Diritto Societario e Registro Imprese


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 1321 - pubb. 01/10/2008

Revoca di amministratore di S.p.A., provvedimento d'urgenza e giudizio di merito

Tribunale Mantova, 10 Luglio 2008. Est. Bettini.


Società per azioni – Revoca di amministratore delegato – Ricorso ex art. 700 c.p.c. di soci rappresentanti un quinto del capitale – Inammissibilità.



Deve ritenersi inammissibile la domanda proposta ex art. 700 c.p.c. volta ad ottenere la revoca in via cautelare del consigliere delegato di società per azioni proposta dai soci di minoranza benché titolari di oltre il 20% del capitale sociale sia perché tale rimedio non è previsto in loro favore dal vigente sistema normativo, sia perché difetta il presupposto della strumentalità e del necessario collegamento della misura cautelare richiesta con le domande oggetto della causa di merito (azione di responsabilità e richiesta di condanna dell’amministratore al risarcimento dei danni). (Mauro Bernardi) (riproduzione riservata)


 


letti gli atti, a scioglimento della riserva che precede;

rilevato che:

·                  con ricorso del 6/5/08 G. B. e F. M. reclamavano l’ordinanza con cui il giudice del primo grado aveva dichiarato inammissibile la loro domanda cautelare ex art. 700 c.p.c.; con essa avevano chiesto la revoca di B. F., quale amministratore delegato di I. M. G. M. s.p.a., poiché - a loro dire - la domanda cautelare di revoca era consentita ex art. 2393-bis c.c. e ne sussistevano entrambi i presupposti del fumus boni iuris e del periculum in mora, visto il compimento da parte sua di gravi atti di mala gestio che avevano causato un ingente danno alla società;

·                  chiedevano dunque che fosse riformata la citata ordinanza e che fosse disposta la revoca del B.;

·                  si costituivano in giudizio B. F., A. G., Z. F. (questi ultimi due anch’essi amministratori della società) e I. M. G. M. s.p.a. chiedendo il rigetto del reclamo perché infondato in fatto ed in diritto; affermavano che era cessata la materia del contendere poiché nel nuovo consiglio di amministrazione della società costui era sì amministratore ma non gli erano più state conferite le precedenti deleghe, proprio quelle che – a dire delle reclamanti – gli avevano consentito il compimento degli atti di mala gestio su cui era fondata la domanda cautelare di revoca; aggiungevano che tale domanda era inammissibile per tutti i motivi indicati dal giudice di primo grado; aggiungevano ancora che, nel merito, la domanda era comunque infondata, difettando sia il fumus boni iuris che il periculum in mora;

·                  all’udienza del 26/6/08 il Collegio, all’esito della discussione, riservava la decisione;

 

ritenuto che:

·                  deve anzitutto essere valutata l’eccezione pregiudiziale di ammissibilità della domanda cautelare, ritualmente eccepita dalle parti resistenti nella memoria difensiva di costituzione - anche in primo grado - e comunque rilevabile anche d’ufficio;

·                  le due reclamanti, quali socie di minoranza di I. M. G. M. s.p.a., nel lamentare il compimento di atti mala gestio di B. F., amministratore delegato della società, e nel prospettare la domanda di responsabilità ex art. 2393-bis c.c. per il merito, ne chiedono la revoca in via d’urgenza ex art. 700 c.p.c.;

·                  a tale proposito deve osservarsi che nelle società per azioni ex art. 2393 c.c. il promuovimento dell’azione di responsabilità avverso gli amministratori infedeli deliberato dall’assemblea determina la revoca automatica dell’amministratore supposto infedele; si tratta di una misura cautelare endosocietaria, per così dire, che il Legislatore accorda in via automatica all’assemblea della società per azioni per impedire che l’amministrazione denunciata prosegua ed il danno arrecato dall’amministratore alla società si aggravi;

·                  analogo potere non è stato però consesso ai soci di minoranza che promuovano ex art. 2393-bis c.c. la medesima azione;

·                  l’omissione non può essere casuale: il Legislatore ha voluto impedire che la revoca fosse automatica, visto che in tal caso l’azione è promossa dalla minoranza e non dall’assemblea, con ciò impedendo che la gestione della società possa essere paralizzata da una minoranza che non condivida le scelte gestionali e che quindi chieda la revoca degli amministratori per via giudiziaria; e così ha negato tale tutela cautelare nel caso in cui sia promossa l’azione ex art. 2393-bis c.c.; non a caso ove ha voluto che la revoca fosse prevista, come nell’ipotesi di cui all’art. 2393 c.c., l’ha stabilito espressamente, per di più in via automatica;

·                  d’altra parte l’attuale disciplina legislativa delle società per azioni non esclude in assoluto la revoca degli amministratori, ma la condiziona a determinate ipotesi, espressamente previste, mancando le quali non può ritenersi sussistente un potere generale di revoca, pena la vanificazione del sistema;

·                  alla minoranza che intenda chiedere di revocare l’amministratore è concessa l’azione ex art. 2409 c.c. che prevede non solo l’ispezione nella società ma, nei casi più gravi, anche la revoca dell’amministratore infedele;

·                  sia chiaro, con ciò il Collegio non vuole affermare la natura cautelare dell’azione ex art. 2409 c.c. - procedimento non contenzioso di volontaria giurisdizione - e dunque il difetto del requisito di residualità richiesto dall’art. 700 c.p.c., che peraltro si riferisce espressamente ai soli provvedimenti cautelari di cui al medesimo capo del codice di procedura civile cui appartiene lo stesso art. 700 c.p.c., ma solo interpretare sistematicamente l’art. 2393-bis c.c. per delimitare l’esatto ambito dei poteri della minoranza;

·                  ad avviso del Collegio proprio l’esistenza dell’art. 2409 c.c. conferma che l’omissione di cui all’art. 2393-bis c.c. si spiega con il fatto che - in via cautelare - la domanda di revoca dell’amministratore infedele in capo alla minoranza non è espressione di un potere stabilito in generale, ma viceversa sussistente solo nei casi espressamente previsti, e segnatamente in quelli di cui al citato art. 2409 c.c.;

·                  ulteriore conferma della correttezza di tale interpretazione nasce poi dal raffronto con la disciplina delle società a responsabilità limitata; ex art. 2476/3 c.c. alla minoranza è concessa la domanda di revoca degli amministratori in via cautelare ma, per converso, non l’azione ex art. 2409 c.c., già prevista prima della riforma;

·                  in buona sostanza il Legislatore ha inteso rendere alternativi i due strumenti, quello di cui all’art. 2409 c.c. e quello cautelare, prevedendo il primo per le società per azioni ed il secondo per quelle a responsabilità limitata;

·                  ciò appare coerente con la finalità di avvicinare la disciplina delle società a responsabilità limitata a quella delle società di persone, per le quali non si dubita del diritto di chiedere la revoca dell’amministratore infedele anche in capo ai soci di minoranza, anche in via cautelare, diversamente da quello che accade per le società di capitali, rispetto alle quali la disciplina delle società a responsabilità limitata non costituisce la regola ma l’eccezione;

·                  e tale diversa disciplina è proprio funzionale ad attribuire maggiori poteri ai soci di minoranza delle società a responsabilità limitata rispetto a quelli accordati ai soci di minoranza delle società per azioni, e cioè l’azione cautelare ex art. 2376/3 c.c. per i primi e quella, più restrittiva quanto ai presupposti di applicazione, ex art. 2409 c.c. per i secondi; la più modeste dimensioni della compagine sociale del primo tipo di società, il conseguente minor numero dei soci ed il più intenso vincolo fiduciario fra costoro e gli amministratori giustificano un generale potere di revoca di questi ultimi, non limitato ad alcuni casi soltanto come nel caso della società per azioni;

·                  ciò fa inoltre venir meno il presupposto di un’eventuale applicazione analogica dell’art. 2476/3 c.c., difettando l’eadem ratio delle due fattispecie, per i motivi appena detti: la diversa struttura delle due società, riflessa nella differente disciplina, impedisce di configurare un generale potere di revoca degli amministratori da parte dei soci di minoranza delle società per azioni, al di fuori dei casi espressamente previsti, viceversa accordato a quelli delle società a responsabilità limitata, anche al di là delle strettoie di cui all’art. 2409 c.c. non più previsto per tali società;

·                  si impone infine nel caso di specie un’ulteriore considerazione sul rapporto di strumentalità fra l’azione di responsabilità prospettata nel merito e la domanda cautelare svolta;

·                  la domanda cautelare si caratterizza per il fatto che prima dell’inizio del giudizio o anche nel corso di essa v’è necessità o di anticipare gli effettidella sentenza di merito, risultando altrimenti pregiudicato in modo irrimediabile il loro prodursi o verificandosi definitivamente la lesione del diritto prospettata dalla domanda di merito, o ancora di assicurare la fruttuosità della futura decisione di merito, senza in tal caso anticiparne gli effetti, ma preservandone l’effettività fino al momento della sentenza;

·                  in ciò sta la natura cautelare della domanda, che poi si sostanzia nel requisito del periculum in mora, appunto da tardività o da infruttuosità;

·                  se infatti la sussistenza del fumus boni iuris attiene alla verosimiglianza del diritto invocato ed affermato come leso e dunque differenzia la tutela cautelare da quella cognitoria solo per il minor grado di accertamento dell’esistenza di quel diritto e della sua lesione, quella delpericulum in mora attiene proprio alla necessità di preservare o addirittura anticipare gli effetti della futura sentenza di accoglimento, eventualmente pregiudicati dal tempo necessario per la celebrazione del processo: da qui la necessità della cautela;

·                  nel caso di specie nessuna revoca dell’amministratore è comunque stata prospettata per il giudizio di merito, limitandosi le ricorrenti, odierne reclamanti, ad indicare la domanda di responsabilità ex art. 2393-bis c.c.;

·                  è vero, come affermano costoro, che la revoca dell’amministratore infedele è strumentale al contenimento del danno cagionato dallo stesso amministratore essendo volta ad interromperne l’attività e dunque ad impedire che il danno da lui cagionato si aggravi; sotto questo profilo appare condivisibile la difesa dei reclamanti: ne fanno fede sia l’art. 2393 c.c. sia l’art. 2376/3 c.c. che configurano la revoca degli amministratori come strumentale all’accoglimento dell’azione di responsabilità; né può dubitarsi del fatto che quella individuata dall’art. 2393 c.c. e dall’art. 2393-bis c.c. siano la medesima azione;

·                  ma non può tacersi che il principio sopra esposto abbia anche un riflesso processuale, attenendo ai rapporti fra i poteri del giudice della cautela e quelli del giudice del merito; pur a fronte di un’azione di responsabilità, la domanda cautelare di revoca degli amministratori – sempre eventuale – deve essere seguita dalla prospettazione della domanda di merito relativa ad essa, non essendo sufficiente quella di responsabilità solo risarcitoria;

·                  è cioè pur sempre necessario - per impedire che il procedimento cautelare produca effetti più ampi della decisione sul merito - che sia prospettata la domanda di merito relativa alla revoca, in modo che nell’eventuale giudizio di merito, proposta anche tale azione, il giudicato possa coprire non solo la responsabilità degli amministratori e la loro condanna a risarcire il danno, ma anche la cessazione del rapporto di mandato che l’amministrazione della società comporta;

·                  e ciò a prescindere dall’eventuale sopravvivenza degli effetti del provvedimento reso ex art. 700 c.p.c. stabilita dagli artt. 669-octies/6 c.p.c. e 5 D.l.vo n. 5/03 i quali, rendendo eventuale il giudizio di merito, hanno sì attenuato la natura strumentale della domanda cautelare ma non l’hanno comunque fatta venire completamente meno; quella prevista dagli artt. 669-octies/6 c.p.c. e 5 D.l.vo n. 5/03 è infatti solo un eventualità rimessa alla scelta delle parti, pur legittima, che non toglie validità al principio espresso;

·                  ma nel caso di specie nessuna domanda di merito è stata prospettata in relazione alla revoca dell’amministratore;

·                  per tutti questi motivi la domanda cautelare deve ritenersi inammissibile;

·                  la decisione in tal senso della domanda rende superfluo l’esame di tutti gli altri motivi di merito, primo fra tutti la prospettata cessazione della materia del contendere;

·                  la novità della questione costituisce giusto motivo per compensare interamente le spese processuali;

 

P.Q.M.

dichiara il reclamo inammissibile.

Spese compensate.

Si comunichi.

Mantova, 10/7/08

 

Il presidente

dott. Mauro Bernardi


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