Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 875 - pubb. 01/07/2007

Revoca di ipoteca a garanzia di pregressa esposizione

Tribunale Mantova, 10 Aprile 1997. Est. Bernardi.


Ipoteca volontaria – Costituzione a garanzia di apertura di credito per ridurre scoperto di conto corrente – Revocabilità – Iscrizione pubblici registri – Revocatoria fallimentare – Termine per la revoca dall’iscrizione.



 


 


Tribunale di Mantova, Sez. II – Sentenza 10 aprile 1997 - Presidente Dott. A. Dell’Aringa, Giudice relatore Dott. M. Bernardi, Giudice Dott. Andrea Gibelli.

 

Oggetto: Opposizione allo stato passivo.

Causa discussa e spedita a sentenza all’udienza collegiale dell’8/04/97 sulle seguenti

Conclusioni

Il Procuratore dell’Opponente:

Chiede che la Banca Agricola Mantovana sia ammessa al passivo del fallimento di Vergani Luciano per la somma di £. 458.922.250 in via privilegiata ipotecaria.

Il Procuratore dell’Opposto:

Ecc.mo Tribunale, ogni diversa domanda ed eccezione disattesa voglia:

nel merito: respingere la domanda attorea con la vittoria nelle spese ed onorari di causa.

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato in data 10/5/1994 la B.A.M. proponeva tempestiva opposizione avverso lo stato passivo del fallimento Vergani Luciano affermando di aver chiesto l’ammissione al passivo per somma di £. 458.922.250 in via privilegiata ipotecaria per la somma di £. 358.204.085 in via chirografaria e che ingiustamente l’importo chiesto in via privilegiata non era stato ammesso con il rango preteso.

Si costituiva la Curatela fallimentare la quale contestava la fondatezza della opposizione sostenendo per contro che correttamente l’importo oggetto di contestazione non era stato ammesso al passivo in via ipotecaria in quanto nel caso di specie doveva trovare applicazione il disposto di cui all’art. 67 co. 1 n. 4 l.f.-

La causa veniva istruita con produzioni documentali e trattenuta in decisione sulle conclusioni in epigrafe riportate.

Motivi della decisione

L’opposizione è infondata e pertanto deve essere respinta.

La B.A.M. ha chiesto l’ammissione al passivo del fallimento Vergani Luciano (dichiarato con sentenza in data 29.11.1993) oltre che per un credito di £. 358.204.085 in via chirografaria già ammesso ed in ordine al quale non vi è contestazione, anche per £. 458.922.250 in via ipotecaria e ciò in forza del contratto di mutuo ipotecario stipulato il 24/11/1992 con atto n. 44043 di rep. Notaio Nicolini e della conseguente iscrizione di ipoteca volontaria eseguita il 4/12/1992 fino alla concorrenza di £. 720.000.000.

In sede di verifica dello stato passivo il credito in questione veniva ammesso al passivo in via chirografaria escluso il privilegio ipotecario richiesto perché, come detto in motivazione, l’ipoteca è stata iscritta nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento e dunque è ricompresa tra gli atti revocabili ai sensi dell’art. 67 I° co. N. 41 l. fall. tenuto conto che esiste prova da parte del creditore della “scientia decoctionis”.

L’istituto opponente ha contestato che la fattispecie in questione fosse inquadrabile nell’ambito della norma sopra richiamata affermando che l’atto costitutivo dell’ipoteca era stato rogato il 24/11/1992 e quindi cinque giorni oltre il termine annuale, negando poi che la stipula del contratto di apertura di credito fino alla concorrenza di £. 400 milioni e garantito da ipoteca, dovesse intendersi quale operazione effettuata al puro scopo di garantirsi delle precedenti esposizioni di conto corrente della società fallita ed infine affermando che la B.A.M., al momento del perfezionamento del contratto in questione, ignorava lo stato di insolvenza della S.n.c.-

In primo luogo va detto che non può essere condivisa la tesi difensiva dell’istituto bancario secondo cui, ai fini della individuazione del termine annuale fissato dall’art. 67 I° co. N. 41 l.f., deve aversi riguardo alla data di stipula del negozio di apertura di credito in cui si prevedeva anche la costituzione, a garanzia, della ipoteca: in vero, ai fini che ci occupano, deve intendersi come data di costituzione dell’ipoteca volontaria non già quella dell’atto notarile bensì quella dell’iscrizione nei pubblici registri giacchè l’atto di concessione attribuisce al creditore il diritto a procedere all’iscrizione e gli conferisce il titolo idoneo a pretenderla dal Conservatore dei RR.II., ma solo a seguito dell’iscrizione il creditore medesimo acquista il diritto di espropriare i beni vincolati anche in confronto del terzo acquirente e di essere soddisfatto con preferenza sul prezzo ricavato dall’espropriazione e solo con l’iscrizione si verificano gli effetti pregiudizievoli che alterano la condizione di parità dei creditori (così Cass. 26/10/1968 n. 3572; Cass. 11/1/1981 n. 371).

Ne consegue che l’ipoteca de quo, è revocabile perché iscritta il 4/12/1992 e quindi nel termine annuale dalla dichiarazione del fallimento (avvenuta il 29/11/1993).

Dalla documentazione prodotta emerge poi che alla data del 6/11/1992 risultavano accesi dalla fallita due rapporti di conto corrente (n. 41618/3 e 41619/4) di cui uno operante su apertura di credito ordinaria (fino a £. 20 milioni) e l’altro affidato sino alla concorrenza di £. 150 milioni per gli anticipi su fatture e contratti (di precedenti delibere di concessione di fido per più rilevanti importi non vi è alcuna prova in atti rilevandosi per altro che la sola produzione di una siffatta delibera non è di per sé idonea a provare l’esistenza del contratto di apertura di credito).

Orbene dagli estratti conto depositati si evince che alla data del 31/12/1991 il c/c n. 41619/4 evidenziava una esposizione di £. 333.376.277 e quello n. 41618/3 di £. 257.721.493 e che poi alla data del 3/11/1992 il primo presentava uno scoperto di £. 382.632.974 ed il secondo di £. 177.974.790 e che in tale periodo i ripristini della provvista sono stati di lieve entità. In tale situazione viene concesso il mutuo ipotecario di £. 400 milioni da utilizzarsi sotto forma di apertura di credito in c/c, conto corrente da identificarsi in quello n. 94581/0, atteso che la prima operazione sullo stesso (data 4/12/1992 che è poi quella della iscrizione ipotecaria) è un duplice giroconto di £. 337.351.871 e £. 52.648.129 assorbente quasi per intero l’ammontare dell’apertura di credito concessa e delle quali £. 337.351.871 vengono trasferite il 4/12/1992 sul c/c n. 41619/4 dal quale nello stesso giorno, sempre a mezzo giroconto, vengono trasferite £. 143.417.055 sul c/c n. 41618/3 mentre £. 52.648.129 vengono accreditate dal c/c n. 94581 a quello n. 41618/3.

Il risultato delle predette operazioni è stato quello di avere ridotto drasticamente lo scoperto dei due conti correnti originari (pari a £. 396.96.234 importo pressochè corrispondente alla somma mutuata) riportandoli nei limiti del fido concesso e di avere trasferito la corrispondente esposizione sul nuovo c/c garantito da ipoteca.

Tenuto conto della consistente esposizione debitoria che durava già da almeno un anno l’operazione in questione è stata effettuata dalla banca per garantirsi con la garanzia ipotecaria il saldo dei debiti precedentemente contratti e scaduti mentre la società poi fallita non ha mai acquisito la disponibilità della somma erogata.

Appare dunque corretta la esclusione del privilegio richiesto da parte degli organi della procedura fallimentare e d’altro canto la giurisprudenza di legittimità è orientata nel senso di ritenere che l’ipoteca che sia iscritta dalla banca in sede di apertura di credito concessa al cliente già debitore per saldo passivo relativo ad altro contratto regolato in conto corrente (saldo passivo che non si estingue per compensazione, dato che l’apertura di credito non costituisce un saldo attivo), è qualificabile come garanzia di detta preesistente obbligazione, e come tale ricade nelle previsioni dell’art. 67 I° co. l.f., in presenza di simulazione parziale, quando cioè le parti abbiano voluto soltanto tutelare quell’obbligazione anteriore, senza creare ulteriore disponibilità (in tal senso vedasi Cass. 29/7/1978 n. 3785; Cass. 18/11/1992 n. 12342; Cass. 22/3/1994 n. 2742; nonché per l’analoga fattispecie di costituzione di garanzia reale in occasione dell’aumento del fido, quando esiste già una situazione debitoria nei confronti della banca per un importo corrispondente al fido poi aumentato vedasi Cass. 17/10/1973 n. 2622; Cass. 29/8/1995 n. 9072).

Infine va osservato che le conclusioni così raggiunte e desumibili agevolmente dagli atti prodotti rendono superflua la C.T.U. richiesta dalla difesa della Curatela.

In ordine poi alla pretesa ignoranza dello stato di insolvenza della debitrice da parte della banca va detto che la norma applicata alla fattispecie in questione prevede una presunzione di conoscenza della stessa in capo al creditore garantito ponendo a carico di quest’ultimo l’onere di dare la prova contraria (così Cass. 81/371; Cass. 8/2/1983 n. 1043), onere che non può dirsi assolto.

La banca sostiene infatti che al momento della stipula dell’atto non vi erano procedure esecutive immobiliari né protesti né iscrizioni ipotecarie a carico della fallita, né essa aveva revocato o ridotto gli affidamenti.

La giurisprudenza è però da tempo orientata nel senso di ritenere che il convenuto in revocatoria può vincere la presunzione posta dalla legge se dimostra l’esistenza, al momento in cui è stato posto in essere l’atto impugnato, di circostanze tali da far ritenere ad una persona di ordinaria prudenza ed avvedutezza che l’imprenditore si trovi in una situazione di normale esercizio dell’impresa, sempre che non siano emerse prove dell’effettiva scientia decoctionis da parte di detto convenuto (così Cass. 90/2906; Cass. 90/460). Inoltre lo stato soggettivo di inscientia può ritenersi sussistente solamente in presenza di circostanze esterne, concrete e specifiche, note al terzo tali da poterlo indurre in tale convincimento (in tal senso vedasi Cass. 88/6240; Cass. 8/7/1985 n. 4070; Cass. 8/5/1982 n. 2865; Cass. 24/2/81 n. 1121) mentre non può considerarsi liberatoria di per sé né la prova della inesistenza di protesti o di azioni esecutive potendo lo stato di insolvenza manifestarsi altrimenti (così Cass. 87/2879; Cass. 82/4049) né la concessione di ulteriore credito al debitore che può essere motivata dalla speranza che il finanziamento consenta il superamento dello stato di insolvenza (così Cass 87/18; Cass. 79/5645).

Nel caso di specie peraltro non va dimenticato che l’opponente è un istituto di credito e che già da un anno la società fallita era pesantemente esposta nei confronti della banca la quale non poteva non rendersi conto dell’anomalo andamento dei conti accesi (in tal senso vedasi Cass. 13/11/1996 n. 9927) ed anzi, con la richiesta di concessione di ipoteca secondo le modalità sopra descritte, ha dimostrato di essere perfettamente consapevole della difficoltà finanziaria dell’impresa ed ha inteso tutelarsi della pregressa esposizione con l’iscrizione ipotecaria.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PQM

Il Tribunale, definitivamente pronunciando ogni altra domanda ed eccezione reietta così provvede:

-respinge l’opposizione proposta ex art. 98 l.f. promossa dalla B.A.M. avverso il fallimento Vergani;

-condanna l’opponente a rifondere alla Curatela fallimentare le spese di lite liquidandole in complessive £. 10.680.000 di cui £. 180.000 per spese, £. 3.200.000 per diritti e £. 7.300.000 per onorari oltre al rimborso forfetario delle spese ex art. 15 T.P., I.V.A. e C.p.a. come per legge.