Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6622 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. I, 23 Luglio 1992, n. 8889. Est. Pannella.


Fallimento ed altre procedure concorsuali - Fallimento - Cessazione - Concordato fallimentare - Omologazione (giudizio di) - Spese - Somme dovute al difensore tecnico del proponente fallito - Inclusione - Pagamento in prededuzione - Ammissibilità.



Le spese di procedura per l'omologazione del concordato fallimentare, che, ai sensi degli artt. 124 e 133 della Legge Fallimentare, vanno pagate, con le somme liquidate dal fallimento, in prededuzione, comprendono anche quelle dovute al difensore tecnico del proponente fallito, cui spetta il potere di impulso processuale finalizzato all'omologazione suddetta e cui si impone la necessità di rappresentanza e difesa tecnico legale per la costituzione in giudizio. (massima ufficiale)


Massimario, art. 133 l. fall.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE I

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott. Andrea VELA Presidente
" Antonio SENSALE Consigliere
" Pietro PANNELLA Rel. "
" Giuseppe BORRÈ "
" M. Rosario VIGNALE "
ha pronunciato la seguente

SENTENZA
sul ricorso proposto
da
CANONICO AVV. GOLIARDO, elett.te dom.to in Roma, presso la Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione, rapp.to e difeso da se medesimo.
Ricorrente
contro
FALLIMENTO DELLA SOC. MATTEO DA GUALDO, in persona del curatore Cipriani Federico.
Intimato
Avverso il decreto del Tribunale di Perugia del 5.10.88. È presente per il ricorrente l'Avv. Canonico.
Il Cons. Dr. Pannella svolte la relazione.
La difesa del ricorrente chiede accoglimento.
Il P.M. Dott. Eduardo Di Salvo conclude per il rigetto del ricorso. (N.D.R.: La discordanza fra i nomi delle Parti citate nell'intestazione e nel testo della sentenza è nell'originale della sentenza).
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Perugia con provvedimento del 5.10.88, confermativo dell'impugnato provvedimento del giudice delegato del Fallimento della S.r.l. Matteo De Gualdo, respingeva la domanda dell'Avv. Goliardo Canonico, il quale, avendo svolto l'attività di difensore e procuratore "ad litem" della società fallita nel giudizio di omologazione del concordato fallimentare, conclusosi con sentenza del medesimo Tribunale del 16.6.87 di accoglimento della proposta e, perciò, di omologazione del concordato, aveva chiesto la liquidazione del proprio compenso da pagarsi in prededuzione ai sensi degli artt. 124 e 133 R.D. 16.3.42 n. 267.
Il Tribunale osservava: 1) che, essendo il processo di omologazione (del concordato fallimentare) a contenzioso eventuale e procedibile ad impulso del curatore mediante l'iscrizione della causa a ruolo, non v'era necessità per la fallita di costituirsi in giudizio; 2) che, conseguenzialmente, non poteva farsi carico alla "massa" di spese legali e compenso spettanti al difensore della fallita stessa quando tale attività difensiva non poteva considerarsi svolta nell'interesse del ceto creditorio ma solamente a tutela delle ragioni della fallita; 3) che le suesposte osservazioni rientrano nell'esegesi dell'art. 133 l. fall., il cui secondo comma è stato interpretato dalla giurisprudenza sia della Corte Costituzionale (sent. 22.11.85 n. 302) e sia della Corte di Cassazione (sent. 28.5.79 n. 3072) nel senso che le spese da prenotare a debito sono solo quelle strettamente necessarie per l'espletamento del procedimento concorsuale svolto esclusivamente nell'interesse pubblico, con esclusione, pertanto, di qualsiasi compenso a professionisti.
Contro tale pronuncia l'Avv. Goliardo Canonico ha proposto ricorso per cassazione.
L'intimato Fallimento non si è costituito.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l'unico motivo il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 124, 133 R.D. 16.3.42 n. 267 e 82 c.p.c., sostiene: 1) che erroneamente il Tribunale ha interpretato le disposizioni degli articoli succitati della legge fallimentare attribuendo ad esse, laddove si enuncia il principio che le spese di procedura per l'omologazione del concordato previste nella "proposta" vanno pagate con le somme liquide del fallimento, una portata riduttiva riguardo al concetto di spese, che, viceversa, comprende anche quelle legali dovute al difensore tecnico del
proponente-fallito, atteso che, con l'approvazione da parte dei creditori della proposta di concordato, l'attività successiva, volta a conseguire l'omologazione è vantaggiosa per il ceto creditorio; 2) che erroneamente il medesimo Tribunale ha ritenuto superflua la costituzione della fallita società nel giudizio di omologazione sull'inesatto convincimento che sarebbe stata sufficiente l'iscrizione a ruolo della causa da parte del curatore senza patrocinio legale: ciò perché il giudizio di omologazione che può dar luogo ad un ordinario giudizio di cognizione abbisogna di impulso processuale che spetta al proponente-fallito e non al curatore, che è privo dell'"ius postulandi", a tutela della proposta contro l'eventuale partecipazione dei creditori dissenzienti o di altri controinteressati. Del resto - aggiunge il ricorrente - per l'instaurazione del processo è indispensabile la costituzione di almeno una parte che necessariamente deve avvalersi di un procuratore legalmente esercente (art. 82 c.p.c.); 3) che, contrariamente all'assunto del tribunale, l'attività d'impulso processuale, non giova al solo fallito ma anzitutto al ceto ereditario che, approvata la proposta perché utile e conveniente, ha il vivo interesse di chiudere la procedura fallimentare in tempi brevi mediante il "mezzo strumentale" del concordato. Conseguentemente - soggiunge il ricorrente - le spese di tale "attività" non possono che cadere sulla "massa", attese sia la previsione di esse nella "proposta" e sia l'incapacità del fallito ad assumere obbligazioni dirette nell'ambito della procedura fallimentare.
La censura è condivisibile.
La procedura di omologazione del concordato fallimentare prende l'avvio in virtù della proposta avanzata dal fallito; e, quando sono raggiunte le maggioranze prescritte dall'art. 128 l. fall., il giudice delegato dichiara aperto il giudizio di omologazione con la fissazione dell'udienza di comparizione innanzi a sè, della quale viene fatta pubblicità per affissione (art. 129 l. fall.). In tale udienza il giudice delegato rimette parti e causa davanti al collegio nel termine di 10 giorni. Il curatore è tenuto a presentare, 5 giorni prima di tale udienza collegiale, una relazione motivata col suo parere definitivo in cancelleria.
Da tale schema legislativo si evidenzia la mancata previsione del curatore quale parte processuale necessaria nel giudizio di cognizione, che è comunque a contraddittorio eventuale, nonché l'attribuzione dell'impulso processuale al proponente-fallito che, per la costituzione in giudizio, ha necessariamente bisogno della rappresentanza e difesa tecnico-legale (art. 82, co. 2 c.p.c.). Consegue che le spese di procedura e quelle di omologazione non possono non comprendere di norma anche quelle legali "de quibus": sia perché insite nell'espressa previsione che deve risultare nella "proposta" di concordato, conosciuta, pertanto, dai creditori oltre che dal garante o dall'assuntore, e sia per l'intrinseco contenuto oggettivo di tale previsione che realizza - in sostanza - una sorta di promessa di obbligazione consentita eccezionalmente al fallito nel corso della procedura fallimentare nonostante la privazione della disponibilità dei beni e la carenza di capacità processuale rispetto ai diritti patrimoniali acquisiti al fallimento di lui. Ciò induce a ritenere, sotto il profilo di stretta coerenza giuridica, che (-come ha esattamente intuito il ricorrente-) il fallito-proponente, da ritenersi privo di risorse economiche e della disponibilità di beni patrimoniali, ad eccezione di quelli strettamente personali o di carattere alimentare per sè e per la propria famiglia (art. 46 l. fall.), non avrebbe possibilità di sostenere le spese legali per l'omologazione del concordato al di fuori ed oltre quanto promesso nella previsione della "proposta". Con l'approvazione di questa il giudizio segue per l'omologazione, anche se inesistente il contraddittorio, purché vi sia almeno una parte costituita: parte che, in mancanza della costituzione del preponente-fallito, può essere anche il curatore, autorizzato del giudice delegato ad assumere la veste della "legitimatio ad processum" e non pure "ad causam", che la legge non gli attribuisce. In tale caso, le spese legali attribuite al procuratore e difensore del curatore cedono a carico della "massa" e, perciò, dell'assuntore se presente.
Anche per tale ragione, questo logico esito deve considerarsi ragionevolmente verificabile quando a "costituirsi" sia non il curatore, ovviamente favorevole all'omologazione, ma il proponente che persegua l'identico fine.
Da ciò consegue l'ulteriore considerazione: che non è corretto sostenere che lo scopo del giudizio di omologazione è utile e conveniente per il solo interesse del fallito-proponente, giacché, con l'accettazione della "proposta", i creditori consenzienti, vogliatene il contenuto, dimostrano di apprezzare nel loro esclusivo interesse un modo, probabilmente anche più celere, di soddisfacimento parziale dei loro rispettivi crediti in sostituzione di quello attuabile secondo le regole processuali della "liquidazione" e dell'"attribuzione" proprie del fallimento. Nei sensi suesposti si è già espressa questa Corte Suprema con la sent. 24.7.64 n. 2023.
Va da ultimo osservato che l'argomento, svolto (nel provvedimento impugnato) dal Tribunale a sostegno dell'interpretazione in senso stretto dell'enunciato di "spese legali", rinvenibile in varie disposizioni della legge fallimentare (artt. 91, 124 e 133), mediante il richiamo del contenuto della sentenza della Corte Costituzionale (sent. 22.11.85 n. 302 succitata) e della sentenza della Corte di Cassazione (sent. 28.5.79 n. 3072 succitata), non è pertinente. In entrambe la questione rifletteva le spese legali da "prenotare a debito" ossia da porre a carico dello Stato.
È evidente che la "prenotazione a debito" essendo un istituto particolare, legato al carattere pubblicistico della procedura fallimentare, non poteva, come non può, che essere interpretata "cum grano salis" alla luce della regola di cui all'art. 91 l. fall., la quale, limitando al concetto dell'"anticipazione" il carico delle spese esclude tra l'altro che l'Ente-Stato debba sopportare in modo definitivo una spesa processuale. Da ciò l'intuibile conseguenza interpretativa che le spese da prenotare a debito debbano essere solamente quelle strettamente occorrenti per l'espletamento della procedura concorsuale con esclusione, pertanto, sia dei compensi del curatore e dei professionisti, della cui opera si avvalga il fallimento, sia di ogni altra spesa che attenga ad attività di natura discrezionale procedimentale.
Premessa la suesposta chiarificazione, consegue che l'interpretazione dell'espressione di "spese legali" di cui agli artt. 124 d 133 l. fall. non può coincidere con l'espressione di "spese legali da prenotare a debito".
Il ricorso va, pertanto, accolto e cassato il provvedimento impugnato; e la causa va rimessa al tribunale fallimentare di Perugia, che si uniformerà al principio di diritto suesposto e provvederà alla regolamentazione delle spese di questa fase del giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso e rinvia la causa davanti al Tribunale di Perugia anche per le spese.
Roma, 5.11.91