Diritto Bancario e Finanziario


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 30704 - pubb. 23/02/2024

Contratti bancari: la nullità per mancanza di forma scritta può essere rilevata d’ufficio solo nell’interesse del contraente debole, il quale può dare la prova dell’affidamento con altri mezzi

Cassazione civile, sez. I, 24 Gennaio 2024, n. 2338. Pres. Acierno. Est. Mercolino.


Contratti bancari – Forma – Nullità di protezione – Rilievo d’ufficio - Solo nell’interesse del contraente debole – Prova con altri mezzi dell’esistenza dell’affidamento



In tema di contratti bancari, la nullità prevista dall'art. 117, commi primo e terzo, del d.lgs. n. 385 del 1993 per l'ipotesi in cui il contratto non sia stato stipulato in forma scritta si configura come una nullità di protezione, rilevabile anche d'ufficio, rilevazione che incontra il limite della conformità del rilievo «al solo interesse del contraente debole, ovvero del soggetto legittimato a proporre l'azione di nullità, in tal modo evitando che la controparte possa, se vi abbia interesse, sollecitare i poteri officiosi del giudice per un interesse suo proprio, destinato a rimanere fuori dall'orbita della tutela».


Nel caso di specie, la Cassazione ha affermato che la sentenza impugnata non poteva essere condivisa nella parte in cui, ai fini dell'esclusione della natura ripristinatoria delle rimesse affluite sul conto corrente intrattenuto, ha ritenuto insussistente una apertura di credito, per il solo fatto che gli opponenti non avevano fornito la prova della stipulazione del contratto in forma scritta, affermandone la nullità, per difetto del requisito di cui all'art. 117, comma primo, del d.lgs. n. 385 del 1993, senza considerare che la rilevazione di tale vizio, nel caso specifico, non corrispondeva all'interesse della correntista e dei fideiussori, ai quali restava in tal modo precluso l'accoglimento della domanda riconvenzionale: la insussistenza di un affidamento, imponendo di attribuire natura solutoria a tutti i versamenti effettuati sul conto corrente nel corso del rapporto, comportava infatti, conformemente all'orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass., Sez. Un., 2/12/2010, n. 24418; Cass., Sez. I, 26/09/2019, n. 24051; 24/03/2014, n. 6857), la necessità di ancorare la decorrenza del termine di prescrizione dell'azione di ripetizione alla data di effettuazione dei singoli addebiti, anziché a quella (più recente) di chiusura del conto, in tal modo impedendo alla correntista ed ai fideiussori di ottenere la restituzione degl'importi illegittimamente addebitati o corrisposti in epoca anteriore al decennio che aveva preceduto la proposizione della domanda.


Non essendo la nullità rilevabile d'ufficio, non poteva pertanto ritenersi preclusa ai ricorrenti la possibilità di fornire la prova dell'affidamento attraverso mezzi diversi dalla produzione del documento contrattuale, quali gli estratti conto o i riassunti scalari, attestanti il reiterato adempimento da parte della Banca di ordini di pagamento impartiti dalla correntista, anche in assenza di provvista, le risultanze del libro fidi, attestanti l'esistenza di una delibera di concessione di un finanziamento, o la segnalazione alla Centrale dei Rischi della Banca d'Italia, nella misura in cui gli stessi potevano essere considerati idonei a dimostrare l'esistenza di un accordo tra le parti per l'utilizzazione da parte della correntista d'importi eccedenti la disponibilità esistente sul conto ed i limiti di tale utilizzazione. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)




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