La Responsabilità del Medico


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 34000 - pubb. 10/12/2025

L’obbligazione sanitaria non è un’obbligazione governabile nel risultato

Tribunale Brindisi, 23 Ottobre 2025. Est. Raimo.


Obbligazione sanitaria – Natura giuridica – Obbligazione di risultato – Obbligazione “ingovernabile” – Configurabilità


Responsabilità da violazione del consenso informato – Struttura – Danno in re ipsa – Esclusione


Responsabilità da violazione del consenso informato – Trattamento Sanitario corretto – Onere prova – Contenuto


Responsabilità da violazione del consenso informato – Trattamento sanitario corretto – Riparto onere probatorio – Rifiuto del trattamento – Id quod plerumque accidit



L’obbligazione sanitaria è un’obbligazione di risultato, ma non è un’obbligazione governabile nel risultato: l’evento atteso della guarigione o del miglioramento dei sintomi dipende, infatti, non solo dalla condotta sanitaria ma anche da fattori ulteriori ed estranei al controllo (id est governo) del sanitario, come la reazione fisica di ciascun corpo anche in considerazione della pregressa situazione clinica o la diligenza del paziente nell’attenersi alle indicazioni farmacologiche, cliniche e terapeutiche fornitegli dai sanitari.


La responsabilità civile derivante dalla lesione del diritto all’autodeterminazione terapeutica si inscrive all’interno della struttura propria della responsabilità civile, contrattuale o extracontrattuale che sia, imponendo l’accertamento tanto del danno-evento e della causalità materiale quanto del danno-conseguenza e della causalità giuridica, ragione per cui, perché possa parlarsi di responsabilità giuridica non è sufficiente affermare che i sanitari hanno violato l’obbligo di assumere il consenso-informato del paziente, invocando un c.d. danno in re ipsa.


È necessario dimostrare che: 1) l’obbligo giuridico del consenso informato, confluito nell’art. 1 della legge n. 219/2017, è stato inadempiuto (c.d. danno-evento) o perché i sanitari non hanno informato in modo completo, esatto e specifico il paziente oppure perché il consenso è stato prestato dal paziente in modo non esplicito, non consapevole, non completo e non attuale; (2) anche nel caso di trattamento dall’esito positivo, tale violazione ha causato una lesione sufficientemente seria, di natura non patrimoniale, della libertà di disporre di sé psichicamente e fisicamente, ossia una compressione della propria capacità di determinarsi in ambito terapeutico, idonea a provocare sofferenze (c.d. danno-conseguenza) connesse, a titolo esemplificativo: a) ai rischi corsi di cui non si era stati informati; b) alla sottoposizione a trattamenti farmacologici o riabilitativi che si sarebbero affrontati con maggiore e migliore consapevolezza se fossero stati rappresentati in modo completo ed esaustivo; b) alla predilizione per una scelta sanitaria diversa da quella effettuata qualora il paziente fosse stato reso edotto di tutte le complicanze e di tutti gli esiti evolutivi del trattamento.


In applicazione la regola generale prescritta dall’art. 2697 c.c., grava sul danneggiato-attore o ricorrente l’onere di dimostrare l’esistenza di un danno da violazione del consenso-informato, così come la circostanza che, nonostante la corretta esecuzione del trattamento sanitario, la violazione dell’obbligo del consenso-informato gli ha precluso di adottare una diversa scelta terapeutica per cui avrebbe optato se fosse stato adeguatamente informato, così mostrando un dissenso rispetto all’atto terapeutico consigliato dal sanitario. Ciò, in difformità dalla regola statistica dell’id quod plerumque accidit secondo cui i pazienti normalmente accolgono l’indicazione terapeutica suggerita dai sanitari. (Antonio Ivan Natali) (riproduzione riservata)



Segnalazione del Dott. Antonio Ivan Natali


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