Bancario
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 17/04/2020 Scarica PDF
Alla ricerca della liquidità perduta. Prime considerazioni sulle misure di sostegno alle imprese e sui loro possibili impatti sui ratios patrimoniali delle banche
Giulia Garesio, Dottoranda di ricerca presso l’Università degli Studi di TorinoIl saggio è pubblicato sul libro curato da M. Irrera:
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Sommario: 1. Premessa - 2. Le misure di sostegno relative alle esposizioni debitorie preesistenti - 3. Le misure di sostegno relative a nuovi finanziamenti - 3.1. Segue. L’intervento del Fondo centrale di garanzia PMI - 3.2. Segue. L’intervento di SACE s.p.a. - 4. Le esposizioni creditizie deteriorate - 5. Le indicazioni delle Authorities europee e di Banca d’Italia - 6. Osservazioni conclusive
1. Premessa
Le «Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali» – introdotte dal d.l. 8 aprile 2020, n. 23, (c.d. «Liquidità»)[1] – sono volte, espressamente, a sostenere «la liquidità delle imprese» e la «copertura di rischi di mercato particolarmente significativi», al fine di contenere gli effetti negativi che l’emergenza epidemiologica COVID-19 sta determinando «sul tessuto socio-economico nazionale».
Gli interventi previsti dal d.l. n. 23/2020 per le imprese, e, in particolare, per le piccole e medie imprese, si aggiungono alla prima tranche di misure varate con il d.l. 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. «Cura Italia»)[2], contenute al titolo III e finalizzate al «sostegno della liquidità attraverso il sistema bancario».
Esaminate brevemente le disposizioni normative precipuamente destinate a sostenere finanziariamente le imprese per il tramite degli istituti di credito, si svolgeranno alcune considerazioni a prima lettura sulle ripercussioni che queste potrebbero avere sugli attivi bancari e sui ratios patrimoniali.
2. Le misure di sostegno relative alle esposizioni debitorie preesistenti
Le prime misure adottate per far fronte all’emergenza epidemiologica ed ai suoi effetti sul tessuto imprenditoriale del nostro Paese, hanno interessato, inter alia, le esposizioni debitorie preesistenti nei confronti del sistema bancario[3].
Qualificando l’epidemia da COVID-19 come «evento eccezionale e di grave turbamento dell’economia» ex art. 107 del Trattato di funzionamento dell’Unione Europea, l’art. 56[4] del d.l. n. 18/2020, ha introdotto la possibilità – riconosciuta alle sole imprese che possiedono i requisiti previsti ex lege – di avvalersi delle seguenti misure di sostengo finanziario (2° co.), presentando apposita comunicazione all’ente creditore.
In primo luogo, gli importi accordati (ancorché non utilizzati) per le aperture di credito a revoca e per i prestiti concessi a fronte di anticipi su crediti esistenti alla data del 29 febbraio 2020[5], non possono essere oggetto di revoca (totale o parziale) sino al 30 settembre 2020, (così la lett. a del 2° co.).
In secondo luogo, i contratti relativi a prestiti non rateali, aventi scadenza pattuita anteriormente al 30 settembre 2020, sono prorogati sino a tale data, alle medesime condizioni, «unitamente ai rispettivi elementi accessori e senza alcuna formalità» (in questi termini, la lett. b del 2° co.)[6].
Infine, per quanto concerne i finanziamenti a rimborso rateale (mutui e leasing, in primis[7]), da un lato, è prevista la sospensione sino al 30 settembre 2020 del pagamento delle rate o dei canoni di leasing in scadenza anteriormente[8], e, dall’altro lato, è data la possibilità di dilazionare il piano di rimborso – «unitamente agli elementi accessori e senza alcuna formalità» – con modalità che non devono comportare aggravi di costi sia per il finanziatore sia per il finanziato (così la lett. c del 2° co.)[9].
I soggetti che possono beneficiare delle dilazioni previste dal 2° co. dell’art. 56 – espressamente volte a sostenere le «attività imprenditoriali danneggiate dall’epidemia di COVID-19» – devono rispettare determinati requisiti, tanto di natura dimensionale quanto di tipo, per così dire, qualitativo.
Deve trattarsi, innanzitutto, di micro, piccole o medie imprese, mutuandone espressamente la definizione fornita dalla Raccomandazione della Commissione Europea n. 2003/361/CE del 6 maggio 2003[10], le quali devono avere sede – legale? viene da chiedersi, nel silenzio della norma – in Italia (come dispone il 5° co. dell’art. 56), operanti in qualsiasi settore di attività economica.
A questi requisiti “preliminari”, devono poi aggiungersi due ulteriori condizioni, l’una individuata in positivo, l’altra in negativo, rispettivamente dal 3° e dal 4° co. dell’art. 56: l’impresa deve, per un verso, autocertificare all’ente creditore[11], ai sensi dell’art. 47 del d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445, di «aver subito in via temporanea carenze di liquidità quale conseguenza diretta della diffusione dell’epidemia da COVID-19»[12], e, per altro verso, non deve avere, alla data del 17 marzo 2020[13], esposizioni debitorie classificate come deteriorate «ai sensi della disciplina applicabile agli enti creditizi».
Se la formulazione del primo requisito pare di portata alquanto largheggiante, non fornendo indicazioni né sulla durata né sull’entità dello shortfall di liquidità, ma limitandosi, per converso, ad imporre uno stringente nesso causale tra la carenza di risorse liquide e (gli effetti delle misure di contenimento adottate per fronteggiare) l’epidemia, le restrizioni poste dal secondo requisito circoscrivono la platea delle imprese che potranno accedere alle misure di sostegno alle sole realtà imprenditoriali in bonis nei confronti del sistema bancario, escludendo così tutti quei soggetti già etichettati come cattivi pagatori[14].
Le misure di sostegno finanziario sulle esposizioni pregresse sono ammesse «senza valutazione» – su richiesta telematica del soggetto finanziatore – alla garanzia di una sezione speciale del Fondo di cui all’art. 2, 100° co., lett. a), l. 23 dicembre 1996, n. 662[15], la cui dotazione – prevista dal 6° co. dell’art. 56 del d.l. «Cura Italia» – ammonta a 1.730 milioni di euro (importo, questo, successivamente ridotto di complessivi 300 milioni di euro ad opera del d.l. n. 23/2020)[16].
La garanzia è determinata in misura pari al 33% per tutti e tre gli interventi di sostegno previsti dal 2° co. dell’art. 56, mentre a variare è, naturalmente, la base di calcolo: i) il maggiore utilizzo al 30 settembre 2020 rispetto all’importo in essere al 17 marzo 2020 per i prestiti di cui alla lett. a) del 2° co.; ii) l’ammontare dei finanziamenti prorogati disciplinati dalla lett. b) del medesimo comma; iii) le singole rate in scadenza entro il 30 settembre prossimo venturo, di cui è stata richiesta la sospensione del pagamento ai sensi della lett. c) del 2° co.
Trattasi, come specificato al 7° co., di una garanzia avente natura sussidiaria, concessa a titolo gratuito[17], la cui escussione è disciplinata dai successivi 8°, 9° e 10° co. dell’art. 56, che prevedono, tra l’altro, che essa possa essere richiesta se, nei diciotto mesi successivi al termine delle misure di sostegno di cui al 2° co., sono state avviate le correlate procedure esecutive[18].
L’importo complessivo dei prestiti alle piccole e medie imprese che dovrebbe essere interessato dalla moratoria prevista dall’art. 56 è stato stimato in circa 219 miliardi di euro, in prevalenza derivanti dalle linee di credito accordate in conto corrente, stando ai dati delle segnalazioni di vigilanza alla Banca d’Italia e da quelli della Centrale dei Rischi al 31 gennaio 2020[19].
Come rilevato nella relazione illustrativa al decreto, la moratoria, ancorché circoscritta temporalmente, «priva le banche della possibilità di valutare autonomamente se acconsentire o meno a modifiche alle condizioni contrattuali […] in base alla situazione economico-finanziaria dei debitori».
La moratoria straordinaria, come prosegue la relazione, «non genera nuovi o maggiori oneri per le banche» e dovrebbe essere «neutrale» in termini di qualificazione della qualità del credito, non determinando ipso facto un automatico cambiamento di classificazione per qualità creditizia delle esposizioni coinvolte, «salvo che non sussistano elementi oggettivi nuovi che inducano gli intermediari a rivedere il giudizio sulla qualità creditizia del debitore durante il periodo di moratoria».
Sicché, ad una prima lettura, parrebbe emergere la consapevolezza della sussistenza di un periodo di calma apparente sino al 30 settembre 2020, all’indomani del quale potrebbero addensarsi fitte nubi sulla qualità dei crediti pregressi, solo in parte garantiti dal Fondo centrale di garanzia PMI, con – allo stato dell’arte – inevitabili ricadute sui ratios patrimoniali degli istituti di credito[20].
3. Le misure di sostegno relative a nuovi finanziamenti
Per quanto concerne le misure approntate per iniettare liquidità nel tessuto imprenditoriale del nostro Paese, si osserva, in prima battuta, che le previsioni normative disciplinano l’introduzione di garanzie, per le quali un ruolo di primo piano è svolto dal Fondo centrale di garanzia PMI e dalla società SACE s.p.a., su cui ci soffermerà distintamente nei successivi paragrafi.
3.1. Segue. L’intervento del Fondo centrale di garanzia PMI
Il Fondo centrale di garanzia – oltre ad esser chiamato in causa, come visto, dall’art. 56 del d.l. n. 18/2020 – è lo strumento attorno al quale ruotavano le previsioni dell’art. 49 del decreto, già abrogate (ancor prima di esser convertite in legge) dall’art. 13 del d.l. n. 23/2020[21], il quale introduce nuove misure in deroga alla vigente disciplina del Fondo, sino al 31 dicembre 2020.
In particolare, il 1° co. dell’art. 13 del d.l. «Liquidità» prevede la concessione di garanzia da parte del Fondo a titolo gratuito (lett. a)[22], elevando l’importo massimo garantito per ogni singola impresa a 5 milioni di euro ed includendo tra i beneficiari anche le imprese con un numero massimo di dipendenti pari a 499 (lett. b).
La norma distingue poi diverse casistiche, cui sono correlate differenti percentuali di copertura della somma finanziata: tra queste, figurano le previsioni relative alle garanzie dirette, per le quali essa è pari al 90% dell’ammontare di ciascuna operazione finanziaria, la quale deve avere durata sino a 72 mesi e deve essere di importo tale da non superare, alternativamente, tre distinti parametri quantitativi (lett. c)[23].
Trattasi, segnatamente, i) del doppio della spesa salariale annua del beneficiario per l’anno 2019 (o per l’ultimo anno disponibile, o, ancora, in caso di imprese costituite a partire dal 1° gennaio 2019, deve esser considerato l’importo dei costi salariali annui previsti per i primi due anni di attività); ii) del 25% del fatturato totale del beneficiario nel 2019; iii) del fabbisogno per costi del capitale di esercizio e per costi di investimento nei successivi 18 mesi (per le PMI) o 12 mesi (per le imprese con numero massimo di dipendenti pari a 499), così come autocertificato dallo stesso soggetto beneficiario.
Al ricorrere di determinate condizioni[24], la percentuale di copertura per le riassicurazioni – in operazioni finanziarie con le medesime caratteristiche di importo e durata di cui sopra – è pari al 100% dell’importo garantito dai Confidi o da altri fondi di garanzia, purché le garanzie accordate da questi soggetti non superino la percentuale massima di copertura del 90% e non prevedano un premio per la remunerazione del rischio di credito (così la lett. d).
Inoltre – ed è questa una situazione “ibrida”, vertendo su debiti pregressi dell’impresa – sono ammissibili alla garanzia del Fondo, in misura pari all’80% per la garanzia diretta e al 90% dell’importo garantito da Confidi o altri fondi per riassicurazione[25], quei finanziamenti concessi «a fronte di operazioni di rinegoziazione del debito del soggetto beneficiario», a condizione che il nuovo prestito preveda l’erogazione di credito aggiuntivo in misura pari, almeno, al 10% del debito accordato in essere relativo al finanziamento rinegoziato (lett. e).
Come specificato alla successiva lett. g), la garanzia è concessa anche a quelle imprese che, alla data di richiesta della garanzia, presentano un’esposizione nei confronti del soggetto finanziatore classificata come «inadempienza probabile» oppure «scaduta o sconfinante deteriorata»[26], purché tale classificazione non sia precedente al 31 gennaio 2020, mentre sono in ogni caso escluse le imprese che hanno esposizioni classificate come «sofferenza».
Possono poi accedere alla garanzia le imprese che, successivamente al 31 dicembre 2019, sono state ammesse alla procedura di concordato con continuità aziendale ex art. 186 bis l.fall., o hanno stipulato accordi di ristrutturazione di cui all’art. 182 bis l.fall. oppure hanno presentato un piano attestato di cui all’art. 67, 3° co., lett. d), l. fall.[27], a condizione che, al 9 aprile 2020[28], le loro esposizioni «non siano più in una situazione che ne determinerebbe la classificazione come esposizioni deteriorate», non consti di importi in arretrato successivi all’applicazione delle misure di concessione e la banca possa ragionevolmente presumere – dall’analisi della situazione finanziaria del debitore – il rimborso integrale dell’esposizione in scadenza, ai sensi dell’art. 47 bis, 6° co., lett. a) e c), del Regolamento (UE) n. 575/2013[29].
Inoltre, ancora ai sensi della lett. g), 1° co., dell’art. 13, la garanzia è concessa senza applicazione del modello di valutazione di cui alla parte IX, lettera a), delle condizioni di ammissibilità e disposizioni di carattere generale per l’amministrazione del Fondo di garanzia riportate in allegato al decreto del Ministero dello sviluppo economico del 12 febbraio 2019, fermo restando quanto già previsto dall’art. 6, 2° co., del decreto ministeriale del 6 marzo 2017[30], e fatte salve le previsioni di cui alla successiva lett. m), 1° co., dell’art. 13.
Stando a quest’ultima disposizione[31], possono essere ammessi alla garanzia del fondo, con una copertura integrale sia in garanzia diretta sia in riassicurazione, i nuovi finanziamenti concessi dalle banche, dagli intermediari finanziari di cui all’art. 106 T.U.B. e dagli altri soggetti abilitati alla concessione del credito, che siano erogati a favore di PMI e persone fisiche esercenti «attività di impresa, arti o professioni», che autocertifichino, ai sensi dell’art. 47 d.p.r. n. 445/2000, che «l’attività d’impresa è stata danneggiata dall’emergenza COVID-19».
Così individuati i (potenzialmente numerosi) soggetti che possono beneficiare della garanzia, si circoscrive l’intervento ai finanziamenti che prevedano un periodo di preammortamento di 24 mesi dall’erogazione, abbiano una durata massima di 72 mesi e siano di importo non superiore al 25% dei ricavi del soggetto beneficiario, risultante dall’ultimo bilancio depositato o dall’ultima dichiarazione fiscale presentata alla data della domanda di garanzia, mentre per i beneficiari costituiti successivamente al 1° gennaio 2019, il riferimento può essere tratto «da altra idonea documentazione», ivi compresa un’autocertificazione ex art. 47 d.p.r. n. 445/2000. In ogni caso, l’importo massimo del finanziamento è pari a 25 mila euro.
La norma prosegue illustrando la nozione di nuovo finanziamento e la determinazione del tassi di interesse da applicare alle predette operazioni finanziarie[32], specificando che l’intervento del Fondo centrale di garanzia PMI è concesso «automaticamente, gratuitamente e senza valutazione» e che il soggetto finanziatore è tenuto ad erogare il finanziamento, «subordinatamente alla verifica formale del possesso dei requisiti, senza attendere l’esito definitivo dell’istruttoria da parte del gestore del Fondo medesimo»[33].
Nel complesso, per le finalità di cui all’art. 13, il Fondo centrale di garanzia PMI è stato dotato di 1.729 milioni di euro per l’anno 2020 (così il 10° co.).
3.2. Segue. L’intervento di SACE s.p.a.
L’art. 1 del decreto «Liquidità», rubricato «Misure temporanee per il sostegno alla liquidità delle imprese», verte sulle garanzie che potranno accompagnare i «finanziamenti sotto qualsiasi forma» erogati da banche, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e dagli altri soggetti abilitati all’esercizio del credito in Italia.
Il 1° co. della norma precisa che la garanzia in questione sarà offerta da SACE s.p.a.[34] sino al 31 dicembre 2020, per le imprese con sede in Italia, le quali siano state «colpite dall’epidemia COVID-19», diverse da banche o altri soggetti autorizzati all’esercizio del credito.
L’impegno assunto da SACE s.p.a. è pari a complessivi 200 miliardi di euro, di cui almeno 30 miliardi devono essere destinati alle piccole e medie imprese – «come definite dalla Raccomandazione della Commissione Europea n. 2003/361/CE, ivi inclusi i lavoratori autonomi e i liberi professionisti titolari di partita IVA» – che abbiano già sfruttato «pienamente» la loro capacità di accesso al Fondo centrale di garanzia PMI.
La garanzia, «in conformità con la normativa europea in tema di aiuti di Stato»[35], è offerta per finanziamenti di durata non superiore a 6 anni, con la possibilità di avvalersi di un periodo di preammortamento di durata pari al più a 24 mesi (art. 1, 2° co., lett. a).
Il beneficiario deve essere, nondimeno, in possesso di alcuni requisiti qualitativi, individuati dalla successiva lett. b) del 2° co.: al 31 dicembre 2019 non deve rientrare nella categoria delle imprese in difficoltà ai sensi del Regolamento (UE) n. 651/2014, del Regolamento (UE) n. 702/2014 e del Regolamento (UE) n. 1388/2014[36]; e al 29 febbraio 2020 non deve presentare – presso l’intero sistema bancario e non nei confronti del solo ente finanziatore – esposizioni deteriorate.
Inoltre, deve assumersi specifici impegni[37]: non deve approvare la distribuzione di dividendi o il riacquisto delle azioni nel corso del 2020 (vincolo da estendere anche alle altre imprese del gruppo residenti in Italia)[38]; deve gestire i livelli occupazionali mediante accordi sindacali; deve destinare il finanziamento ottenuto al sostegno dei costi del personale, di investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali in Italia (come da documentato e attestato del legale rappresentante).
Per quanto concerne l’importo del prestito garantito (lett. c)[39], è stabilito un ammontare massimo dato dal maggiore tra i) il 25% del fatturato annuo dell’impresa nel 2019, risultante dal bilancio o dalla dichiarazione fiscale, e ii) il doppio dei costi del personale per il medesimo anno, come indicati in bilancio oppure, ove questo non sia stato approvato, da dati certificati.
Questo secondo riferimento è l’unico previsto per le imprese che abbiano iniziato la propria attività successivamente al 31 dicembre 2018, per le quali è possibile prendere in considerazione i costi del personale attesi per i primi due anni di attività, documentati e attestati dal legale rappresentante della impresa.
La garanzia, come prevede la lett. g), è destinata a coprire finanziamenti di nuova erogazione, concessi successivamente al 9 aprile 2020, il cui costo «deve essere inferiore al costo che sarebbe stato richiesto dal soggetto o dai soggetti eroganti per operazioni con le medesime caratteristiche ma prive di garanzia, come documentato e attestato dal rappresentante legale dei suddetti soggetti eroganti» (così la lett. h). Ciò al fine di «mitigare effetti speculativi e assicurare che i vantaggi della garanzia siano trasferiti all’economia reale», come puntualizzato nella relazione illustrativa al decreto.
La percentuale di copertura[40], regolata alla successiva lett. d), varia in misura decrescente in ragione dell’ammontare del fatturato e del numero di dipendenti dell’impresa, da un massimo del 90% dell’importo finanziato (per imprese con meno di 5 mila dipendenti in Italia e fatturato sino a 1,5 miliardi di euro) ad un minimo del 70% (per le imprese che, a prescindere dalla forza lavoro impiegata, hanno un fatturato superiore a 5 miliardi di euro).
La garanzia è a prima richiesta, esplicita, irrevocabile e «conforme ai requisiti previsti dalla normativa di vigilanza prudenziale ai fini della migliore mitigazione del rischio» (lett. f), non è gratuita e l’ammontare delle commissioni annuali è disciplinato alla lett. e) del 2° co. dell’art. 1.
Inoltre, la garanzia in questione è controgarantita di diritto dallo Stato, a prima richiesta e senza regresso: trattasi di garanzia esplicita, incondizionata e irrevocabile, estendendosi al rimborso del capitale, al pagamento degli interessi e di ogni altro onere accessorio, al netto delle commissioni ricevute per le medesime garanzie (art. 1, 5° co.).
Per il rilascio delle garanzie di SACE s.p.a., la procedura è differenziata, distinguendosi i finanziamenti a favore di imprese con meno di 5 mila dipendenti in Italia ed un fatturato inferiore a 1,5 miliardi di euro (6° co.), da quelli nei confronti di imprese beneficiarie che superano uno dei due parametri (7° co.): per le prime, è prevista una procedura semplificata, che consente di accedere alla garanzia di SACE s.p.a. solo all’esito positivo della delibera di erogazione del finanziamento da parte del soggetto finanziatore, al quale spetta la presentazione della richiesta di emissione della garanzia e che, a sua volta, procederà all’erogazione del finanziamento garantito soltanto a seguito delle verifiche effettuate da SACE[41]; per le seconde, il rilascio della garanzia è subordinato alla decisione assunta con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro dello sviluppo economico, sulla base dell’istruttoria trasmessa dalla stessa SACE s.p.a. e tenendo in considerazione l’attività che l’impresa beneficiaria svolge in Italia[42].
Le operazioni di garanzia disciplinate dall’art. 1 del decreto «Liquidità» possono essere oggetto di appositi decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, in punto di modalità attuative ed operative, nonché di integrazione dei requisiti richiesti (così il 10° co.), mentre è prevista sin d’ora la rendicontazione periodica da parte dei soggetti finanziatori alla SACE s.p.a., al fine di «riscontrare il rispetto da parte dei soggetti finanziati e degli stessi soggetti finanziatori degli impegni e delle condizioni» previsti dall’art. 1, su cui la società deve riferire periodicamente al Ministero (9° co.).
4. Le esposizioni creditizie deteriorate
Come emerge ad una prima lettura delle disposizioni contenute tanto nel decreto «Cura Italia» quanto nel decreto «Liquidità»[43], al sistema bancario è stato affidato un ruolo centrale per traghettare le imprese danneggiate dalla pandemia oltre la situazione emergenziale ed i suoi strascichi.
Ne è ben consapevole Banca d’Italia, che, nella raccomandazione diffusa il 10 aprile 2020, ha sottolineato come agli intermediari sia richiesto «un impegno importante, sia per l’oggettiva difficoltà in cui versano tutti i settori di attività economica, incluso quello della finanza, sia in relazione alla rapida evoluzione della normativa emergenziale»[44].
Senza addentrarsi, in queste brevi considerazioni a prima lettura, in attesa della conversione dei decreti «Cura Italia» e «Liquidità», sui tecnicismi sottostanti alla complessa regolamentazione della vigilanza prudenziale sulle banche, da un lato, e all’applicazione dei criteri di valutazione degli attivi bancari ai fini della predisposizione dei conti annuali e dei conti consolidati – IAS/IFRS compliant[45] – degli istituti di credito, vale la pena di interrogarsi sull’impatto che le misure di sostegno alla liquidità delle imprese potrebbero avere sui ratios patrimoniali delle banche.
A porsi sono, tra le altre, questioni correlate alla qualità dei crediti, tanto quelli preesistenti all’emergenza epidemiologica quanto quelli che, come è verosimile ritenere, sorgeranno nei mesi a venire, a fronte delle erogazioni concesse a favore delle imprese in tensione finanziaria.
I crediti deteriorati – non profit exposures (NPE)[46] – assumono rilevanza, in generale, e pur con diverse sfumature (via via più restrittive), sia ai fini delle segnalazioni di vigilanza cui sono tenuti gli intermediari[47], sia in relazione ai requisiti patrimoniali prudenziali di cui al Regolamento (UE) n. 575/2013 (noto come Capital Requirements Regulation, in breve CRR)[48], nonché nella predisposizione dei bilanci degli istituti di credito, conformi ai principi contabili internazionali, e, segnatamente, al principio IFRS 9 – «Strumenti finanziari»[49] – il quale si fonda su un approccio expected credit loss, proiettato in una dimensione forward looking nella quantificazione delle perdite (attese, per l’appunto) sui crediti[50], fortemente influenzate da incrementi significativi del rischio di credito.
Si tratta di profili tra loro strettamente interconnessi, in quanto, tra le esposizioni deteriorate rilevanti ai fini del par. 3 dell’art. 47 bis del Regolamento (UE) n. 575/2013 figurano, alla lett. b), quelle che «si ritiene abbiano subito una riduzione di valore ai sensi della disciplina contabile applicabile».
Sicché un deterioramento della qualità del credito erogato si riflette non solo nell’appostazione di maggiori rettifiche di valore, con conseguente compressione dei risultati dell’esercizio, ma anche nella determinazione dei ratios patrimoniali degli istituti di credito, incidendo tanto sul denominatore (risk weighted assets, vale a dire gli attivi ponderati per il rischio), quanto al numeratore, comportando la necessità di effettuare deduzioni, più o meno consistenti, dai fondi propri della banca (segnatamente dagli elementi del capitale primario di classe 1, noto come CET 1).
Non solo. Tra le esposizioni deteriorate che rilevano ai fini del par. 3 dell’art. 47 bis del Regolamento n. 575/2013 sono comprese quelle per le quali si ritiene «sia intervenuto un default ai sensi dell’articolo 178»: norma, quest’ultima, che riconduce il default del debitore al verificarsi di almeno uno degli eventi indicati nella suddetta disposizione normativa, vale a dire i) qualora l’ente ritenga «improbabile che, senza il ricorso ad azioni quale l’escussione delle garanzie, il debitore adempia integralmente alle sue obbligazioni creditizie verso l’ente stesso, la sua impresa madre o una delle sue filiazioni», e ii) la sussistenza di un «arretrato» di oltre 90 giorni su un’obbligazione creditizia rilevante per l’ente.
Muovendo poi dall’individuazione delle esposizioni deteriorate alla determinazione delle correlate deduzioni dagli elementi del capitale primario di classe 1, si rammenta che, ai sensi del par. 1 dell’art. 47 quater del Regolamento n. 575/2013, occorre tener conto non soltanto della parte non garantita delle esposizioni deteriorate, ma anche di quella garantita, definita come «la parte dell’esposizione che, ai fini del calcolo dei requisiti di fondi propri a norma della parte tre, titolo II, è considerata coperta da protezione del credito di tipo reale o di tipo personale o integralmente e completamente garantita da ipoteche».
5. Le indicazioni delle Authorities europee e di Banca d’Italia
Nello scenario dianzi brevemente tratteggiato, ben si comprendono i timori correlati ad un peggioramento dei ratios patrimoniali degli istituti di credito, espressi financo nella relazione illustrativa del d.l. n. 23/2020[51].
In proposito, in un comunicato stampa della European Banking Authority del 14 aprile 2020, in cui sono stati diffusi i dati del “risk dashboard” relativi al 4° trimestre del 2019 – nei quali, pertanto, non sono ancora riflessi in alcun modo gli effetti della pandemia – si rileva come i ratios patrimoniali delle banche europee e la qualità dei loro attivi siano migliorati, ancorché consti di un decremento in termini di redditività netta, sintetizzato dal peggioramento dell’indice Roe[52].
Una situazione, questa, che ha spinto l’EBA ad un cauto ottimismo sulla capacità di fronteggiare lo sforzo cui saranno chiamate le banche nei mesi (se non negli anni) a venire[53], pur nella piena consapevolezza degli attesi deterioramenti negli attivi bancari nei prossimi trimestri[54] e delle ombre sulla redditività degli istituti di credito, derivanti dal combinato effetto di crescenti oneri per fronteggiare i rischi e decrescenti proventi derivanti da commissioni.
Ragion per cui, l’Autorità Bancaria Europea ha incoraggiato le Autorità di vigilanza nazionali a sfruttare appieno tutti i margini di flessibilità concessi dalla regolamentazione vigente, volta ad assicurare che le banche siano dotate di fondi propri adeguati e liquidity buffers, che consentano di assorbire le perdite derivanti dalla congiuntura economica negativa[55]. Indicazioni, queste, accompagnate da solleciti concernenti l’astensione dalla distribuzione di dividendi o da acquisti di azioni proprie[56], nonché dall’invito alle competenti Autorità di richiedere la revisione delle politiche di remunerazione, in particolare delle componenti variabili, da fissare a livelli conservativi[57].
L’EBA, inoltre, è intervenuta al fine di fornire alcune indicazioni sull’applicazione della disciplina prudenziale in materia di default, forbearance[58]e IFRS 9[59], puntualizzando che eventuali moratorie («public or private») adottate per fronteggiare le conseguenze della pandemia non devono essere automaticamente considerate come «misure di concessione»[60], ancorché ciò non rimuova l’obbligo, per gli istituti di credito, di valutare la qualità del credito delle suddette esposizioni e di indentificare qualsiasi situazione in cui emergano improbabilità di adempimento.
Con precipuo riferimento all’applicazione del principio contabile internazionale IFRS 9, l’Autorità Bancaria Europea ha rimarcato il grado di discrezionalità pur sempre sotteso alle valutazioni che esso richiede in termini di «significativo incremento del rischio di credito», il quale non sussisterebbe automaticamente per la sola adesione a misure di moratoria finalizzate a contenere l’impatto dell’emergenza pandemica.
Per l’EBA, gli istituti di credito sono chiamati a distinguere[61] tra debitori per i quali il merito creditizio non dovrebbe essere significativamente inciso dalla situazione contingente nel lungo termine, da quelli che, viceversa, è improbabile che riescano a ripristinare la propria affidabilità.
In questo contesto, nondimeno, occorrerà tenere in considerazione la mitigazione delle perdite attese derivante dall’esistenza di garanzie pubbliche e collateral.
Sulle implicazioni contabili che la pandemia comporta nella quantificazione delle perdite attese su crediti in conformità al principio IFRS 9, si è espressa, in data 25 marzo 2020, anche la European Securities and Markets Authority (ESMA), in un public statement.
Tra i vari profili affrontati, si è focalizzata l’attenzione anche sulle garanzie pubbliche, che, di per sé – come rilevato nel public statement – non incidono sulla valutazione dell’incremento significativo del rischio di credito: nondimeno, al ricorrere di determinate condizioni, esse potranno rilevare ai fini della determinazione della expected credit loss.
Anche Banca d’Italia si è espressa su questi profili, con precipuo riferimento agli effetti della moratoria prevista dall’art. 56 del d.l. n. 18/2020, nelle osservazioni formulate sul disegno di legge A.S. 1766, relativo alla conversione del decreto «Cura Italia»[62].
In esse, si rileva che, di per sé, la moratoria dovrebbe essere neutra «dal punto di vista attuariale», non comportando perdite per la banca[63], non determinando «automaticamente una riclassificazione da performing a deteriorato»[64].
Contabilmente, si è aggiunto, la posizione dovrà essere trattata in conformità con quanto previsto dal principio contabile internazionale IFRS 9, precisando che, in linea generale, «la moratoria non dovrebbe determinare automaticamente e di per sé l’incremento significativo del rischio di credito che impone una riclassificazione dallo stadio 1 allo stadio 2», con conseguente variazione nel calcolo delle rettifiche di valore.
Inoltre, per «attenuare gli effetti sui bilanci bancari di un possibile peggioramento significativo nella qualità del credito al termine del periodo di moratoria», è stata introdotta la garanzia pubblica, a copertura (solo) parziale delle esposizioni interessate, attivabile in caso di inadempimento del debitore.
Come precisato nelle osservazioni di Banca d’Italia, non trattandosi di garanzia a prima richiesta, essa «non comporta una riduzione degli assorbimenti patrimoniali delle banche» e dovrebbe consentire di abbattere le perdite sui prestiti deteriorati concessi alle imprese oggetto della garanzia pubblica: considerando una perdita prossima al 70% dell’importo nominale – indicata, nel documento, come la perdita media stando ai dati più recenti – la banca rimarrebbe così incisa “soltanto” per il 37% dell’importo finanziato, sfruttando l’abbattimento delle perdite derivante dall’escussione della garanzia.
6. Osservazioni conclusive
Le misure di sostegno alla liquidità delle imprese ricadono, in larga parte, sulle spalle del sistema bancario, ancorché (in parte) opportunamente coperte da garanzia pubblica[65], per il tramite del Fondo centrale di garanzia PMI e di SACE s.p.a.[66].
Molteplici sono le questioni sollevate da questi interventi, sulla cui effettiva capacità di sostenere il tessuto imprenditoriale del nostro Paese è troppo presto per pronunciarsi, a fortiori considerando il rapido avvicendarsi dei provvedimenti normativi ed i tempi di attuazione delle misure.
Sostenere la liquidità delle imprese consentendo una moratoria – a certe condizioni, come visto – sui debiti pregressi e agevolando l’erogazione di nuovi finanziamenti mediante la concessione di garanzie pubbliche[67], può sì alleviare temporaneamente la tensione finanziaria conseguente all’emergenza pandemica, ma solo ove consenta alle imprese di riattivare un ciclo produttivo virtuoso, recuperando i fatturati evaporati e ripristinando il ciclo finanziario ordinario, onde evitare che le misure approntate si traducano in un peggioramento (più o meno irreversibile) della posizione finanziaria dei prenditori[68].
In questa prospettiva, le misure predisposte sono destinate, in larga parte, a soggetti che, prima del dilagare dell’epidemia da COVID-19, non presentavano esposizioni deteriorate: la scelta di favorire i debitori, in senso lato, in bonis parrebbe costituire una selezione naturale di quei soggetti che, astrattamente, dovrebbero avere maggiori possibilità di superare le difficoltà finanziarie contingenti, ancorché sorga spontaneo domandarsi quale possa essere la sorte di tutti coloro che, per una ragione o per l’altra, non rispondono ai requisiti soggettivi previsti dalle norme[69].
Un contesto, questo, nel quale si inseriscono, a cascata, gli effetti che tali interventi di sostegno della liquidità avranno sul sistema bancario, in quanto, se è pur vero che numerose sono le misure adottate per mitigare l’impatto che un massiccio deterioramento qualitativo dei crediti potrebbe avere sulle banche – a partire da un allentamento dei requisiti prudenziali, annunciato dalla Banca Centrale Europea il 12 marzo 2020, passando per i margini di discrezionalità consentiti dall’applicazione dell’IFRS 9, sino alle previsioni in tema di dismissione delle non performing exposures[70] – molto dipenderà dall’entità delle inadempienze che, a conti fatti e in mancanza di modifiche nella normativa di riferimento[71], resteranno “sul groppone” del sistema bancario.
[1] Pubblicato in Gazzetta Ufficiale, 8 aprile 2020, n. 94, ed. straord., con entrata in vigore dal giorno successivo alla sua pubblicazione (come disposto dall’art. 44). Sulle previsioni del capo II e del capo III del decreto, v. M. Di Sarli, Redazione del bilancio e dintorni ai tempi del coronavirus: prime riflessioni, in www.ilcaso.it, 11 aprile 2020; M. Irrera, E. Fregonara, La crisi d’impresa e la continuità aziendale ai tempi del coronavirus,in www.ilcaso.it, 15 aprile 2020; I. Pollastro, La tutela delle imprese italiane: tra misure adottate (Golden Power) e misure suggerite (voto maggiorato), in www.ilcaso.it, 10 aprile 2020; M. Spiotta, La (presunzione di) continuità aziendale al tempo del Covid-19, in www.ilcaso.it, 11 aprile 2020.
[2] Recante «Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19», pubblicato in Gazzetta Ufficiale, 17 marzo 2020, n. 70, ed. straord. Tra i primi commenti alle disposizioni normative, v. M. Irrera, Le assemblee (e gli altri organi collegiali) delle società ai tempi del coronavirus (con una postilla in tema di associazioni e fondazioni), in www.ilcaso.it, 22 marzo 2020.
[3] Trattasi di debiti contratti nei confronti di banche, intermediari finanziari ex art. 106 T.U.B., e «degli altri soggetti abilitati alla concessione del credito in Italia», come specifica il 2° co. dell’art. 56. Per «assicurare un efficiente e rapido utilizzo delle misure a supporto della liquidità» è stata costituita un’apposita task force tra Ministero dell’economia e delle finanze, la Banca d’Italia, l’Associazione Bancaria Italiana e il Mediocredito Centrale (MCC).
[4] Rubricato «Misure di sostegno finanziario alle micro, piccole e medie imprese colpite dall’epidemia di COVID-19».
[5] La norma aggiunge, inoltre, «o, se superiori, a quella di pubblicazione del presente decreto».
[6] Nella relazione illustrativa al decreto, si rileva che «gli eventuali oneri amministrativi per la realizzazione dell’operazione restano a carico dell’intermediario creditore; eventuali elementi accessori (garanzie) sono prorogati coerentemente».
[7] Quandanche «perfezionati tramite il rilascio di cambiali agrarie».
[8] Anche solo limitatamente al rimborso della quota capitale, su richiesta dell’impresa.
[9] Parimenti per la terza misura di sostegno nella relazione illustrativa si specifica che eventuali oneri amministrativi per la realizzazione dell’operazione permangano a carico dell’intermediario.
[10] L’art. 2 dell’allegato alla Raccomandazione, offre le seguenti definizioni:
«1. La categoria delle microimprese delle piccole imprese e delle medie imprese (PMI) è costituita da imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di euro.
2. Nella categoria delle PMI si definisce piccola impresa un’impresa che occupa meno di 50 persone e realizza un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di euro.
3. Nella categoria delle PMI si definisce microimpresa un’impresa che occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di euro».
Trattasi di parametri dimensionali che ampliano la platea dei soggetti rispondenti alle definizioni, se poste a raffronto con le più contenute soglie previste per la predisposizione del bilancio in forma abbreviata (art. 2435 bis c.c.) o di quello riservato alle microimprese, diversamente identificate dall’art. 2435 ter c.c.
[11] Autocertificazione che, ai sensi del 3° co., deve essere presentata unitamente alla richiesta di dilazione o sospensione di cui al 2° co.
[12] Come osservato da E. Zanetti, Autocertificazione di carenza di liquidità per Covid-19 senza parametri, in Quotidiano Eutekne, 30 marzo 2020, la declinazione al passato del verbo «rende inequivoco il fatto che non possa essere considerata rispondente al vero una autocertificazione interamente proiettata in un’ottica previsionale», dovendosi già esser verificati «i presupposti idonei a determinare» in via temporanea la carenza di liquidità.
[13] Vale a dire la data di pubblicazione del decreto legge.
[14] Come si legge nella relazione illustrativa, la «misura si rivolge specificamente alle microimprese e piccole e medie imprese che, benché non presentino esposizioni deteriorate, hanno subito in via temporanea carenze di liquidità per effetto dell’epidemia, che non implicano comunque modifiche significative alla loro capacità di adempiere alle proprie obbligazioni debitorie».
[15] Ovverosia il Fondo centrale di garanzia PMI. Come specificato nella relazione illustrativa al decreto, la garanzia pubblica è stata prevista per «attenuare gli effetti economici di un possibile peggioramento significativo nella qualità del credito al termine del periodo di moratoria».
[16] L’ultimo periodo del 7° co. dell’art. 56 prevede che venga accantonato, per ciascuna operazione ammessa a garanzia, un importo non inferiore al 6% dell’importo garantito a valere sulla dotazione della sezione speciale, a titolo di copertura del rischio.
[17] Come puntualizzato all’11° co., la suddetta garanzia «opera in conformità all’autorizzazione della Commissione Europea prevista ai sensi [dell’] articolo 107 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea», mentre, entro trenta giorni dal 17 marzo 2020 – data di entrata in vigore del decreto – potranno essere integrate le disposizioni operative del Fondo di garanzia per le PMI previsto dalla l. n. 662/1996.
[18] Specificamente, la norma prevede che siano state avviate procedure esecutive in relazione a: «(i) l’inadempimento totale o parziale delle esposizioni di cui al comma 2, lettera a); (ii) il mancato pagamento, anche parziale, delle somme dovute per capitale e interessi relative ai prestiti prorogati ai sensi del comma 2, lettera b); (iii) l'inadempimento di una o più rate di prestiti o canoni di leasing sospesi ai sensi del comma 2, lettera c)».
[19] Informazioni tratte dall’edizione provvisoria del dossier n. 232/2 (p. 203), avente ad oggetto «D.L. 18/2020 – A.C. 2463. Parte II – Profili finanziari», datato 15 aprile 2020 e disponibile sul sito del Senato della Repubblica, www.senato.it. Sulla rilevanza dell’informazione statistica nel delineare adeguate misure per fronteggiare l’emergenza epidemiologica ed i suoi effetti sull’economia e sull’occupazione, v. la nota di Banca d’Italia diffusa il 14 aprile 2020 da C. Biancotti, A. Rosolia, F. Venditti e G. Veronese, Salviamo i dati economici dal COVID-19, reperibile sul sito www.bancaditalia.it.
[20] In argomento, v. M. Irrera, G. Policaro, Il sostegno alla liquidità delle PMI da parte del sistema bancario ai tempi del coronavirus, in www.federalismi.it, 6 aprile 2020, p. 6.
[21] Rubricato «Fondo centrale di garanzia PMI» e contenuto nel capo II del decreto, recante le «Misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall’emergenza COVID-19». Sulle differenze sussistenti tra le due disposizioni, v. la circolare diffusa dall’ABI in data 9 aprile 2020, n. 686.
[22] Non è dovuta, inoltre, la commissione per il mancato perfezionamento delle operazioni finanziarie, di cui all’art. 10, 2° co., d.m. 6 marzo 2017 (così la lett. h, 1° co., dell’art. 13).
[23] La norma è condizionata espressamente alla previa autorizzazione della Commissione Europea ex art. 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea: autorizzazione accordata in data 14 aprile 2020.
Inoltre, per i beneficiari che abbiano un ammontare di ricavi non superiore a 3,2 milioni di euro, i quali autocertifichino che la propria attività di impresa è stata danneggiata dall’emergenza COVID-19, la garanzia di cui alla lett. c) può essere cumulata con un’ulteriore garanzia concessa da Confidi o altri soggetti abilitati al rilascio di garanzie, a valere su risorse proprie, la quale non può essere superiore al 25% dei ricavi del beneficiario (così la lett. n, 1° co., dell’art. 13).
[24] Anche in questo caso, previa autorizzazione della Commissione Europea. La lett. d) prevede, inoltre, che «fino all’autorizzazione della Commissione Europea e, successivamente alla predetta autorizzazione per le operazioni finanziarie non aventi le predette caratteristiche di durata e importo di cui alla lettera c) e alla presente lettera d), le percentuali di copertura sono incrementate, rispettivamente, all’80 per cento per la garanzia diretta di cui alla lettera c) e al 90 per cento per la riassicurazione di cui alla presente lettera d)».
[25] A condizione, in questo caso, che le garanzie da questi offerte non siano superiori all’80% dell’importo finanziato.
[26] Rinviando alle definizioni del paragrafo 2, parte B, della circolare del 30 luglio 2008, n. 272, della Banca d’Italia, e sue successive modificazioni.
[27] Sulle conseguenze, a livello concorsuale, dell’emergenza sanitaria, v., tra gli altri, G. Corno, L. Panzani, I prevedibili effetti del Coronavirus sulla disciplina delle procedure concorsuali, in www.ilcaso.it, 25 marzo 2020; M. Ferro, La sopravvivenza della legge fallimentare al Coronavirus: il limbo della giustizia concorsuale dopo il D.L. 23/2020, in Quotidiano giuridico, 10 aprile 2020; R. Brogi, Diritto emergenziale della crisi d’impresa all’epoca del Covid-19, in www.osservatorio-oci.org.
[28] Data di entrata in vigore del decreto.
[29] La norma, dedicata alle «Esposizioni deteriorate», stabilisce che quelle «oggetto di misure di concessione cessano di essere classificate come esposizioni deteriorate ai sensi dell’articolo 36, paragrafo 1, lettera m), se sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:
a) le esposizioni non sono più in una situazione che ne determinerebbe la classificazione come esposizioni deteriorate ai sensi del paragrafo 3; […]
c) dopo l’applicazione delle misure di concessione non vi sono importi in arretrato e l’ente, sulla base dell’analisi della situazione finanziaria del debitore, è convinto che verosimilmente vi sarà il rimborso integrale dell’esposizione alla scadenza».
[30] Il 2° co. dell’art. 6, dedicato alla «Applicazione del modello di valutazione», dispone che, «ferma restando la sussistenza dei requisiti soggettivi e oggettivi previsti dalla vigente normativa del Fondo per l’accesso alla garanzia, il modello di valutazione non si applica alle richieste di intervento relative a operazioni finanziarie:
a) riferite a nuove imprese;
b) riferite a start-up innovative e incubatori certificati, qualora ricorrano le condizioni di cui all’art. 3, commi 2 e 3, del decreto interministeriale 26 aprile 2013;
c) di microcredito;
d) di importo non superiore a euro 25.000,00 per singolo soggetto beneficiario, ovvero a euro 35.000,00 qualora presentate da un soggetto garante autorizzato;
e) a rischio tripartito di cui all’art. 8».
[31] Anch’essa sottoposta alla previa autorizzazione della Commissione Europea ai sensi dell’art. 108 T.F.U.E.
[32] Come stabilisce il penultimo periodo della lett. m), «il soggetto richiedente applica all’operazione finanziaria un tasso di interesse, nel caso di garanzia diretta o un premio complessivo di garanzia, nel caso di riassicurazione, che tiene conto della sola copertura dei soli costi di istruttoria e di gestione dell’operazione finanziaria e, comunque, non superiore al tasso di Rendistato con durata residua da 4 anni e 7 mesi a 6 anni e 6 mesi, maggiorato della differenza tra il CDS banche a 5 anni e il CDS ITA a 5 anni, come definiti dall’accordo quadro per l’anticipo finanziario a garanzia pensionistica di cui all’articolo 1, commi da 166 a 178 della legge 11 dicembre 2016, n. 232, maggiorato dello 0,20 per cento».
[33] Come osservato da E. Zanetti, Per i finanziamenti fino a 25 mila euro istruttorie semplificate, non immediate, in Quotidiano Eutekne, 15 aprile 2020, «la norma sposta dunque sulle banche le aspettative dei beneficiari di una rapida erogazione, caricando le medesime dei connessi “rischi operativi”», ragion per cui «una istruttoria da parte della banca, seppur semplificata, resta comunque necessaria».
Nel modulo per la richiesta di garanzia al Fondo centrale di garanzia PMI ex art. 13, 1° co., lett. m), del decreto «Liquidità» – reso disponibile il 14 aprile 2020 sul sito del Fondo, www.fondidigaranzia.it – il soggetto richiedente dichiara «di impegnarsi a trasmettere al Gestore del Fondo ovvero al soggetto richiedente tutta la documentazione necessaria per effettuare i controlli orientati all’accertamento della veridicità dei dati contenuti nel modulo di richiesta e dell’effettiva destinazione dell’agevolazione del Fondo e di essere a conoscenza che il soggetto richiedente, per le medesime finalità, potrà inviare al Gestore documentazione riguardante i dati andamentali dell’impresa provenienti dalla Centrale Rischi di Banca d’Italia o da altra società privata di gestione di sistemi di informazione creditizia», esplicitando altresì le finalità per le quali è stata richiesta l’operazione finanziaria.
[34] Come specificato nei considerando introduttivi del decreto, «SACE S.p.A. in virtù della specializzazione acquisita nella valutazione del merito di credito delle aziende e dei rischi, nonché nella determinazione del prezzo congruo delle garanzie, appare il soggetto idoneo a svolgere la funzione di rilascio delle garanzie secondo il regime previsto dalla Comunicazione della Commissione Europea del 19 marzo 2020, ampliando, tramite la concessione di diritto della garanzia dello Stato sugli impegni da questa assunti, la capacità finanziaria di rilascio di garanzie sul credito e sulla copertura di rischi di mercato».
[35] L’efficacia delle previsioni di cui ai primi nove commi dell’art. 1 è stata subordinata, ai sensi del 12° co., all’approvazione della Commissione Europea di cui all’art. 108 T.F.U.E.
[36] Nel documento illustrativo disponibile sul sito di SACE s.p.a. – dedicato alla «Garanzia dello Stato su Finanziamenti concessi dalle banche» – sono riportati, nell’Annex 1, i requisiti che «identificano l’assenza di condizioni di difficoltà finanziaria». Tra questi figurano l’incidenza delle perdite d’esercizio sul patrimonio netto inferiore al 50%, nonché – per le imprese diverse dalle PMI – il rapporto tra ammontare dei debiti e patrimonio netto inferiore a 7,5 negli ultimi due anni e il rapporto tra Ebitda (o margine operativo lordo) e oneri finanziari maggiore a 1 (anche in questo caso negli ultimi due anni).
[37] Elencati, rispettivamente, alle lett. i), l) e n) del 2° co. dell’art. 1.
[38] Il fine è quello di assicurare che «l’impiego delle risorse sia destinato principalmente ad investimenti produttivi», come si legge nella relazione illustrativa al decreto.
[39] Ulteriori precisazioni sulla determinazione dei parametri in questione sono fornite al successivo 3° co.
[40] «In concorso paritetico e proporzionale tra garante e garantito nelle perdite per mancato rimborso del finanziamento».
[41] Precisamente, la lett. b) del 6° co. dell’art. 1 stabilisce che gli intermediari «trasmettono la richiesta di emissione della garanzia a SACE s.p.a. e quest’ultima processa la richiesta, verificando l’esito positivo del processo deliberativo del soggetto finanziatore ed emettendo un codice unico identificativo del finanziamento e della garanzia».
[42] La valutazione è effettuata considerando i seguenti elementi: «a) contributo allo sviluppo tecnologico; b) appartenenza alla rete logistica e dei rifornimenti; c) incidenza su infrastrutture critiche e strategiche; d) impatto sui livelli occupazionali e mercato del lavoro; e) peso specifico nell’ambito di una filiera produttiva strategica».
[43] Per entrambi, alla data in cui si scrive, è ancora in corso l’iter di conversione in legge.
[44] La rilevanza delle banche e degli intermediari finanziari è ricordata anche nella Comunicazione della Commissione Europea del 19 marzo 2020, recante il «Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19» – pubblicata in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 20 marzo 2020, C 91 I/1 e oggetto di un primo addendum in data 3 aprile 2020 – nella quale, al punto 5, si precisa che «le banche e gli altri intermediari finanziari hanno un ruolo fondamentale nel far fronte agli effetti dell’epidemia di COVID-19 mantenendo il flusso di credito all’economia. Se il flusso di credito sarà assoggettato a forti limitazioni, l’attività economica subirà un brusco rallentamento poiché le imprese avranno difficoltà a pagare i propri fornitori e dipendenti. In tale contesto è opportuno che gli Stati membri possano adottare misure per incentivare gli enti creditizi e gli altri intermediari finanziari a continuare a svolgere il proprio ruolo e a sostenere le attività economiche nell’UE».
[45] Come noto, gli schemi e le regole di compilazione del bilancio bancario sono contenuti nella Circolare n. 262 del 22 dicembre 2005 di Banca d’Italia (e sue successive modifiche).
[46] In argomento, si vedano le «Linee guida per le banche sui crediti deteriorati (NPL)», diffuse dalla Banca Centrale Europea nel mese di marzo 2017; nonché le «Linee guida per le banche Less Significant italiane in materia di gestione di crediti deteriorati», predisposte dalla Banca d’Italia nel mese di gennaio 2018.
[47] Regolamento di esecuzione della Commissione (UE) n. 680/2014 del 16 aprile 2014, e sue successive modificazioni, che «stabilisce norme tecniche di attuazione per quanto riguarda le segnalazioni degli enti a fini di vigilanza conformemente al Regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio».
[48] Ai sensi dell’art. 47 bis, par. 3,del Regolamento (UE) n. 575/2013 del 26 giugno 2013, sono classificate come esposizioni deteriorate, rilevanti ai fini dell’art. 36, par. 1, lett. m) – vale a dire ai fini della determinazione degli importi da dedurre dagli elementi del capitale primario di classe 1, dovendosi procedere ad una deduzione per «l’importo applicabile della copertura insufficiente per le esposizioni deteriorate» – le seguenti esposizioni:
«a) le esposizioni in relazione alle quali si ritiene che sia intervenuto un default ai sensi dell’articolo 178;
b) le esposizioni che si ritiene abbiano subito una riduzione di valore ai sensi della disciplina contabile applicabile;
c) le esposizioni in prova ai sensi del paragrafo 7, qualora siano state accordate misure di concessione aggiuntive o qualora le esposizioni siano scadute da oltre 30 giorni;
d) le esposizioni in forma di impegno che, qualora utilizzato o altrimenti attivato, non verrebbe probabilmente rimborsato in modo integrale senza escussione delle garanzie reali;
e) le esposizioni sotto forma di garanzia finanziaria che sarebbe probabilmente attivata dalla parte garantita, compresi i casi in cui l’esposizione garantita sottostante soddisfa i criteri per essere considerata deteriorata.
Ai fini della lettera a), nei casi in cui l’ente abbia in bilancio esposizioni verso un debitore scadute da oltre 90 giorni le quali rappresentano più del 20% del totale delle esposizioni in bilancio verso il medesimo debitore, tutte le esposizioni in bilancio e fuori bilancio verso detto debitore sono considerate deteriorate».
[49] Endorsed con il Regolamento (UE) n. 2016/2067 del 22 novembre 2016, che ha sostituito il previgente IAS 39 («Strumenti finanziari. Classificazione e valutazione»).
[50] In breve: la valutazione è effettuata seguendo un approccio a tre stadi:
- stadio 1 («Performing»). Trattasi di posizioni con rischio creditizio basso, per le quali la stima della perdita attesa viene considerata con riferimento a portafogli collettivi per un periodo di 12 mesi;
- stadio 2 («Under Performing»). Sono posizioni con rischio creditizio intermedio, per le quali si verificano inadempienze prolungate nel tempo o un peggioramento a livello di rating, nonché evidenti difficoltà economiche o finanziarie. L’orizzonte temporale ai fini della quantificazione delle perdite è pari alla durata contrattuale residua;
- stadio 3 («Non Performing»). Le posizioni così qualificate hanno rischio creditizio alto, potendosi già essere manifestata una perdita, che richiedono una valutazione analitica per ciascuna singola esposizione.
[51] Trattando delle misure introdotte all’art. 5, concernenti il differimento dell’entrata in vigore del Codice della crisi e dell’insolvenza, si è rilevato che «la data di entrata in vigore è stata quindi di fatto spostata di un anno, allorquando non solo la fase peggiore della crisi si sarà auspicabilmente esaurita, ma anche saranno state attuate – a livello nazionale ed internazionale – tutte quelle misure (si pensi solo alla revisione dei requisiti patrimoniali delle banche che, in un panorama di massiccio incremento delle sofferenze, necessiteranno di un’adeguata rivalutazione, ma si pensi anche ad una revisione complessiva degli indici economici) che appaiono necessarie perché il Codice possa operare con concrete possibilità di successo».
Timori manifestati anche dalla Commissione Europea, che nel «Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19» del 19 marzo 2020 ha precisato, al punto 7, che «se, a causa dell’epidemia di COVID-19, le banche dovessero aver bisogno di sostegno diretto sotto forma di ricapitalizzazione della liquidità o di misure per le attività deteriorate, occorrerebbe valutare se tale misura soddisfa le condizioni di cui all’articolo 32, paragrafo 4, lettera d), punti i), ii) o iii) della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio. Qualora queste ultime condizioni fossero soddisfatte, la banca che riceve tale sostegno diretto non sarebbe considerata in condizione di dissesto o rischio di dissesto. Dal momento che si tratta di misure prese per affrontare problemi legati all’epidemia di COVID-19, rientrerebbero nel campo di applicazione del punto 45 della comunicazione sul settore bancario, che prevede un’eccezione all’obbligo della condivisione degli oneri da parte degli azionisti e dei creditori subordinati».
[52] Acronimo di Return on equity, che misura la redditività del capitale proprio di un’impresa.
[53] Si legge, nel comunicato stampa, che «sound capital positions should enable EU banks to weather expected upcoming impacts stemming from the Coronavirus crisis and to provide lending to the economy at the time of need. The recent supervisory measures will also ensure that banks can efficiently deploy their capital buffers during the unfolding crisis. In addition, the suspension of dividends and variable remuneration aim at maintaining banks’ sound capital base».
[54] Nonostante, si legge nel comunicato stampa, «extensive monetary and fiscal stimulus programmes as well as policy responses such as guidance on debt moratoria might provide some relief to banks and their customers».
[55] In questi termini v. «EBA statement on actions to mitigate the impact of COVID-19 on the EU banking sector», diffuso il 12 marzo 2020.
[56] Nello statement datato 31 marzo 2020 – «on dividends distribution, share buybacks and variable remuneration» – si legge che «the capital relief resulting from the measures adopted by competent authorities in response to COVID 19 crisis are to be used to finance the corporate and household sectors and not to increase the distribution of dividends or make share buybacks for the purpose of remunerating shareholders».
[57] Si rileva, nel già citato statement del 31 marzo 2020, che «to achieve an appropriate alignment with risks stemming from the COVID-19 pandemic a larger part of the variable remuneration could be deferred for a longer period and a larger proportion could be paid out in equity instruments».
[58] Ovverosia le misure c.d. «di concessione» adottate dagli istituti di credito al fine di consentire al debitore di ritornare in bonis, disciplinate dall’art. 47 ter del Regolamento n. 575/2013.
[59] V. lo «statement on the application of the prudential framework regarding Default, Forbearance and IFRS9 in light of COVID19 measures» del 25 marzo 2020.
[60] Nelle successive «Guidelines on legislative and non-legislative moratoria on loan repayments applied in the light of the COVID-19», diffuse dall’EBA il 2 aprile 2020, sono stati individuati i requisiti che le moratorie devono presentare per non costituire «misure di concessione», specificando che «the payment moratoria do not trigger forbearance classification and the assessment of distressed restructuring if they are based on the applicable national law or on an industry- or sector-wide private initiative agreed and applied broadly by relevant credit institutions».
[61] «Exercising this discrimination would contribute to mitigate any potential cliff effect of transfers between stages and would help to avoid exaggerating the effects of the shock», come specificato nello statement del 25 marzo.
[62] Datate 25 marzo 2020 e presentate alla 5° commissione – «Programmazione economica e Bilancio» – del Senato della Repubblica. In esse si rileva espressamente che «la moratoria dei prestiti potrebbe risultare la misura di sostegno alle imprese più efficace tra quelle introdotte dal decreto. Nei periodi di rapido deterioramento delle prospettive economiche e di elevata incertezza sulla durata e l’intensità di una recessione, infatti, gli intermediari non solo tendono ad adottare criteri più restrittivi nella concessione di nuovi prestiti ma rivedono anche le condizioni contrattuali di quelli concessi in passato, ad esempio abbreviandone le scadenze o riducendone l’importo. Nell’attuale congiuntura, è verosimile che le tensioni finanziarie delle imprese possano derivare soprattutto dalla revisione contrattuale dei prestiti già in essere, in quanto la domanda di nuovi finanziamenti risulterà inevitabilmente condizionata dal calo dei volumi produttivi e dalla revisione dei piani di investimento».
[63] «O benefici per l’impresa (salvo quello, desiderato, di fornire sollievo a situazioni di tensione di liquidità».
[64] Sul punto si veda anche la comunicazione di Banca d’Italia del 23 marzo 2020, recante «Precisazioni in materia di segnalazioni alla Centrale dei rischi», ove si chiarisce che «il soggetto finanziato non potrà essere classificato a sofferenza dal momento in cui il beneficio è stato accordato».
[65]Come rilevato dalla Commissione Europea il 19 marzo 2020, al punto 24 del «Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19», «al fine di garantire l’accesso alla liquidità alle imprese che si trovano in una situazione di improvvisa carenza, le garanzie pubbliche sui prestiti per un periodo e un importo del prestito limitati possono costituire una soluzione adeguata, necessaria e mirata nelle attuali circostanze». Nella suddetta comunicazione, oltre agli aiuti sotto forma di garanzie, sono indicate anche misure di sostegno in termini di tassi di interesse agevolati per i prestiti, veicolabili, al pari delle garanzie, direttamente dallo Stato o per il tramite degli enti creditizi (punto 28). Come precisato al successivo punto 29, nondimeno, «anche se sono direttamente destinati alle imprese che devono far fronte a un’improvvisa carenza di liquidità e non agli enti creditizi o ad altri enti finanziari, gli aiuti in oggetto possono anche costituire un vantaggio indiretto per questi ultimi. Tuttavia, tali aiuti indiretti non hanno l’obiettivo di preservare o ripristinare la redditività, la liquidità o la solvibilità degli enti creditizi. Di conseguenza, la Commissione ritiene che tali aiuti non dovrebbero essere qualificati come sostegno finanziario pubblico straordinario - ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, punto 28, della direttiva che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, punto 29, del regolamento che fissa norme e una procedura uniformi per la risoluzione degli enti creditizi e di talune imprese di investimento nel quadro del meccanismo di risoluzione unico e del Fondo di risoluzione unico - e che non dovrebbero essere valutati alla luce delle norme sugli aiuti di Stato applicabili al settore bancario».
[66] Cui si aggiunga Cassa depositi e prestiti, chiamata in causa direttamente dall’art. 57 del d.l. «Cura Italia», in relazione al quale, nelle osservazioni presentate da Banca d’Italia il 25 marzo 2020, si è osservato che, «per quanto di difficile valutazione, in assenza di un decreto attuativo, il provvedimento introduce cambiamenti strutturali nell’assetto delle garanzie pubbliche non strettamente derivanti dalle necessità dettate dall’emergenza Covid-19. La norma, infatti, istituisce in via permanente un nuovo fondo di garanzia per le grandi imprese, complementare rispetto al Fondo per le piccole e medie imprese. La misura è indirizzata ad aziende che hanno subito gli effetti negativi della crisi epidemiologica ma destina un ammontare rilevante di risorse pubbliche ad aziende che presentano, in media, condizioni finanziarie e capacità di accesso a nuovi finanziamenti migliori rispetto al resto del sistema produttivo. Inoltre, a differenza del Fondo per le PMI, questo strumento potrebbe garantire anche portafogli di prestiti già in essere, consentendo alle banche un corrispondente abbattimento dei requisiti di capitale».
[67] Non sempre con copertura integrale dell’esposizione e limitate alle dotazioni complessivamente riconosciute per far fronte alle specifiche misure previste dal d.l. «Cura Italia» e al d.l. «Liquidità».
[68] In proposito, si veda la proposta di L. Stanghellini, P. Rinaldi, Trasformazione dei prestiti Covid-19 in strumenti finanziari partecipativi (sfp) un’idea per far ripartire il sistema delle imprese, in www.ilcaso.it, 3 aprile 2020, i quali osservano che «per le imprese si pone: 1) un problema di liquidità a brevissimo termine; 2) un non meno grave problema di capitalizzazione a medio termine. Le banche non possono da sole risolvere né il primo né il secondo problema, se non con concessioni di credito che espongono a rischi indebiti gli amministratori e possono mettere in pericolo la stabilità della banca».
[69] Nella già ricordata raccomandazione del 10 aprile 2020, Banca d’Italia ha sollecitato gli intermediari ad «ampliare l’ambito di applicazione dei provvedimenti emanati dal Governo», valutando l’opportunità di estendere, su base volontaria, le iniziative previste anche ai soggetti che «potrebbero versare in situazioni di difficoltà» o per rapporti contrattuali non ancora inclusi nei provvedimenti governativi.
[70] Da ultimo, si veda l’art. 55 del decreto «Cura Italia».
[71] Come si legge nelle linee guida dell’EBA del 2 aprile 2020, l’Autorità è «supportive of the measures and initiatives taken in the Member States to address the economic consequences of the COVID-19 pandemic. The EBA sees the payment moratoria as effective tools to address short-term liquidity difficulties caused by the limited or suspended operation of many businesses and individuals. However, it must also be stressed that, especially in difficult economic circumstances, it is particularly important to ensure that risk is identified and measured in a true and accurate manner».
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