La Responsabilità del Medico


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 693 - pubb. 01/01/2007

Omessa informazione e morte del paziente

Tribunale Mantova, 06 Ottobre 2004. Est. Aliprandi.


Omessa informazione al paziente di un referto radiografico eseguito per la cura di una patologia diversa da quella causativa del suo decesso – Insufficiente prova del nesso causale fra l’evento morte ed il mancato tempestivo accertamento diagnostico – Responsabilità dei sanitari curanti e dell’ente ospedaliero – Esclusione.



Non sussiste la responsabilità dei medici curanti e della struttura ospedaliera ove manchi la prova rigorosa che dalla omessa informazione al paziente degli esiti di un esame radiografico eseguito per la cura di un ernia crurale (all’esito del quale era stato rilevato un opacamente disomogeneo) siano dipesi il mancato tempestivo accertamento della neoplasia polmonare e l’accorciamento della vita del paziente poi deceduto a seguito delle complicanze connesse con l’effettuazione di applicazioni chemioterapeutiche.



omissis

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione ritualmente notificato in date 23, 29 e 31.12.99,  V. F., R. F. e R. F. convenivano in giudizio l’Azienda Ospedaliera X, nonché i sanitari dott. C.D., dott. E.F., dott. G.H., dott. A.B. e dott. I.L. per sentir accolte le conclusioni sopra riportate.

Esponevano gli attori:

- che i deducenti erano rispettivamente marito e figli di M. M. nata a … il …. e deceduta in Mantova in data 24.12.1997;

- che la congiunta era stata ricoverata in data 21.06.97 presso l’Ospedale Civile di Y con diagnosi di ingresso “ernia crurale sinistra strozzata” e quindi era stata sottoposta ad intervento chirurgico da parte dei dott. G.H. e A.B., previa effettuazione degli esami di rito, tra cui una radiografia toracica;

- che il referto dell’esame Rx, stilato dal dott. C.D., non era stato allegato alla cartella clinica e in esso era scritto “Nei confronti del precedente esame del 21.12.92, si apprezza attualmente opacamente disomogeneo in piani anteriori che si proietta contro la regione ilare superiore di sinistra … Opportuno approfondimento clinico diagnostico”;

- che tale segnalazione non era contenuta nella cartella clinica della paziente, dimessa in data 24.06.97 senza alcuna informativa;

- che, nel mese di ottobre, la congiunta aveva lamentato dolori alla zona toracica e, in data 3.10.97, il servizio Radiologia dell’Ospedale di Y aveva rilevato la presenza di una formazione espansiva e presso l’Ospedale di Z era definitivamente diagnosticata una “insufficienza respiratoria in carcinoma polmonare”;

- che, nel mese di novembre, la paziente era stata trasportata presso la divisione di Oncologia, per “chemioterapia in neoplasia polmonare con metastasi ossee” e dimessa in data 1.12.1997;

- che, infine, M. M. era deceduta in data 24.12.97 presso la Clinica  Alfa di Z.

Fatte tali premesse in fatto, gli eredi asserivano che vi era stato un comportamento colposo da parte del personale sanitario in quanto non era stato eseguito l’approfondimento richiesto nell’esame radiologico; che la colpa era ascrivibile sia allo specialista radiologo dott. C.D., reo di non trasmesso tempestivamente il referto, sia ai medici curanti dott. G.H. e dott. A.B., i quali non avevano valutato il referto una volta giunto in reparto; che la responsabilità era da estendere altresì ai primari dei suddetti reparti dott. E.F. per la divisione Radiologia e dott. I.L. per il reparto Chirurgia; che pertanto l’omissione aveva determinato la morte anticipata della congiunta, da cui l’esistenza di danni iure proprio ed iure herediatario, quantificati nella complessiva somma di £. 320.000.000 o in quell’importo stimato di giustizia.

       Si costituivano con comparsa l’Azienda Ospedaliera X e il dott. A.B., i quali contestavano la domanda ed eccepivano:

- che, per quanto si poteva desumere dalle cartelle cliniche in atti, al primo ingresso in nosocomio, il tumore si trovava già allo stadio clinico di malattia estensiva, ragion per cui l’unico intervento terapeutico praticabile era quello chemioterapico a forti dosi, la cui probabilità di successo è parziale e limitata al 20% dei casi;

- che M. M. era deceduta proprio a causa delle complicanze derivate dagli effetti della chemioterapia, sicché l’evoluzione della malattia della defunta non si discostava affatto dalla media di altri casi analoghi tempestivamente diagnosticati e trattati;

- che, pertanto, l’eventuale comportamento alternativo conforme alla norma violata non avrebbe evitato la produzione dell’evento;

- che, infine, il quantum era eccessivo poiché il danno ipotetico era da ragguagliare al breve periodo di vita di cui la danneggiata avrebbe beneficiato nel caso in cui l’intervento terapeutico fosse stato tempestivamente effettuato.

       Si costituiva il dott. C.D., radiologo, il quale invocava l’applicazione dell’art. 2236 c.c. e, nel merito, contestava qualsiasi responsabilità in quanto:

- la paziente era entrata nelle prime ore del 21.06.97 (sabato) al Pronto Soccorso con diagnosi di ernia inguinale strozzata e, dopo gli accertamenti preparatori, era stata operata dai dott. A.B. e G.H. per essere poi dimessa in data 24.06.97;

- che, il giorno stesso del ricovero, la M. era stata sottoposta a radiografia e solo in data 23.06.97 (lunedì) il deducente aveva scorto elementi di sospetto e, scorrendo la cartella radiologica computerizzata contenente solo i referti, aveva riscontrato la presenza di un precedente esame Rx eseguito nel 1992, acquisito il giorno successivo, ovvero martedì 24.06.97;

- che pertanto solo in data 25.06.97 era emesso il responso, inviato al reparto di Chirurgia curante, nel quale si segnalava la necessità di un approfondimento clinico diagnostico;

- che, pertanto, non erano addebitabili profili di colpa al comparente, fermo restando l’insussistenza del rapporto causale e l’eccessività delle pretese attoree.

       Si costituiva il dott. E.F., all’epoca dirigente presso il servizio Radiologia del presidio ospedaliero di Y, il quale, premesso di aver impartito precise direttive al personale medico in forza delle quali la refertazione doveva essere effettuata nel più breve periodo possibile, rilevava che all’epoca dei fatti era assente per congedo con rientro alla data del 30.06.1997.

       Si costituiva con comparsa il dott. G.H., medico di guardia, il quale resisteva ed affermava che l’esponente aveva eseguito l’intervento urgente ed indifferibile in data 21.06.1997, ma non aveva preso parte alla decisione di dimettere la de cuius posto che la lettera di dimissioni era stata firmata dal primario dott. I.L. e dal dott. M.N..

       Si costituiva con comparsa il dott. I.L., il quale resisteva ed esponeva:

- che il referto era stato pacificamente inoltrato solo dopo la dimissioni della paziente in data 25.06.97;

- che l’esponente non aveva partecipato ad alcuna delle prestazioni dal ricovero alle dimissioni della paziente, né era mai stato messo a conoscenza del referto radiologico;

- che, in ogni caso, il carcinoma identificabile nella massa di cui all’esame radiologico si trovava nello stadio clinico di malattia estensiva che statisticamente prevede una sopravvivenza media di sei mesi nel 80% dei casi e nella restante parte incontra parziali e limitati successi, salvo le complicanze connesse con la chemioterapia a dosi massicce;

- che la congiunta degli eredi era deceduta proprio per le complicanze connesse alla chemioterapia;

- che, infine, il quantum era eccessivo e il deducente intendeva, per la denegata ipotesi di condanna, essere manlevato dalle proprie compagnie assicuratrici  SAI s.p.a., SIAT s.p.a. e Toro s.p.a. con le quali aveva in corso polizze assicurative per la responsabilità civile.

Differita la prima udienza, si costituivano le tre citate Assicurazioni, le quali chiedevano il rigetto della domanda non ravvisando alcun profilo di colpa in capo al proprio assicurato.

Fallito il tentativo di conciliazione ed assegnati dal precedente istruttore i termini per la precisazione delle domande e per le integrazioni istruttorie, la lite era istruita mediante l’escussione dei testi dott. F. R., P. R., dott. R. C., M. M. D. e dott. A. B. e con consulenza medico - legale affidata al dott. A. P..

Esaurita l’istruttoria, i procuratori delle parti precisavano le rispettive conclusioni e la causa era rimessa in decisione, previa assegnazione dei termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e lo scambio delle memorie di replica.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La domanda di parte attrice non merita accoglimento.

In fatto, non è contestato:

- che M. M. era ricoverata d’urgenza, nelle prime ore del mattino del 21.06.97, presso l’Ospedale Civile di Y con diagnosi di “ernia crurale sinistra strozzata” e quindi, previa esecuzione di esami preparatori, tra cui quelli ematologici, l’elettrocardiogramma, la radiografia toracica et similia, la stessa era operata con successo dal dott. G.H. e dal dott. A.B.;

- che in data 24.06.97 la paziente veniva dimessa (doc. 2 di parte attrice);

- che l’esame radiologico, eseguito prima dell’intervento, era refertato in data 25.06.97 e in esso si evidenziava, rispetto al precedente esame del 21.12.92, “un opacamento disomogeneo nelle parti anteriori che si proietta contro la regione ilare superiore sn …Opportuno approfondimento clinico diagnostico”;

- che nessun altro intervento era eseguito sino al momento in cui M. M., in preda a dolori alla zona toracica, si sottoponeva a nuovo esame in data 3.10.97 presso il servizio radiologia dell’Ospedale di Y in cui era rilevata una formazione espansiva necessitante di approfondimenti diagnostici (doc. 4);

- che la paziente era in seguito ricoverata presso l’Azienda Ospedaliera di Z ove le era diagnosticata la “Neoplasia Polmonare - Sindrome Mediastinica” (doc. 5, 6 e 7);

- che, in data 30.10.97, dopo l’ingresso in vari reparti, la degente era ricoverata nella divisione di Oncologia e trattata con la chemioterapia (doc. 7, 8, 9 e 10);

- che, infine, una volta dimessa in data 1.12.97, M. M. decedeva in data 24.12.97 presso la Clinica Alfa di Z.

       Così ricostruita la dinamica, gli eredi della de cuius, ossia il marito e i due figli, convenivano in giudizio l’Azienda Sanitaria, nonché il personale medico che aveva preso in cura la congiunta a vario titolo in occasione del ricovero del 21.06.97, lamentando che l’omissione, consistita nella mancata tempestiva refertazione o nel suo tardivo inoltro presso il reparto in cui la ricoverata era degente, non aveva consentito di diagnosticare sollecitamente l’esistenza del tumore ai polmoni e conseguentemente erano state compromesse le possibilità di curare la congiunta con un idoneo intervento terapico al fine di garantirle una maggiore sopravvivenza. Erano quindi convenuti in giudizio i medici che avevano operato la M. a seguito del ricovero d’urgenza, ossia i dott. G.H. e A.B., lo specialista radiologo estensore del referto 25.06.97 dott. C.D., nonché i responsabili dei due reparti, ossia il dott. I.L., primario della Chirurgia e il dott. E.F., primario del reparto Radiologia.

Nell’atto introduttivo, gli attori non qualificano la loro azione - ed è indicativo che non sia menzionato un articolo del codice civile - ma dalla successione dei paragrafi pare che l’azione di riferimento invocata sia quella aquiliana: infatti, il procuratore, dopo aver dedicato il primo paragrafo allo svolgimento dei fatti, dedica il capitolo sub B) alla descrizione del comportamento colposo del personale sanitario e della p.a. convenuta, il capitolo C) al nesso di causalità tra condotta colposa e il decesso della congiunta e il capitolo E) all’ammontare del danno. Siffatta enunciazione ricalca perfettamente la struttura dell’illecito extracontrattuale: comportamento contra ius dell’agente, nesso di causalità, danno ingiusto.

       Così qualificata l’azione, invero, il decidente osserva che parte attrice non si è premurata di specificare esattamente i profili di responsabilità per ciascuno dei sanitari convenuti in giudizio limitandosi a formulare dei capitoli di prova sulla successione degli eventi, di cui sopra si è dato conto, del tutto pacifici e non contestati.

Così ad es. per quanto concerne la posizione del dott. G.H., esecutore dell’operazione di ernia crurale, non è assolutamente emerso che lo stesso medico abbia poi seguito l’iter della paziente o abbia autorizzato le sue dimissioni, tanto che la cartella reca il timbro del dott. M.N., soggetto non evocato in giudizio. Analogamente, quanto al dott. E.F., primario della Divisione della Radiologia, va detto che lo stesso - a prescindere dal dato prettamente formale del suo ruolo apicale - non era in servizio durante l’epoca dei fatti.

Si aggiunga che dall’istruttoria è emerso che l’intervento di ernia era assolutamente urgente e che lo stesso doveva essere eseguito tempestivamente ed era prassi procedere all’intervento urgente ed indifferibile senza neppure acquisire il referto radiologico (cfr. deposizione teste B.). Sull’argomento, il teste dott. R. dichiarava che: “So che per prassi le radiografie seguono il paziente nei suoi spostamenti. …Nei casi di estrema urgenza, il paziente poteva essere sottoposto ad intervento chirurgico senza refertazione del radiologo .. E’ vero che il dott. P. aveva dato disposizione affinché i referti venissero compilati nel più breve tempo possibile e venissero portati in armadio, ciò allo scopo di abbreviare i tempi di degenza. L’urgenza veniva annotata sulla richiesta di esame radiologico e poteva avvenire che il medico di reparto chiedesse al radiologo la comunicazione di un parare orale”.

Quindi, a ben vedere, anche al dott. C.D. non sono stati attribuiti profili specifici di colpa: non è contestato che l’esame radiologico sia stato eseguito sabato mattina in data 21.06.1997, che il dott. C.D. il giorno seguente, di domenica, fosse reperibile solo per le urgenze in un arco limitato di tempo, che il giorno seguente, lunedì 23, lo stesso abbia scoperto l’esistenza di un precedente esame Rx del 1992 da acquisire, materialmente prelevato dall’archivio il giorno seguente, da cui poi il referto “incriminato”  del 25 giugno.

Sul punto, tuttavia, si osserva che non vi era più una specifica urgenza di provvedere immediatamente alla stesura del referto poiché l’intervento di ernia si era risolto positivamente ed infatti la doglianza di parte attrice risiede solo nella circostanza oggettiva che la struttura non abbia dato corso agli approfondimenti richiesti, la cui necessità si era occasionalmente manifestata dalla radiografa eseguita per altro scopo. Sfortunatamente il referto è successivo di un giorno alla data di dimissione - e per tale ragione la cartella non ne dà contezza - e quindi può essere addebitabile alla struttura sanitaria nel suo complesso la circostanza di non aver informato la paziente o il suo medico curante di quanto emerso nella radiografia e dell’opportunità di altri esami.

Questo dato oggettivo non è stato adeguatamente valorizzato ed approfondito mediante un’istruttoria che avrebbe dovuto evidenziare se il convenuto C.D. avesse inoltrato il referto, a quali persone era stato indirizzato e chi aveva istituzionalmente il compito di informare la M. del potenziale pericolo connesso con la presenza dell’”opacamento disomogeneo”.

Vi è dunque l’impossibilità di enucleare precise condotte omissive di natura colposa causatici del danno lamentato e soprattutto non vi sono dati certi per attribuire singolarmente ai soggetti convenuti in giudizio comportamenti negligenti, imperiti o imprudenti.

       A parte le considerazioni che precedono e pur ammettendo l’esistenza della condotta omissiva consistita genericamente nell’omessa informazione (cfr. Cass. 24.09.1997 n. 9374), a parere del decidente, manca la prova rigorosa del nesso di causalità tra l’evento morte e il mancato tempestivo accertamento diagnostico lamentato.

Sull’argomento, il nominato consulente dott. A. P. riferiva che M. M. era stata colpita da un tumore maligno, nella fattispecie da un microcitoma, caratterizzato per la sua estrema aggressività, con frequente presenza di metastasi loco - regionali e la sua naturale chemiosensibilità. Descriveva poi il consulente i vari stadi della patologia de qua e precisava che nei primi due stadi era possibile un trattamento chirurgico con una prospettiva di sopravvivenza di almeno 5 anni nel 35/40% dei casi; al terzo stadio era possibile solo il trattamento chemioterapico con prognosi di vita di quindici mesi e al quarto, oltre  al menzionato trattamento, la possibilità di sopravvivenza era di otto - dodici mesi.

Aggiungeva l’ausiliario che gli esami svolti per l’altro intervento non erano stati significativi e che, pertanto, con tutta probabilità l’opacità rilevata altro non era che una localizzazione secondaria del tumore ai polmoni, fermo restando che era impossibile fissare una precisa stadiazione del tumore alla data del 21.06.97 e conseguentemente dare una risposta al quesito posto.

E’ quindi evidente che difetta la prova in merito al nesso causale, il quale, dopo il noto ripensamento avvenuto nell’anno 2002 da parte della Corte di legittimità, può essere ravvisato solo quando, alla stregua del giudizio controfattuale condotto sulla base di una regola generalizzata di esperienza o di una legge scientifica, universale o statistica, si accerti che, ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta doverosa impeditiva dell’evento hic et nunc questo non si sarebbe verificato, ovvero si sarebbe verificato ma in epoca significativamente posteriore o con una minor intensità lesiva (cfr. Cass. pen. sezioni unite 11.07.2002 n. 30328, Cass. pen. sezioni unite 11.09.2002).

Superati quindi i precedenti contrasti in seno alla quarta sezione penale, orientata talvolta a ritenere sufficiente una bassa probabilità (cfr. la nota Cass. 12.07.91 secondo cui era sufficiente la probabilità apprezzabile  nella misura del 30%), altre volte propensa a richiedere un’elevata probabilità, con le predette pronunce la Suprema Corte richiede, per aver prova del nesso causale, che si accerti che l’evento dannoso, ipotizzandosi come realizzata la condotta dovuta, non si sarebbe realizzato ovvero questo si sarebbe verificato in epoca apprezzabilmente posteriore o con minor intensività sulla scorta della copertura di una legge scientifica o sulla base di una generalizzata regola di esperienza.

Orbene, nel caso concreto, non vi è affatto prova che un immediato accertamento dell’esistenza del tumore, con la conseguente informativa alla paziente e le cure del caso, avrebbe determinato un prolungamento della vita di M. M. All’uopo, basta rammentare che la consulenza non ha offerto risposte al riguardo e che non è stato possibile conoscere il preciso momento di insorgenza della malattia tumorale, di talché manca la dimostrazione che un positivo e diligente comportamento del personale sanitario avrebbe consentito di estirpare il tumore e permettere a M. M. di vivere più a lungo.

Anche qualora si volesse ritenere, nella più ottimistica delle ipotesi, che il tumore fosse al primo o al secondo stadio, il consulente ha precisato che in letteratura l’estirpazione dà una possibilità di vita fino a cinque anni solo nel 35 - 40% dei casi e quindi non sussiste neppure quella regola generalizzata che consente di applicare il principio sopra enunciato.

       Escluso il nesso eziologico, la domanda attorea va disattesa e il giudicante ritiene di non vagliare quegli aspetti nuovi introdotti in conclusionale circa il consenso informato o la natura contrattuale dell’azione proposta.

Peraltro, anche a voler ipotizzare la proposizione di un’azione contrattuale, ove effettivamente il nesso di casualità si atteggia in modo diverso, osserva il giudicante che, in difetto di una precisa individuazione delle condotte colpose da ascrivere ai medici convenuti, l’unico soggetto legittimato passivamente e qualificabile quale debitore è potenzialmente l’Azienda Ospedaliera di Z. Incombeva tuttavia al creditore, e segnatamente agli eredi, dare la prova che dall’inadempimento, id est l’omessa comunicazione, è scaturito il danno morale e materiale consistito della prematura scomparsa della congiunta, prova che non è in atti per gli stessi motivi sopra enucleati.

Le spese per la consulenza vengono definitivamente addossate agli attori in solido, mentre per quelle di lite ricorrono giusti motivi per una integrale compensazione in ragione della qualità soggettiva delle parti e della particolare difficoltà in punto prova del nesso eziologico atteso che neppure il consulente ha potuto fornire una adeguata risposta sul punto.

P.  Q.  M.

       Il Tribunale di Mantova, seconda sezione civile, in composizione monocratica, definitivamente decidendo nel contraddittorio fra le parti sulla domanda proposta da V. F., da R. F. e da R. F., con atto di citazione ritualmente notificato, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, così provvede:

- rigetta le domande risarcitorie avanzate da parte attrice;

- pone le spese di consulenza liquidate al dott. P. con decreto del 24.04.2003 definitivamente a carico degli attori in solido;

- compensa in toto le spese di lite.

Così deciso in Mantova, lì 6.10.2004