Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 779 - pubb. 01/07/2007

Concordato preventivo e prescrizione dei crediti

Tribunale Mantova, 24 Maggio 2002. Est. Bernardi.


Concordato preventivo con cessione dei beni liquidati a più di dieci anni dal passaggio in giudicato della sentenza di omologa – Prescrizione dei crediti – Incapienza dei crediti privilegiati – Interesse all’accertamento della prescrizione – Sussistenza – Art. 2941 n. 6 c.c..



 


 


omissis

 Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato in data 20/2/1999 la società Alfa s.r.l. in liquidazione assumeva di avere presentato al Tribunale di Mantova, in data 28-8-1986, domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo con cessione dei beni, concordato omologato con sentenza passata in giudicato il 29-3-1987.

L’istante affermava che nel luglio del 1997 i beni ceduti ai creditori erano stati venduti con un ricavo di  circa £ 3.200.000.000, che con lettera del 15-9-1997 essa aveva invitato i liquidatori a soprassedere alla liquidazione dell’attivo posto che quasi tutti i crediti si sarebbero estinti per prescrizione essendo trascorsi più di dieci anni dal passaggio in giudicato della sentenza di omologa, che i liquidatori a fronte di ciò avevano invitato tutti i creditori a quantificare i rispettivi crediti inviando copia di eventuali atti interruttivi della prescrizione inoltrati all’esponente e che il Mediocredito Lombardo s.p.a., con missiva del 18-2-1998, aveva risposto dichiarandosi creditore, a tale data, della somma di £ 1.456.931.515 - oltre ad interessi successivi - in via privilegiata ipotecaria di cui £ 473.550.000 per residuo capitale, £ 274.425.375 per interessi dal 1-8-1984 al 31-12-1986, £ 36.000.000 per commissioni oltre a £ 672.956.140 per interessi al tasso legale dal 1-1-1987 al 18-2-1998.

L’attrice riferiva inoltre che il Collegio dei Liquidatori, con relazione del 14-5-1998, aveva fatto presente che l’attivo realizzato non era sufficiente alla soddisfazione integrale dei creditori privilegiati ed aveva chiesto che il Tribunale pronunciasse la risoluzione del concordato:  il Collegio, preso atto della eccezione di prescrizione dei crediti concorsuali, con provvedimento del 30-6-1998, affermata l’impossibilità di prendere in quella sede una decisione risolutiva in ordine alla sollevata eccezione, assegnava alla società Alfa s.r.l. termine sino al 31-10-1998, poi prorogato sino al 28-2-1999, per radicare i giudizi di accertamento negativo dei crediti concorsuali per un ammontare tale da escludere il fallimento e, in dipendenza di tale provvedimento, l’istante radicava il presente giudizio contestando inoltre la congruità del conteggio degli interessi, relativamente al periodo 1-1-1987/18-2-1998, sostenendo che gli stessi dovevano conteggiarsi soltanto sul residuo credito in conto capitale.

L’esponente, a sostegno della proprie ragioni, richiamava in primo luogo il disposto di cui all’art. 1984 c.c. ai sensi del quale il trasferimento dei beni ai creditori e la liberazione del debitore si realizzano solo quando i creditori conseguono dal ricavato della liquidazione le somme loro spettanti salvo patto contrario, nel caso di specie non sussistente, con la conseguenza che le somme ricavate dalla vendita dei beni ceduti continuano ad appartenere alla debitrice concordataria sino alla distribuzione:  di qui il permanente interesse all’accertamento dell’intervenuta prescrizione dei crediti concorsuali.

Quanto alla prescrizione del credito la difesa attorea faceva rilevare che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, l’ammissione alla procedura di concordato preventivo rende improcedibili le azioni esecutive individuali ma non preclude l’esercizio del diritto attraverso le normali azioni di accertamento e di condanna sicché, dopo la sentenza di omologazione, la prescrizione delle ragioni creditorie può essere interrotta secondo le forme previste in via generale dall’art. 2943 c.c..

Mentre il Collegio dei Liquidatori del Concordato Preventivo Alfa s.r.l. rimaneva contumace, l’istituto di credito si costituiva chiedendo il rigetto della domanda non essendosi maturata la prescrizione atteso che alla fattispecie doveva trovare applicazione il disposto di cui all’art. 2941 n. 6 c.c..

Quanto agli interessi la banca sosteneva che essi erano stati legittimamente calcolati al tasso legale sull’importo costituito da capitale, interessi e commissione salvo ammettere una loro riduzione in relazione alla verifica della data di trasferimento dei cespiti immobiliari.

Nel corso del giudizio il difensore dell’attrice veniva sostituito e la causa, senza l’espletamento di attività istruttoria, veniva quindi trattenuta per la decisione sulle conclusioni delle parti in epigrafe trascritte.

Motivi della decisione

La domanda è solo parzialmente fondata.

In primo luogo va detto che la società attrice ha un indubbio interesse all’accertamento della maturata prescrizione del credito sia perché, sino al momento in cui i creditori non hanno ricevuto quanto loro spettante a seguito della liquidazione, non vi è alcun trasferimento di titolarità in capo ad essi dei beni del debitore concordatario che ne mantiene quindi la proprietà e ciò in virtù del disposto di cui all’art. 1984 c.c. salvo patto contrario nel caso di specie non intervenuto (cfr. Cass. 1-6-1999 n. 5306; Cass. 21-2-1995 n. 1909; Cass. 21-1-1993 n. 7709; Cass. 15-5-1991 n. 5464), sia per la ragione che l’eventuale fruttuoso esercizio delle azioni di accertamento della prescrizione di tutti o consistente parte dei crediti concorsuali impedirebbe la pronuncia di risoluzione del concordato.

Nel merito va osservato che nella procedura di concordato preventivo a differenza di quella di fallimento (cfr. art. 94 l.f. per effetto del quale  la presentazione della domanda di ammissione al passivo determina l’interruzione della prescrizione del credito, con effetto permanente, sino alla chiusura della procedura: in tal senso vedasi Cass. 11-9-1997 n. 8990; Cass. 21-10-1995 n. 10968; Cass. 22-11-1990 n. 11269), non vi è una verifica del passivo volta ad accertare i crediti concorsuali e la loro natura ma si svolge un’indagine di natura amministrativa diretta a stabilire quali siano i creditori aventi diritto al voto ed a calcolare le maggioranze necessarie per l’approvazione della procedura (v. in tal senso Cass. 14-4-1993 n. 4446; Cass. 19-12-1985 n. 6498; Cass. 25-5-1976 n. 1939) e, pertanto, nell’ambito del  procedimento ex art.160 e segg. l.f. non vi è una domanda cui possano riconoscersi gli effetti di quella prevista dall’art. 94 l.f. tant’è che, ove i creditori intendano ottenere l’accertamento di una loro pretesa obbligatoria, debbono ricorrere al giudizio di cognizione ordinario  (vedasi sul punto Cass. 17-6-1995 n. 6859; Cass. 24-6-1993 n. 7002; Cass. 14-4-1993 n. 4446). Non viene quindi precluso l’esercizio del diritto attraverso le normali azioni di accertamento e di condanna sicché non trova applicazione il disposto di cui all’art. 2935 c.c.. Né può venire in considerazione il disposto di cui all’art. 168 co. II l.f. atteso che tale norma va letta in connessione con quella contenuta nel primo comma e pertanto l’ambito di operatività della stessa deve ritenersi limitato alla sospensione delle prescrizioni delle sole azioni esecutive (in tal senso vedasi Trib. Grosseto 11-8-1997 in Il Fall.,1998,515; Trib. Piacenza 25-11-1997 in Dir. Fall.,1998,II,122; Trib. Reggio Emilia 21-23/4/1999 n. 375 inedita): in difetto di specifiche norme contenute nella legge fallimentare trova quindi applicazione la disciplina generale prevista dal codice civile in materia di prescrizione.

Al riguardo va rilevato che la difesa della convenuta ha immediatamente eccepito la sussistenza della causa di sospensione prevista dall’art. 2941 n. 6 c.c. (com’era suo preciso onere attesa la non rilevabilità d’ufficio della medesima: cfr. Cass. 1-10- 1997 n. 9589; Cass. 13-12-1980 n. 6460; Cass. 1979 n. 3624; Cass. 1971 n. 1344) e siffatta eccezione appare fondata.

Al riguardo va detto che, a seguito dell’omologazione del concordato preventivo con cessione dei beni, viene conferito al liquidatore un mandato irrevocabile perché attribuito anche nell’interesse dei creditori (in tal senso vedasi Cass. 13-5-1998 n. 4801; Cass. 21-1-1993 n. 709; Cass. 18-12-1991 n. 13626; Cass. 27-6-1981 n. 4177; Cass. 28-3-1985 n. 2187; Cass. 5-1-1972 n. 2) organo il quale è investito dell’amministrazione dei beni ceduti in vista della loro liquidazione (cfr. artt. 182 l.f. e 1979 c.c.) e, d’altro canto, va osservato che la cessione concordataria si colloca nel quadro di un procedimento avviato dalla proposta di concordato, che si apre con il decreto di cui all’art. 163 l.f.,  passa attraverso la fase deliberativa di cui agli artt. 174 e segg. l.f.,  culmina nella sentenza di omologazione ovvero nella dichiarazione di fallimento e si conclude con la fase di esecuzione e liquidazione: ciò consente di ritenere che la cessione dei beni di cui all’art. 160 II co. n. 2 l.f. non sia inquadrabile semplicemente nello schema contrattuale di cui agli artt. 1977 e segg. c.c. in quanto si inserisce in un articolato procedimento connotato da finalità pubblicistiche (cfr. Cass. 16-4-1996 n. 3588; Cass. 15-1-1985 n. 67;  Cass. 2-7-1965 n. 1373; Cass. 10-6-1964 n. 1441) posto che agli organi giudiziari sono attribuiti poteri decisionali circa l’ammissione alla procedura, di controllo del suo svolgimento e di nomina del liquidatore e che la liquidazione (le cui operazioni non sono ricollegabili alla libera determinazione del debitore: cfr. Cass. 18-7-1996 n. 2900; Cass. 6-4-1990 n. 2900) è preordinata al soddisfacimento dei creditori secondo le regole del concorso sicché risulta perfettamente attagliarsi alla fattispecie in questione la previsione contenuta nella norma di cui all’art. 2941 n. 6 c.c. che fa riferimento alle persone i cui beni sono sottoposti per provvedimento del giudice all’amministrazione altrui (cioè dei creditori come sopra evidenziato di cui il liquidatore è mandatario) non solo perché formalmente la nomina del liquidatore è effettuata dall’autorità giudiziaria (cfr. art. 182 l.f.) ma anche perché, per quanto sopra detto circa la natura del procedimento, siffatta nomina non può farsi risalire alla mera volontà del debitore concordatario.

Né appare fondata la tesi attorea secondo cui la menzionata norma non troverebbe applicazione in considerazione del fatto che non sarebbe configurabile un obbligo di rendiconto: pur prescindendo infatti dallo specifico dato testuale costituito dal richiamo operato dall’art. 165 l.f. alla norma di cui all’art. 38 l.f., al caso in questione appare applicabile il disposto di cui all’art. 1983 co. II c.c. in difetto di specifiche disposizioni della legge fallimentare, norma che peraltro risulta essere espressione di un principio generale dell’ordinamento (cfr. artt. 2311, 2453, e 2497 c.c.).

Va poi osservato che la conclusione raggiunta non comporta una interpretazione analogica della disposizione in esame, operazione questa sicuramente non consentita (cfr. Cass. 13-12-1995 n. 12754), ma è il risultato ermeneutico della applicazione diretta della norma al caso di specie atteso che la fattispecie concreta rientra perfettamente in quella astrattamente delineata dal legislatore, trovando applicazione l’art. 2941 n. 6 c.c. a tutti i rapporti, da accertare in concreto e non specificamente indicati, intercorrenti fra coloro i cui beni sono sottoposti, secondo la previsione di legge, all’amministrazione altrui e le persone che amministrano tali beni.

In ordine poi alla contestazione concernente gli interessi va notato che gli stessi debbono calcolarsi sino alla data del 30-9-1997 coincidente con quella di emissione del decreto di trasferimento.

Sul punto va osservato che, solo al momento della precisazione delle conclusioni, la società attrice ha sostenuto l’incongruità del conteggio degli interessi relativamente al periodo 1-8-1984/31-12-1986 e che, in tale udienza, la difesa della convenuta ha eccepito la novità di tale domanda: tale asserzione non può condividersi atteso che la contestazione attinente alla misura del credito costituisce una mera difesa come tale svincolata dalle preclusioni previste dall’art. 183 c.p.c. (cfr. Cass. 8-1-1997 n. 89).

Con riguardo agli interessi relativi al periodo 1-8-1984/31-12-1986 rilevato che incombe sulla banca, ex art. 2697 c.c., l’onere di provare l’entità del proprio credito essendo stato instaurato il presente giudizio proprio al fine di operare tale accertamento, va detto che siffatto onere non è stato assolto atteso che l’istituto di credito si è limitato ad indicare la somma globalmente pretesa senza né precisare i criteri di calcolo seguiti né fornire i necessari elementi per la loro determinazione (di complessa individuazione alla stregua del concreto contenuto della clausola contrattuale) sicché, a fronte della specifica contestazione, sarà possibile riconoscere solamente gli interessi al tasso legale con capitalizzazione annuale per l’effetto conteggiati (sul solo importo capitale non potendo gli stessi essere calcolati anche sulla commissione che costituisce una somma dovuta una tantum indipendentemente dal decorso del tempo) in complessivi euro 29.582,63.

Sul punto va inoltre richiamato l’orientamento giurisprudenziale oramai consolidatosi (cfr. Cass. 16-3-1999 n. 2374; Cass. 30-3-1999 n. 3096; Cass. 11-11-1999 n. 12507; Cass. 4-5-2001 n. 6263 e vedasi anche Cass. S.U. 17-7-2001 n. 9653) secondo cui la previsione contrattuale della capitalizzazione degli interessi dovuti dal cliente, in quanto basata su un uso negoziale ma non su una vera e propria norma consuetudinaria, è nulla in quanto anteriore alla scadenza degli interessi dovendosi ulteriormente rilevare che il divieto posto dall’art. 1283 c.c. può essere derogato soltanto dagli usi normativi (cfr. artt. 1 e 8 disp. prel. c.c.) laddove la raccolta degli usi della Provincia di Milano dimessa dalla difesa del Mediocredito Lombardo che pur prevede l’anatocismo, sotto forma di capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dai clienti della banca, è pur sempre un uso contrattuale difettando quanto meno il requisito soggettivo (costituito dalla consapevolezza di prestare osservanza, operando in un certo modo, ad una norma giuridica) non potendo esso ravvisarsi nella prassi imposta da uno solo dei contraenti (la banca) mediante clausole uniformi ed unilateralmente predisposte.

Per quanto concerne poi il periodo 1-1-1987/30-9-1997 trattandosi degli interessi legali successivi al triennio ex artt. 54, 55 l.f. e 2855 c.c., essi vanno calcolati al tasso legale sulla sola somma capitale, escluso l’importo per commissione per la ragione sopra evidenziata ed escluso inoltre che si possa tenere conto degli interessi già maturati atteso che il terzo comma dell’art. 2855 c.c. fa riferimento esclusivamente al capitale e non alla somma iscritta (in tal senso vedasi Cass. 20-3-1998 n. 2925): l’importo dovuto per tale periodo assomma così ad euro 205.470,76  mentre complessivamente il credito della banca convenuta viene determinato in complessivi euro 498.214,00 (244.568,16 + 18.592,45 + 29.582,63 + 205.470,76).

La parziale reciproca soccombenza giustifica la compensazione nella misura di un quarto delle spese di lite che vengono liquidate come da dispositivo dovendo la restante parte essere posta a carico della società attrice mentre esse vanno integralmente compensate nei rapporti con il Collegio dei Liquidatori in considerazione del comportamento processuale assunto.

P.Q.M.

il Tribunale di Mantova, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando ogni altra domanda ed eccezione reietta, così provvede:

respinta l’eccezione di prescrizione del credito vantato dal Mediocredito Lombardo s.p.a., ne determina l’ammontare nei confronti del concordato preventivo Alfa s.r.l. in complessivi euro 498.214,00;

condanna la società attrice a rifondere alla banca convenuta le spese del giudizio compensandole nella misura di un quarto e per l’effetto liquidandole in complessivi euro 8.046,74 di cui € 196,00 per spese, € 1.850,74 per diritti ed € 6.000,00 per onorari, oltre al rimborso forfetario delle spese ex art. 15 T.P., IVA e CPA come per legge;

compensa integralmente le spese di lite nei rapporti con il Collegio dei Liquidatori.