Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 728 - pubb. 01/01/2007

Smaltimento di rifiuti e fallimento - Credito del comune

Tribunale Mantova, 06 Marzo 2003. Est. Bernardi.


Fallimento - Smaltimento di rifiuti - Obbligato al ripristino ex artt. 14 e 17 d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 - Responsabilità oggettiva - Esclusione - Insinuazione al passivo del credito del comune che provvede al ripristino - Privilegio - Sussistenza anche in relazione a fattispecie precedenti al d. lgs. n. 22/1997.



 


 


omissis 

Svolgimento del processo

Con ricorso ex art. 101 l.f. notificato in data 22-12-1994 il Comune di San Martino dell’Argine, chiedeva di essere ammesso al passivo fallimentare per l’importo di £ 14.210.000.000 quale somma necessaria al fine di provvedere alla bonifica dell’area occupata dalla società fallita ed allo smaltimento dei rifiuti accumulati in vista del funzionamento dell’impianto di recupero ivi esistente in prededuzione (dovendo la procedura rispettare le norme dettate a tutela della pubblica salute ed incolumità) ovvero in via privilegiata trattandosi di oneri sostenuti per la conservazione ed il miglioramento dell’immobile. L’istante, rappresentava che, con ordinanza in data 6-7-1993, era stato intimato al Curatore di provvedere all’immediato smaltimento dei rifiuti, che la propria legittimazione trovava fondamento nel disposto di cui all’art. 38 della legge 8-6-1990 n. 142 e che, pur non avendo ancora provveduto ad effettuare le operazioni di bonifica, ciò non sarebbe stato di ostacolo all’ammissione del credito ai sensi degli artt. 59 e/o 55 l.f..

La curatela fallimentare si costituiva chiedendo il rigetto del ricorso asserendo che il Comune non sarebbe stato titolare del credito non avendo provveduto né alla bonifica né al sostenimento degli oneri conseguenti e contestava in ogni caso la natura di credito prededotto o privilegiato.

All’esito della discussione orale la causa, istruita unicamente con produzioni documentali, veniva trattenuta in decisione sulle conclusioni delle parti in epigrafe riportate.

Motivi

Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

In primo luogo va detto che nel corso dell’istruttoria il Comune ha dato prova di avere eseguito le opere di bonifica per lo smaltimento dei rifiuti esistenti presso l’immobile di pertinenza della procedura e di avere speso, sino al momento della precisazione delle conclusioni, la somma di £ 5.374.947.466 come da mandati di pagamento n. 372, 734, 735, 904, 982 e 1174 emessi nel corso del 2000.   

Va poi evidenziato che la disciplina sui rifiuti è ora contenuta nel d. lgs. 5-2-1997 n. 22 (che ha sostituito il d.p.r. 10-9-1982 n. 915 che conteneva analoghe disposizioni) ai sensi del quale sono vietati l’abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo nonché la loro immissione nelle acque.

A completa garanzia della salvaguardia dell’ambiente il citato decreto legislativo stabilisce poi che il Sindaco possa disporre con ordinanza le operazioni necessarie per il ripristino ambientale previa fissazione di un termine per l’adempimento, decorso il quale, l’ente pubblico (Comune o Regione ove il primo non provveda) procede all’esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate (v. artt. 14 e 17 d. lgs. cit. ed in precedenza vedasi art. 9 d.p.r. 915/82). Orbene occorre rilevare che la giurisprudenza amministrativa si è da tempo orientata nel senso di ritenere che l’ordine di ripristino ambientale possa venire rivolto unicamente al soggetto obbligato, per tale dovendosi intendere colui il quale abbia tenuto un comportamento commissivo od omissivo nell’abbandono dei rifiuti qualificato almeno dalla colpa (va sul punto notato che la specifica previsione contenuta nell’art. 14 cit. risulta conforme ai principi generali in tema di responsabilità da illecito amministrativo: cfr. art. 3 l. 689/81) con esclusione quindi di una responsabilità oggettiva ricollegabile alla mera consapevolezza dell’esistenza dei rifiuti (in tal senso vedasi TAR Toscana 1-8-2001 n. 1318 riportata sul sito internet www.ambiente2000.it ed i numerosi precedenti ivi richiamati) dovendosi inoltre sottolineare che tale interpretazione era stata fatta propria anche dalla giurisprudenza penale formatasi sul previgente art. 9 del d.p.r. 915/82 che, peraltro, non conteneva l’espressa previsione del comportamento colposo quale requisito richiesto per l’integrazione dell’illecito (vedasi Cass. Pen. S.U. 28-12-1994 n. 12753).

Ad ulteriore conferma di tale assunto va poi evidenziato che l’art. 18 del D.M. 25-10-1999 n. 471 dispone che, ove il sito inquinato sia oggetto di procedura esecutiva immobiliare ovvero di procedura concorsuale di cui al R.D. 267/42, il Comune debba domandare l’ammissione al passivo per la somma corrispondente all’onere di bonifica preventivamente determinato in via amministrativa.

Dal complesso di siffatte disposizioni si desume quindi che il Curatore fallimentare - non essendogli addebitabile alcun comportamento colposo nell’abbandono dei rifiuti - non può considerarsi destinatario dell’obbligo di ripristino ambientale e quindi, al di fuori dell’ipotesi di rifiuti prodotti per effetto dell’esercizio dell’attività in corso di procedura (ad es. ex art. 90 l.f.) nel qual caso l’onere economico dovrà gravare sulla massa, l’obbligazione derivante dalla necessità della bonifica deve considerarsi concorsuale e, pertanto, l’ente pubblico dovrà provvedere all’esecuzione della stessa salvo poi il diritto di chiedere l’insinuazione al passivo secondo le regole di cui agli artt. 93 e 101 l.f..

Tenuto conto che la previsione del carattere privilegiato delle spese di ripristino è stata introdotta solo con il d. lgs. 22/97 occorre affrontare la questione se siffatto privilegio possa essere riconosciuto anche in relazione ad illeciti commessi in data antecedente alla sua entrata in vigore come nel caso in esame:  a tale quesito si ritiene di dovere dare risposta positiva in considerazione dell’orientamento giurisprudenziale che, da tempo, riconosce carattere processuale alle disposizioni sui privilegi che pertanto trovano immediata applicazione temporale (cfr. Cass. 7-9-1999 n. 9475; Cass. 15-2-1995 n. 1622; Corte Cost. 28-11-1983 n. 325).

Il credito dell’istante va quindi ammesso al passivo per l’importo di euro 2.775928,70 in via privilegiata e, per effetto della decisione della Corte Costituzionale 28-5-2001 n. 162, vanno inoltre riconosciuti con lo stesso rango gli interessi al tasso legale dalla data dei singoli pagamenti sino alla vendita del cespite.

L’esito della lite ed il comportamento processuale delle parti giustificano l’integrale compensazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

il Tribunale di Mantova, in composizione collegiale, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione reietta, così provvede:

ammette il Comune di San Martino Dall’Argine al passivo del fallimento Metalrecuperi s.p.a. in via privilegiata ex art. 17 d. legs. 22/97 per l’importo di euro 2.775.928,70 oltre agli interessi al tasso legale dalla data dei singoli pagamenti sino alla vendita dell’immobile gravato dalla prelazione ed ordina la conseguente modificazione dello stato passivo;

compensa integralmente fra le parti le spese di lite.