Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6633 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. I, 17 Gennaio 1996, n. 366. Est. Rovelli.


Fallimento ed altre procedure concorsuali - Fallimento - Effetti - Per il fallito - Beni del fallito - In genere - Bene immobile di proprietà comune dei coniugi - Fallimento di un coniuge - Effetto - Scioglimento della comunione legale - Disponibilità della propria quota da parte del coniuge "in bonis" - Sussistenza.

 



Nel caso di bene immobile di proprietà comune dei coniugi concesso in locazione a terzi e di successivo fallimento di uno dei coniugi, l'inefficacia nei confronti dei creditori del vincolo locativo afferente la quota di pertinenza del fallito, produce bensì la caducazione dell'intero contratto, che non può sopravvivere al radicale mutamento del suo oggetto, ma non incide nella libera disponibilità da parte del suo titolare, della quota di pertinenza del coniuge del fallito, dato che la dichiarazione di fallimento ha prodotto lo scioglimento della comunione legale. (massima ufficiale)


Massimario, art. 191 l. fall.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Francesco Enrico ROSSI - Presidente -
" Ernesto LUPO - Consigliere -
" Vincenzo PROTO "
" Enrico ALTIERI "
" Luigi ROVELLI REL. "
ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A
Sul ricorso proposto da FALLICA FRANCO, elettivamente domiciliato in Roma c/o la Cancelleria Civile della Cassazione, rappresentato e difeso dall'avv. Eduardo Grasso, giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
CURATELA DEL FALLIMENTO della soc. irregolare "MULINI F.LLI FALLICA di PATERNO" e personale dei soci FALLICA FRANCESCO fu AGATINO, FALLICA FRANCESCO fu GIUSEPPE e CIANCITTO MARIA CARMELA, in persona del Curatore Antonio Pogliese, elettivamente domiciliato in Roma c/o la Cancelleria Civile della Cassazione, rappresentato e difeso dallo avv. Gaetano Granozzi, giusta delega in calce al controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza 339/91 della Corte di Appello di Catania dep. il 29.4.1991;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Relatore dott. Rovelli nella pubblica udienza del giorno 4.10.1995;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Lo Cascio che conclude per l'accoglimento del 2 motivo di ricorso e rigetto del 1.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con l'atto introduttivo del 29/11/1986, il Curatore del fallimento della società irregolare "Mulini F.lli Fallica di Paterni", nonché di quello personale dei soci illimitatamente responsabili, esponeva che la predetta società irregolare ed i singoli soci, ammessi con provvedimento 4/12/1980 del Tribunale di Catania alla procedura di concordato preventivo erano stati dichiarati falliti previa risoluzione del concordato, con sentenza 6/8/1986; e che, con contratto registrato il 14/4/1986, il fallito Fallica Francesco, aveva concesso in locazione, per la durata di anni 28 al proprio figlio Fallica Franco beni immobili appartenenti al proprio patrimonio. Chiedeva che l'adito Tribunale di Catania dichiarasse inefficace, ai sensi dell'art. 167 L.F., ovvero revocasse ex. art. 67 della stessa legge il contratto stipulato poco prima della dichiarazione di fallimento. La parte convenuta resisteva eccependo, fra l'altro, che la revocatoria ex art. 67 L. Fall.re non è applicabile a contratto di locazione di immobili opponibile, ex. art. 80 L.F. al Curatore del locatore fallito, e che avendo il Fallica Francesco stipulato la locazione in regime di comunione con la moglie M. Carmela Ciancitto ai sensi dell'art. 180 C.C. il contratto, per la quota della Ciancitto, si sottrae all'impugnativa della Curatela. Con comparsa di intervento, la Ciancitto, si sottrae all'impugnativa della Curatela. Con comparsa di intervento, la Ciancitto, si costituiva dichiarando di voler notificare il contratto, stipulato in regime di comunione legale dal marito Francesco Fallica, di far valere i diritti che dallo stesso le derivano, opponendosi alle azioni proposte dalla Curatela. Il Tribunale, con sentenza depositata il 28/7/1989, dichiarava inefficace, ex art. 67 L. Fall.re, nei confronti della massa il contratto di locazione stipulato dal Fallica Francesco, nella sua interezza.
Avverso tale sentenza proponeva appello Fallica., mentre rimaneva contumace la Ciancitto, dichiarata fallita in estensione con sentenza del 27/2/1989. La Corte d'appello di Catania, con sentenza del 29/4/1991, rigettava il gravame considerando applicabile il regime della revocatoria fallimentare a contratto di locazione pur astrattamente opponibile al curatore del locatore, operando le due norme dell'art. 67 e dell'art. 80 della L. fall.re su due piani diversi, e reputando integrati l'estremo soggettivo e quello oggettivo della proposta azione revocatoria.
Rilevava poi che la notifica del contratto da parte della Ciancitto vale a sanare ogni possibile vizio conseguente alla circostanza che il contratto di locazione era stato stipulato da uno solo dei comproprietari; ma riteneva che, proprio per effetto di tale adesione, la Ciancitto era divenuta parte di quel contratto di locazione relativa al bene controverso, acquisendo la veste di litisconsorte necessario nelle azioni relative al contratto medesimo, la cui inefficacia verso la massa, vale a travolgerlo nella sua interezza.
Avverso detta sentenza Fallica.....proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi di annullamento. Resisteva la Curatela notificando controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la parte ricorrente, deducendo violazione degli artt. 67 II comma e 80 L. n. 267 del 1942, nonché vizio di motivazione, rileva che la disciplina che prevede il subentro e per iure del curatore nel rapporto locativo, impedisce alla curatela di porsi nella posizione di terzo, chi è presupposto per l'esercizio dell'azione revocatoria, e che è insufficiente la motivazione in ordine alla conoscenza dello stato di insolvenza del locatore. Con il secondo motivo, si lamenta violazione degli artt. 180, 184 e 141 C.C., nonché dell'art. 67 L.F.. In particolare, si rileva che la norma dell'art. 191 C.C. (che dispone lo scioglimento della comunione per effetto del fallimento) conferma che il fallimento di uno dei coniugi non può produrre effetti nei confronti dell'altro coniuge, e che, in ogni caso, le vicende relative alla quota del coniuge non fallito non può cagionare ai creditori pregiudizio alcuno.
Il primo motivo non appare fondato e deve essere rigettato. Ed invero, come ha sottolineato la Corte etrica, la circostanza che il curatore subentri nel rapporto di locazione stipulato dal fallito in epoca antecedente la dichiarazione di fallimento, non esclude che, ove ne ricorrano le condizioni, il contratto possa essere revocato, ai sensi dell'art. 67 L. Fall.re. La norma che regola la sorte di un contratto pendente (art. 80 L.F.) fa riferimento alla funzione del curatore come soggetto cui fanno capo rapporti del fallito e quindi le situazioni attive e passive esistenti nel suo patrimonio. L'esercizio dell'azione revocatoria vede il curatore intervenire come terzo, per elidere il pregiudizio recato al patrimonio del fallito da atti determinati da lui compiuti in ben individuate circostanze, anche temporali.
In relazione ad atti compiuti entro l'anno dalla dichiarazione di fallimento, non è necessario uno squilibrio nel rapporto commutativo del negozio, ma è sufficiente la sua attitudine ad alterare, in senso peggiorativo, la garanzia patrimoniale offerta ai creditori. E, secondo la giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. 22/6/1985 n. 3757) tale presupposto oggettivo dell'azione revocatoria ben può sussistere anche con riferimento ad un contratto di locazione, in quanto la presenza di questo diminuisce il valore di mercato, del bene facente parte del patrimonio del debitore, ossia la sua ragione di scombio.
Si è così affermato che proprio il contratto di locazione ultranovennale configura specificamente un atto di straordinaria amministrazione (art. 1572 I comma C.C.), idoneo di per sè ad alterare in senso peggiorativo la garanzia patrimoniale offerta dal locatore ai creditori, ed è pertanto soggetto all'azione revocatoria, restando applicabile l'art. 80 L.F., in tema di prosecuzione del rapporto di locazione nonostante il fallimento del locatore, con subingresso del curatore, a quelle locazioni che non siano revocabili, in difetto dei requisiti fissati dal predetto art. 67 L.F..
Quanto alla conoscenza dello stato di insolvenza, essa è stata accertata dal giudice di merito in base a ragionamento immune da vizi logici e giuridici (che tiene conto sia dalla peculiarità per cui il rapporto di locazione è intervenuto fra "terzo" e proprio genitore, sia del fatto che è intervenuto in prossimità della dichiarazione di fallimento conseguito ad una procedura di concordato preventivo protrattosi per anni) e, come tale, è insindacabile in sede di legittimità.
Il secondo motivo non appare fondato, alla stregua delle osservazioni e delle precisazioni che seguono.
Occorre, infatti, considerare che il contratto di locazione stipulato dal fallito, secondo quanto accertato dalla pronunzia di merito, è intervenuto in regime di comunione dei beni, ed è stato convalidato, con efficacia ex tunc, ai sensi dell'art. 184, dal di lui coniuge. Un unico, valido contratto, dunque, ha per oggetto la locazione della quota immobiliare di pertinenza del fallito e della quota del coniuge. La convalida di quest'ultima, ha per conseguenza, l'acquisto della sua qualità da parte del rapporto contrattuale locativo, e di quella di litisconsorte necessario nelle azioni, riguardanti le vicende contrattuali, proposte contro il coniuge che ha stipulato il contratto. Ora, da un lato, si è in presenza di un unico contratto, talché l'inefficacia del medesimo rispetto alla massa dei creditori, non può che essere riguardato nella sua inscindibilità. Dall'altro l'inefficacia nei confronti dei creditori, del vincolo locativo afferente la quota di pertinenza del fallito, produce bensì la caducazione dell'intero contratto, che non può sopravvivere al radicale mutamento del suo oggetto; ma non incide nella libera disponibilità da parte del suo titolare, della quota di pertinenza del coniuge del fallito, dato che la dichiarazione di fallimento ha prodotto lo scioglimento della comunione legale.
Ma ciò non comporta la necessità di riforma della sentenza di merito, che ha accolto la domanda revocatoria, ma concerne la delimitazione degli effetti obiettivi del giudicato stesso. Appaiono ricorrere, attesa la delicatezza dell'ultima questione trattata, giusti motivi per compensare, fra le parti, le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, compensa le spese.
Roma lì 4 ottobre 1995.