il periodo di efficacia dei provvedimenti di cui ai commi 5 e 6 (oggi da intendersi dal 9 marzo al 30 giugno) che precludano la presentazione della domanda giudiziale è sospesa la decorrenza dei termini di prescrizione e decadenza dei diritti che possono essere esercitati esclusivamente mediante il compimento delle attività precluse dai provvedimenti medesimi”. Tale prescrizione potrebbe perciò essere applicata alla revocatoria ordinaria, se si segue quell’orientamento – allo stato maggioritario – che ritiene che il termine di decadenza triennale di cui all’art. 69 bis l.f. non si applichi all’azione revocatoria ordinaria esercitata dal curatore ex art. 66 l.f., ma solo a quella fallimentare[14].
La nuova norma non fa menzione dei periodi c.d. sospetti, rispettivamente previsti in due anni dall’art. 64 l.f. per gli atti a titolo gratuito e in un anno o sei mesi dall’artt. 67 l.f. per i pagamenti ed altri atti a titolo oneroso o rilascio di garanzie. Poiché in questi casi non si è di fronte ad un termine per la proposizione dell’azione, ma ad un periodo agevolato di osservazione da cui consegue un regime probatorio differenziato o, addirittura, la revocabilità o stabilità sostanziale di un atto che resta in sé lecito, ritenere che la lacuna della norma possa essere colmata semplicemente dall’art. 83 co. 8 cit. appare problematico. Risulta perciò auspicabile che in sede di conversione il riferimento ai termini del periodo sospetto di cui all’art. 64 e 67 l.f. sia preso in esame espressamente.
2.3. Ricorsi depositati dopo il 30 giugno
Infine, alla luce del decreto appena pubblicato, questi ricorsi non sono destinati a subire sospensioni o deroghe, neppure in punto di trattazione da remoto tramite applicativi informatici, posto che tale modalità è resa oggi possibile sulla scorta di provvedimenti organizzativi – in forza della norma di cui all’art. 83 più volte richiamata – adottabili soltanto nella fase emergenziale destinata ad esaurirsi il prossimo 30 giugno. Tali ricorsi saranno perciò trattati con modalità ordinaria, non avendo allo stato il legislatore inteso prendere spunto dall’emergenza per ripensare più in generale alle modalità di tenuta delle udienze con il ricorso al contraddittorio cartolare od a modelli telematici a distanza. Anche su tale punto appare però auspicabile una parziale estensione delle nuove modalità di organizzazione delle udienze, che per la giustizia civile potrebbero consentire indubbi ritorni di efficienza e, salvo che per taluni adempimenti nei quali sono coinvolte le parti direttamente o appare comunque opportuna l’escussione diretta dei testi presenti in aula, non risolversi necessariamente in una compressione dei diritti di difesa delle parti.
Per quanto riguarda le eventuali udienze previste nelle altre procedure concorsuali pendenti, si può certamente ritenere che le stesse siano pienamente sottoposte alla disciplina del rinvio e della sospensione dei termini di cui all’art. 83 d.l. n. 17/2020 già sopra illustrato. Inoltre, per le udienze di verifica dello stato passivo si pongono generalmente meno esigenze di speditezza rispetto a quelle prefallimentari. Sarà quindi certamente molto frequente il caso del rinvio a data successiva al 30 giugno, pur se non è precluso astrattamente – salvo disservizi di cancelleria - il mantenimento delle udienze di verifica previste fra il 12 maggio ed il 30 giugno prossimi, da celebrarsi preferibilmente con il modello da remoto e con presenza del giudice nell’ufficio giudiziario, per la possibilità che – almeno stando all’interpretazione assolutamente dominante dell’art. 95 co. 2 l.f. – il creditore possa comunque avanzare osservazioni anche in udienza, non dovendosi intendere come perentorio il termine di 5 giorni prima ivi indicato. Analogamente, eccettuata anche qui la possibilità di rinvio a dopo il 30 giugno (cfr. art. 83 co. 7 lett. g), si potrà procedere per l’approvazione del rendiconto o del progetto di ripartizione, per i quali è forse ipotizzabile anche il ricorso al modello cartolare, con la necessaria accortezza di avvertire personalmente il fallito della possibilità di presentare osservazioni scritte a mezzo PEC o raccomandata, ed onerando il curatore dal dover depositare telematicamente il giorno dell’udienza una relazione con la prova delle comunicazioni e dell’assenza di osservazioni. In particolare, si ritiene che proprio il momento di crisi economica che si accompagna drammaticamente all’epidemia virale consigli di non rinviare le udienze di approvazione dei riparti, risultando spesso intollerabile per ex dipendenti e piccole imprese un ulteriore rinvio della possibilità concreta di incassare almeno parte dei propri crediti.
Quanto alle udienze ed ai termini previsti nelle procedure concordatarie, anche esse, come preannunciato, risultano sottoposte al regime di cui all’art. 83 cit.[15] (rinvio d’ufficio e sospensione nel primo periodo fino all’11 maggio, salva dichiarazione d’urgenza; trattazione secondo le direttive organizzative dell’ufficio nel secondo periodo sino al 30 giugno p.v.).
3. Le ulteriori disposizioni del d.l. liquidità in materia concorsuale
Naturalmente le drammatiche ripercussioni economiche derivanti dall’epidemia Coronavirus non si possono certamente affrontare unicamente mediante un blocco temporaneo dei procedimenti rivolti alla dichiarazione di fallimento. Proprio per questo il d.l. liquidità (da cui anzi il nome) introduce una disciplina volta a favorire, in primo luogo, l’accesso al credito per le imprese e gli operatori economici, ricorrendo ad un sistema agevolato di finanziamenti garantiti, secondo percentuali decrescenti in base alla dimensione dell’impresa ed all’entità del beneficio, dal sistema pubblico e più in particolare da SACE e CDP. Sono poi previste novità di più immediato impatto sulle procedure concorsuali.
Va ricordata, in primis, la sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione e la sterilizzazione della causa di scioglimento della società per riduzione del capitale sociale fino al 31 dicembre 2020 (cfr. art. 6 d.l. liquidità)[16]. Si tratta di una sorta di art. 182 sexies l.f. destinato ad operare ope legis, ma relativamente alle fattispecie verificatesi nel corso degli esercizi chiusi entro la fine del 2020, che vuole garantire la continuità delle imprese, escludendo che gli amministratori debbano affrontare l’alternativa fra immediata messa in liquidazione e responsabilità derivante da una gestione non conservativa ai sensi dell’art. 2486 c.c. Proprio per questo la finalità della norma è rivolta a far fronte all’emergenza sanitaria e trova la barriera temporale del 31 dicembre, presumendo – salvi successivi e malaugurati ulteriori sviluppi – che con la fine dell’anno in corso si possa ritornare alla piena normalità.
In secondo luogo, l’art. 7 prevede che per il bilancio di esercizio in corso al 31 dicembre 2020 sarà possibile proseguire nella valutazione delle voci in una prospettiva di continuità dell’attività di impresa, se questa era comunque sussistente nell’ultimo bilancio chiuso in data anteriore al 23 febbraio 2020. Si demanda in particolare alla nota informativa di accompagnamento di illustrare specificamente il criterio di valutazione seguito, secondo una scelta che appare molto opportuna e che ad avviso di chi scrive dovrebbe riguardare anche quelle voci dell’attivo e del passivo che siano determinate o modificate a causa della crisi da Coronavirus (si pensi ad es. alla dilatazione dei debiti dovuta al ricorso ai finanziamenti agevolati previsti dal decreto o dal Fondo di garanzia PMI, oppure ad un incremento dell’attivo circolante dovuto alla mancata riscossione di crediti verso clienti a loro volta colpiti duramente dall’emergenza sanitaria ed economica). Tali indicazioni potranno utilmente rilevare anche nel caso di successivo ricorso dell’impresa a procedure concorsuali vere e proprie, ovvero al fine di evitare eventuali future responsabilità da parte degli organi gestori e di vigilanza della società[17]. Il comma 2 estende questa possibilità ai bilanci chiusi entro il 23 febbraio 2020 ma non ancora approvati, comunque facendosi salva la previsione dell’art. 106 del d.l. 17/03/2020 n. 18, che ha prorogato di 60 giorni il termine per l’adozione dei bilanci di esercizio per il 2019.
Va inoltre ricordato il tentativo di incentivare i soci nell’opera di finanziamento alle imprese, sterilizzando – con l’art. 8 del d.l. liquidità – l’applicazione della postergazione prevista dagli artt. 2467 e 2497 quinquies c.c. ai finanziamenti dagli stessi erogati fra la data di entrata in vigore del decreto ed il 31 dicembre 2020. E’evidente, infatti, come l’attuale quadro congiunturale non possa tollerare disincentivi all’afflusso di liquidità e come, pertanto, quelle prescrizioni di sfavore previste in via ordinaria per i soci che ricorrano a finanziamenti in luogo dell’incremento del capitale di rischio, debbano cedere il passo di fronte all’emergenza epidemiologica. Proprio questa ratio, al contempo, giustifica la temporaneità della misura, destinata ad applicarsi ai soli finanziamenti che presuntivamente si ricollegano alla crisi da Covid – 19 e, quindi, ancora una volta sino al 31 dicembre prossimo.
Particolare attenzione merita poi l’art. 9, destinato ad introdurre alcune misure emergenziali in tema di concordato preventivo ed accordi di ristrutturazione.
Anche in questo caso, necessariamente schematizzando per esigenze espositive, la disciplina introdotta può delinearsi come segue.
3.1. Concordati preventivi e ADR già omologati
Il tema in questo caso non è come la crisi da Coronavirus impatta su un procedimento concorsuale in itinere, bensì come l’emergenza può incidere sull’adempimento di una proposta o di un accordo già in precedenza omologato sulla scorta di aspettative e previsioni che la crisi sanitaria ed il blocco di molteplici attività economiche può aver frustrato, rendendo possibile degli inadempimenti verso i creditori concorsuali o, quantomeno, un allungamento dei tempi per far fronte alle obbligazioni assunte con la proposta o l’accordo stesso[18].
Viene così previsto che i termini di adempimento di concordati e ADR già omologati, la cui scadenza sia prevista nel periodo che va dal 23 febbraio al 31 dicembre 2020, fruiscano di una proroga di 6 mesi. La scelta adottata, insomma, è stata quella di intervenire sulla fase esecutiva in scadenza nel periodo maggiormente interessato dalla crisi sanitaria, offrendo uno spatium temporis in più per poter arrivare all’adempimento completo delle obbligazioni assunte nei confronti del ceto creditorio. Può essere il caso, ad esempio, in cui sia prevista la vendita di un immobile che la crisi in atto rende meno appetibile (o addirittura viene impedita dai blocchi alla circolazione previsti, cosa che si ripercuote su di una reale competitività e pubblicità delle procedure di aggiudicazione o selezione dell’acquirente), ma potrebbe anche essere il caso – in un concordato in continuità – di minori flussi monetari attesi dalla prosecuzione dell’attività di impresa, in questo momento impedita o resa particolarmente difficoltosa. La strategia emergenziale adottata è senza dubbio positiva e necessaria, pur se probabilmente, restano escluse alcune situazioni che pure avrebbero giustificato un riconoscimento espresso e che, forse, potranno essere prese in esame in un secondo momento. In primo luogo, in termini generali, va detto che tutti i concordati e gli ADR omologati ed in fase esecutiva (e non solo quelli in scadenza nel periodo indicato dalla norma) subiscono gli effetti negativi della pandemia, in termini non solo di rallentamento delle operazioni previste ma, in non pochi casi, di revisione al ribasso delle previsioni poste a base del piano originariamente stabilito. Non sembra quindi così peregrino ritenere che un allungamento ope legis dei termini di adempimento di tutte le proposte o accordi già omologati di 6 mesi sarebbe stato ultroneo, potendo ciò consentire margini di adattamento ulteriori al fine di scongiurare inadempimenti. In secondo luogo, la modifica introdotta sembra postulare la immodificabilità del piano o della proposta, quando invece la crisi potrebbe determinare non semplicemente un rallentamento nella realizzazione dei risultati previsti dall’attività esecutiva, bensì la necessità di apportare modifiche al piano per la definitiva impossibilità di perseguirne un adempimento pedissequo. Ciò potrebbe risultare tanto più necessario a fronte di un orientamento giurisprudenziale, pressochè granitico, che ritiene che l’inadempimento utile a provocare la risoluzione del concordato preventivo, ex art. 186 l.f., prescinda del tutto dall’imputabilità o dalla colpevolezza, operando in termini per così dire obiettivi[19]. Saranno certamente possibili – in assenza di una norma ad hoc - delle modifiche di fatto che consentano ugualmente di adempiere la proposta di soddisfacimento dei creditori concordatari o le clausole previste nell’accordo di ristrutturazione, ma al prezzo di rendere dubbia la stabilità e l’esenzione da responsabilità – in caso di successivo fallimento – per le operazioni e gli atti non previsti dal piano che sia stato necessario attuare per compensare i “danni” prodotti dalla crisi da Covid- 19.
3.2. Procedimenti di concordato preventivo non ancora omologati
In questo caso la disciplina introdotta prevede sostanzialmente due possibilità per i procedimenti che siano pendenti alla data del 23 febbraio 2020 e che non siano stati ancora omologati:
- Da un lato il debitore può, sino all’udienza di omologazione, presentare una istanza al fine di ottenere dal tribunale un termine non superiore a 90 giorni entro il quale presentare un nuovo piano e una nuova proposta di concordato preventivo, ovvero un nuovo accordo di ristrutturazione; appare ragionevole pensare che ove il nuovo piano presenti delle modifiche sostanziali rispetto a quello iniziale sarà altresì necessaria una nuova attestazione, secondo quanto previsto dall’art. 161 co. 3 l.f. e che, qualora la precedente proposta fosse già andata al voto, si determinerà un regresso della procedura, con la necessità di ripetere la fase delle votazioni sulla nuova proposta mai sottoposta al gradimento dei creditori. Parlando la norma di Tribunale, si ritiene inoltre che competente a pronunciarsi sull’istanza del debitore sia il collegio; l’art. 9 co. 2 poi dispone che la decorrenza del termine operi dalla data del provvedimento (e non dalla sua comunicazione) e che lo stesso non sia ulteriormente prorogabile; infine, allo scopo di evitare contegni abusivi o dilatori, si prevede che l’istanza di assegnazione del termine sia inammissibile se nel procedimento si è già svolta l’adunanza dei creditori e non sono state raggiunte le maggioranze richieste per l’approvazione della proposta: tale affermazione, unita alla circostanza che l’udienza ex art. 174 l.f. si conclude usualmente con l’assegnazione del termine di 20 giorni di cui all’art. 178 l.f. per esprimere il voto, porta a ritenere – volendo con ciò comunque privilegiare un favor debitoris che la norma sottende – che i voti negativi sopravvenuti non rendano inammissibile l’istanza già depositata; in altri termini, la norma vuole scongiurare il caso in cui il debitore – avvedutosi della votazione contraria dei creditori – sfrutti l’emergenza Covid – 19 per avventurarsi in modifiche del piano, ma non significa che ove l’eccezionalità della situazione rendesse necessarie dette modifiche ed egli immediatamente depositi l’istanza di richiesta del termine per procedere, un eventuale ritardo del tribunale nel provvedere possa concorrere a rendere inammissibile l’istanza già depositata;
- può accadere, invece, che l’emergenza sanitaria non sia tale da imporre modifiche del piano o dell’accordo, ma renda necessario un differimento dei termini per l’adempimento del concordato preventivo o dell’accordo; anche in questo caso lo sbarramento temporale per il debitore è dato dall’udienza fissata per l’omologa, ma il ricorrente deve depositare una memoria illustrativa ed i documenti che giustificano la necessità di modificare i termini; con la precisazione che la modifica può riguardare un differimento di massimo 6 mesi. Competente a provvedere è ancora il Tribunale, quindi si deve ritenere in composizione collegiale, direttamente nello stesso provvedimento con cui omologa il concordato o l’accordo. La norma afferma testualmente che nel procedimento di omologa del concordato preventivo il Tribunale acquisisce il parere del Commissario giudiziale, ma non sembra escludersi che tale facoltà possa esercitare anche in sede di omologa dell’ADR, ricorrendo ad esempio a sommarie informazioni da un professionista all’uopo nominato o, più frequentemente, sentendo quello stesso Commissario che era stato nominato, nei non pochi casi in cui il ricorso per l’omologa dell’accordo, ex art. 182 bis l.f., abbia fatto seguito ad una fase di concordato prenotativo.
3.3. Procedimenti di concordato prenotativo
Il comma 4 dell’art. 9 del d.l. liquidità prende, infine, in esame il caso del concordato prenotativo o, secondo altra terminologia, concordato “in bianco”. In tal caso si dà la possibilità al debitore che avesse ottenuto la concessione dei termini di cui all’art. 161 co. 6 l.f. ed una successiva proroga, di poter richiedere, prima della scadenza, una ulteriore proroga eccezionale, sino a 90 giorni, persino nei casi in cui penda un ricorso per la dichiarazione di fallimento (in tal caso sterilizzando di fatto l’operatività dell’art. 161 ult. co. l.f.). La concessione del termine non è un atto dovuto: il ricorrente deve infatti indicare gli elementi che rendono necessaria questa proroga ulteriore con “specifico riferimento ai fatti sopravvenuti per effetto dell’emergenza epidemiologia COVID-19”; a quel punto il Tribunale (ancora una volta in composizione collegiale) acquisisce il parere del Commissario giudiziale se nominato e quindi concede la proroga, di non più di 90 giorni, se la stessa si basa su concreti e giustificati motivi. Durante il termine così ulteriormente prorogato continuano ad applicarsi i doveri di vigilanza del Commissario, nonché gli obblighi di informativa e di necessaria autorizzazione per gli atti urgenti di straordinaria amministrazione del debitore, in quanto la norma rinvia espressamente all’art. 161, commi 7 e 8.
La disposizione in esame introduce, quindi, una proroga eccezionale ed ulteriore, tale da poter motivatamente superare i termini originari e già prorogati previsti dall’art. 161 co. 6 e 10 l.f., qualora le esigenze siano specificamente connesse a fatti derivanti dall’epidemia virale in corso. Proprio per questo motivo si è portati a ritenere che questa chance per il debitore si aggiunga e non escluda gli effetti sospensivi più generalmente derivanti dall’art. 83 d.l. Cura Italia, così come esteso oggi dall’art. 36 del d.l. liquidità, secondo quanto già rappresentato al par. 1. Non vi è infatti motivo per dubitare che fra i termini per il compimento di “qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali” di cui è eco al comma 2 del più volte menzionato art. 83 non rientri anche il termine ex art. 161 co. 6 l.f., concesso per il deposito della proposta e del piano di concordato preventivo, ovvero dell’accordo di ristrutturazione dei debiti. Pertanto, l’eventuale decorso di un termine già assegnato ex art. 161 co. 6 e non interamente spirato prima della fase emergenziale dovrà intendersi sospeso; il decorso dello stesso riprenderà a partire dal 12 maggio (alla luce della nuova norma che sta per entrare in vigore). Ci si potrebbe chiedere se tale regola valga anche nell’ipotesi in cui sia contemporaneamente pendente una istanza di fallimento. E’noto, infatti, che secondo l’indirizzo maggioritario, in forza della riunione necessaria che avvince la procedura concordataria a quella prefallimentare riguardante la medesima impresa, l’urgenza della seconda (che giustifica l’inapplicabilità della sospensione feriale ex L. 742/69) si comunicherebbe alla prima, facendo sì che al termine per il deposito della proposta di concordato “piena”. non si applichi la sospensione “estiva”[20]. Ma come si è detto, l’opinione maggioritaria ritiene che la sospensione dei termini “da Coronavirus” sia speciale e più stringente di quella legata al ricorrente periodo agostano, sì che deve ritenersi che anche in tal caso il termine di cui all’art. 161 co. 6 debba ritenersi sospeso fra il 9 marzo e l’11 maggio, salva naturalmente una possibile purchè giustificata dichiarazione d’urgenza.
Si discute, invece, se la sospensione dei termini vada a ricomprendere pure gli obblighi informativi e di rendicontazione periodica gravanti sul debitore[21]. Accanto a chi ha ritenuto, in presenza della sospensione feriale dei termini, che la stessa operi anche su tali adempimenti informativi, sussiste un orientamento che ritiene che tali adempimenti abbiano natura sostanziale e non processuale[22]. Tale indirizzo, ad avviso dello scrivente, merita di essere condiviso: un ulteriore elemento ermeneutico in tale direzione può del resto ravvisarsi proprio nella disposizione dell’art. 9 co. 4 d.l. liquidità, che pur in presenza di una ulteriore ed eccezionale proroga derivante dalla crisi originata dalla diffusione del Coronavirus, fa comunque salva l’applicabilità di quanto previsto dall’art. 161 co. 7 e 8, e quindi anche i doveri informativi ivi disciplinati. Certamente, si tratterà però di interpretare in modo non eccessivamente formalistico la perdurante vigenza di detti oneri, considerate le limitazioni agli spostamenti che i provvedimenti in tema di emergenza sanitaria hanno previsto, ivi compresa la chiusura al pubblico, o spesso totale, di molte attività economiche o professionali sull’intero territorio nazionale, in forza del d.p.c.m. 22 marzo 2020, ciò che potrebbe impedire al debitore di acquisire tutta la documentazione da allegare alla relazione periodica o di compiere qualche adempimento altrimenti dovuto. Si dovrà perciò non applicare in modo meccanicistico la regola della possibile apertura del procedimento di revoca di fronte a violazioni puramente formali, in presenza di una situazione di vera emergenza incolpevole, nonché di dati normativi sopravvenuti che convergono nel favorire il debitore colpito dalla crisi originata dall’epidemia, al fine di poter comunque proseguire nell’attività di predisposizione di una proposta concorsuale alternativa al fallimento.
Da notare che l’ultimo comma della nuova disposizione estende la possibilità di richiedere questa proroga urgente anche al debitore che ha ottenuto la concessione del termine di cui all’art. 182 bis co. 7 l.f.
4. Il rinvio dell’entrata in vigore del Codice della crisi e l’avvio di una “Fase 2”
Con disposizione non meno importante, l’art. 5 del nuovo d.l. liquidità prevede il differimento dell’entrata in vigore del Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza[23] al 1° settembre 2021. Si tratta di una norma destinata a generalizzare all’intero Codice, dilatandone i tempi di entrata in vigore, quanto l’art. 11 del d.l. 2 marzo 2020, n. 9 aveva previsto con riferimento, unicamente, agli obblighi di segnalazione (c.d. allerta interna ed esterna) previsti dagli artt. 14 e 15 del CCI. Quindi il differimento è adesso integrale e non più limitato – peraltro inizialmente sino al 15 febbraio 2021 – alle sole misure di allerta[24].
Si tratta di un rinvio certamente doloroso, considerati i molteplici riscontri positivi raccolti dalle nuove norme, peraltro in fase ormai avanzata di revisione formale attraverso il c.d. Correttivo[25]. Ma si tratta di un rinvio ormai inevitabile, a fronte dell’estendersi dei risvolti economici negativi portati dal nuovo virus, considerato che – come acutamente si è osservato – una entrata in vigore di norme del tutto nuove in tema di insolvenza e crisi di impresa, nel bel mezzo di una delle più gravi ed improvvise crisi economiche, sarebbe certamente avvenuta sotto una “congiunzione astrale” sfavorevole[26].
Il maggiore spatium deliberandi concesso dal rinvio dell’entrata in vigore potrà, inoltre, essere efficacemente utilizzato verificando alcune possibili ricadute organizzative del Codice sugli uffici giudiziari, ovvero approfondire l’effettiva esigenza o meno di talune integrazioni portate dal c.d. Correttivo.
Per le prime ci si limita a ricordare che, durante il procedimento per la composizione assistita della crisi, le misure protettive vanno richieste, in base all’art. 20 CCI, alla Sezione specializzata per le imprese avente sede distrettuale; tale scelta del legislatore rischia di determinare un sovraccarico per queste sezioni, già oberate e spesso sottorganico, tenuto altresì conto che in forza dell’art. 17 co. 6 CCI tale procedimento può essere svolto, sia pure davanti agli OCI, anche per i debitori minori, consumatori, professionisti, e che anche essi potrebbero ricorrere a misure protettive in questa fase per pervenire ad una soluzione concordata della crisi, ovvero predisporre misure risolutive del sovraindebitamento. Parrebbe perciò forse più opportuno che almeno la competenza a concedere tali misure protettive, nei confronti dei debitori minori e sovraindebitati, sia spostata sui singoli tribunali competenti territorialmente ex art. 27 CCI, pena il rischio di paralisi dell’unica sezione specializzata avente sede distrettuale.
Fra le seconde, si ricorda l’introduzione del comma 14 all’art. 97 sui contratti pendenti nel concordato, dedicato specificamente ai finanziamenti bancari; tale modifica, seppure ha il lodevole obiettivo di specificare che è prestazione principale la riscossione da parte della banca del credito dai terzi ceduti, in realtà – prevedendo tale effetto soltanto fino a 120 gg. prima del deposito della domanda – rischia di legittimare a contrario il possibile scioglimento e travolgimento di tutte la anticipazioni bancarie precedenti, pur se fondate su atto scritto opponibile alla procedura; si tratta perciò di valutare quale possa essere l’impatto di simile novità sul sistema bancario e sulla sicurezza del credito nel suo complesso, nonché il suo sopravvenuto effetto sintonico o meno rispetto ad un quadro in cui massima appare l’esigenza di favorire l’accesso delle imprese a nuovi finanziamenti.
Come si può vedere dalle brevi considerazioni che precedono, l’intervento del nuovissimo d.l. liquidità va certamente visto in termini favorevoli. Tuttavia, basta leggere nella relazione illustrativa all’art. 10 – in tema di improcedibilità delle domande di fallimento – per comprendere che questa è solo la prima fase dell’emergenza e che ulteriori disposizioni saranno probabilmente emanate. Ivi si afferma, infatti, che “è stata quindi individuata una misura eccezionale e temporanea di durata ristretta ma a valenza generale alla luce dell’estrema difficoltà, nella situazione attuale, di subordinare la riconducibilità o meno dello stato di insolvenza all’emergenza epidemiologica determinata dal diffondersi del COVID – 19”. Ed ancora che un simile accertamento necessiterebbe di procedure che, almeno nell’immediato, determinerebbero un carico supplementare per i Tribunali, già in situazione di emergenza.
Come sarà realizzato questo tipo di accertamento in una Fase 2 che verosimilmente potrebbe partire, per il sistema giustizia, da luglio e fino al 31 dicembre, non è dato sapere[27]. Certamente si tratterà di coniugare esigenze fra loro contrapposte, quali la semplicità e velocità di accesso a finanziamenti e misure protettive “agevolate” e riservate esclusivamente alle imprese originariamente sane ed “infettate” dalla grave contingenza economica, con l’altrettanta ovvia considerazione volta ad evitare che di simili benefici possano fruire imprese già da tempo decotte, o addirittura operanti in condizioni di illiceità. Si tratterà inoltre di prevedere forme procedimentali che non appesantiscano eccessivamente l’operatività degli uffici giudiziari. Soluzioni possibili potranno essere ricercate, ad esempio, nella pubblicazione sul registro delle imprese di un’attestazione specifica in ordine alla natura di crisi derivante dallo shock sistemico dovuto alla pandemia, resa da un professionista indipendente oppure nominato dal Tribunale, lasciando ai creditori ed al pubblico ministero l’eventuale opposizione entro un certo termine, volta a far accertare giudizialmente – mediante una verifica successiva - l’incoerenza se non il carattere artificiosamente ricondotto al Covid – 19 di una insolvenza che in realtà ha cause del tutto diverse. Oppure, si potrebbe pensare di approvare delle linee guida ed un modello tipico di certificazione che consenta al giudice una valutazione preventiva assai snella, senza dover ricorrere ogni volta, ma soltanto di fronte a casi particolarmente dubbi, alla nomina di ausiliari.
Per le procedure di sovraindebitamento si deve dare conto della emanazione di un documento redatto dal CNDCEC, in data 6 aprile, intitolato “Emergenza Covid-19: prime indicazioni operative per la gestione delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento”[28]. Tale documento parte dal corretto rilievo che le significative ricadute economiche, su imprese e famiglie, della situazione di emergenza derivante dalla diffusione del Covid-19 e dalla sospensione delle attività lavorative e produttive, inducono ad interrogarsi sulla "sorte" dei piani del consumatore, ovvero degli accordi di composizione della crisi, di cui alla legge n. 3/2012 e ss. modd., che fossero già stati omologati e in relazione ai quali il puntuale adempimento risulti compromesso. Per poi passare a rilevare che, in assenza di interventi normativi urgenti sul punto, l’unica disposizione invocabile appare l’art. 13 co. 4 bis della L. 3/2012, secondo cui “quando l'esecuzione dell'accordo o del piano del consumatore diviene impossibile per ragioni non imputabili al debitore, quest'ultimo, con l'ausilio dell'organismo di composizione della crisi, può modificare la proposta e si applicano le disposizioni di cui ai paragrafi 2 e 3 della presente sezione”. Pur se tale disposizione non prevede un potere generale di “sospensione” dell’esecuzione dei piani da parte del G.d., che del resto dopo l’omologazione mantiene prevalenti compiti di vigilanza, si può pensare che il liquidatore di tali procedure possa comunque segnalare al giudice eventuali difficoltà insorte nell’esecuzione del piano o dell’accordo, con la possibilità di rimettere all’OCI l’elaborazione di eventuali modifiche o correzioni, che necessiteranno di voto (nell’accordo) o comunque della omologazione soltanto nel caso in cui abbiano contenuti sostanziali di novità e non si tratti di meri adeguamenti temporali del piano già omologato. Resta inoltre il dubbio circa la possibilità di invocare l’applicazione analogica dell’art. 9 del nuovo d.l. liquidità, o di sue parti compatibili, quando la proposta di accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento o il piano del consumatore siano in itinere e la crisi da Coronavirus si ponga quale vulnus alle iniziali previsioni o stime della proposta di ristrutturazione del debito. Si tratta di un dubbio che – in assenza di nuove e più specifiche disposizioni contrarie – potrebbe utilmente trovare una risposta positiva giustificata dalla comune natura di procedure concorsuali sottoposte alla valutazione dei creditori, oltre che dell’autorità giudiziaria[29].
[3] Alla data del 28 aprile i dati risultano i seguenti: 3.042.444 casi di positività nel mondo e 199.414 in Italia; 211.216 decessi (nel nostro paese 26.977); 894.574 guariti, di cui 66.624 in Italia.
[4] https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/04/08/20G00043/sg
[5] Testi e lavori parlamentari in http://www.senato.it/leg/18/BGT/Schede/Ddliter/52873.htm; la bozza di legge di conversione è passata alla Camera, assumendo il numero C. 2463 ed è assegnato alla rispettiva commissione il 15 aprile 2020, quindi definitivamente approvato senza modifiche, previo ricorso alla fiducia, nella seduta dell’assemblea del 24 aprile 2020. Qui i lavori della Camera:
https://www.camera.it/leg18/126?tab=1&leg=18&idDocumento=2463&sede=&tipo=
[6] Consultabili sul sito https://www.csm.it/, nell’apposita sezione Emergenza Covid – 19
[7] Per un primo approfondimento, cfr. STILO, L’udienza civile e l’art. 83 del D.L. 18/20: modalità di gestione tra linee guida del CSM e protocolli; BELTRAMI, I procedimenti penali e i dd.ll. dell’emergenza COVID-19; ORANO, L’attività del Pubblico Ministero nella fase delle indagini preliminari e le misure straordinarie ed urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19, tutti consultabili in www.unicost.ue, ove anche ulteriori contributi interpretativi. Cfr. altresì DE STEFANO, Il processo civile nella legge di conversione del decreto-legge n. 18/20. Note a prima lettura, in www.giustiziainsieme.it;
[8] Cfr. sul tema D’ARRIGO-COSTANTINO-FANTICINI-SAIJA, Legislazione d’emergenza e processi esecutivi e fallimentari, nella collana I quaderni di inExecutivis, 2020; AA.VV., Dalla crisi all’emergenza: strumenti e proposte anti-Covid al servizio della continuità d’impresa, Centro Studi Diritto della crisi e dell’insolvenza, Mantova, 2020.
[9] Cfr. POLLASTRO, Emergenza sanitaria e crisi d’impresa: come contenere il contagio?, nonché CORNO-PANZANI, I prevedibili effetti del coronavirus sulla disciplina delle procedure concorsuali, entrambi in www.ilcaso.it.
[10] Si ricorda Cass. S.U. 01/02/2012, n. 1418, secondo il termine di cui all’art. 15 l.f. è un “termine dilatorio e a decorrenza successiva”, che va computato, secondo il criterio generale di cui all'art. 155, comma 1, c.p.c., escludendo il giorno iniziale (data di notificazione del ricorso introduttivo e del relativo decreto di convocazione) e conteggiando quello finale (data dell'udienza di comparizione).
[11] Ove è previsto, con norma di rilevantissimo impatto, che “Al fine di contenere gli effetti negativi dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, in tutto il territorio nazionale è sospesa, per la durata di sei mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare, di cui all'articolo 555 del codice di procedura civile, che abbia ad oggetto l'abitazione principale del debitore”.
[12] In cui si stabilisce nel testo definitivo che “L'esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, è sospesa fino al 1° settembre 2020”.
[13] Secondo Cass. civile, sez. VI, 26 ottobre 2018, n. 27288, “l'art. 10 l.f., come modificato dal d.lgs. n. 169 del 2007, nel prevedere la possibilità per il solo creditore e per il P.M., ma non per l'imprenditore, di provare il momento dell'effettiva cessazione dell'attività d'impresa, ai fini della decorrenza del termine per la dichiarazione di fallimento, non si pone in contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 Cost., atteso che, se fosse consentito all'imprenditore dimostrare una diversa e anteriore data di effettiva cessazione dell'attività imprenditoriale, rispetto a quella della cancellazione dal registro delle imprese, la tutela dell'affidamento dei terzi ne risulterebbe vanificata”.
[14] Secondo Cass. civile, sez. III, 4 aprile 2017, n. 8680, “l'azione revocatoria che il curatore esperisca ai sensi dell’art. 66 l.fall. non è soggetta al termine triennale di decadenza ex art. 69-bis l.fall., a tale interpretazione conducendo argomenti di natura sia letterale (atteso che il primo degli articoli citati stabilisce che l’esercizio dell’azione avvenga ‘secondo le norme del codice civile’, così come il secondo sancisce, per parte propria, che il regime da esso recato si applichi alle sole azioni ‘disciplinate’ dalla sezione della legge fallimentare in cui è collocato), sia sistematica, posto che l’azione conserva natura di revocatoria ordinaria, sia, infine, teleologica, apparendo irragionevole ipotizzare un indebolimento della tutela delle ragioni creditorie allorché esse involgano interessi - quelli della massa dei creditori - di valenza superiore a quello di cui è portatore un singolo creditore privato”.
[15] Sul punto cfr. Trib. Rimini, 2 aprile 2020, in www.ilcaso.it, secondo cui “la sospensione ex art. 83 DL 18/2020 "Cura Italia" si applica a tutti i termini della procedura di concordato preventivo”.
[16] In argomento: DIMUNDO, La “messa in quarantena” delle norme sulle perdite del capitale e sullo scioglimento delle società. Note sull’art. 6 del “Decreto Liquidità”, in www.ilcaso.it
[17] Sulla opportunità per la normativa emergenziale di affrontare anche le valutazioni di bilancio vds. BIANCO, Una proposta per la quantificazione dei prestiti agevolati covid-19, in www.ilcaso.it.
[18] In termini più ampi: LEUZZI, L’impatto della pandemia sui concordati preventivi omologati in continuità diretta: l’indagine, le soluzioni, in AA.VV., Dalla crisi all’emergenza: strumenti e proposte anti-Covid, cit.; PAZZI, La nuova dimensione del giudizio di risoluzione del concordato a seguito della legislazione di emergenza introdotta per la pandemia da coronavirus, in www.ilcaso.it
[19] Cfr. ad es. Cass. civile sez. I, 13/07/2018, n. 18738, secondo cui “il concordato preventivo deve essere risolto, a norma dell'art. 186 l.fall., qualora emerga che esso sia venuto meno alla sua funzione di soddisfare i creditori nella misura promessa, a meno che l'inadempimento non abbia scarsa importanza, a prescindere da eventuali profili di colpa del debitore, non trattandosi di un contratto a prestazioni corrispettive ma di un istituto avente una natura negoziale contemperata da una disciplina che persegue interessi pubblicistici e conduce, all'esito dell'omologa, alla cristallizzazione di un accordo di natura complessa ove una delle parti (la massa dei creditori) ha consistenza composita e plurisoggettiva”.
[20] Cfr. Cass. civile, sez. I, 13 giugno 2018, n.15435: “allorchè il concordato preventivo con riserva sia proposto in pendenza di istanza di fallimento, i termini concessi dal giudice per il deposito della proposta, del piano e della documentazione non sono soggetti alla sospensione feriale, in forza di quanto previsto dall'art. 3 della l. n. 742 del 1960 che, attraverso il richiamo all'art. 92 del r.d. n. 12 del 1941, la esclude per i procedimenti relativi alla dichiarazione e revoca di fallimenti”.
[21] In tema cfr. MAIOLINO, Gli obblighi informativi nella domanda di concordato in bianco ai tempi del Coronavirus, in www.ilcaso.it
[22] Così Trib. Reggio Emilia, est. Fanticini, 9 agosto 2013 e Corte d’Appello di Bologna, 18 dicembre 2013, in www.unijuris.it
[23] Il D.LGS. 12 gennaio 2019, n. 14, intitolato “Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155, è pubblicato sulla GU - Serie Generale n.38 del 14/02/2019, consultabile al seguente link: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2019/02/14/19G00007/sg
[24] In tema: AMBROSINI, La “falsa partenza” del codice della crisi, le novità del decreto liquidità e il tema dell’insolvenza incolpevole, in www.ilcaso.it
[25] Nella seduta del 13 febbraio u.s., il Consiglio dei Ministri ha approvato, in esame preliminare, il decreto legislativo che reca disposizioni integrative e correttive al Codice della Crisi, a norma di quanto previsto dall’art. 1, comma 1 della Legge 8 marzo 2019, n. 20.
[26] DELLA SANTINA, Le discipline dell’insolvenza e della crisi d’impresa ai tempi della pandemia da Covid – 19, in www.ilcaso.it, giustifica il rinvio in quanto “diversamente si verificherebbe, infatti, un’avversa «congiunzione astrale» per cui, per gli operatori del diritto della crisi, alla difficoltà di fronteggiare la più grave emergenza economica vissuta dopo la ricostruzione post bellica, si sommerebbe la difficoltà di dover utilizzare una strumentazione giuridica completamente nuova e quindi «sconosciuta» nella sua pratica applicazione”.
[27] Sui possibili sviluppi, cfr. CORNO-PANZANI, La disciplina dell’insolvenza durante la pandemia da Covid-19. Spunti di diritto comparato, con qualche riflessione sulla possibile evoluzione della normativa italiana, in www.ilcaso.it
Da ricordare la recentissima emanazione del d.p.c.m. 26 aprile 2020, nel segno di un iniziale e parziale superamento del c.d. lockdown (in Gazzetta Ufficiale n. 108 del 27 aprile 2020).
[28] Consultabile in https://www.fondazionenazionalecommercialisti.it/node/1439.
[29] Si noti che il parallelismo fra accordo di composizione della crisi e concordato sta alla base della pronuncia resa dalla recente Corte Cost. 29/11/2019, n.245, che ha sancito l'illegittimità costituzionale dell'art. 7, comma 1, terzo periodo, L. 27 gennaio 2012, n. 3, nella parte in cui escludeva la falcidiabilità del debito legato all’imposta sul valore aggiunto (tale statuizione, peraltro, riverbera i propri effetti anche nei confronti del piano del consumatore). Anche Cass. civile sez. I, 03/07/2019, n.17834, del resto, fonda la legittimità della dilazione ultrannuale dei creditori privilegiati sulla disciplina concordataria, i cui principi fondanti appaiono perciò applicabili analogicamente anche alle procedure concorsuali minori.
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