Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 812 - pubb. 01/07/2007

Fallimento e credito degli agenti

Tribunale Mantova, 24 Febbraio 2000. Est. Bernardi.


Credito degli agenti – Indennità di scioglimento del rapporto.



 


 


omissis

Svolgimento del processo

Con  ricorso notificato in data 10-3-1994 la società Alfa s.n.c. proponeva tempestiva opposizione ex art. 98 l.f. avverso il decreto di esecutività dello stato passivo del fallimento Deni Cler s.r.l. con il quale era stata rigettata la domanda di insinuazione.

L’opponente spiegava di avere svolto l’attività di agente per conto della società fallita con contratto efficace sin dal 1 luglio 1981 e di avere conseguentemente maturato i seguenti crediti: £ 98.642.000 oltre ad IVA per provvigioni, £ 2.959.260 per indennità di risoluzione del rapporto, £ 32.880.666 per indennità sostitutiva di mancato preavviso e £ 3.452.470 per indennità suppletiva di clientela.

Il credito insinuato non era stato ammesso quanto alle indennità suppletiva di clientela e di mancato preavviso giacché la dichiarazione di fallimento determina lo scioglimento ex lege e non per volontà della preponente del contratto, quanto a £ 49.220.962 oltre ad IVA perché si trattava di provvigioni su ordini rimasti inevasi, mentre la somma di £ 2.045.050 per indennità di risoluzione del rapporto trovava compensazione nel maggior credito vantato dalla procedura fondato su fatture per £ 8.242.080 relative ad una vendita e su £ 51.483.165 per addebito di capi di campionario non restituiti.

La società Alfa insisteva per l’ammissione del proprio credito così come quantificato nella domanda proposta ex art. 93 l.f. assumendo che l’addebito dei capi del campionario era quantomeno pari ai prezzi di listino e quindi eccessivo perché si trattava di vestiario relativo a stagioni passate ed inoltre usato, che spettavano le indennità richieste così come le provvigioni per gli ordini rimasti inevasi atteso che si trattava di contratti conclusi.

La curatela si costituiva in giudizio chiedendo la conferma dell’impugnato provvedimento sostenendo che in realtà era il fallimento ad essere creditore di cospicue somme nei confronti dell’opponente per le ragioni già poste a fondamento del provvedimento di reiezione della domanda.

La causa veniva istruita con copiose produzioni documentali, l’espletamento di c.t.u. e l’assunzione di prova testimoniale e quindi discussa all’udienza collegiale del 15-2-2000 sulle conclusioni delle parti in epigrafe trascritte.

Motivi della decisione

In primo luogo va detto che non è contestato l’importo spettante all’opponente a titolo di provvigioni maturate (£ 51.926.397) atteso che la quantificazione operata dal c.t.u., sulla base della documentazione prodotta, appare adeguatamente motivata ed è stata espressamente accettata dalle parti.

Per quanto concerne le provvigioni relative agli ordini rimasti inevasi, premesso che l’importo accertato dal c.t.u. pari a £ 41.088.704 non è oggetto di contestazione fra le parti, va in primo luogo precisato che esse riguardano contratti perfezionatisi in data antecedente alla dichiarazione di fallimento atteso che gli ordini d’acquisto contenuti su moduli predisposti dalla società Deni Cler  contenevano la clausola secondo cui l’ordine “s’intende senz’altro accettato dalla Deni Cler s.p.a. ove dalla stessa non venga declinato entro 45 giorni da oggi”, che gli ordini de quo erano stati raccolti nel primo trimestre del 1993 e che non risulta che la società poi dichiarata fallita non abbia accettato tali proposte d’acquisto.  Inoltre è la stessa curatela a parlare con riferimento a tale voce di credito di ordini inevasi, osservandosi da ultimo che in base all’art. 4 dell’A.E.C. del 1988, ai fini del diritto alle provvigioni, le proposte d’ordine non confermate dal preponente entro sessanta giorni dalla data di ricevimento delle stesse debbono intendersi accettate.

Ne consegue che non ha pregio la tesi difensiva secondo cui la fattispecie sarebbe regolata dall’art. 72 l.f. che attribuisce al Curatore la facoltà di non dare esecuzione ai contratti conclusi poiché i contratti si erano perfezionati prima della dichiarazione di fallimento e sempre in data antecedente alla stessa la Deni Cler, peraltro solo in data 1-6-1993, aveva comunicato al proprio agente l’impossibilità di procedere alla regolare consegna degli ordini per l’autunno-inverno 1993/1994. Occorre pertanto verificare se sussistano i presupposti per l’applicazione della norma di cui all’art. 1749 c.c. che riconosce all’agente il diritto alle provvigioni in relazione agli affari che non hanno avuto esecuzione per causa imputabile al preponente tenendo conto del fatto che l’onere della prova della imputabilità  della mancata esecuzione, per consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, grava sull’agente ( cfr. Cass. 1992 n. 3967; Cass. 1991 n. 9697; Cass. 1991 n. 422; Cass. 1990 n. 925; Cass. 1987 n. 2345). Ritiene il Collegio che il termine imputabilità vada inteso nel senso di comportamento diretto a non dare esecuzione agli affari conclusi dovuto a scelta consapevole del preponente e, sotto tale profilo, la comunicazione inviata integra la prova richiesta dalla norma in esame mentre in base all’art. 2697 c.c. deve ritenersi che ricada sul preponente l’onere di provare che tale comportamento fosse giustificato atteso che la dedotta situazione di esonero costituisce una eccezione in senso stretto: sul punto però manca ogni prova non apparendo a tal fine sufficiente che la Deni Cler abbia affermato, nella comunicazione più sopra richiamata, che l’attività aziendale non aveva possibilità di continuazione atteso che nel momento in cui i contratti dovevano ritenersi perfezionati non si ha la prova che la preponente fosse  effettivamente impossibilitata ad eseguirli.

Per quanto attiene poi allo storno delle provvigioni ed all’addebito dello star del credere (quantificati dal c.t.u. rispettivamente in £ 36.158.636 ed in £ 64.289.955) l’opponente ne ha contestato l’applicazione asserendo sia che la curatela non si è attivata per il recupero dei crediti sia che comunque non è stata fornita la prova dell’insolvenza dei clienti da intendersi nel senso fatto proprio dalla legge fallimentare o comunque risultante dalla elevazione di protesti ovvero dalla pendenza di procedure esecutive.

Premesso che incombe all’agente l’onere di provare che l’affare ha avuto regolare esecuzione e che tale onere non è stato assolto sicché debbono ritenersi corretti gli importi indicati dal c.t.u. sulla base della documentazione postagli a disposizione quanto a storno provvigioni e addebito dello star del credere (rilevandosi inoltre che il mero rilascio di titoli cambiari non integra la prova della regolare esecuzione dell’affare in quanto il diritto alla provvigione sorge in conseguenza del pagamento effettivo), deve essere osservato che il preponente non è tenuto alla preventiva escussione del cliente moroso (salvo patto contrario, nel caso di specie tuttavia neppure dedotto: in tal senso vedasi Cass. 7-5-1969 n. 1562; Cass. 22-7-1976 n. 2943), e che, in ogni caso, il termine “insolvenza totale o parziale” contenuto nella contrattazione collettiva equivale semplicemente a quello di inadempimento totale o parziale in quanto il diritto alla provvigione viene ricollegato alla esecuzione del singolo affare senza che  possa venire in considerazione la complessiva situazione patrimoniale del cliente che viene per contro necessariamente implicata dalla nozione di insolvenza, rilevandosi per di più che il termine insolvenza parziale (di cui inoltre la normativa collettiva prevede varie graduazioni con conseguenze sulla determinazione della misura dello star del credere) è logicamente incompatibile con lo stato di insolvenza cui fa riferimento l’art. 5 l.f. (in tal senso vedasi Cass. 10-3-1994 n. 2356): stante l’inadempimento dei clienti sono quindi fondati gli addebiti operati agli indicati titoli dalla curatela.   

Lamenta infine l’opponente (peraltro, con specifico riferimento alle norme asseritamente violate, solamente in comparsa conclusionale) che i predetti importi sarebbero stati computati in misura ampiamente superiore a quella prevista dalla contrattazione collettiva (cfr. artt. 4 e 7 dell’A.E.C. settore commercio del 9-6-1988). Al riguardo va detto che mentre non risponde al vero che gli storni provvigionali siano stati computati in misura pari ai crediti non riscossi come si desume dai tabulati dimessi, con riguardo allo star del credere l’art. 7 dell’A.E.C. dispone che ove l’ammontare a tale titolo, in un anno, superi la metà dell’ammontare delle provvigioni maturate nell’anno a suo favore, l’eccedenza non sarà a carico dell’agente: poiché però a seguito dell’esperita istruttoria si conoscono solo le provvigioni maturate negli ultimi tre trimestri dell’anno contrattuale 1992/1993 non è possibile verificare se l’importo dello star del credere abbia superato la metà dell’ammontare delle provvigioni e di tale prova era onerato l’agente sicchè anche tale rilievo risulta infondato.  

Per quanto concerne poi le pretese dell’agente concernenti l’indennità sostitutiva del preavviso e quella suppletiva di clientela il Collegio ritiene di ribadire il proprio orientamento contrario al riconoscimento di tali crediti atteso che la normativa collettiva prevede la spettanza di tali indennità ove il rapporto si sciolga ad iniziativa della casa mandante mentre nel caso di specie il contratto viene a cessare ex art. 78 l.f. automaticamente per effetto de fallimento che non può considerarsi un fatto volontario né comunque un fatto illecito (in tal senso vedasi Trib. Torino 21-7-1984 in Fall.,1985,1164; Trib. Milano 31-10-1985 in Fall.,1986,1109; Trib. Torino 26-7-1986 in Fall.,1987,768; Trib. Udine 20-9-1996 in Gius.,1996,3534).

E’ invece fondata la domanda dell’opponente con riguardo alla indennità di risoluzione del rapporto atteso che essa ha natura di corrispettivo differito (cfr. Cass. 30-5-1997 n. 4798) e si ritiene spettare indipendentemente dal fatto che ha determinato lo scioglimento (cfr. Cass. 27-1-1988 n. 716; Cass. 16-8-1988 n. 4955; Cass. 4-4-1989 n. 1637): essendosi attribuiti alla opponente anche le provvigioni sui crediti rimasti inevasi l’importo spettante a tale titolo assomma a £ 2.045.050.

In ordine agli ulteriori crediti vantati dalla curatela va osservato che era legittima la pretesa di compensare l’importo pari a £ 8.242.000 relativo alle vendite di cui alle fatture n. 4987/93, 5827/93 e 4136/93 in quanto, alla luce della produzione in giudizio dei documenti giustificativi, l’opponente non ha più contestato l’esistenza del proprio debito.

Quanto poi all’addebito del valore del campionario, premesso che tale voce era espressamente prevista nel contratto di agenzia, l’ammissione contenuta in sede di opposizione allo stato passivo sia pure accompagnata dalla contestazione della congruità dell’ammontare unitamente alle dichiarazioni testimoniali rese da un teste sentito su di un capitolo  specificamente articolato dall’agente, fanno ritenere che il campionario fosse stato consegnato alla Alfa, che l’importo addebitato sia quello indicato dalla curatela e che peraltro i capi compresi fossero relativi anche a stagioni passate ed usati dalle indossatrici sicché appare equo ridurre la somma dovuta ad una percentuale pari al 20% del prezzo pieno. 

La domanda va quindi rigettata essendo di maggiore importo rispetto alle somme pretese dalla Alfa, (£ 95.060.151 oltre ad I.V.A. sulle provvigioni di £ 93.015.101) i crediti vantati dalla curatela (pari a £ 118.987.304) ed opposti in compensazione di cui sussistono i presupposti di legge per l’applicazione peraltro non oggetto di contestazione fra le parti.

La complessità e l’obiettiva incertezza della lite giustificano la compensazione, nella misura della metà, delle spese di lite liquidate come da dispositivo.

pqm

il Tribunale di Mantova definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione reietta, così provvede:

respinge l’opposizione promossa ex art. 98 l.f. dalla società Alfa  s.n.c.;

condanna l’opponente a rifondere al fallimento Deni Cler le spese del giudizio compensandole nella misura della metà e per l’effetto liquidandole in complessive £ 6.849.200 di cui £ 249.200 per spese, £ 1.850.000 per diritti e £ 4.750.000 per onorari, oltre al rimborso forfetario delle spese ex art. 15 T.P., I.V.A. e C.P.A. come per legge.