Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 953 - pubb. 01/01/2007

Controversia di lavoro e vis attractiva ex art. 24 l.f.

Tribunale Mantova, 17 Aprile 2003. Est. Dell'Aringa.


Fallimento - Controversia di lavoro - Interruzione del giudizio - Riassunzione nei confronti del curatore - Improcedibilità - Vis attractiva ex art. 24 l.f. - Applicabilità.



 


 


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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 22.12.1998 e notificato il 29.3.1999 al Curatore del Fallimento della ALFA S.p.A. Rossi Ernesto, premettendo che aveva lavorato come dirigente del commercio dal 15.2.1993 all’agosto ‘96e come dirigente dell’industria dal settembre alle dipendenze della ALFA maturando un credito complessivo di £. 158.720.778 per differenze retributive e subendo, a seguito di un illegittimo demansionamento, un danno alla propria professionalità di £. 150.000.000 nonché un danno biologico (determinato dalla sua caduta in uno stato depressivo) di £. 100.000.000, chiedeva al Pretore di Mantova in funzione di Giudice del lavoro la condanna della ALFA S.p.A. al pagamento in proprio favore delle somme suddette.

Con ordinanza 4.5.1999 il Pretore dichiarava il processo interrotto per l’intervenuto fallimento della convenuta assegnando termine di 60 giorni per la riassunzione davanti al Tribunale fallimentare.

Con comparsa a mente degli artt. 125 disp. att. c.p.c., 303, 409, 414 c.p.c., notificata il 27.7.1999 alla Curatela del Fallimento ALFA, il Rossi riassumeva il giudizio dinanzi al “Tribunale fallimentare” per sentir accogliere le domande avanti al giudice “a quo”.

Il convenuto si costituiva e resisteva alle avverse pretese replicando che l’attore, il cui inquadramento in qualità di dipendente del commercio di I° livello sino al 31.8.1996 e successivamente di impiegato di VII categoria del comparto metalmeccanico era stato corrispondente alle mansioni effettivamente svolte, era stato incaricato della produzione e vendita di lift box, dell’installazione di impianti a fossa e piattaforma nonché della commercializzazione di isole ecologiche, da lui curata come “responsabile del prodotto”a far tempo dall’autunno 1998, e dopo aver ricevuto una procura speciale, conferita per facilitargli le operazioni di vendita, aveva il 17.4.1998 stipulato con il Comune di Nettuno una convenzione difforme dagli indirizzi aziendali e produttiva di effetti rovinosi per la parte datoriale tanto da giustificare un provvedimento espulsivo in luogo del demansionamento da lui lamentato.

Espletati gli incombenti istruttori la controversia è stata assegnata a sentenza sulle conclusioni epigrafate.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La vis attractiva del foro fallimentare, estesa alle cause di lavoro dall’art. 24 L. Fall. – inapplicabile alle sole domande di reintegra del dipendente illegittimamente licenziato (v. Cass. 22.6.2000 n. 8514) – comporta, a norma dell’art. 52 comma 2° l.c. – che richiama i successivi artt. 93 e segg. – l’assoggettabilità dell’accertamento dei crediti del lavoratore al procedimento di verifica dello stato passivo e la conseguente improcedibilità della originaria domanda introduttiva del giudizio, che non può essere riassunto nei confronti del Curatore nelle forme stabilite dall’art. 303 c.p.c., come le S.C. ha statuito con giurisprudenza risalente e costante avendo riguardo sia al processo ordinario (v. Cass. 24.11.1971 n. 3405 in motivazione) sia al processo giusiavoristico (v. Cass. 9.3.1999 n. 1893 etc.).

L’improcedibilità in predicato, che può essere rilevata dalle parti o dal giudice oltre il limite temporale fissato dall’art. 38 comma 1° c.p.c. (v. Cass. 13.6.2000 n. 8018), non è assimilabile all’incompetenza, non preclusiva della translatio judicii prevista dall’art. 50 c.p.c., sicché l’ordinanza 4.5.1999 del Pretore non ha sortito in alcun modo effetti suscettivi di essere rimossi solo attraverso il regolamento ex art. 45 c.p.c., laddove racchiude l’espressione “riassunzione”, da ritenersi usata nel senso atecnico di prosecuzione della lite, intesa come contrapposizione di posizioni contrastanti anziché come continuazione in altra sede del medesimo giudizio.

S’impone pertanto la declaratoria contenuta nel dispositivo.

Appare equo compensare per metà le spese processuali.

P. Q. M.

il Tribunale, definitivamente giudicando,

dichiara improcedibile la domanda proposta da Rossi Ernesto con la comparsa in riassunzione depositata l’1.7.1999 –

condanna Rossi Ernesto a rifondere al Fallimento della ALFA S.p.A., in persona del Curatore, metà delle spese del giudizio liquidate per l’intero in € 4.963,00 (oltre IVA e CPA come per legge) di cui € 13,00 per esborsi, € 2.000,00 per diritti, € 2.500,00 per onorari, € 450,00 per rimborsi forfetari.

Mantova, lì 17.4.2003