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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 27/06/2023 Scarica PDF

Ristrutturazione del consumatore ex art. 67 CCII: è ancora ammissibile la moratoria dei creditori privilegiati?

Astorre Mancini, Avvocato del Foro di Rimini, Cultore della materia presso la Cattedra di Diritto Fallimentare all'Università degli Studi di Milano - Bicocca


Tribunale di Avellino 16 marzo 2023[2], est. Russolillo

Ristrutturazione dei debiti del consumatore ex art. 67 CCII – Pagamento dilazionato dei creditori privilegiati – Ammissibilità  

È ammissibile il piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore ex art. 67 CCII, prevedente la soddisfazione dei creditori privilegiati con falcidia e pagamento rateale ultrannuale mediante quote di redditi futuri, essendo detta modalità conforme alle regole inderogabili previste per tale procedura ex art. 67 co. 4 CCII, che impone una soddisfazione quantitativa minima non inferiore al valore di liquidazione dei beni patrimoniali, atteso che la ricorrente è risultata non intestataria di beni mobili registrati o di beni mobili pignorabili.

Quanto all’aspetto meramente temporale (durata del piano), essendo venuta meno la previsione normativa che riconosceva ai creditori prelatizi, per la parte capiente del credito, il diritto alla soddisfazione entro il termine di un anno dall’omologa, deve ritenersi che, nell’attuale disciplina, ogni questione sui tempi, le percentuali (non irrisorie) e le modalità di soddisfazione dei creditori sono esclusivamente rimesse alla valutazione del ceto creditorio, legittimato a contestare ogni ragione di convenienza nelle forme previste dall’art. 70 co. 9 CCII. Analogamente è a dirsi per i creditori chirografari per i quali non sono previste regole inderogabili di trattamento quantitativo o temporale, salva la necessità di prevedere una percentuale di soddisfazione non irrisoria.

 

Tribunale di Terni 8 maggio 2023[3], est. Nastri

Ristrutturazione dei debiti del consumatore ex art. 67 CCII – Pagamento dilazionato dei creditori privilegiati oltre i tempi tecnici di liquidazione – Ammissibilità – Condizioni – Consenso espresso del creditore prelazionario - Necessità

In mancanza di una disposizione analoga a quella prevista dall’art. 86 CCII per il concordato preventivo (applicabile al concordato minore, in quanto compatibile, in virtù del richiamo operato dall’art. 74, co. 4, CCII, ma non alla procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore, caratterizzata – tra l’altro – dall’assenza di una votazione), e al di fuori della peculiare ipotesi disciplinata dal comma 5 dell’art. 67 CCII, la previsione di cui al comma 4 del medesimo articolo va interpretata nel senso che, nella procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore, la soddisfazione dei crediti muniti di privilegio, pegno e ipoteca con una tempistica superiore a quella imposta dai tempi tecnici della procedura (e della liquidazione, laddove sia prevista la liquidazione dei beni gravati dalla prelazione), che equivale a soddisfazione non integrale degli stessi in ragione della perdita economica conseguente al ritardo, è possibile solo laddove i creditori interessati prestino preventivamente il proprio assenso, peraltro in maniera espressa e non mediante un mero silenzio-assenso.

 

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SOMMARIO: 1. La questione. 2. Un breve excursus: la moratoria nella l. 3/2012. 3. Il nuovo scenario normativo: la moratoria nelle procedure di sovraindebitamento del CCII. 3.1. La moratoria nel concordato minore. 3.2. La moratoria nella ristrutturazione dei debiti del consumatore. 4. L’aggancio alla giurisprudenza di legittimità operato dalla decisione del Tribunale di Avellino. 5. La via negoziale alla moratoria: la soluzione del Tribunale di Terni. 5.1. Segue: pre-accordo o adesione dentro la procedura? 5.2. Segue: criticità della tesi del consenso esplicito del creditore interessato dalla moratoria 6. Considerazioni conclusive.

   

 

1. La questione

Le decisioni in rassegna danno conto del contrasto interpretativo intorno al tema della moratoria nella ristrutturazione del consumatore, destinato ad essere alimentato dal mancato richiamo in detta procedura di una norma analoga a quella già contenuta all’art. 8 c.4 l. 3/2012.

Esse, dunque, offrono lo spunto per tornare ad affrontare il tema dell’ammissibilità del pagamento dilazionato dei creditori privilegiati nelle procedure di sovraindebitamento, in particolare nella ristrutturazione dei debiti del consumatore[4].

Il titolo del presente contributo potrebbe alludere al dibattito sulle procedure di sovraindebitamento che ha animato gli anni precedenti il 2019, quando non erano ancora state rese le due pronunce della Corte di Cassazione (nn.17834/2019 e 27544/2019) che, sulla scorta della giurisprudenza formatasi in tema di concordato preventivo, avevano “sdoganato” la moratoria ultrannuale nel pagamento dei creditori prelatizi, a condizione del riconoscimento del diritto di voto per la perdita economica derivante dal ritardo.

Pur essendo stato oggetto, dunque, di numerosi contributi dottrinari ed altrettante pronunce giurisprudenziali che ne hanno delineati i contorni, il tema merita di essere ulteriormente  approfondito in riferimento al nuovo scenario normativo introdotto dal Codice della Crisi, caratterizzato dal venir meno di ogni riferimento alla moratoria nella procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore, a cui alludono le pronunce in commento.

 

2. Un breve excursus: la moratoria nella l. 3/2012

La moratoria nella l. 3/2012 trovava un’unica regola per le procedure negoziali, all’art. 8 c.4, rubricato “Contenuto dell’accordo o del piano del consumatore”, per cui “la proposta di accordo con continuazione dell'attività d'impresa e il piano del consumatore possono prevedere una moratoria fino ad un anno dall'omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione”. 

Come già osservato, la giurisprudenza di legittimità, all’epoca più evolutiva di quella di merito[5], con le predette decisioni aveva sostanzialmente “svuotato” il dato positivo riconoscendo che negli accordi di composizione dei debiti è possibile prevedere la dilazione del pagamento dei crediti prelatizi anche oltre il termine di un anno dall'omologazione, ed al di là delle fattispecie di continuità aziendale, purché si attribuisca ai titolari di tali crediti il diritto di voto a fronte della perdita economica conseguente al ritardo con cui vengono corrisposte le somme ad essi spettanti o, con riferimento al piano del consumatore, purché sia data ad essi la possibilità di esprimersi in merito alla proposta del debitore.

La prima formulazione dell’art. 86 CCII, dettato in tema di concordato preventivo in continuità, aveva allungato il termine della moratoria ammissibile (da uno a due anni) e codificato il criterio empirico di calcolo della “perdita economica da ritardo[6]: anche se detto articolo non è mai entrato in vigore, con la decisione Cass. 18 giugno 2020 n.11882, il giudice di legittimità aveva chiarito che tale criterio poteva costituire un valido meccanismo di determinazione del quantum di credito ammesso al voto, volto a “quantificare” la perdita economica da ritardo nel soddisfacimento del credito privilegiato.

Lo stesso approccio, in realtà, era già stato seguito dalla giurisprudenza di merito: Tribunale di Rimini 25 maggio 2020, in questa Rivista,  aveva osservato che “attesa la previsione normativa contenuta all’art. 86 CCII in ordine al criterio di calcolo del diritto di voto, tale disposizione rappresenta un utile canone ermeneutico al fine di determinare, anche nell’ambito della vigente disciplina ex lege 3/2012, il quantum per cui il creditore con diritto di prelazione viene ammesso al voto”.

Ad onor del vero, la formulazione originaria dell’art.86 CCII, se da un lato consentiva interpretazioni evolutive ed orientate al nuovo Codice, mediante un valido ancoraggio al criterio di determinazione del diritto di voto ivi contenuto, dall’altro lato poneva una questione di fondo sulla effettiva intenzione del legislatore di ammettere la moratoria ultra-biennale del pagamento dei privilegiati, tenuto conto che con il predetto articolo il legislatore accordava espressamente il diritto di voto “quando è prevista la moratoria”, stabilendo al contempo la previsione della durata massima della stessa, appunto biennale, quasi che il diritto di voto fosse accordato per le sole dilazioni entro il biennio, non anche per la moratoria ulteriore[7].

In ogni caso, a prescindere dalle cennate questioni interpretative, il tema della moratoria all’interno delle procedure di sovraindebitamento ex l. 3/2012 non costituiva un problema essendo saldamente agganciato alla previsione normativa dell’art. 8 c.4 l. 3/2012, dettato per entrambe le procedure pattizie, e risolto con il riconoscimento del diritto di voto sulla dilazione ultrannuale[8].

 

3. Il nuovo scenario normativo: la moratoria nelle procedure di sovraindebitamento del CCII

Con l’entrata in vigore del Codice della Crisi lo scenario muta radicalmente, ove si consideri che nel compendio di norme  dedicate alle procedura di sovraindebitamento il legislatore ha ritenuto di non riprodurre il disposto già contenuto nell’art. 8 c.4 l. 3/2012, per cui, in tema di moratoria dei creditori privilegiati, nulla è prescritto per le procedure di sovraindebitamento.

 

3.1. La moratoria nel concordato minore

In realtà, almeno con riferimento al concordato minore, la norma esiste, stante la clausola di rinvio dell’art. 74 ult. co. CCII, che consente di agganciare tale procedura al riformato art. 86 CCII - nell’attuale testo in vigore, molto diverso da quello originario sopra richiamato[9] - che ammette espressamente la moratoria e la svincola da limiti di durata, fatta eccezione per i crediti di lavoro per i quali è imposto il pagamento entro il termine massimo di sei mesi dall’omologazione del concordato.

Il nuovo art. 86 CCII dettato nella procedura maggiore e rubricato “Moratoria nel concordato in continuità”, applicabile al concordato minore, si caratterizza, dunque, per l’eliminazione a) del termine biennale della moratoria e b) del criterio di attualizzazione del  credito per il calcolo del diritto di voto da riconoscere ai creditori dilazionati, a ristoro del ’perdita economica da ritardo’, nonché c) per l’introduzione, appunto, di una speciale moratoria nel pagamento dei crediti di lavoro fino a sei mesi dall’omologazione.

Tuttavia, l’art. 86 CCII esordisce con l’inciso fermo quanto previsto nell’articolo 109”, norma quest’ultima che disciplina i quorum di maggioranza ai fini dell’approvazione del concordato preventivo in continuità, regolando il diritto di voto dei creditori assistiti da prelazione e dei crediti di lavoro, con la fissazione di termini (rispettivamente, centottanta giorni e trenta giorni) oltre i quali la moratoria resta ammissibile a condizione del riconoscimento del diritto di voto e di uno specifico classamento per la parte incapiente[10].

Così disponendo, dunque, il legislatore ha reso possibile la moratoria senza particolari limiti di durata, con eccezione dei crediti di lavoro, indicando, al contempo, un termine di pagamento alla stregua delle quali i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca devono ritenersi totalmente soddisfatti, tanto da non avere diritto al voto.

Dal combinato disposto degli artt. 86 e 109 CCII si può concludere che:

i) per i crediti assistiti da privilegio, pegno o ipoteca, salva la previsione di liquidazione del bene su cui grava la garanzia reale, è sempre possibile prevedere una moratoria, senza limite temporale, salvo il diritto di voto ove il soddisfo non sia previsto come integrale o sia proposto oltre il termine di centottanta giorni dall’omologa del concordato;

ii) per i crediti di lavoro non è possibile una moratoria oltre i sei mesi, fermo il diritto di voto ove sia previsto il pagamento oltre i trenta giorni.

       Le suddette regole, dunque, valgono anche per il concordato minore in continuità, disciplinato dall’art. 74 ult. co. CCII, in forza del richiamo delle citate disposizioni dettate per il concordato preventivo, rinvio operante non solo in quanto trattasi di normativa sicuramente compatibile, ma anche per evidenti esigenze di coordinamento sistematico tra le due procedure concordatarie.

       Va preso atto, tuttavia, che l’art. 86 CCII è dettato espressamente per il concordato in continuità, non anche per il concordato liquidatorio, per cui si pone il problema della ammissibilità di una proposta di dilazione formulata ai creditori assistiti da privilegio, pegno o ipoteca, nei concordati liquidatori, e quindi, nel concordato minore, nella tipologia consentita dall’art. 74 c.2 CCII.

Come noto, l’unica ipotesi di pagamento non integrale dei creditori prelatizi è collegata alla incapienza dei beni gravati, accertata come previsto dall’art. 84 c.5 CCII e, per il concordato minore, dall’art. 75 c.2 CCII, in forza del quale è possibile prevedere che i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possano essere soddisfatti non integralmente ma nei limiti del valore di realizzo del bene su cui grava la prelazione, come attestato dall’OCC.

       A partire dalle decisioni Cass. 2014/10112 e Cass. 2014/20388 - con le quali si è introdotto il diritto di voto ai creditori interessati, non per l’intero credito, ma per la quota di pregiudizio conseguente alla dilazione, sul presupposto che i creditori prelatizi ai quali viene offerto un pagamento dilazionato possano essere equiparati ai creditori non integralmente soddisfatti - la giurisprudenza di legittimità, a dire il vero con un impianto argomentativo ritenuto dalla dottrina non solidissimo, è giunta a ritenere ammissibile tale dilazione anche nei concordati liquidatori, senza peraltro spingersi ad affermare un principio di portata generale che ammetta la moratoria dei crediti con prelazione in tale tipologia di concordato[11].


3.2. La moratoria nella ristrutturazione dei debiti del consumatore

Ma se nel concordato minore, in continuità e nel tipo liquidatorio, è possibile prendere atto dell’esistenza di un dato di diritto positivo quale il richiamato art. 86 CCII - tramite cui si accede ai risultati della cennata elaborazione giurisprudenziale in tema di moratoria nella procedura maggiore -, analoga operazione ermeneutica appare inammissibile con riferimento alla ristrutturazione dei debiti del consumatore.

In assenza di una norma come l’art. 8 c.4 l. 3/2012 dettata per entrambe le procedure pattizie, infatti, va preso atto che nel Codice della Crisi la procedura del consumatore non conosce alcuna disposizione in tema di moratoria dei privilegiati, né risulta presente, appunto, una norma di rinvio all’art. 86 CCII analoga all’art. 74 ult. co. CCII, fatta salva la speciale previsione della prosecuzione del mutuo ipotecario con prelazione speciale sull’abitazione principale del debitore.

È pur vero che l’art. 67 c.5 CCII - al pari del concordato minore - prevede la falcidiabilità del credito assistito da privilegio, pegno od ipoteca nel limiti della capienza del bene, come attestata dall’OCC, ma tale disposizione si limita a tradurre la regola generale, ormai acquisita nel diritto concorsuale, per cui i privilegiati possono essere pagati nel limite del presumibile valore di realizzo del bene su cui insiste la prelazione, con declassamento del residuo a chirografo.

In altri termini, la norma non afferma l’ammissibilità della moratoria del credito, ancorché ridimensionato nel quantum del valore di realizzo, per cui dovrebbe operare, al contrario, il generale principio del pagamento immediato del credito assistito da prelazione, come da sempre ribadisce la tradizionale dottrina secondo cui i debiti vanno pagati in base alle previsioni del concordato, se rientrano tra quelli ai quali la proposta si può riferire, oppure immediatamente se si tratta di crediti il cui regime giuridico non viene modificato dall’accesso alla procedura concordataria, come appunto i crediti privilegiati.

Del resto, il divieto di voto dei creditori privilegiati, pignoratizi e ipotecari si spiegava originariamente perché non era configurabile una proposta concordataria che non prevedesse l’integrale e immediato pagamento dei predetti creditori; al contempo, la vecchia formulazione dell’art. 160 l. fall. e dell’art. 124 l. fall. stabiliva come condizione di ammissibilità la sola soddisfazione parziale dei creditori chirografari, sul presupposto che i creditori prelazionari dovessero essere soddisfatti integralmente e immediatamente.

Gli argomenti a sostegno del principio dell’obbligo di immediato pagamento dei crediti prelatizi, come noto, conseguono:

- alla ritenuta scadenza delle obbligazioni alla data di apertura della procedura (art. 55 c.2 l. fall., oggi art. 154 c.2 CCII), principio richiamato dall’art. 100 CCII per il concordato preventivo ma che opera trasversalmente in tutte le procedure concorsuali,

- ed al disposto dell’art. 1183 c.c. per cui se non è determinato il tempo in cui la prestazione deve essere eseguita il creditore può esigerla immediatamente.

È solo con le riforme avviate nel 2005 che si introduce il principio per cui la proposta può prevedere che i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, non vengano soddisfatti integralmente, purchè il piano ne contempli la soddisfazione in misura non inferiore al valor di realizzo del bene su cui insiste la causa di prelazione.

Ma tale possibilità di un soddisfo non integrale - oggi ribadito dall’art.67 c.4 CCII per la ristrutturazione dei debiti del consumatore - non portava, e non porta con sé, la facoltà per il debitore di prevedere un pagamento dilazionato dei crediti prelazionari, ammessa solo in via giurisprudenziale con le citate pronunce di Cassazione del 2014 (che “compensa” la moratoria con il riconoscimento del diritto di voto), sulla base, tuttavia, di dati normativi di riferimento che, per il piano del consumatore ex l. 3/2012, muovevano sostanzialmente dall’art. 8 c.4 l. 3/2012, non più riprodotto nel Codice della Crisi.

La regola generale nella procedura ex art. 67 CCII dovrebbe, dunque, essere quella del pagamento immediato dei creditori al momento dell’omologazione, fatti salvi i tempi tecnici di un’eventuale liquidazione dei beni gravati dalla garanzia?

Il creditore ha un effettivo potere interdittivo, tenuto conto che la speciale procedura del consumatore non prevede una fase di voto?; in altri termini, nell’ambito di una proposta di ristrutturazione ex art. 67 CCII, il titolare del credito assistito da privilegio generale mobiliare potrebbe eccepire l’inammissibilità del piano che non ne prevedesse il pagamento immediato[12]? 

La previsione dell’art. 67 c.4 CCII circa l’ammissibilità del pagamento non integrale dei crediti privilegiati, è, dunque, sufficiente per ammettere un pagamento dilazionato?

 

4. L’aggancio alla giurisprudenza di legittimità operato dalla decisione del Tribunale di Avellino

In assenza di un fondamento normativo, viene da chiedersi su quale elemento sistematico fondare la moratoria nella ristrutturazione del consumatore, procedura neppure sottoposta alla votazione dei creditori ma affidata alla sola verifica giudiziale.

Il Tribunale di Avellino, con la decisione in rassegna, ritiene che la moratoria sia sempre possibile, anche in assenza di una previsione normativa espressa, ma entro i limiti del giudizio di convenienza affidato al giudice e formulato dietro esplicita istanza del creditore.

Il giudice irpino osserva infatti che “essendo venuta meno la previsione normativa che riconosceva ai creditori prelatizi, per la parte capiente del credito, il diritto alla soddisfazione entro il termine di un anno dall’omologa, deve ritenersi che, nell’attuale disciplina, ogni questione sui tempi, le percentuali (non irrisorie) e le modalità di soddisfazione dei creditori sono esclusivamente rimesse alla valutazione del ceto creditorio, legittimato a contestare ogni ragione di convenienza nelle forme previste dall’art. 70 co. 9 CCII[13].

Dunque, secondo il tribunale, nella procedura del consumatore la moratoria è ammissibile - anche in assenza di una norma come l’attuale art. 86 CCII, applicabile solo al concordato minore -, ma la proposta di ristrutturazione non potrà prevedere una moratoria ad libitum dei crediti prelazionari, ma solo entro i limiti della convenienza per i creditori, avuto riguardo all’alternativa liquidatoria in riferimento - così recita ora la norma - non alla generalità dei creditori ma al “credito dell’opponente[14].

La decisione del tribunale avellinese, dunque, anche se resa in vigenza del nuovo Codice della Crisi, non sembra discostarsi dal contesto interpretativo definito dalle citate Cass. 2019/17834 e Cass. 2019/27544 in punto di moratoria, ex art. 8 c.4 l. 3/2012[15].

Il ragionamento implicito seguito dal tribunale potrebbe far ritenere che, se in presenza di tale norma espressa, la moratoria veniva ammessa senza limiti temporali di sorta (fermo il riconoscimento del diritto di voto e salva la contestazione di convenienza del creditore), a fortiori, in assenza di una norma analoga nella ristrutturazione del consumatore, essa dovrebbe essere sempre ammissibile, fermo, appunto, il solo limite del giudizio di convenienza ex art. 70 c.9 CCII, stimolato dal creditore dissenziente.

In altri termini, ciò che la norma non vieta, dovrebbe essere consentito, con buona pace del tradizionale principio del pagamento immediato dei crediti prelazionari.

Ma se così fosse, resta da chiarire per quale ragione il legislatore, per consentire la moratoria dei creditori prelazionari, nel concordato preventivo (e quindi nel concordato minore) abbia avverto l’esigenza di porre una norma espressa, appunto l’art. 86 CCII[16].


5. La via negoziale alla moratoria: la soluzione del Tribunale di Terni

La decisione del Tribunale di Terni ha il pregio di prendere atto della criticità sistematica oggetto delle presenti note, rappresentata dall’assenza di una norma in tema di moratoria nella procedura del consumatore, non superabile per via interpretativa, evidentemente, sulla base del semplice disposto di cui all’art.67 c.4 CCII, circa la possibilità di un soddisfo non integrale dei crediti prelazionari.

 Nella fattispecie al vaglio del giudice ternano, il sovraindebitato ha proposto di pagare i creditori ipotecari e l’Agenzia Riscossione, rispettivamente, in dieci e cinque anni, senza liquidazione del bene gravato, con la corresponsione di una somma nei limiti del valore del bene attestato dall’OCC e con pagamento non integrale (nella misura del 7,53%) per la parte eccedente il valore attribuito all’immobile ipotecato, in tal modo includendo il debito nel concorso.

Il giudice ha assegnato un termine per apportare integrazioni al piano e produrre nuovi documenti, ovvero, in alternativa, per acquisire e documentare “l’espresso assenso dei creditori ipotecari e del creditore privilegiato al trattamento proposto con la proposta in esame, sia sotto il profilo del quantum, sia dal punto di vista della dilazione temporale”.

In assenza di integrazioni o modifiche presentate dal debitore, la proposta di ristrutturazione è stata, quindi, dichiarata inammissibile osservando che, in mancanza di una norma sulla moratoria quale l’art. 86 CCII, si deve concludere che la previsione di cui all’art.67 c.4 consente la falcidia dei crediti prelazionari nei limiti del bene su cui insiste la garanzia, ma non anche la dilazione del pagamento.

Tale disposizione – osserva il tribunale – va interpretata, dunque, nel senso che, nella procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore, la soddisfazione dei crediti muniti di privilegio, pegno e ipoteca con una tempistica superiore a quella imposta dai tempi tecnici della procedura (e della liquidazione, laddove sia prevista la liquidazione dei beni gravati dalla prelazione), che equivale a soddisfazione non integrale degli stessi in ragione della perdita economica conseguente al ritardo, ”è possibile solo laddove i creditori interessati prestino preventivamente il proprio assenso, peraltro in maniera espressa e non mediante un mero silenzio-assenso”.

In mancanza di una norma espressa, dunque, circa la possibilità della moratoria, soltanto l’accordo specifico con i creditori privilegiati ‘dilazionati’ può consentire di superare la relativa questione di ammissibilità.

 

5.1. Segue: pre-accordo o adesione dentro la procedura?

La decisione del giudice ternano evoca la decisione Cass. 2019/27544, per la quale la moratoria ultrannuale (in vigenza dell’art. 8 l.3/2012) viene ritenuta ammissibile anche nel piano del consumatore, in quanto in detta procedura, in cui non sussiste una fase di votazione dei creditori, “l'asimmetria (rispetto all'accordo) può essere colmata, in via interpretativa, nell'ambito delle regole che attengono a quel piano; regole che, per come formulate, non escludono la possibile rilevanza di libere ed appropriate forme di manifestazione di volontà cui associare la tutela del creditore(Cass. 2019/27544).

Peraltro, dottrina e giurisprudenza avevano convenuto sul carattere criptico e un po’ nebuloso di detto assunto della Cassazione[17]; in particolare, non era chiaro se, ai fini dell’omologazione, occorresse comunque il consenso del creditore interessato (nel senso oggi affermato dal Tribunale di Terni), o se la “tutela del creditore” fosse salvaguardata, semplicemente, dalla possibilità di opporsi all’omologa, nell’ambito del contraddittorio radicato in udienza ex art. 12 bis c.4 l. 3/2012 - oggi art. 70 c.3 e c.9 CCII – ferma la prerogativa del tribunale di omologare il piano (nel senso indicato dal giudice irpino).

Inoltre, in vigenza dell’art. 8 l. 3/2012 la giurisprudenza che ha valorizzato il consenso esplicito del creditore interessato dalla moratoria, si era divisa tra coloro che ritenevano opportuno di acquisire tale adesione prima e al di fuori della procedura di ristrutturazione (c.d. pre-accordo o patto paraconcordatario)[18], e coloro per i quali era sufficiente che detto consenso esplicito fosse raccolto dentro la procedura di omologazione del piano del consumatore[19].

 

5.2. Segue: criticità della tesi del consenso esplicito del creditore interessato dalla moratoria

Altri hanno evidenziato la criticità di carattere sistematico posta dall’assenza di una formale fase di voto nella procedura del consumatore, per cui appare forzato ipotizzare la necessità di un consenso espresso del creditore interessato dalla moratoria ultrannuale, se non ammettendo elementi di negozialità del tutto estranei alla ristrutturazione del consumatore, assimilata parzialmente all’accordo con l’inserimento, all’interno della procedura di formazione del piano del consumatore, di una sotto-fase c.d. di voto della proposta, ancorché limitata solo ad una categoria di creditori[20].

L’assenza di meccanismi di voto nella procedura del consumatore, infatti, risponde ad una chiara esigenza di ridurre le difficoltà negoziali connesse alla raccolta di adesioni per dissesti di secondaria rilevanza e per i quali è previsto un sistema di approvazione facilitato: il tribunale ha una funzione sostitutiva del voto, che ben può essere smentita o solo approfondita mediante la reazione dei singoli creditori con l’opposizione all’omologa o la contestazione di convenienza, come suggerito dalla decisione in rassegna resa dal giudice irpino.

In tale prospettiva, pretendere il consenso esplicito del creditore interessato nella procedura del consumatore significa escludere l’intervento sostitutivo del giudice per la manifestazione di assenso, ciò che snaturerebbe la procedura imponendo un singolo atto negoziale incompatibile con la sua struttura (tipica dei concordati c.d. coattivi), che considera i creditori non come singoli, ma come massa soggetta all’approvazione di una proposta preconfezionata dal debitore, quale atto unilaterale di quest’ultimo, vagliata esclusivamente dal tribunale[21].

In altri termini, la legge riconduce al giudice la valutazione di ammissibilità e convenienza della proposta di ristrutturazione del consumatore, senza necessità di alcun riscontro della volontà del ceto creditorio.

Resta irrisolto, comunque, il problema del fondamento normativo della moratoria dei crediti prelazionari nella ristrutturazione del consumatore.

 

6. Considerazione conclusive.

È chiaro che, per ragioni di sistema, deve potersi ammettere una moratoria nella ristrutturazione del consumatore, sia perché l’obbligo di pagamento immediato dei creditori prelazionari renderebbe pressoché inaccessibile l’istituto, con conseguente frustrazione delle ragioni sottese alla stessa disciplina volta al superamento della situazione di sovraindebitamento, sia perché, ove nella ristrutturazione del consumatore l’assenza della previsione espressa della moratoria costituisse un limite invalicabile, una siffatta interpretazione condurrebbe ad una irragionevole disparità di trattamento tra sovraindebitati consumatori e non consumatori, a maggior ragione ove si consideri che il consumatore è il soggetto più debole, e dunque in teoria più tutelato, tra quelli a cui si rivolgono le procedure disciplinate dal Codice.

Gli arresti giurisprudenziali di cui si è dato conto, tuttavia, muovono dalla scelta del legislatore di non riprodurre la previsione già contenuta nell’art. 8 c. 4 l. 3/2012, per cui dovrà essere ricercato altrove il fondamento della moratoria.

Un’opzione ermeneutica possibile - qui indicata come stimolo alla riflessione -  muove dalla presa d’atto che la ristrutturazione dei debiti del consumatore è la procedura in cui è massima l’operatività del principio del favor debitoris, che permea non solo l’attività dell’interprete ma anche il dettato normativo, per cui occorre prendere atto dell’estremo favore accordato dal legislatore al consumatore[22]: un chiaro dato positivo depone in tal senso, ed è rappresentato dalla speciale fattispecie della prosecuzione del mutuo ipotecario ex art. 67 c.5 CCII, per la quale, a differenza dell’analoga fattispecie nel concordato minore, non si prevede alcuna attestazione dell’OCC riguardo al fatto che essa “non lede i diritti dei creditori”.

Indubbiamente tale peculiare previsione integra una deroga agli artt. 2740 e 2741 c.c., sia quando il valore residuo dell’immobile supera il debito ipotecario garantito (con danno agli altri creditori che non potranno soddisfarsi sul bene), sia quando detto valore è inferiore al credito ipotecario residuo (che troverà, tuttavia, integrale soddisfo nella prosecuzione del piano di ammortamento del mutuo): in entrambi i casi, sarà consentito al debitore il mantenimento in proprietà della propria abitazione, in violazione di svariati principi fondanti le procedure concorsuali (la garanzia patrimoniale generica, i principi della par condicio e dell’ordine delle cause legittime di prelazione), addirittura anche a fronte della contestazione di convenienza ex art. 70 c.9 CCII avanzata dal creditore interessato[23].

Se a tanto si spinge il legislatore nell’esclusivo interesse del consumatore - ancorché a tutela di un bene primario come l’abitazione - appare irragionevole concludere che il medesimo legislatore, da un lato, consenta una siffatta compressione dei diritti dei creditori, e dall’altro lato, abbia ridotto drasticamente l’ambito di operatività dell’istituto con la consapevole esclusione della moratoria dei creditori prelazionari.

Il favor debitoris, peraltro, opera anche in sede ermeneutica, mediante il ricorso al criterio dell’analogia, di cui all'art. 12 delle preleggi, su cui è tornata di recente la Cassazione a Sezioni Unite con la nota sentenza n.38596 del 6 dicembre 2021.

La Suprema Corte ha ribadito che il ricorso analogico è ammesso ogni qualvolta manchi una disposizione espressa regolatrice, come nel caso della carenza di un riferimento alla moratoria.

Se si considera che la moratoria, come già visto, è norma espressa nel concordato minore  (in forza dell’art. 74 c.4 CCII che rinvia all’art. 86 CCII), occorre muovere dal “rapporto di somiglianza” - Cass. 2021/38596 - che sussiste tra le situazioni di sovraindebitamento disciplinate da entrambe tali procedure negoziali: si pensi alla fattispecie del professionista che mette a disposizione i redditi futuri nell’ambito di un concordato minore in continuità, con la previsione della moratoria dei crediti assistiti da privilegio mobiliare generale (art. 74 c.1 CCII), rispetto alla fattispecie del consumatore che, analogamente, intende ristrutturare la propria situazione debitoria grazie ai redditi futuri da lavoro dipendente (art. 67 CCII), con analoga previsione della moratoria.

È fin troppo evidente la somiglianza delle due situazioni concrete, rispetto alle quali non appare irragionevole un’interpretazione fondata sul richiamo analogico che riconosca, per entrambe le procedure, la stessa possibilità della moratoria, pena l’innesco di un profilo di incostituzionalità per irragionevolezza dell’art. 67 c.1 CCII, tenuto conto, peraltro, che esso dispone espressamente che la proposta del consumatore sovraindebitato “ha contenuto libero e può prevedere il soddisfacimento, anche parziale e differenziato, dei crediti in qualsiasi forma” e nulla dispone, in termini di divieto, circa la moratoria.



[1] L’Autore è avvocato in Rimini e Cultore della materia presso la Cattedra di Diritto Fallimentare all’Università degli Studi di Milano – Bicocca.

[2] In corso di pubblicazione su questa Rivista.

[3] In corso di pubblicazione su questa Rivista.

[4] Per una disamina più esaustiva della questione, sia consentito un rinvio ai contributi del sottoscritto pubblicati in questa Rivista, in vigenza della l. 3/2012 (riformata dalla l. 137/2020); da ultimo, v. “La falcidia dei crediti nel piano del consumatore ex art. 8 c.1 bis l. 3/2012”, marzo 2022 e l’articolo scritto con F.CESARE, “Sovraindebitamento: la moratoria ultrannuale nel piano del consumatore”, giugno 2022.

[5] Tra le decisioni contrarie al nuovo corso ricordiamo Tribunale di Ferrara 11 novembre 2019, in questa Rivista, per cui “non è condivisibile l’impostazione della sentenza della Cassazione n. 17834 del 2019, secondo la quale la norma di cui all’art. 8 ultimo comma della legge 3/2012 non è di ostacolo alla previsione di una dilazione del pagamento del creditore privilegiato superiore ad un anno, qualora sussista la attestazione dell’OCC circa la soddisfazione del privilegiato nei limiti della capienza, ovvero nella misura del valore presumibile di mercato del bene su cui insiste la prelazione, in quanto tale norma ha carattere eccezionale ed è pertanto inderogabile”.

[6] Art. 86 CCII nella sua prima formulazione, recitava: “Il piano può prevedere una moratoria non superiore a due anni dall’omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione. Quando è prevista la moratoria i creditori hanno diritto al voto per la differenza fra il loro credito maggiorato degli interessi di legge e il valore attuale dei pagamenti previsti nel piano calcolato alla data di presentazione della domanda di concordato, determinato sulla base di un tasso di sconto pari alla metà del tasso previsto dall’art. 5 d.l. 231/2002, in vigore nel semestre in cui viene presentata la domanda di concordato preventivo”.

[7] La criticità mi pare sia stata rilevata da GRASSO, in “La Corte di Cassazione conferma l’ammissibilità di moratoria ultrannuale in materia concordataria (nota a Cass. 11882/2020)”, Diritto della Crisi, luglio 2021, per cui “il termine della moratoria risulta essere raddoppiato ed espressamente considerato inderogabile dallo stesso legislatore […] viene riconosciuto il diritto di voto ai creditori che subiscono la dilazione biennale. Tale ultima circostanza concorrerebbe ad escludere la possibilità di una moratoria che ecceda i due anni in quanto, a seguito della previsione di default del diritto di votoin capo ai titolari dei crediti oggetto di moratoria biennale [...] non sarebbe più consentito ‘compensare’ la previsione di un periodo di moratoria maggiore rispetto a quello legale riconoscendo a loro favore il diritto di voto” (pagg.9-10).

Nello stesso senso si è osservato che “in effetti, la formulazione della norma riformata giustifica tale interpretazione, posto che il diritto al voto si collega con la moratoria biennale, non con una qualsivoglia ipotetica dilazione (BOSTICCO, in “Condizioni di derogabilità del termine per il pagamento dei creditori privilegiati nel concordato in continuità”, IlFallimentarista, settembre 2020).

In giurisprudenza, cfr. Tribunale di Modena 8 aprile 2020, est. Liccardo, in questa Rivista, che aveva suggerito una rilettura dell’art. 186 bis l. fall. anche alla luce della originaria formulazione dell’art. 86 CCII.

[8] Anche recentemente, in fattispecie di piano del consumatore ex art. 7 l. 3/2012, Cass. 22 settembre 2022 n.27843, ha ribadito l’orientamento per cui “a tal riguardo questa Corte, rispondendo in senso affermativo al quesito se nella nozione di «soddisfazione non integrale» dei privilegiati debba essere ricompresa anche l’ipotesi del pagamento dilazionato, ha chiarito che, in tal caso, alla non integrale soddisfazione segue il diritto di voto del creditore privilegiato degradato, da parametrarsi alla perdita economica rapportabile al ritardo (Cass. 9 maggio 2014, n. 10112)”.  “Più di recente - prosegue la Cassazione - si è poi ulteriormente chiarito che le procedure da sovraindebitamento sono modellate in similitudine con l'istituto del concordato preventivo, di guisa che si devono estendere alla materia i principi enucleati in tema di concordato preventivo, con l’ovvio limite della compatibilità: e si è dunque ribadito che l'adempimento con una tempistica dilatata equivale a soddisfazione non integrale degli stessi, la quale impone l’equiparazione dei privilegiati ai chirografari ai fini del voto, per la parte del credito che si possa in tal senso ritenere non interamente soddisfatto (Cass. 3 luglio 2019, n. 17834)”.

[9] L’art. 86 CCII, sempre rubricato “Moratoria nel concordato in continuità”, ora stabilisce che “Fermo quanto previsto nell’articolo 109, il piano può prevedere una moratoria per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione. Per i creditori assistiti dal privilegio previsto dall’articolo 2751-bis, n. 1, del codice civile può essere prevista una moratoria per il pagamento fino a sei mesi dall’omologazione”.

[10] L’art. 109 CCII, rubricato “Maggioranza per l’approvazione del concordato”, dispone infatti che “I creditori muniti di diritto di prelazione non votano se soddisfatti in denaro, integralmente, entro centottanta giorni dall’omologazione, e purché la garanzia reale che assiste il credito ipotecario o pignoratizio resti ferma fino alla liquidazione, funzionale al loro pagamento, dei beni e diritti sui quali sussiste la causa di prelazione. Nel caso di crediti assistiti dal privilegio di cui all’articolo 2751-bis, n. 1, del codice civile, il termine di cui al quarto periodo è di trenta giorni. Se non ricorrono le condizioni di cui al primo e secondo periodo, i creditori muniti di diritto di prelazione votano e, per la parte incapiente, sono inseriti in una classe distinta”.

[11] In dottrina la questione è ancora controversa.

Da un lato, preso atto che “anche nel nuovo concordato liquidatorio manca, invero, una norma espressa che preveda la dilazione e ne fissi la durata”, si è osservato che, in tale tipologia di concordato, “in mancanza di una disposizione che vieti la dilazione del pagamento oltre i tempi tecnici, non vi sono ostacoli a lasciare ai creditori la libertà di valutare se una proposta che preveda pagamenti dilazionati sia conveniente rispetto alle possibili alternative di soddisfacimento(BOZZA, “Le maggioranze per la proposta concordataria”, Diritto della Crisi, 3 agosto 2022).

Altri, critici con l’orientamento liberale della Cassazione, hanno osservato che l’art. 86 CCII, “avendo disciplinando la moratoria per l'appunto solo con specifico riferimento al concordato in continuità aziendale, abbia mostrato per ciò stesso di rivestire natura di norma eccezionale, come tale inestensibile in via analogica”, per cui, riguardo la nuova disciplina codicistica, “la notazione più importante da fare è che, se il legislatore ha riproposto anche nel Codice della crisi la possibilità per il debitore di fruire della moratoria, ma (ancora una volta, e ancor più significativamente) solo con una norma riguardante il concordato in continuità aziendale, dovrebbe ormai cadere definitivamente anche ogni eventuale e residuo dubbio sulla sua inapplicabilità ai concordati meramente liquidatori”  (LAMANNA, “La moratoria nel pagamento dei crediti muniti di prelazione nel concordato preventivo alla luce del Codice della crisi”, in IUS, 13 marzo 2023).

In tal senso, anche AUDINO, sub art. 85, in A. Maffei Alberti (diretto da), “Commentario breve al codice della crisi e dell’insolvenza,” Padova, 2023, richiamato da un autorevole Autore, per il quale “per il concordato liquidatorio continua a valere la (tendenziale) necessità della vendita dei beni nei relativi tempi tecnici, non potendo l’art. 86 trovare applicazione in via estensiva e neppure analogica, trattandosi di disposizione di carattere eccezionale, strettamente connessa alla tutela della continuità aziendale”. (AMBROSINI, in “Classi di creditori, moratoria dei privilegiati e contenuti del piano nel nuovo concordato preventivo”, in Il diritto fallimentare e delle società commerciali, Torino, fasc. 2/2023).

[12] È chiaro che i vizi di inammissibilità del piano di ristrutturazione ex art. 67 CCII possono essere sempre eccepiti dal creditore, a prescindere dalla opposizione fondata sulla “convenienza della proposta” ex art. 70 c.9 CCII. Sul punto Tribunale di Roma 5 aprile 2023, in questa Rivista, ha giustamente riconosciuto la legittimazione ad eccepire l’inammissibilità del piano anche al creditore che abbia colpevolmente determinato la situazione di indebitamento o che abbia violato le regole sul merito creditizio ex art. 124 bis TUB; Tribunale di Palermo 13 febbraio 2023, in corso di pubblicazione, ha ritenuto opportuna la fissazione di apposita udienza, malgrado non prevista dall’art. 70 CCII, ove vengano formulate osservazioni relative all’inammissibilità del piano o della proposta.

[13] Negli stessi termini, conforme alla decisione del giudice avellinese, v. Tribunale di Ascoli Piceno 3 aprile 2023, est. Calagna, in corso di pubblicazione in questa Rivista.

L’art. 70 c.9 CCII dispone che ”quando uno dei creditori o qualunque altro interessato, con le osservazioni di cui al comma 3, contesta la convenienza della proposta, il giudice omologa il piano se ritiene che comunque il credito dell'opponente possa essere soddisfatto dall'esecuzione del piano in misura non inferiore all'alternativa liquidatoria”.

[14] Circa tale giudizio comparativo di convenienza, peraltro, in vigenza dell’art. 12-bis l. 3/2012 la giurisprudenza prevalente aveva ritenuto che “la valutazione di convenienza del piano rispetto alla alternativa liquidatoria va effettuata non con riferimento al credito vantato dal singolo creditore ma alla intera massa passiva; ne discende che le eccezioni di un singolo creditore possono essere disattese quando prevale l’interesse della maggioranza della massa passiva” (cfr. Tribunale di Verona 5 febbraio 2021, in questa Rivista; conforme, Tribunale di Torino 11 marzo 2021, in www.portalecreditori.it; Tribunale di Napoli 26 marzo 2021, in www.tribunale.napolinord.giustizia.it).

La norma trasfusa nell’art. 70 CCII è, tuttavia, più precisa: mentre la formula dell’art. 12-bis, c. 4, l. 3/2012, era più generica, prevedendo che “quando uno dei creditori o qualunque altro interessato contesta la convenienza del piano, il giudice lo omologa se ritiene che il credito possa essere soddisfatto dall'esecuzione del piano in misura non inferiore all'alternativa liquidatoria disciplinata dalla sezione seconda del presente capo”, l’art. 70 c.9 CCII chiarisce ora che il raffronto con l’alternativa liquidatoria riguarda “il credito dell'opponente”.

[15] È, infatti, evidente il richiamo alla predetta giurisprudenza di legittimità, il cui risultato - in vigenza della norma sulla moratoria -, come innanzi evidenziato, ha portato la Cassazione a ritenere che:

a) è sempre ammissibile la previsione di una moratoria ultrannuale nel pagamento dei crediti privilegiati o assistiti da pegno o ipoteca, sia nell’accordo sia nel piano del consumatore, anche a prescindere dalla continuazione d’impresa, a condizione che sia accordato il diritto di voto sulla ‘perdita economica’ derivante dal ritardo, da quantificarsi;

b) la dilazione del pagamento (in vigenza della legge 3/2012), oltre il termine annuale previsto dall’art. 8 c.4), è questione non riconducibile alla valutazione di fattibilità giuridica dell’accordo o del piano, bensì al giudizio di convenienza demandato ai creditori votanti;

c) nel piano del consumatore, in cui non sussiste una fase di votazione dei creditori, “l'asimmetria (rispetto all'accordo) può essere colmata, in via interpretativa, nell'ambito delle regole che attengono a quel piano; regole che, per come formulate, non escludono la possibile rilevanza di libere ed appropriate forme di manifestazione di volontà cui associare la tutela del creditore” (Cass. 2019/27544 e Cass. 2019/17834).

[16] Peraltro, parte della dottrina ha ritenuto che la disposizione sulla moratoria, in realtà, appare solo regolatoria del diritto di voto, non altro.

Così si è sostenuto, in vigenza dell’art. 86 CCII nella precedente formulazione, che “per come attualmente prevista, dunque, la lettura più condivisibile della disposizione è quella – prevalente in giurisprudenza – che attribuisce alla moratoria l’unica funzione di escludere il diritto di voto per i creditori privilegiati che vengano soddisfatti non immediatamente (ma comunque nei due anni) e non quella di imporre un limite massimo temporale per la loro soddisfazione(ARATO, “La soddisfazione dei creditori privilegiati nel concordato preventivo, anche alla luce del d.l. 118/2021”, in Ristrutturazioni Aziendali, ottobre 2021).

[17] Tribunale di Nola 12 aprile 2022, in questa Rivista, ha osservato che l’affermazione della Cassazione “è generica in quanto spalanca le porte, appunto, a non meglio precisate ‘libere e appropriate forme di manifestazione di volontà cui associare la tutela del creditore’ (Cass. 17834/2019)”.

[18] Sempre Tribunale di Nola 12 aprile 2022, ha osservato che il credito assistito da privilegio, pegno o ipoteca deve essere soddisfatto entro l’anno dall’omologa, mentre “l’unica possibilità per il debitore di evitare la liquidazione del bene (in particolare della casa di abitazione nel caso frequente del mutuo ipotecario) è di ottenere l’espresso consenso preventivo del creditore prelatizio interessato”.

[19] Tribunale di Roma 20 maggio 2022, in www.portalecreditori.it, in fattispecie di piano del consumatore prevedente la moratoria ultrannuale del creditore ipotecario, ha ritenuto che “in mancanza di una espressa manifestazione di dissenso da parte del creditore ritualmente informato della proposta di esdebitazione contenuta nel piano da far pervenire almeno 10 giorni prima dell’udienza, è da ritenersi “prestato” il consenso da parte del medesimo creditore nei termini del piano comunicatogli”.

Tribunale di Avellino 9 febbraio 2022, in questa Rivista, in punto di moratoria ultrannuale, ha osservato che “è possibile la previsione di un termine maggiore di moratoria attraverso: a) il raggiungimento di accordo paraconcorsuale con il creditore prelatizio che consenta un pagamento ultrannuale; b) l'assegnazione di un termine, eventualmente coincidente quello per la formulazione delle contestazioni, entro il quale il creditore prelatizio possa esprimere il dissenso; c) la trasformazione della procedura in accordo di composizione della crisi”.

[20] Tribunale di La Spezia 13 giugno 2018, in questa Rivista, per il quale “non può sostenersi la tesi volta ad introdurre, all’interno della procedura del piano del consumatore, il diritto di voto sulla proposta in capo ai creditori privilegiati con moratoria ultra-annuale, prevedendo che la proposta potrebbe essere omologata solo in caso di voto positivo da parte di tali creditori. […] L’assenza dell’elemento negoziale all’interno della procedura di formazione del piano del consumatore (e quindi la scelta di non attribuire carattere di negozio giuridico al piano del consumatore) rappresenta volontà legislativa inconciliabile con l’applicazione, anche per analogia, delle norme legislative e degli orientamenti giurisprudenziali propri delle procedure di ristrutturazione fondate sul raggiungimento di accordi tra il debitore e la massa creditoria (concordato, accordo di composizione, accordi di ristrutturazione), stante la differente ratio alla base della disciplina di tali procedure”.

[21] In dottrina si è acutamente osservato che “rimane apparentemente distonica per il piano del consumatore la previsione del coinvolgimento interlocutorio dei creditori privilegiati pagati oltre il termine annuale: la procedura concorsuale di che trattasi non prevede, infatti, alcuna espressione di voto. L’opzione nomofilattica non è del tutto persuasiva. Non tanto per la difficoltà, empiricamente non insormontabile, di allestire per i creditori incisi un momento processuale utile a farli esprimere sulla proposta.
A convincere poco è la costruzione per atto unilaterale del debitore di un diritto di voto che diviene succedaneo del diritto di garanzia. Il voto, ove è previsto (art. 177 L. fall. e 109 CCII), spetta ai creditori privilegiati in ipotesi di incapienza del bene o di rinuncia alla causa di prelazione che assiste il credito. È abbastanza bizzarro che al debitore sia consentito l’azzeramento arbitrario della funzione e dell’effettività della garanzia attraverso l’attribuzione, in luogo di essa, di una facoltà di “manifestazione del pensiero” sulla propria proposta di modifica unilaterale delle condizioni di adempimento dell'obbligazione, proposta il cui contenuto potrà essergli imposto dal giudice o manu militari dalla maggioranza di creditori di grado chirografario”
(Così LEUZZI, “Attualità e prospettive del piano del consumatore sovraindebitato”, Diritto della Crisi, luglio 2021).

[22] Recentissimamente, Corte di Appello di Bologna 16 giugno 2023, in corso di pubblicazione in questa Rivista, ha ribadito la peculiarità della procedura di ristrutturazione del consumatore - il cui favor è strettamente legato al fatto che essa è riservata esclusivamente alla definizione di debiti consumeristici - osservando che “il provvedimento del giudice è l’unico presidio a tutela dei creditori, giacché solo all’autorità giudiziaria è rimesso il giudizio sull’ammissibilità giuridica e sulla fattibilità economica del piano, nonché sulla convenienza della proposta, che si traducono in una parziale estinzione del debito a prescindere dalla volontà dei singoli creditori: vantaggio (per il debitore) giustificabile solo in presenza di obbligazioni effettivamente contratte al di fuori dell’attività imprenditoriale o professionale, giacché solo queste ultime sono state assunte dal debitore quando si trovava “in una situazione di inferiorità rispetto al professionista” (CGUE 8 giugno 2023 C-570/21).

[23] In tal senso, cfr. ZANICHELLI, “Il corposo restyling della legge sul sovraindebitamento”, Il Fallimento, 4/2021.



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