Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 17537 - pubb. 23/06/2017

Detrazione dal risarcimento del danno di emolumenti di carattere indennitario versati da assicuratori privati o sociali ovvero da enti pubblici, specie previdenziali

Consiglio di Stato, 06 Giugno 2017. Est. Lamberti.


 



Va rimessa alla Adunanza plenaria del Consiglio di Stato la questione se sia possibile o meno sottrarre dal complessivo importo dovuto al danneggiato a titolo di risarcimento del danno gli emolumenti di carattere indennitario versati da assicuratori privati o sociali ovvero da enti pubblici, specie previdenziali. (Mauro Zollo) (riproduzione riservata)


Segnalazione del Dott. Mauro Zollo


Il testo integrale




LA COMPENSATIO LUCRI CUM DAMNO: UN CONFLITTO SOTTERRANEO FRA TUTELA DEL DANNEGGIATO E FUNZIONE DEL RISARCIMENTO (nota all’ordinanza di rimessione all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 2719 del 2017)

di Mauro Zollo

 

Con ordinanza n. 2719 del 2017 la quarta sezione del Consiglio di Stato ha rimesso all’Adunanza Plenaria la questione se sia possibile o meno sottrarre dal complessivo importo dovuto al danneggiato a titolo di risarcimento del danno gli emolumenti di carattere indennitario versati da assicuratori privati o sociali ovvero da enti pubblici, specie previdenziali

Benché si tratti di questione di cui è attualmente investito il massimo organo della giustizia amministrativa, non solo la lettura dell’ordinanza in commento, ma anche una fugace analisi dei repertori della più recente giurisprudenza civile suggeriscono l’estrema rilevanza interdisciplinare del tema.

Infatti, l’ordinanza n. 2719 del 2017 del Consiglio di Stato sostanzialmente rievoca la medesima problematica della quale, nel 2015, sono state investite le Sezioni Unite della Corte di Cassazione1.

In ragione della rilevanza pratica e statistica dell’argomento, appare sperabile che al deferimento all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato consegua quell’autorevole pronunzia nomofilattica, che la rimessione alle Sezioni Unite non consentì2.

Nel caso pervenuto all’attenzione del Consiglio di Stato, un magistrato conviene in giudizio avanti al T.a.r. il Ministero della Giustizia, domandando il risarcimento del danno non patrimoniale subito, in conseguenza della protratta esposizione alle fibre di amianto, avvenuta nei locali della Procura presso la quale si svolgeva l’attività lavorativa.

Le difese del Ministero valorizzano la necessità di considerare le somme di denaro che il magistrato ha ricevuto a titolo di indennizzo, in funzione essenzialmente previdenziale rispetto al pregiudizio sanitario subito.

Si pone, così, la questione giuridica della rilevanza della compensatio lucri cum damno3.

Essa consiste nella sottrazione, rispetto alle somme dovute a titolo di risarcimento del danno, degli effetti favorevoli, comunque conseguenti all’evento di per sé pregiudizievole4.

In linea generale, la dottrina e la giurisprudenza ammettono la compensatio lucri cum damno.

Difatti, essa costituisce un corollario della concezione del danno come differenza tra il patrimonio del danneggiato prima del danno, e successivamente ad esso (cosiddetta concezione differenziale)5.

I presupposti affinché tale forma di compensazione operi sono due: gli effetti dannosi e quelli favorevoli debbono originare dal medesimo fatto (o atto) generatore e le due prestazioni (quella risarcitoria e quella eventualmente compensabile) debbono tutelare un medesimo interesse.

Pertanto, il reale nodo problematico è se la compensazione si possa ammettere nella misura in cui l’indennizzo ricevuto dal privato assolva una funzione previdenziale-assistenziale.

La giurisprudenza risulta tradizionalmente orientata nel senso di escludere, in detti casi, la compensatio6.

Tale prevalente indirizzo muove dalla constatazione che il risarcimento del danno e la prestazione previdenziale assolverebbero due funzioni diverse, quindi non sovrapponibili.

Mentre il risarcimento del danno equivale alla riparazione delle conseguenze dell’illecito, invece l’indennizzo risponde ad esigenze di assistenza e solidarietà sociale.

Sotto quest’ultimo profilo, non si trascura la natura costituzionale che lambisce la causa previdenziale nel nostro ordinamento giuridico7.

In dettaglio, le prestazioni previdenziali de quibus possono originare da fonti diverse, quali la legge, il sinallagma negoziale, il provvedimento amministrativo, la liberalità.

Un orientamento più recente, allo stato ancora minoritario, di contro, è favorevole alla compensazione tra il risarcimento e la prestazione indennitaria8.

L’indirizzo in esame valorizza l’altro presupposto della compensati lucri cum damno, vale a dire il medesimo nesso eziologico che deve correlare d’un lato le conseguenze dannose, dall’altro gli effetti favorevoli, quantunque di natura indennitaria.

Tale posizione trae linfa dall’evidenziazione del valore limitante insito nell’articolo 1223 del codice civile9.

Se il danno è conseguenza diretta e immediata della condotta illecita e del conseguente evento, allora la sua entità è destinata a ridursi, in presenza di effetti favorevoli concausali10.

Vale la pena di riportare un passo giurisprudenziale riprodotto proprio nell’ordinanza di rimessione all’Adunanza Plenaria, che aderisce a quest’ultima posizione ermeneutica, peraltro in un caso di specie particolarmente delicato, visti gli interessi coinvolti: “Il diritto al risarcimento del danno conseguente al contagio da virus HBV, HIV o HCV a seguito di emotrasfusioni con sangue infetto ha natura diversa rispetto all'attribuzione indennitaria regolata dalla legge n. 210 del 1992; tuttavia, nel giudizio risarcitorio promosso contro il Ministero della salute per omessa adozione delle dovute cautele, l'indennizzo eventualmente già corrisposto al danneggiato può essere interamente scomputato dalle somme liquidabili a titolo di risarcimento del danno ("compensatio lucri cum damno"), venendo altrimenti la vittima a godere di un ingiustificato arricchimento consistente nel porre a carico di un medesimo soggetto (il Ministero) due diverse attribuzioni patrimoniali in relazione al medesimo fatto lesivo”.

In tali termini si esprime la Corte di Cassazione, sezione III civile, sentenza n. 6573 del 14 marzo 2013.

E’, allora, evidente come, nonostante si prenda le mosse dalla lettura astratta dell’art. 1223 del codice civile, in realtà la più recente tesi, favorevole alla compensatio lucri cum damno, è spinta dall’attuale esigenza di evitare moltiplicazioni sostanzialmente risarcitorie.

D’altronde, nell’attuale momento storico, affiora continuamente, quale contrappeso alla tutela riparatoria, il limite della tollerabilità del danno, ricavato dall’articolo 2 della Costituzione.

L’eco di tale svolta restrittiva, che più profondamente si sostanzia in una constatazione di primaria praticità, si può percepire nei più recenti orientamenti in tema di irrisarcibilità del danno bagatellare11, di compatibilità costituzionale del limite massimo alla personalizzazione del danno12, sino a valorizzare la nozione unitaria del danno non patrimoniale13, rispetto alla quale le varie voci non possono che rivestire una funzione meramente descrittiva.

In definitiva, alla vexata quaestio rimessa allora alle Sezioni Unite, come oggi è deferita all’Adunanza Plenaria appare sotteso un conflitto interpretativo inespresso di ancor più ampia portata, che riguarda proprio la funzione del risarcimento del danno.

La giurisprudenza più recente, quantunque allo stato ancor minoritaria, implicitamente paventa il rischio che il risarcimento del danno, ove non si tenga conto, in chiave compensativa, di ulteriori effetti favorevoli concausali al pregiudizio, corrisponda a un interesse che non è più limitato alla mera riparazione, ma si spinga a sanzionare una condotta le cui conseguenze sono, all’atto pratico, già bilanciate da prestazioni nominalisticamente diverse (come quelle assistenziali).

Del resto, recentemente la prima sezione della Corte di Cassazione ha rimesso alle Sezioni Unite la questione dell’ammissibilità del danno punitivo nell’ordinamento giuridico italiano, sotto il profilo della compatibilità con l’ordine pubblico14.

Al di là dei profili di peculiarità di quella fattispecie (che involge anche il diritto internazionale privato) quel che emerge è una rivalutazione dei limiti e delle funzioni del risarcimento nel sistema civilistico.

In conclusione, si è analizzata la problematica questione, deferita all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, della compensatio lucri cum damno, in caso di prestazioni di natura assistenziale, ponendo anche in rilievo le più ampie, per quanto solo implicite, questioni rilevanti, in ordine alla funzione del risarcimento del danno e alla teoria differenziale.

 

1 Corte di Cassazione civile, ordinanza n. 4447 del 2015 rimise gli atti al Primo Presidente rendendo opportuno investire le Sezioni Unite in merito alla compensatio lucri cum damno, con particolare riguardo “…alla limitazione del diritto al risarcimento del danno della vittima (o dei suoi aventi causa), in funzione del quale diritto l’assicuratore sociale/ente previdenziale può esercitare l’azione di surrogazione ad esso spettante nei confronti del responsabile civile”.

2 Infatti, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sentenza n. 13372 del 2016) hanno ritenuto la questione non rilevante, nel caso di specie.

3 Un ampio repertorio, a suo modo storico, è offerto in Responsabilità civile e previdenza (repertorio) vol. 62, Milano, 1997, 573 ss.

4 Per un inquadramento sistematico, si confronti CARINGELLA Manuale di diritto civile, settima ed., Roma, 2016, 688.

5 Si vedano, circa la concezione differenziale del danno, CARINGELLA (a cura di DIMATTEO), Studi di diritto civile, Obblighi e responsabilità, Milano, 2014, 278 e FERRARI La compensatio lucri cum damno come utile strumento di equa riparazione del danno, Milano, 2008, 3.

6 Cass. civ., Sez. III, 15 ottobre 2009, n. 21897, Cass. civ., Sez. III, 2 marzo 2010, n. 4950, Cass. civ., Sez. III, 10 marzo 2014, n. 5504.

7 In particolare, mentre l’articolo 2 della Costituzione impone l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà, il secondo comma dell’articolo 38 assicura ai lavoratori, per mezzo di una riserva di legge, mezzi adeguati, tra l’altro in caso di malattia e di infortunio.

8 Fra le altre, si vedano Cass. civ., sez. III, 14 marzo 2013, n. 6573, Cass. civ., sez. VI, 24 settembre 2014, n. 20111, Cass. civ, Sez. III, 13 giugno 2014, n. 13537, Cass. civ., Sez. 3, 20 aprile 2016, n. 7774, Cass. civ., Sez. III, 11 giugno 2014, n. 13233.

9 L’articolo dispone “Il risarcimento del danno per l’inadempimento o il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta”. Esso è applicabile anche alla responsabilità aquiliana, visto il rinvio di cui all’articolo 2056 del codice civile. In tema, si veda HAZAN, ZORZIT, Il risarcimento del danno da morte, Milano, 2008, 418.

10 Il tema della causalità, in relazione alla compensatio lucri cum damno è chiaramente esposto in SELLA, I danni non patrimoniali, Milano, 2012, 289 ss.

11 Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 26972 del 2008.

12 Si fa qui ineludibile richiamo a quanto statuito dalla Corte costituzionale, tramite la sentenza n. 235 del 2014, la quale ha considerato la compatibilità dell’indice massimo di personalizzazione del danno non patrimoniale, di cui agli articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni private, alla luce proprio di una soglia di tollerabilità del danno, ricavabile dall’articolo 2 della Costituzione, in specie dai doveri di solidarietà sociale ivi imposti.

13 E’ la concezione affermatasi a partire dalla sentenza n. 26972 del 2008 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, dichiaratamente finalizzata a evitare ingiustificate moltiplicazioni risarcitorie, disancorate da un effettivo pregiudizio.

14 Corte di Cassazione, I sez., ord. n. 9978 del 2016, rimettendo alle Sezioni Unite la questione della compatibilità con l’ordine pubblico dei punitive damages di diritto statunitense, sottolinea dettagliatamente come, anche nell’ordinamento giuridico italiano, sussistano fattispecie caratterizzate da un risarcimento del danno in funzione sanzionatoria, indipendente, quindi, da un danno materialmente risarcibile (ad esempio, gli istituti di cui agli articoli 96, co. 3 c.p.c., 709ter c.p.c., 125 del d.lgs. 30/05, 3-5 d.lgs. 7/16).


 


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