CrisiImpresa
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 27/04/2020 Scarica PDF
La disciplina dell'insolvenza durante la pandemia da Covid-19. Spunti di diritto comparato, con qualche riflessione sulla possibile evoluzione della normativa italiana
Giorgio Corno e Luciano Panzani, Giorgio Corno, Avvocato in Monza. Luciano Panzani, già Presidente della Corte d'Appello di Roma1. Le modifiche e le proposte di modifica alla legislazione in materia di insolvenza in alcuni Stati per far fronte all’emergenza Covid – 19[1]
La maggior parte degli Stati che sono stati interessati dal Coronavirus ha modificato o sta modificando[2] la propria legislazione in materia di insolvenza per tener conto delle difficoltà legate alla pandemia. Va tenuto presente che la disciplina ordinaria dell’insolvenza non è particolarmente efficiente per affrontare la crisi da Covid – 19 sia nel caso che si tratti di imprese insolventi che dovrebbero essere liquidate sia nel caso invece che vi siano possibilità di accordi con i creditori per procedere alla ristrutturazione.
Nel primo caso la crisi rende improbabile che l’attivo possa essere venduto con risultati soddisfacenti perché il mercato è completamente alterato. Nel secondo la ristrutturazione presuppone, secondo lo schema che si è diffuso in tutti i Paesi più sviluppati[3], la redazione di un piano da sottoporre ai creditori e al giudice (ovvero all’Autorità amministrativa che in taluni Paesi esercita funzioni analoghe), ma è estremamente difficile redigere un piano e formulare previsioni di fronte ad una crisi così ampia e generalizzata, dagli esiti ancora incerti.
Una tendenza generale delle riforme che sono state introdotte in molti Paesi, in particolare nell’Unione Europea[4], è di riservare gli interventi alle imprese che prima della crisi da Covid-19 si trovavano in buona salute, abbandonando le altre al loro destino perché se la soluzione è incerta per le prime, per le seconde le difficoltà sono molto maggiori. In questo senso vanno lette alcune delle norme italiane contenute nel decreto liquidità (d.l. 23/2020), in particolare quelle relative all’accesso ai finanziamenti ed alla possibilità di redigere i bilanci nella prospettiva della continuità aziendale se ciò era possibile nell’ultimo bilancio relativo ad esercizio chiuso prima del 23 febbraio 2020. Nello stesso senso vanno le norme in deroga alla disciplina della perdita del capitale sociale che riguardano gli esercizi chiusi entro il 31 dicembre 2020, anche se è possibile darne una interpretazione più ampia. Va però sottolineato che in molti casi è difficile verificare quando si sia determinato lo stato di crisi e se esso sia quindi anteriore o successivo all’emergenza Covid[5]. Su questo e su altri punti potrà, ove lo riterrà opportuno, intervenire il Parlamento, in sede di conversione del ricordato decreto liquidità.
2. Le tipologie di intervento adottate
Gli interventi adottati dai vari Paesi possono essere catalogati in cinque tipi diversi:
a) sospensione dell’obbligo dell’imprenditore di presentare una domanda di apertura di una procedura di ristrutturazione e/o insolvenza.
Quest’obbligo ricorre frequentemente in molti ordinamenti[6]. In Germania in particolare[7] vige la regola per cui l’imprenditore insolvente deve richiedere l’apertura della procedura senza ritardo e, comunque, entro tre settimane dal momento in cui si verifica tale situazione. In Francia, il debitore ha l'obbligo di richiedere l'avvio di una procedura collettiva entro 45 giorni dalla cessation des paiements. In Italia l’obbligo riguarda le sole imprese che si trovano in stato di insolvenza ove ne possano derivare conseguenze pregiudizievoli al debitore nel caso di aggravamento del dissesto (responsabilità penale per bancarotta semplice) e per beneficiare dell’esdebitazione. Il codice della crisi con il meccanismo dell’allerta ha previsto strumenti per facilitare l’ingresso in procedura dell’imprenditore in crisi, ma non ha creato nuovi obblighi perché la richiesta rimane doverosa soltanto in caso di insolvenza.
In Germania la normativa di emergenza per fronteggiare la crisi da C-19[8] sospende l'obbligo di chiedere l’apertura di una procedura di insolvenza fino al 30 settembre 2020. Tale data può essere prorogata con decreto esecutivo fino al 31 marzo 2021. Questa norma non si applica se (a) l'illiquidità o il sovraindebitamento non sia stato causato dalla crisi della Covid-19 o (b) non vi sia alcuna prospettiva di curare un’esistente insolvenza.
In Francia, la cessation des paiements deve essere valutata dal tribunale in base alla situazione del debitore al 12 marzo 2020. In pratica, il debitore che si trovi in stato di cessation des paiements al 12 marzo 2020 (escluso) non ha l’obbligo di richiedere l'avvio di una procedura collettiva, in quanto per un periodo di tre mesi dalla cessazione della fine del periodo di emergenza di due mesi[9] (salvo proroga) non sarà considerato in stato di cessation des paiements.
Anche l’Italia ha introdotto una deroga alla disciplina ordinaria perché l’art. 10 del d.l. 23/2020 dispone che tutti i ricorsi per dichiarazione di fallimento presentati tra il 9 marzo ed il 30 giugno 2020 sono improcedibili. La norma riguarda anche le procedure di l.c.a. e di amministrazione straordinaria, escluse quelle relative alle grandissime imprese disciplinate dal decreto Marzano[10]. La relazione illustrativa chiarisce che il divieto riguarda anche la domanda dell’imprenditore in proprio che avrà così maggior tempo per valutare la situazione dell’impresa. Va osservato che mentre le legislazioni citate eliminano l’obbligo dell’imprenditore di chiedere l’apertura della procedura d’insolvenza, ma non impediscono che egli si determini volontariamente in questo senso, ove lo ritenga opportuno, l’Italia ha scelto di considerare improcedibile la domanda in ogni caso. Si tratta di un unicum di cui sembra difficile giustificare la scelta, se non forse per far fronte alla difficoltà dei tribunali di provvedere finché dura la fase di lockdown.
Analoghe misure sono oggetto di valutazione da parte di altri Paesi[11]. Va sottolineato che questo tipo di provvedimenti non rappresenta una novità assoluta nel panorama legislativo. Già in occasione della Prima guerra mondiale il Courts (Emergency Powers) Act 1914 attribuiva ai giudici inglesi il potere di sospendere le procedure d’insolvenza (bankruptcy proceedings) quando l’incapacità del debitore di pagare i suoi debiti fosse conseguenza di circostanze riferibili, direttamente o indirettamente, alla guerra[12]. La stessa regola fu ripresa, in occasione della Seconda guerra mondiale, dal Courts (Emergency Powers) Act 1943 ( section 1[5]).
b) sospensione della possibilità per i creditori di proporre istanza di fallimento nei confronti dell’imprenditore insolvente da parte dei creditori.
L’Italia, come si è visto, ha sospeso la possibilità per i creditori di proporre istanza di fallimento nei confronti dell’imprenditore insolvente. Un provvedimento analogo è stato assunto dalla Spagna[13] ed è all’esame del legislatore della Repubblica Ceca[14] e della Russia[15]. Altri Paesi tra cui l’Australia[16], l’India[17] e Singapore[18] hanno invece innalzato la soglia al di sotto della quale non è possibile far luogo ad una domanda di pagamento (statutory demand)di una somma di danaro che possa fondare una presunzione di insolvenza come pure la durata del termine decorso il quale il mancato pagamento da parte del debitore fonda una presunzione di insolvenza, al fine della presentazione di una domanda di apertura di una procedura di insolvenza.
c) sospensione del dovere di ricapitalizzare o di liquidare (recapitalise or liquidate rule)
Diversi Paesi europei[19] e dell’America Latina[20], richiedono agli amministratori di società di promuovere la ricapitalizzazione della società o in alternativa la liquidazione, in sede volontaria o concorsuale, quando per effetto delle perdite il capitale sociale risulta perso in misura superiore ad una determinata percentuale. Com’è noto il principio vale anche in Italia. In Spagna gli amministratori sono personalmente responsabili se non provvedono entro due mesi dal momento in cui il patrimonio netto è sceso sotto la metà del capitale sociale[21]. In Italia la riforma del 2003 ha abolito una regola analoga, mantenendo però la responsabilità degli amministratori per i danni subiti dalla società, dai soci, dai creditori sociali e dai terzi ai sensi dell’art. 2485 c.c.
In considerazione della emergenza derivante dalla diffusione del C-19, diversi Paesi, tra cui l’Italia, hanno sospeso la norma. In Spagna la sospensione durerà sino alla fine dello stato d’emergenza dichiarato dal Governo[22]. In Italia il termine previsto dall’art. 6 del d.l. 23/2020 è sino al 31 dicembre 2020[23]. Si potrà valutare se tale termine debba essere prorogato, considerando che gli effetti della crisi sicuramente riguarderanno l’esercizio 2020 e quindi il bilancio che verrà approvato nella prima metà del 2021. Va inoltre considerato che le società che hanno perso il capitale sociale nel 2020 difficilmente saranno in grado di iniziare l’esercizio 2021 ripianando la perdita e si troveranno quindi nell’alternativa tra deliberare la ricapitalizzazione o la trasformazione della società e accedere ad una procedura di ristrutturazione che le ponga al riparo da tale onere. Sempre che, in sede di conversione, il termine del 31 dicembre 2020 non venga esteso.
d) Diritto di chiedere la sospensione dell’automatic stay
In alcuni Paesi di common law, come gli Stati Uniti, i creditori possono chiedere al giudice di sospendere l’automatic stay[24] cioè il divieto di procedere esecutivamente sui beni dei creditori quando il credito per il quale si agisce non abbia altrimenti adeguata protezione. Si tratta di un istituto che l’attuale disciplina dettata dalla legge fallimentare esclude che possa trovare applicazione in Italia, mentre la nuova regolamentazione delle misure provvisorie prevista dal Codice della crisi avrebbe consentito ai creditori di ottenere la revoca della sospensione delle azioni esecutive o di opporsi alla sua concessione ove non fosse stata ancora disposta e non fosse effetto automatico della presentazione della domanda di apertura della procedura concorsuale[25]. Tra i primi commentatori[26] si è osservato che sarebbe opportuno limitare od escludere questa possibilità, tenendo conto delle maggiori difficoltà che il debitore incontra in relazione alla crisi da Covid.
e) sospensione della responsabilità degli amministratori per wrongful trading
Un altro strumento cui sono ricorsi alcuni Stati, tra i quali vanno ricordati l’Australia[27], Singapore[28], e hanno intenzione di ricorrere il Regno Unito[29] e la Nuova Zelanda[30], è la sospensione della responsabilità degli amministratori per wrongful trading[31], vale a dire per aver proseguito l’attività d’impresa con pregiudizio dei creditori non adottando le misure necessarie a massimizzare il valore dell’impresa nell’interesse dei creditori. Questo provvedimento non è stato adottato dall’Italia. In parte la sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione delle società[32] svolge la medesima funzione, ma di fronte alle grandi difficoltà gestionali che gli amministratori di società incontreranno in questa fase, potrebbe essere utile l’adozione di soluzioni analoghe, quantomeno escludendo la responsabilità per colpa lieve, sul modello di quanto previsto per i professionisti intellettuali dall’art. 2236 c.c. che la limita alla colpa grave, oltre che naturalmente al dolo, quando sia questione di problemi tecnici di speciale difficoltà. Va però aggiunto che, a nostro avviso, nel caso degli amministratori le difficoltà sono legate alla situazione determinata da Covid – 19, sì che sarebbe improprio il riferimento alla specifica ipotesi regolata dall’art. 2236 che considera difficoltà legate a casi specifici e non alla situazione economica in generale che pone alle imprese problemi nuovi rispetto ai quali sarebbe arduo e ingeneroso configurare delle responsabilità. Parrebbe quindi ragionevole limitare, temporaneamente, la responsabilità degli amministratori alla colpa grave finché dura l’emergenza causata dalla pandemia.
Anche il tema dei finanziamenti bancari, sia pur assistiti dalla garanzia dello stato, può essere fonte di ipotesi di responsabilità per il rischio che essi possano determinare un aggravamento dell’esposizione debitoria. Il rischio è comune alla banca che si espone alla responsabilità per concessione abusiva di credito. I finanziamenti, infatti, pur assistiti dalla garanzia dello Stato ed agevolati, costituiscono pur sempre un debito destinato a gravare sui bilanci. Occorrerà quindi considerare specifici interventi per limitare anche questo tipo di responsabilità, anche per quanto concerne la normativa penale[33].
3. Le possibili ulteriori misure da adottare per fronteggiare l’emergenza Covid – 19
Altre misure che potrebbero essere adottate riguardano la sospensione dei termini per il pagamento dei debiti o una moratoria che blocchi le azioni esecutive dei creditori. Provvedimenti di questo tipo sono stati adottati in Germania per i consumatori e le microimprese[34]e in Svizzera[35]. Tale soluzione era stata proposta da alcuni studiosi in Italia, ma è stata scartata dal Governo nel timore che potesse incentivare la tendenza degli operatori economici a non pagare tempestivamente i propri debiti causando un effetto domino sull’intero sistema. Non è chiaro se il parlamento, in sede di conversione del d.l. liquidità, vorrà riconsiderare questa opportunità.
Ancora Singapore ha vietato ai creditori di risolvere i contratti pendenti in presenza di inadempimenti o di riscuotere le garanzie[36]. Il congelamento dei debiti e il divieto di clausole di risoluzione automatica dei contratti pendenti porrebbero le imprese al riparo dalle conseguenze dell’inadempimento che potrebbero distruggere il valore dell’impresa dal punto di vista della continuità aziendale. Si tratta però di regole che usualmente sono previste all’interno di procedure di ristrutturazione, quando l’imprenditore è sotto il controllo del giudice almeno per quanto concerne gli atti di straordinaria amministrazione e la finanza nuova. Sganciare questi istituti dal generale contesto di una procedura in atto genera il timore di un effetto distruttivo sui principi che regolano un sistema economico.
Alcuni ordinamenti hanno introdotto deroghe alla disciplina dell’azione revocatoria per gli atti di rimborso dei finanziamenti ricevuti dalle imprese a seguito della pandemia o attenuato la responsabilità degli amministratori per il compimento di atti potenzialmente lesivi degli interessi dei creditori[37].
Infine, va sottolineato che in alcuni ordinamenti di common law si ricorre da tempo alle c.d. procedure light touch o soft touch, vale a dire procedimenti in cui l’imprenditore si sottopone volontariamente al controllo di un administrator, che di regola è un insolvency practitioner con specifica qualifica per operare nel settore, mentre i directors rimangono in carica, a garanzia degli interessi dei creditori. Anche nel Regno Unito cominciano a proporsi casi analoghi, come recentemente nella vicenda Debenhams[38], anche se in realtà non esiste al momento nella legge inglese una disciplina del tutto coerente con quanto si va cercando di attuare.
Per quanto concerne l’Italia si può osservare che il c.d. light touch potrebbe corrispondere al concordato preventivo con riserva, senza però la necessità di presentare il piano in termini rigorosi, come prevede invece la legge italiana. Il decreto liquidità all’art. 9 ha prorogato i termini per la presentazione del piano, subordinando peraltro tale proroga alla decisione del tribunale caso per caso. La proroga non può comunque avere durata superiore ai novanta giorni e presuppone che il debitore abbia già beneficiato delle proroghe già precedentemente previste. A differenza di quanto era stabilito in precedenza, ora la proroga sino a novanta giorni può essere concessa anche quando vi sono istanze di fallimento pendenti[39].
4. Una moratoria straordinaria per gestire l’emergenza?
4.1 Le difficoltà di redigere un piano in una fase di emergenza e la necessità di una moratoria
Alcuni studiosi ritengono che l’attuale situazione di crisi derivante dalla pandemia non consenta la redazione di un piano di ristrutturazione, ma che sia comunque possibile far luogo ad un programma operativo ed all’indicazione di possibili scenari di riferimento nei cui limiti tale programma può essere considerato valido.
La scarsa propensione delle banche e del mercato finanziario in generale ad intervenire a favore di un’impresa incapace di proporre un piano di uscita dalla crisi, troverà soluzione in parte rilevante per il tramite delle iniezioni di liquidità garantite dallo Stato, mentre comunque tutti sono consapevoli che si tratta di far fronte ad una situazione molto particolare, comune a tutto il mercato.
Andrà valutato, a tal proposito, cosa fare con riguardo alle imprese che erano già in difficoltà prima del manifestarsi dell’emergenza Covid – 19 o che non sono in grado di dimostrare con chiarezza quando è insorta la situazione di crisi. Probabilmente sarebbe opportuno prevedere forme di accesso al credito, sia pur più rigorose di quelle ora stabilite dal decreto liquidità per le imprese che non si trovavano in tale situazione. In difetto di adeguati strumenti per dare liquidità, infatti, sia le prime che le seconde difficilmente potranno uscire indenni dalla crisi.
Ci si può domandare se in questo periodo in cui la vera difficoltà sta nel redigere un piano, pur ottenendo finanziamenti, non sarebbe opportuno consentire all’imprenditore di ottenere una moratoria che preservi l’operatività dell’impresa e l’integrità dei processi produttivi.
4.2 Moratoria conseguente ad un provvedimento del giudice. Una nuova amministrazione controllata, senza piano?
In alternativa al ricorso al c.d concordato in bianco, del quale si è già parlato, si potrebbe prevedere, in primo luogo, una procedura, sul modello della vecchia amministrazione controllata, in cui l’imprenditore si sottoponga al controllo del Tribunale, che nomina un commissario giudiziale con funzioni di controllo, con un termine abbastanza lungo, si potrebbe pensare ad un anno, nell’ambito del quale si applica la disciplina della moratoria[40], senza dover peraltro presentare un piano di ristrutturazione. Durante la moratoria l’imprenditore potrà cercare un accordo con i creditori volto a ritrovare l’equilibrio economico-finanziario al termine della procedura. Fermo restando che, al termine, qualora la situazione di difficoltà non si sia risolta, l’imprenditore valuterà se proporre una procedura di ristrutturazione vera e propria, ovvero dichiararsi insolvente e chiedere l’apertura di una procedura liquidatoria. Salve eventuali iniziative dei creditori o del PM, in caso di sua inerzia.
Il giudice potrebbe entrare in gioco soltanto nel caso di comportamenti in frode ai creditori o di impossibilità che la procedura possa utilmente proseguire, su segnalazione del commissario giudiziale, con conseguente improcedibilità della procedura di amministrazione controllata e l’apertura di una procedura di crisi o di insolvenza, come previste dalla legge fallimentare in vigore.
4.3 Moratoria conseguente ad un accordo stragiudiziale con i creditori, con controllo del tribunale
Il controllo giudiziale sull’impresa in difficoltà rappresenta una ragionevole garanzia contro il rischio di comportamenti di moral hazard, ma rappresenta un indubbio onere per i Tribunali italiani, le cui sezioni fallimentari sono già gravate da carichi rilevanti, e che debbono affrontare l’arretrato che si è formato durante la forzata riduzione dell’attività conseguente al lockdown.
Pertanto, in alternativa ad una nuova amministrazione controllata, si potrebbe immaginare ad una convenzione stragiudiziale diretta a disciplinare in via provvisoria gli effetti della crisi attraverso una moratoria temporanea dei crediti, sempre per un periodo ragionevole, di almeno un anno, raggiunto tra il debitore e la maggioranza qualificata dei creditori non garantiti, in deroga agli articoli 1372 e 1411 cod. civ., e che contempli anche la nomina di un professionista che operi nell’interesse di tutti i creditori. L’accordo sulla convenzione potrebbe essere raggiunto a seguito dell’esame della sussistenza dei crediti e dei possibili scenari individuati dal debitore ed una eventuale attestazione della loro coerenza da parte del ricordato professionista. L’accordo potrebbe essere pubblicato presso il registro delle imprese.
Anche in tal caso il giudice potrebbe entrare in gioco soltanto nel caso in cui l’accordo arrechi un ingiustificato pregiudizio agli interessi di un creditore o che vi è stata un’irregolarità sostanziale durante o in relazione alla formazione del consenso dei creditori; ovvero, ancora, di comportamenti in frode ai creditori o di impossibilità che la procedura possa utilmente proseguire, cui potrebbe seguire la revoca della moratoria.
L’accordo qui ipotizzato si differenzierebbe dalla convenzione di moratoria prevista dal vigente art. 182 septies, comma V, l.fall. e dall’art. 62 codice della crisi, perché riguarderebbe tutti i creditori e non soltanto quelli che fanno parte di una determinata categoria. Si porrebbe quindi il problema di decidere come raggiungere il consenso della maggioranza dei creditori e di regolare le eventuali opposizioni dei creditori dissenzienti o pretermessi.
È quantomeno dubbio, pertanto, che agli effetti pratici si guadagnerebbe tempo rispetto alla soluzione giudiziale della crisi e si ridurrebbe davvero il carico dei tribunali.
4.4 Moratoria conseguente alla pubblicazione nel registro delle imprese di autocertificazione del debitore.
Si può domandarsi, da ultimo, se non si possa immaginare una procedura di moratoria semplificata, dove la sospensione delle azioni esecutive e cautelari per un periodo prefissato segua in via automatica alla iscrizione nel Registro delle imprese di una dichiarazione del debitore, in una con la documentazione che fotografa la situazione dell’impresa, e con indicazione di un professionista con funzione di sorveglianza, sempre tra i soggetti che hanno i necessari requisiti di professionalità, onorabilità ed indipendenza, salva la facoltà del tribunale di designare altro soggetto su istanza dei creditori o del P.M. Ai creditori ed al P.M. dovrà essere riservata la possibilità di proporre opposizione[41], per ragioni predeterminate[42].
Laddove la continuità aziendale non possa essere utilmente ripristinata, neanche temporaneamente, o nelle ipotesi di frode, su istanza del professionista, del P.M. o di terzi creditori, il Tribunale, sentito il debitore, potrà ordinerà la cancellazione della iscrizione della autocertificazione con effetti di moratoria nel registro imprese.
* Il presente contributo è destinato (con gli aggiornamenti che si renderanno opportuni) al volume “Crisi di impresa ed emergenza sanitaria”, a cura di S. Ambrosini e S. Pacchi, che sarà pubblicato dalla casa editrice Zanichelli.
[1] Per una panoramica generale sulla normativa adottata in molti paesi del mondo, si rinvia a Insol International – World Bank Group, Global Guide: Measures adopted to support distressed businesses through the COVID-19 Crisis, in https://www.worldbank.org/en/topic/financialsector/brief/finance-and-covid-19-coronavirus. In dottrina si veda Gurrea Martinez, Insolvency Law in Times of COVID-19, Ibero-American Institute for Law and Finance, Working Paper 2/2020.
[2] Con riguardo al Regno Unito, in data 28 marzo 2020 il Business Secretary Alok Sharma (in una dichiarazione reperibile sul sito https://www.gov.uk/government/news/regulations-temporarily-suspended-to-fast-track-supplies-of-ppe-to-nhs-staff-and-protect-companies-hit-by-covid-19) ha annunciato alcune modifiche, fra le quali la sospensione delle disposizioni esistenti in materia di wrongful trading, "per consentire alle società britanniche in fase di salvataggio o di ristrutturazione di continuare a operare, dando loro un po' di respiro che potrebbe aiutarle ad evitare l'insolvenza". In proposito si veda Licht, What’s so Wrong with Wronfful Trading? – on Suspending Director Liability during the Coronavirus Crisis, OBLB post 9 April 2020.
[3] Fra i contributi più recenti sul tema, si veda Stanghellini, Mokal, Paulus, Tirado, Best practices in European restructuring. Contractualised distress resolution in the shadow of the law, 2018; nonchè a Wessels – Madaus, ELI Report on rescue of business in insolvency law, 2017. L’ approccio alle ristrutturazioni ora descritto è confermato, del resto, all’interno dell’Unione europea, dalla DIRETTIVA (UE) 2019/1023 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 20 giugno 2019 riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l'esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l'efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 (direttiva sulla ristrutturazione e sull'insolvenza)
[4] Una tabella comparativa delle misure relative all'insolvenza adottate o di cui è prevista l'adozione negli Stati membri, come comunicate fino al 16 aprile 2020, redatta dalla commissione europea, si veda https://e-justice.europa.eu/content_impact_of_the_covid19_virus_on_the_justice_field-37147-en.do. Analogo panorama delle riforme è stato predisposto da Insol Europe unitamente a Lexisnexis ed è reperibile sul sito della stessa organizzazione.
[5] Sarebbe, pertanto, opportuno che il legislatore italiano tenesse conto di questa difficoltà, considerando quanto ampia e diffusa fosse già la situazione di difficoltà delle imprese italiane prima della crisi, estendendo la possibilità di accedere ai finanziamenti agevolati anche ad una parte di tali imprese, sia pur con adeguate cautele.
[6] B. Wessels – S. Madaus, ELI Report cit., 166 evidenziano come tale dovere esista in Austria, Belgio, Francia, Germania, Grecia, Latvia, Polonia e Spania
[7] Si veda § 15a InsO (Insolvenzordnung) e il § 42 BGB. Secondo il diritto tedesco, la società è "insolvente" se non è in grado di pagare i propri debiti alla scadenza o se è "sovraindebitata".
[8] Si veda il § 1 ‘Gesetz zur vorübergehenden Aussetzung der Insolvenzantragspflicht und zur Begrenzung der Organhaftung bei einer durch die Covid-19-Pandemie bedingten Insolvenz. La norma nella traduzione italiana recita: “Il dovere di presentare istanza di fallimento ai sensi del paragrafo 15a della legge fallimentare e del paragrafo 42 (2) del codice civile è sospeso fino al 30 settembre 2020. La sospensione non si applica se l’insolvenza non è conseguenza della diffusione del virus SARS-CoV-2 (pandemia COVID-19) o se non vi sono prospettive di rimedio all’insolvenza. Nel caso in cui il debitore non fosse insolvente in data 31 dicembre 2019, si presume che l'insolvenza sia conseguenza della pandemia di COVID-19 e che vi siano prospettive di rimedio alla stessa. Se il debitore è una persona fisica, si applica il paragrafo 290 (1) n. 4 della legge fallimentare; tuttavia il diniego dell’esdebitazione non può essere fondato sul ritardo nell’apertura delle procedure di insolvenza nel periodo dal primo marzo 2020 al 30 settembre 2020. I precedenti periodi numero 2 e 3 si applicano conformemente”. Si veda Covid 19: le disposizioni della legge tedesca, a cura di Dolmetta, Malvagna, Spolaore, Giacomini, in http://www.dirittobancario.it/news/interventi-normativi/covid-19-le-disposizioni-della-legge-tedesca. Su questa normativa si veda A. Gurrea Martinez, Directors’ Duties of Financially Distressed Companies in the Time of COVID-19, in OBUB 24 Marzo 2020
[9] Previsto dalla loi n° 2020–290 du 23 mars 2020
[10] Da ultimo S. Ambrosini, La “falsa partenza” del codice della crisi, le novità del decreto liquidità e il tema dell’insolvenza incolpevole, in www.ilcaso.it, 2020.
[11] Il Ministero delle Finanze indiano ha indicato che, se la situazione attuale dovesse protrarsi oltre il 30 aprile 2020, il Governo potrebbe anche sospendere le disposizioni relative al deposito di una domanda di fallimento secondo le disposizioni di IBC per un periodo fino a sei mesi, per evitare che le società dall'essere costretti ad avviare una procedura di insolvenza a causa di inadempienze dovute all'epidemia di Covid-19, come risulta da https://pib.gov.in/PressReleseDetail.aspx?PRID=1607942
[12] Cfr. S. Baister, J. Tribe, The Suspension of Debt Obligations and Bankruptcy Laws during World War I and World War II: Lessons for Private Law during the Corona Pandemic from previous national crises, in corso di pubblicazione. In Italia durante la Prima guerra mondiale furono emanati i Decreti Luogotenenziali n. 739 del 27 maggio 1915 e n. 1143 del 25 luglio 1915 che però prevedevano soltanto la moratoria e quindi l’inesigibilità dei pagamenti nei confronti dei commercianti e delle società commerciali, cagionata dalle condizioni di guerra. Era però fatto onere al debitore di provare la circostanza tramite la produzione di libri di commercio, inventari e perizie giurate, dando idonee garanzie. Il beneficio della moratoria veniva concesso tramite il prudente apprezzamento del magistrato. Ovviamente la moratoria incideva anche sulla possibilità del creditore di chiedere il fallimento. Sul tema si veda M. Bergamaschi, Crisi d'impresa e tecnica legislativa: l'istituto giuridico della moratoria, Università di Brescia, Dipartimento di Economia aziendale, Paper 66, Brescia, 2007, 11 e ss.
[13] Il Regio Decreto-Legge 8/2020 del 17 marzo 2020 - che approva misure straordinarie urgenti per affrontare l'impatto economico e sociale di Covid-19 - ha previsto che le domande di fallimento dei creditori presentate durante lo Stato di Allarme o entro i due mesi successivi alla fine dello Stato di Allarme saranno valutate solo allo scadere di questo periodo di due mesi. Tuttavia, se entro tale termine viene presentata una domanda di apertura della procedura di insolvenza da parte del debitore, questa essere trattata con preferenza rispetto a qualsiasi domanda di apertura della procedura da parte di creditori, anche se la domanda di apertura da parte del debitore è stata depositata successivamente a quella dei creditori
[14] In data 31 marzo 2020 il governo della Repubblica Ceca ha proposto alcune misure per mitigare l'impatto di l'epidemia di coronavirus SARS-CoV-2 (di cui si parla anche colloquialmente come "Lex Covid"). Il 1° aprile 2020 il disegno di legge è stato presentato alla Camera dei Rappresentanti come “Bill 807”. Tale disegno di legge dispone, nella sostanza, che eventuali istanze di fallimento presentate dai creditori fino alla fine di agosto 2020 sono improcedibili. Sul punto v. Clifford Chance, Coronavirus: First Aid Measures in Czech Insolvency Law
[15] Secondo quanto riferisce K. Karadelis, UK joins other nations in suspending wrongful trading, in Global Restructuring Review 30 Marzo 2020
[16] In tal senso la nuova regola 5.4.01AAA del Corporations Regulations 2001, nonché le corrispondenti modifiche della legge prescritta modulo per statutory demands (modulo 509H). Su tali misure si vedano M. Murray – J. Harris, Managing the Insolvency Curve in Australia, OBLB, 20 aprile 2020
[17] Ai sensi dell'articolo 4 della legge fallimentare 2016 (IBC), l'importo minimo di inadempienza per l'avvio di una procedura di risoluzione dell'insolvenza nei confronti di una società era in precedenza INR100.000; ed è stato aumentato a 10.000.000 INR il 24 marzo 2020 dallo SO1205(E) del Ministry of Corporate Affairs Notification
[18] Covid-19 (Temporary Measures) Act 2020 (the Act) approvato dal Parlamento in 7 April 2020
[19] B. Wessels – S. Madaus, ELI Report cit., 164, con riguardo a Austria, Belgio, Germania, Grecia, Ungheria, Lettonia, Paesi Bassi, Polonia e Regno Unito. Gli autori citati evidenziano come tale dovere trovi fondamento nell’art. 19 della Direttiva 2012/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sul coordinamento delle garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all'articolo 54, secondo paragrafo, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa. Su questo tema v. L. Stanghellini, Directors’ duties and the optimal timing of insolvency. A reassessment of the “recapitalize or liquidate” rule, in Benazzo, Cera, Patriarca (ed), Il diritto delle società oggi. Innovazioni e persistenze, Utet, 2011
[20] Cfr. A. Gurrea Martinez, Insolvency Law in Times of COVID-19, cit.
[21] Secondo l’articolo 367 della Ley de Sociedades de Capital. Per una traduzione in inglese, sia pure del testo del 2010, si veda https://www.mjusticia.gob.es/cs/Satellite/Portal/1292428455808?blobheader=ap
[22] Prevista dal già ricordato Regio Decreto-Legge 8/2020 del 17 marzo 2020, che approva misure straordinarie urgenti per affrontare l'impatto economico e sociale di Covid-19
[23] Per un primo commento cfr. F. Dimundo, La “messa in quarantena” delle norme sulle perdite del capitale e sullo scioglimento delle società. Note sull’art. 6 del “Decreto Liquidità”, in www.ilcaso.it, 2020.
[24] Per gli Stati Uniti si veda 11 U.S. Code §362(d)(1). Gli Stati Uniti non hanno adottato provvedimenti specifici che riguardino la legislazione concorsuale intervenendo invece sulla disciplina bancaria e sulle possibilità di finanziamento alle imprese. Va però detto che il 20 febbraio 2020 è entrato in vigore lo Small Business Reorganization Act del 2019 (SBRA). Lo SBRA per le imprese con un debito totale non superiore a $ 2.725.625 rimuove alcune costose rigidità del Chapter 11, come la formazione obbligatoria di un comitato di creditori non garantiti, la supervisione dello U.S. Trustee, il voto del creditore sul piano di riorganizzazione. Il piano può essere approvato senza rispettare la regola della priorità assoluta – gli azionisti possono conservare il proprio capitale senza pagare tutti i creditori per intero o contribuire con “new value" - e gli administrative claims possono essere pagati in tempi più lunghi, piuttosto che al momento di approvazione del piano. E’ prevista la nomina di un private trustee, che ha il compito di facilitare l’esecuzione del piano, ma che non sostituisce il management esistente.
[25] In linea con la ricordata DIRETTIVA (UE) 2019/1023 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 20 giugno 2019 riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l'esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l'efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 (direttiva sulla ristrutturazione e sull'insolvenza), che la prevede espressamente all’art. 6, punto 9
[26] Cfr. ancora Gurrea Martinez, Insolvency Law in Times of COVID-19, cit.
[27] L'Omnibus Act introduce una nuova disposizione sul safe harbour nella sezione 588GAAA del Corporations Act 2001 (Cth) (Corporations Act), in modo che gli amministratori non siano più responsabili dei debiti contratti in caso di insolvenza in relazione ad eventuali debiti contratti dalla società nel semestre iniziale a partire dal 25 marzo 2019. A seconda dell'evoluzione della crisi di Covid-19, si può prevedere che questo semestre il periodo sarà prorogato dal Tesoriere del Commonwealth sotto forma di nuove disposizioni nel Corporations Regulations 2001 (Cth) (Regulations), in osservanza di quanto previsto dalla section 588GAAA(1)(b)(ii) of the Corporations Act. Il Corporations Act è reperibile presso https://www.legislation.gov.au/Details/C2017C00328
[28] Covid-19 (Temporary Measures) Act 2020 sections 22(2), 23(2), 24(2) and 25
[29] Si veda però la nota 2 al presente articolo. Si veda sul tema, inoltre, L. Conway,Coronavirus: changes to insolvency rules to help businesses, House of Commons library, Briefing paper 8877, 31 March 2020
[30] Il ministro delle finanze Grant Roberson ha affermato il piano di modificare il Companies Act 1993, al fine di consentire agli amministratori di società che si trovino a fronteggiare significativi problemi di liquidità a causa del Covid-19 di avere un safe harbour di sei mesi dalla responsabilità ai sensi delle s. 135 e 136 per reckless trading e per assumere obbligazioni durante l’insolvenza. Sul punto v. A. Licht, What’s so Wrong with Wrongful Trading? – on Suspending Director Liability during the Coronavirus Crisis, OBLB post 9 April 2020
[31] La normativa inglese di riferimento è contenuta nella normativa inglese, alle sezioni 214 e 246ZB dell'Insolvency Act del 1986. Sullo stesso argomento, con riguardo alla responsabilità degli amministratori di imprese insolventi e prossime alla insolvenza v. K. van Zwieten, Director Liability in Insolvency and Its Vicinity, Oxford journal of Legal Studies, vol. 38, issue 2, June 2018, pp. 382 - 489
[32] Art. 6 del decreto-legge 23 dell’8 aprile 2020
[33] Come espresso dal direttore generale dell’Abi, Giovanni Sabatini, in audizione alla commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche, mercoledì 22 aprile 2020
[34] Cfr. art. 5 Gesetz 20 marzo 2020 zur Abmilderung der Folgen der COVID-19-Pandemie im Zivil-, Insolvenz- und Strafverfahrensrecht che deroga all’art. 240 del libro introduttivo del codice civile. Il par. 1 recita: “Fino al 30 giugno 2020, il consumatori hanno diritto di non adempiere agli obblighi sorgenti dai contratti tra professionisti e consumatori relativi a prestazioni continuative conclusi prima dell’8 marzo 2020 quando, in conseguenza delle circostanze che possono essere riconducibili alla moltiplicazione delle infezioni causate dal virus SARS-CoV-2 (pandemia COVID-19), essi non sarebbero in grado di adempiere senza mettere in pericolo un livello di vita adeguato per sé o per i propri familiari a carico. Il diritto di non adempiere riguarda tutte le prestazioni continuative di natura essenziale. Le prestazioni continuative hanno natura essenziale quando sono organizzate come servizi di interesse generale”. Il par. 2 prevede analoga disciplina per le micro-imprese (secondo la definizione UE di cui alla Raccomandazione della Commissione Europea 2003/361/EC del 6 maggio 2003) quando “1. l’impresa non è in condizione di adempiere o 2. l’impresa non è in condizione di adempiere senza mettere in pericolo le basi economiche della propria attività”. Si veda Covid 19: le disposizioni della legge tedesca, a cura di Dolmetta, Malvagna, Spolaore, Giacomini, in http://www.dirittobancario.it/news/interventi-normativi/covid-19-le-disposizioni-della-legge-tedesca.
[35] SFC, Ordinance on the legal standstill in accordance with Article 62 of the Swiss Federal Code on Debt Enforcement and Bankruptcy, SR 281.241, 18 March 2020, reperibile sul sito https://www.admin.ch/opc/de/classified-compilation/20200804/index.htm
[36] Covid-19 (Temporary Measures) Act 2020 section 5(1)
[37] In questo senso la più volte citata legge tedesca 27 marzo 2020, art. 1, par. 2. Una parte di queste norme rientra nell’ambito dell’esonero dalla responsabilità per wrongful trading.
[38] Sulla quale vedi il recente articolo pubblicato sul Financial Times il 16 aprile 2020 “Companies explore ‘light touch’ administration in wake of Debenhams” su https://www.ft.com/content/76c7c985-ff8c-4707-b4e4-28eb7a8f7b62
[39] Sul punto cfr. S. Ambrosini, La “falsa partenza” del codice della crisi, le novità del decreto liquidità e il tema dell’insolvenza incolpevole, in www.ilcaso.it, 2020;
[40] Sul tema si veda ora l’interessante soluzione prospettata da F. Benassi, Brevi spunti per un’agile procedura di “sostegno” alle imprese in crisi da Coronavirus, in www..ilcaso.it, 2020. L’A. suggerisce una procedura in cui vi sia soltanto vigilanza sull’impresa senza necessità di autorizzazione per il compimento di atti di straordinaria amministrazione. Tale soluzione parrebbe a prima vista opportuna per semplificare al massimo l’accesso e il regime della procedura e ridurre anche l’impatto di tante domande sui tribunali. Va però tenuto conto del rischio di moral hazard per cui sarebbe forse opportuno immaginare che di fronte ad irregolarità, emerse anche nell’accesso e nell’utilizzo dei finanziamenti, il tribunale possa decidere l’adozione di un regime di controllo più rigoroso ovvero disporre la chiusura della procedura.
[41] La scelta di una moratoria automatica, salva l’eventuale opposizione, costituisce una evoluzione del pensiero degli autori – all’esito di incontri con esperti del settore – rispetto a quello espresso in G. Corno – L. Panzani, I prevedibili effetti del coronavirus sulla disciplina delle procedure concorsuali, in www.ilcaso.it, 2020
[42] Potrebbero, ad esempio, essere considerati: a) l’impresa non sia effettivamente esistente ed operativa e si tratti di un “guscio vuoto”, finalizzato a perpetrare frodi; b) amministratori e soci di riferimento siano indagati per reati gravi, soprattutto in materia di criminalità organizzata, o siano stati raggiunti da misure di prevenzione; c) la situazione di insolvenza sia successiva all’avvento del coronavirus.
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