Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 19516 - pubb. 17/04/2018

Liquidazione coatta amministrativa: gli atti di liquidazione posti in essere nell'interesse dei creditori dai commissari nominati dalla Banca d'Italia non hanno rilievo pubblicistico

T.A.R. Lazio, 31 Gennaio 2018. Est. Antonella Mangia.


Liquidazione coatta amministrativa - In materia bancaria - Azione dei commissari finalizzata al soddisfacimento delle ragioni dei creditori - Interesse pubblico - Esclusione

Liquidazione coatta amministrativa - In materia bancaria - Azione dei commissari - Caratteristiche - Interesse pubblico - Esclusione - Posizioni di interesse legittimo in capo ai destinatari della attività dei commissari - Esclusione - Qualifica di pubblici ufficiali - Limiti

Liquidazione coatta amministrativa - In materia bancaria - Attività dei commissari liquidatori - Interesse pubblico - Esclusione - Soggezione alle istruzioni e direttive della Banca d’Italia o necessità della previa autorizzazione della stessa per il compimento di talune operazioni - Adozione di atti aventi carattere autoritativo e discrezionale, strumentali alla cura di interessi pubblici - Esclusione - Perseguimento dell’interesse al miglior realizzo dell’attivo vantato dai creditori come tale estraneo ad ambiti pubblicistici



Da quanto previsto, in linea generale, per le procedure di vendita nell’ambito della liquidazione coatta amministrativa, dall’art. 210, comma 1, della legge fallimentare dettata dal R.D. n. 267 del 1942 - ai sensi del quale “il commissario ha tutti i poteri necessari per la liquidazione dell’attivo, salve le limitazioni stabilite dall’autorità che vigila sulla liquidazione” - e, nella specifica materia bancaria, dai commi 1 e 3 dell’art. 90 T.U.B. - in base ai quali “i commissari liquidatori hanno tutti i poteri occorrenti per realizzare l’attivo” e per la massimizzazione dello stesso - emerge come l’azione dei commissari sia finalizzata al soddisfacimento più pieno delle ragioni dei creditori (e, ove residui un attivo finale, degli azionisti) e, dunque, unicamente alla realizzazione dell’interesse di una specifica categoria di soggetti (ovvero i creditori inseriti nell’elenco formato attraverso la procedura di accertamento del passivo ex art. 85 TUB), la cui tutela costituisce la ratio della disciplina e lo scopo che permea tutte le operazioni di liquidazione.

Tale interesse, che, come detto, appartiene ad una schiera circoscritta di soggetti, non appare configurare, se non a costo di una forzatura, un “interesse pubblico” propriamente inteso, né poter tantomeno fondare una qualificazione in senso pubblicistico dei commissari liquidatori incaricati di perseguirlo.

Né tale attività, in quanto svolta - coerentemente con la finalizzazione della stessa alla tutela dei creditori - mediante operazioni aventi la forma di negozi giuridici privatistici volti al perseguimento del miglior realizzo dell’attivo, unitamente alla fisionomia impressa all’organo liquidatore dalla normativa di riferimento, può essere ritenuta di natura pubblicistica, non costituendo espressione di poteri pubblicistici in senso proprio e non presentando profili di discrezionalità in senso tecnico.

[Nel caso di specie, rappresentato dalla cessione da parte dell’organo liquidatorio di singole attività o singoli beni e partecipazioni ancora detenuti dalla banca, già posta in liquidazione coatta amministrativa, non viene in rilievo, almeno direttamente, l’interesse pubblico alla stabilità del sistema bancario e alla tutela dei risparmiatori, che presiede l’azione delle competenti autorità nella precedente fase dell’accertamento della situazione di crisi della banca e dell’adozione delle misure straordinarie e degli aiuti pubblici volti a farvi fronte, quanto, piuttosto, la normale attività giuridica privatistica dei professionisti chiamati a massimizzare, come anticipato, l’interesse dei creditori e a svolgere il loro compito secondo gli ordinari canoni di diligenza professionale.] (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

Se, dunque, sotto il profilo oggettivo, l’analisi della consistenza e della finalità dei poteri attribuiti agli organi liquidatori della liquidazione coatta amministrativa è inidonea a configurare, in capo ai destinatari della relativa attività, posizioni di interesse legittimo, sotto il profilo soggettivo deve evidenziarsi che i commissari liquidatori – proprio in ragione della finalità delle loro attività e dei poteri conferiti - non assumono, se non ai limitati fini connessi all’assolvimento di determinati obblighi, quale quello di denuncia di fatti suscettibili di essere qualificati come reati, la qualifica di pubblici ufficiali, non agendo altrimenti quali organi della Banca d’Italia (pur essendo da essa nominati ai sensi dell’art. 81 del T.U.B). (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

A ricondurre l’attività dei commissari liquidatori della liquidazione coatta amministrativa nell’orbita pubblicistica non valgono neppure la soggezione alle istruzioni e direttive della Banca d’Italia o la necessità della previa autorizzazione della stessa per il compimento di talune operazioni: il potere della Banca d’Italia, che si configura come un potere di vigilanza, indirizzo e di supervisione, lascia, infatti, sussistere in capo ai commissari spazi decisionali assai ampi, che non si traducono, in ogni caso, nell’adozione di atti aventi carattere autoritativo e discrezionale, strumentali alla cura di interessi pubblici, ma sono volti a perseguire, come già ricordato, unicamente l’interesse al miglior realizzo dell’attivo vantato dai creditori, come tale estraneo ad ambiti pubblicistici.

Non può, infine, operarsi una estensione della natura pubblicistica del procedimento di messa in liquidazione coatta amministrativa ai successivi atti posti in essere dai liquidatori, venendo in rilievo segmenti del tutto distinti, in cui diversi sono i soggetti e la natura dei poteri esercitati. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)


 


Pubblicato il 31/01/2018

N. 01127/2018 REG.PROV.COLL.

N. 10995/2017 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;

sul ricorso numero di registro generale 10995 del 2017, proposto da: 

Barents Reinsurance S.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato *; 

contro

Veneto Banca S.p.A. in Liquidazione Coatta Amministrativa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati *; 

Lazard S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato *; 

Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

Banca d'Italia, 

Consob,

European Central Bank, 

Supervisory Board 

nei confronti di

Attestor Capital LLP, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati *; 

Banca Intermobiliare di Investimenti e Gestione S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati *; 

per l'annullamento,

previa adozione di idonee misure cautelari, anche di tipo monocratico,

delle determinazioni del 28 settembre 2017 trasmesse - in nome e per conto della Liquidazione Coatta Amministrativa di Veneto Banca - da Lazard Srl. afferenti l'esclusione della ricorrente dal confronto concorrenziale avviato per la cessione del pacchetto azionario di controllo di Banca Intermobiliare di Investimenti e Gestioni S.p.A. (Acronimo BIM) e la reiezione dell'offerta all'uopo avanzata dalla ricorrente medesima in data 29 agosto 2017;

di ogni altro atto e/o provvedimento precedente, successivo o comunque connesso a quello principale, con espresso riferimento agli atti preordinati alla scelta di Lazard Srl quale mandataria e Advisor finanziaria dell'Autorità liquidatoria in epigrafe, nonché delle ulteriori determinazioni relative alla scelta del controinteressato Attestor Capital LLP, quale cessionario del 71,41% del capitale sociale di BIM per un prezzo largamente inferiore a quello offerto dall'odierna ricorrente.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Attestor Capital LLP, di Lazard S.r.l. del Ministero dell'Economia e delle Finanze, di Veneto Banca S.p.A. in L.C.A. e di Banca Intermobiliare di Investimenti e Gestione S.p.A.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2017 la dott.ssa Ofelia Fratamico e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso in epigrafe la Barents Reinsurance S.A. ha chiesto al Tribunale Amministrativo Regionale di annullare, previa sospensione dell’efficacia, anche in via provvisoria, le determinazioni del 28.09.2017 che le erano state trasmesse, in nome e per conto della Liquidazione Coatta Amministrativa di Veneto Banca da Lazard s.r.l.– dalla stessa individuato in data 28 settembre 2017 in qualità di advisor finanziario - concernenti la sua esclusione dal confronto concorrenziale avviato per la cessione del pacchetto azionario di controllo di Banca Intermobiliare di Investimenti e Gestioni S.p.a. (BIM) e la reiezione della sua offerta del 29.08.2017 ed ogni altro atto e/o provvedimento precedente, successivo o comunque connesso a quello principale, con particolare riferimento “agli atti preordinati alla scelta di Lazard S.r.l. quale mandataria e Advisor finanziaria dell’Autorità liquidatoria …nonché (alle) ulteriori determinazioni relative alla scelta del controinteressato Attestor Capital LLP quale cessionario del 71,41% del capitale sociale di BIM per un prezzo largamente inferiore” a quello da essa offerto.

A sostegno delle sue domande, la ricorrente ha dedotto 1) violazione di legge, violazione e falsa applicazione dell’art. 3 comma 3 del d.l. 25.06.2017 n. 99 nonché dell’art. 29 del nuovo Codice dei Contratti pubblici, violazione del principio del giusto procedimento, eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione e sviamento; 2) violazione di legge, violazione e falsa applicazione delle disposizioni contenute nell’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea; 3) eccesso di potere per travisamento dei fatti e assenza dei presupposti.

Si sono costituiti in giudizio Veneto Banca s.p.a. in Liquidazione Coatta Amministrativa, Attestor Capital LLP e Banca Intermobiliare di Investimenti e Gestioni s.p.a., eccependo il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo, l’inammissibilità, l’improcedibilità e, in ogni caso, l’infondatezza nel merito del ricorso.

Al termine dell’audizione del 15.11.2017 disposta dal Presidente della Sezione Seconda bis ex art. 56 comma 2 c.p.a., la ricorrente ha rinunciato all’istanza di misure cautelari monocratiche.

Si sono costituiti Lazard s.r.l. ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze, eccependo anch’essi l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso e di tutte le istanze avversarie.

Alla camera di consiglio del 4.12.2017, fissata per la discussione della sospensiva, la causa è stata, quindi, trattenuta in decisione ex art. 60 c.p.a., sussistendone i presupposti.

2. La ricorrente, società interessata all’acquisizione del pacchetto azionario di controllo – detenuto da Veneto Banca - di Banca Intermobiliare di Investimenti e Gestioni s.p.a. (BIM) che la Liquidazione Coatta Amministrativa di Veneto Banca intendeva cedere, ha lamentato l’illegittimità della propria esclusione dal relativo confronto concorrenziale avviato da Lazard s.r.l., Advisor della Liquidazione Coatta Amministrativa, deducendo, da un lato, l’uso illegittimo del potere discrezionale conferito all’Autorità Liquidatoria, e, dall’altro, di “aver partecipato ad una procedura competitiva di natura puramente privatistica, come tale viziata sin dall’origine dalla irregolarità della nomina (e dalla presenza) di un Advisor scelto in violazione dei più elementari principi che presiedono all’evidenza pubblica di una tale specie di cessioni”.

Al riguardo la Barents Reinsurance S.A. ha, in particolare, affermato che tutti gli atti compiuti dall’autorità liquidatoria - e per essa da Lazard - apparivano “carenti della regolazione amministrativa prevista dalla normativa vigente” e, in special modo, degli “atti conformativi dell’autonomia negoziale” di cui l’Advisor aveva ritenuto di poter godere, “laddove tanto l’incarico a lui conferito, quanto le successive modalità di ricerca dell’acquirente avrebbero dovuto essere disciplinate secondo le normali regole che presiedono all’esercizio del potere discrezionale amministrativo” e che le erano ancora ignoti i motivi della sua esclusione dalla procedura stessa, “avvenuta in violazione di ogni regola e principio di evidenza pubblica…, del principio del giusto procedimento, sia sotto i profili afferenti la continuità dello stesso sia con riferimento all’obbligo di trasparenza che al rispetto del divieto di discriminazione fra i partecipanti … e delle altre disposizioni, nazionali ed europee che presidiano la contestata cessione”.

3. Tutte le controparti, costituendosi in giudizio, hanno eccepito, in via preliminare, il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo sulla presente controversia, che spetterebbe alla cognizione del Giudice Ordinario.

Tale eccezione, avente carattere pregiudiziale, è meritevole di accoglimento.

Per una più chiara ricostruzione dell’oggetto della presente causa occorre, in primo luogo, distinguere gli atti impugnati, consistenti nella designazione da parte dei Commissari Liquidatori di Veneto Banca in Liquidazione Coatta Amministrativa di Lazard s.r.l. quale Advisor per condurre la dismissione della partecipazione detenuta da Veneto Banca s.p.a. in Banca Intermobiliare di Investimenti e Gestioni s.p.a. e nella conseguente procedura posta in essere per l’individuazione del cessionario di tale pacchetto azionario, dalla precedente e distinta vicenda riguardante il manifestarsi della crisi delle Banche Venete e l’adozione delle decisioni delle Autorità europee e nazionali per affrontare tale situazione.

4. A seguito dell’accertamento da parte della BCE, il 23.06.2017, del fatto che Veneto Banca s.p.a. e Banca Popolare di Vicenza s.p.a. si trovavano in condizioni di dissesto o rischio di dissesto ai sensi della disciplina europea che regola le cd. procedure di risoluzione degli enti creditizi (di cui al Regolamento UE n. 806/2014) e della contemporanea verifica da parte del Comitato di Risoluzione Unico, dell’insussistenza delle condizioni necessarie per l’avvio di una procedura di risoluzione, lo Stato Italiano, dovendo avviare una procedura concorsuale liquidativa ai sensi del diritto interno, aveva, infatti, chiesto alla Commissione Europea di autorizzare misure di sostegno pubblico per agevolare tale processo, giungendo, proprio in accordo con la Commissione, ad una complessa manovra di liquidazione delle banche in crisi, con cessione di parti delle attività e relativo personale ad Intesa Sanpaolo s.p.a. (soggetto scelto al termine di una procedura di selezione “aperta, concorrenziale, non discriminatoria”, alla quale avevano preso parte vari gruppi bancari ed assicurativi, italiani ed internazionali) a fronte di aiuti di stato consistenti in apporti di capitale e garanzie di Stato.

All’esito di tale procedura, realizzatasi ai sensi dell’art. 3 del d.l. 99/2017, il Ministero dell’Economia e delle Finanze aveva, così, disposto la liquidazione coatta amministrativa di Veneto Banca s.p.a. con provvisoria continuazione dell’esercizio dell’impresa e, appunto, la cessione di “diritti, attività e passività costituenti l’azienda” a Intesa Sanpaolo s.p.a., con concessione a favore di quest’ultima di tutte le misure di sostegno pubblico previste dallo stesso d.l. 99/2017.

Tale provvedimento segna la conclusione di ogni aiuto posto in essere dallo Stato Italiano, con l’approvazione della Commissione Europea, per il buon esito della liquidazione di Veneto Banca s.p.a.

5. I Commissari Liquidatori hanno, poi, portato avanti il loro compito, in relazione alle partecipazioni ed ai beni non inclusi nel perimetro delle attività aziendali acquistate in blocco da Intesa Sanpaolo s.p.a., secondo le ordinarie disposizioni del Testo Unico Bancario.

Tra tali ultime partecipazioni, rimaste, dopo la cessione dell’azienda a Intesa Sanpaolo, nella titolarità di Veneto Banca in L.C.A., è ricompreso il pacchetto azionario di BIM, oggetto della procedura al centro della presente controversia.

Per provvedere celermente all’alienazione delle azioni BIM (partecipazione di controllo che, come tale, doveva essere ceduta entro i 12 mesi successivi al provvedimento della Commissione Europea del 25.06.2017 e, dunque, entro il 25.12.2018, pena la messa in liquidazione della stessa società controllata) e per la miglior riuscita della stessa, i Commissari hanno conferito a Lazard s.r.l., soggetto già coinvolto in attività e analisi prodromiche a una procedura di cessione anteriormente alla messa in Liquidazione Coatta Amministrativa, l’incarico di agire quale loro Advisor finanziario.

Dopo aver contattato vari soggetti potenzialmente interessati ed aver concluso con essi accordi di riservatezza - come richiesto in caso di operazioni relative a società quotate in mercati regolamentati - la L.C.A. attraverso Lazard s.r.l. ha, quindi, condotto le varie fasi della procedura di selezione della migliore offerta, valutando tempi di realizzazione, business plan e capacità del cessionario di perseguire gli obiettivi strategici già individuati da BIM.

Sulla base di tale attività è stato, infine, ritenuto, anche all’esito di un periodo di negoziazione in esclusiva con la Attestor (che coincide con la “esclusione” lamentata dalla ricorrente), che l’offerta presentata da quest’ultima risultava essere “complessivamente più conveniente rispetto a quella presentata da Barents”, nella quale erano stati “ravvisati profili di rischio capaci di mettere a repentaglio la stessa eseguibilità dell’operazione”.

In data 24.10.2017 Attestor e la Gestione Commissariale hanno definito e concordato termini e condizioni del contratto di cessione della partecipazione di Veneto Banca in B.I.M., per il cui perfezionamento è stato richiesto (ed ottenuto, ai sensi dell’art. 90 comma 2 del d.lgs. n. 385/1993, il 9.11.2017) il nulla osta della Banca d’Italia, che non ha rilevato al riguardo “profili ostativi”.

6. La suddetta ricostruzione, l’approfondimento della natura degli atti impugnati e l’analisi delle disposizioni applicate, congiuntamente alla considerazione delle finalità dell’agire della stessa procedura liquidatoria – elementi questi sulla cui base va affrontata la questione inerente la giurisdizione - conducono al riconoscimento del carattere privatistico della procedura in questione e della natura di diritti, e non di interessi legittimi, delle posizioni soggettive coinvolte, con conseguente affermazione della Giurisdizione del Giudice Ordinario.

Da quanto previsto, in linea generale, per le procedure di vendita nell’ambito della liquidazione coatta amministrativa, dall’art. 210, comma 1, della legge fallimentare dettata dal R.D. n. 267 del 1942 – ai sensi del quale “il commissario ha tutti i poteri necessari per la liquidazione dell’attivo, salve le limitazioni stabilite dall’autorità che vigila sulla liquidazione” - e, nella specifica materia bancaria, dai commi 1 e 3 dell’art. 90 T.U.B. - in base ai quali “i commissari liquidatori hanno tutti i poteri occorrenti per realizzare l’attivo” e per la massimizzazione dello stesso - emerge, infatti, come l’azione dei Commissari sia finalizzata al soddisfacimento più pieno delle ragioni dei creditori (e, ove residui un attivo finale, degli azionisti) e, dunque, unicamente alla realizzazione dell’interesse di una specifica categoria di soggetti (ovvero i creditori inseriti nell’elenco formato attraverso la procedura di accertamento del passivo ex art. 85 TUB), la cui tutela costituisce la ratio della disciplina e lo scopo che permea tutte le operazioni di liquidazione.

Tale interesse, che, come detto, appartiene ad una schiera circoscritta di soggetti, non appare configurare, se non a costo di una forzatura, un “interesse pubblico” propriamente inteso, né poter tantomeno fondare una qualificazione in senso pubblicistico dei Commissari liquidatori incaricati di perseguirlo.

Nel caso di specie, rappresentato dalla cessione da parte dell’organo liquidatorio di singole attività o singoli beni e partecipazioni ancora detenuti dalla banca, già posta in liquidazione coatta amministrativa, non risulta, in verità, venire in rilievo, almeno direttamente, l’intesse pubblico alla stabilità del sistema bancario e alla tutela dei risparmiatori, che presiede l’azione delle competenti autorità nella precedente fase, già ricordata, dell’accertamento della situazione di crisi della banca e dell’adozione delle misure straordinarie e degli aiuti pubblici volti a farvi fronte, quanto, piuttosto, la normale attività giuridica privatistica dei professionisti chiamati a massimizzare, come anticipato, l’interesse dei creditori e a svolgere il loro compito secondo gli ordinari canoni di diligenza professionale.

Né tale attività, in quanto svolta - coerentemente con la finalizzazione della stessa alla tutela dei creditori - mediante operazioni aventi la forma di negozi giuridici privatistici volti al perseguimento del miglior realizzo dell’attivo, unitamente alla fisionomia impressa all’organo liquidatore dalla normativa di riferimento, può essere ritenuta di natura pubblicistica, non costituendo espressione di poteri pubblicistici in senso proprio e non presentando profili di discrezionalità in senso tecnico.

7. Al riguardo il Collegio ritiene, dunque, di dover disattendere l’orientamento espresso dal Consiglio di Stato nella decisione della Sez. VI 23 settembre 2014 n. 4798, secondo cui “gli atti posti in essere dai commissari liquidatori nell'ambito delle procedure di liquidazione coatta amministrativa sono caratterizzati dalla spendita di discrezionalità amministrativa e posti in essere nell'esercizio di poteri conferiti, in quella procedura speciale dalla legge fallimentare a ciò espressamente finalizzata, per la tutela di interessi pubblici: ragione per cui l'impugnativa avverso tali atti deve essere proposta — in coerente applicazione del generale criterio della causa petendi, richiamato dal primo giudice — dinanzi al giudice amministrativo”.

Più coerente con la fisionomia dell’organo liquidatore e con le finalità delle operazioni dallo stesso poste in essere, risulta, invece, a giudizio del Collegio, la posizione assunta dalle Sezioni Unite della Cassazione (e, in verità, anche da una parte della giurisprudenza amministrativa, tra cui Consiglio di Stato, Sez VI, 17 marzo 2009 n. 1585; 1 ottobre 2002 n. 5107; 3 giugno 2010, n. 3511, ai sensi della quale la giurisdizione del giudice amministrativo sussiste solo in relazione al provvedimento che decreta la messa in liquidazione, a quello che autorizza la vendita dei beni, a quello di nomina dei commissari liquidatori, ma non anche in relazione agli atti delle procedure di vendita, che hanno connotati privatistici) che, come supremo giudice della giurisdizione, anche in una recente pronuncia (ordinanza del 29 maggio 2017 n. 13451) hanno evidenziato (in relazione, peraltro, all’istituto dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, che presenta profili pubblicistici legati sia alla continuità aziendale sia al mantenimento dei livelli occupazionali e per la quale era, perciò, generalmente riconosciuta la giurisdizione amministrativa) che “detti interessi non assumono diretta rilevanza sul piano pubblicistico, nel senso che la liquidazione riguarda beni che appartengono alla impresa privata e non già alla pubblica amministrazione” e che “i contratti che portano alla cessione di detti beni sono a tutti gli effetti dei negozi di diritto privato stipulati dai commissari per conto della impresa, ancorchè a seguito di una fase procedimentalizzata in cui interviene la pubblica amministrazione che deve dare il suo consenso all'atto liquidatorio”.

Una volta disposta la messa in liquidazione coatta amministrativa e nominati i Commissari, i singoli contratti posti in essere da questi ultimi nello svolgimento del loro compito, non suscettibili di essere equiparati e tanto meno assimilati ai contratti ad evidenza pubblica, sono pertanto assoggettati alla disciplina privatistica (Cass, Sez. U, 24 novembre 2015, n. 23849), cosicchè all’attività di natura contrattuale posta in essere dai Commissari fanno riscontro, nel caso di specie, posizioni di diritto soggettivo azionato dalla società ricorrente.

Se, dunque, sotto il profilo oggettivo, l’analisi della consistenza e della finalità dei poteri attribuiti agli organi liquidatori è inidonea a configurare, in capo ai destinatari della relativa attività, posizioni di interesse legittimo, sotto il profilo soggettivo deve evidenziarsi che i commissari liquidatori – proprio in ragione della finalità delle loro attività e dei poteri conferiti - non assumono, se non ai limitati fini connessi all’assolvimento di determinati obblighi, quale quello di denuncia di fatti suscettibili di essere qualificati come reati, la qualifica di pubblici ufficiali, non agendo altrimenti quali organi della Banca d’Italia (pur essendo da essa nominati ai sensi dell’art. 81 del T.U.B).

A ricondurre l’attività dei commissari liquidatori nell’orbita pubblicistica non valgono, poi, neppure la soggezione alle istruzioni e direttive della Banca d’Italia o la necessità della previa autorizzazione della stessa per il compimento di talune operazioni: il potere della Banca d’Italia, che si configura come un potere di vigilanza, indirizzo e di supervisione, lascia, infatti, sussistere in capo ai commissari spazi decisionali assai ampi, che non si traducono, in ogni caso, nell’adozione di atti aventi carattere autoritativo e discrezionale, strumentali alla cura di interessi pubblici, ma sono volti a perseguire, come già ricordato, unicamente l’interesse al miglior realizzo dell’attivo vantato dai creditori, come tale estraneo ad ambiti pubblicistici.

Non può, infine, operarsi una estensione della natura pubblicistica del procedimento di messa in liquidazione coatta amministrativa ai successivi atti posti in essere dai liquidatori, venendo in rilievo segmenti del tutto distinti, in cui diversi sono i soggetti e la natura dei poteri esercitati.

Alla luce delle suddette considerazioni non può, dunque, condividersi quanto sostenuto da parte ricorrente nella memoria da ultimo depositata circa il fatto che l’affermazione della giurisdizione del giudice amministrativo sulla presente controversia potrebbe trovare fondamento nell’art. 135, comma 1, lettera c), del c.p.a. che, nel delineare la competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio, sede di Roma, menziona le controversie di cui all’articolo 104, comma 2, del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, il quale, a sua volta, dispone, nei casi in cui la capogruppo sia sottoposta ad amministrazione straordinaria o a liquidazione coatta amministrativa, che “per i ricorsi avverso i provvedimenti amministrativi concernenti o comunque connessi alle procedure di amministrazione straordinaria e di liquidazione coatta amministrativa della capogruppo e delle società del gruppo è competente il tribunale amministrativo regionale con sede a Roma”.

In disparte l’intervenuta abrogazione di tale norma per effetto dell’art. 1, comma 46, lett. b), D.Lgs. 16 novembre 2015, n. 181, a decorrere dal 16 novembre 2015, con introduzione di una nuova disciplina, al riguardo deve osservarsi che la disposizione citata fa espresso riferimento ai soli “provvedimenti concernenti o comunque connessi” alle procedure di amministrazione straordinaria e di liquidazione coatta, laddove gli atti posti in essere dagli organi liquidatori non assumono – per quanto sopra illustrato - carattere provvedimentale.

Tale considerazione esclude in radice la rilevanza nel caso de quo della suddetta disposizione e consente di prescindere anche dalla disamina della questione della possibilità, tutt’altro che pacifica, che una norma attributiva di competenza funzionale possa, sul piano sistematico, tradursi in una norma attributiva della giurisdizione al di fuori dei casi di giurisdizione esclusiva enucleati dall’art. 133 c.p.a.

8. Riconoscere la natura privatistica della gestione liquidatoria e l’appartenenza della presente controversia alla giurisdizione del Giudice Ordinario non significa, comunque – come evidenziato dalla stessa Veneto Banca s.p.a. in LCA - lasciare privi di tutela i soggetti che, aspirando ad acquisire dalla gestione stessa attività, beni o altri rapporti giuridici, dovessero vedere in prima battuta deluse le loro aspettative, in quanto le attività di cessione, pur non configurando procedimenti amministrativi in senso proprio, non sono certo “legibus soluti” e devono svolgersi secondo i principi di correttezza e buona fede che si applicano alle relazioni precontrattuali e contrattuali.

In conclusione, in base alla natura degli atti impugnati ed alla situazione soggettiva fatta valere dalla ricorrente, deve essere dichiarato il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo per la spettanza della presente controversia alla giurisdizione del Giudice Ordinario, innanzi al quale il giudizio potrà essere riassunto, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, con salvezza degli effetti sostanziali e processuali della domanda originaria, ai sensi dell’art. 11 c.p.a.

Per la complessità e per la particolarità delle questioni trattate sussistono, in ogni caso giusti motivi per compensare le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis),

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

- dichiara il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo per la spettanza della presente controversia alla giurisdizione del Giudice Ordinario;

- compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2017 con l'intervento dei magistrati:

Elena Stanizzi, Presidente

Antonella Mangia, Consigliere