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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 22/11/2021 Scarica PDF

I criteri di valutazione nella transazione fiscale

Astorre Mancini, Avvocato del Foro di Rimini, Cultore della materia presso la Cattedra di Diritto Fallimentare all'Università degli Studi di Milano - Bicocca


Agenzia Entrate, Direzione Provinciale di Ravenna, 1° luglio 2021.

Concordato Preventivo - Continuità diretta od indiretta ex art. 186 bis l. fall. - Trattamento dei crediti fiscali ex art. 182 ter l. fall. - Atto di assenso - Condizioni - Criteri di valutazione

Il soddisfacimento, seppure minimo, del credito erariale, rispetto ad un fallimento del tutto infruttuoso, non è di per sé sufficiente a valutare positivamente la proposta, ma va inserito in un contesto più ampio che sostenga un piano concordatario indirizzato alla salvaguardia dei beni e dell’attività sociale e non sia in alcun modo indice, già al momento della valutazione, di un’eventuale crisi ulteriore.

E’ dunque necessario tenere conto del complesso dei fattori indagati, quali la sussistenza di una rigorosa analisi economica e patrimoniale […] e la valutazione i) del positivo andamento dell’attività ovvero significativi livelli di volumi d’affari e di reddito generati fino al momento della valutazione, in caso di continuazione sia diretta che diretta; ii) della regolarità fiscale del soggetto che continua l’attività; iii) della positiva prospettiva di mercato dell’attività svolta.

In particolare, le suddette valutazioni sono funzionali ad impedire che il concordato in continuità si risolva nella mera ripetizione improduttiva e fallimentare dell’operatore economico, che ha condotto verso la procedura concorsuale, con l’elevato rischio della rinnovazione di una crisi finanziaria ed economica, generatrice di nuovi debiti erariali. (Segnalazione dell’avv. Davide Traversa del Foro di Rimini)

 

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L’atto di assenso in rassegna, in accoglimento della transazione fiscale proposta, viene reso dall’Amministrazione Finanziaria (“A.F.”) nell’ambito di una procedura di concordato preventivo in continuità indiretta – prevedente l’affitto e successiva cessione dell’azienda, la cessione del magazzino, l’incasso dei crediti e l’apporto di finanza esterna –, la cui proposta include la falcidia delle ragioni del Fisco ed il soddisfo delle stesse nella misura del 9%, mediante apposito classamento dei crediti fiscali degradati a chirografo per incapienza.

La decisione assunta si segnala per i criteri di giudizio seguiti dall’A.F. nella formazione del proprio convincimento, di cui viene dato, peraltro, adeguata motivazione come prescritto dalla legge (e dalle indicazioni della Circolare n.34/2020).

Essi attengono alla valutazione di convenienza rispetto all’alternativa fallimentare, espressamente richiamata dall’art. 182-ter l. fall., ma anche all’analisi di fattibilità del piano, al fine di pervenire ad un giudizio prognostico favorevole circa le concrete prospettive della continuità aziendale.

L’A.F. osserva, infatti, che “il soddisfacimento, seppure minimo, del credito erariale, rispetto ad un fallimento del tutto infruttuoso, non è di per sé, sufficiente a valutare positivamente la proposta”, con ciò lasciando intendere che la pura convenienza della proposta non esaurisce il giudizio che l’A.F. è tenuta ad esprimere, essendo rilevante e decisivo anche un giudizio positivo circa la prosecuzione della continuità, per escludere che il piano concordatario “sia in alcun modo indice, già al momento della valutazione, di un’eventuale crisi ulteriore”, che risulti “generatrice di nuovi debiti erariali”.

Le argomentazioni addotte dall’A.F., che assolvono certamente all’obbligo di motivare in modo esaustivo il proprio voto (spesso rilevante ai fini del raggiungimento delle maggioranze di legge), pur comprensibili, appaiono, tuttavia, non perfettamente in linea con la rilevanza esclusiva assegnata dal legislatore alla mera “convenienza” della proposta, quale emerge dal dettato normativo dell’art. 182-ter l. fall.

Invero, è opinione comune, in dottrina e giurisprudenza, che l’indubbia convenienza della proposta rispetto alla liquidazione fallimentare, con riferimento al soddisfo delle ragioni erariali, è condizione unica e sufficiente per l’espressione di un voto favorevole dell’A.F. alla proposta di transazione fiscale.

Se così non fosse il legislatore non avrebbe posto, come contraltare all’art. 182-ter l. fall., la disposizione di cui all’art. 180 c.4 l. fall., che nell’introdurre il c.d. cram down da parte del tribunale in caso di mancata adesione o voto negativo al concordato da parte dell’A.F., si limita a prescrivere che detto giudizio deve essere formulato dal tribunale quando “la proposta di soddisfacimento della predetta Amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria”, senza riferimento alcun ad un giudizio più ampio di valutazione e fattibilità del piano proposto, demandato in via esclusiva agli organi della procedura.

Peraltro, il tenore letterale della predetta norma è chiaro nell’indicare che il soggetto, rispetto al quale deve essere valutato il trattamento proposto, è la sola A.F. o gli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie, senza che rilevi quanto complessivamente offerto alla massa dei creditori.

In altri termini, come affermato in giurisprudenza, il principio di cui all’art. 182-ter l. fall. è quello per cui, in presenza di una proposta conveniente per il Fisco, quest’ultimo è tenuto ad approvarla, alla luce della ratio di tale norma e del principio di buon andamento della P.A. stabilito dall’art. 97 Cost., “disponendo l’A.F., in tale ambito, di discrezionalità c.d. “vincolata” al maggior soddisfacimento e convenienza tra i due elementi di comparizione” (in questi esatti termini si è espresso Tribunale di Milano 3 giugno 2021,  est. Paluchowski, in questa Rivista).

Il criterio di convenienza, alla stregua del primo comma dell’art. 182-ter l. fall., non soffre, dunque, deroghe o attenuazioni in conseguenza del giudizio circa la prosecuzione dell'attività d'impresa.

Appare, dunque, condivisibile quanto osservato in dottrina, per cui ai fini dell'approvazione della proposta di transazione, “la norma di legge richiede semplicemente che questa sia conveniente rispetto alla liquidazione (ad esempio, grazie all'apporto di un terzo che provvede a pagare direttamente l'Erario) e non che sia, per così dire, ‘doppiamente conveniente’, grazie al tempo stesso all'apporto del terzo e alla prosecuzione dell'attività” (così Andreani, “La transazione fiscale”, Il fallimentarista, focus del 28.10.2021).

Come dire che la prosecuzione dell'attività può essere un mezzo utilizzabile per rendere possibile un maggior soddisfacimento dei crediti tributari (il che accade quando ne discendono risultati positivi), ma non si pone certo come criterio di valutazione alternativo o concorrente al criterio della convenienza posto dal legislatore.

Va, peraltro, condivisa, ovviamente, la considerazione per cui “non vi è dubbio che, se alla convenienza dettata dal pagamento dei crediti tributari in misura superiore a quella che il Fisco potrebbe alternativamente realizzare mediante la liquidazione, si aggiunge la convenienza derivante dalla prosecuzione dell'attività - rappresentata dalla raccolta, in futuro, di imposte dovute dall'impresa stessa, dai suoi dipendenti e dai suoi fornitori, nonché dal mancato sostenimento di oneri sociali in virtù del mantenimento dei livelli occupazionali - la convenienza dell'Erario è maggiore” (Andreani, cit.).

Tornando al provvedimento in rassegna, il problema non sembra porsi, in quanto la valutazione dell’A.F. circa la convenienza della transazione fiscale ha riguardato, altresì, la fondatezza e serietà del piano proposto, ritenuto fattibile: le criticità sopra richiamate, con riferimento ai criteri che presiedono il procedimento ex art. 182-ter l. fall., evidentemente si appalesano ben più pregnanti nella diversa situazione di una continuità aziendale, diretta o indiretta, valutata come incerta e non sufficientemente attendibile o realistica, a fronte di una proposta economica, tuttavia, chiaramente conveniente (magari perché sorretta da finanza esterna).

Ciò si dica osservando che certamente l’A.F., come qualunque altro creditore, può contestare la fattibilità del piano, giungendo anche a spiegare la non adesione alla proposta transazione fiscale con  motivazioni che si sostanziano, non tanto nella maggiore convenienza economica dell’ipotesi fallimentare rispetto a quella concordataria, quanto nella carenza di fattibilità del piano nel suo complesso e nelle garanzie che lo assistono (cfr. Tribunale di Pescara 27 maggio 2021, in questa Rivista).

Come pure la prassi ha evidenziato situazioni in cui l’A.F. ha giustificato il proprio voto negativo per ragioni diverse della convenienza e riconducibili, per esempio, alle condotte fraudolente  poste in essere dall’imprenditore in concordato, che spesso determinano rilevanti esposizioni debitorie proprio verso il Fisco.

Il dato normativo appare, tuttavia, insuperabile: in presenza di una proposta oggettivamente conveniente rispetto al fallimento, l’A.F. deve rendere l’atto di assenso, andando altrimenti incontro al cram down del tribunale.  


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