Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 659 - pubb. 01/01/2007

Revocazione di crediti di lavoro

Tribunale Mantova, 16 Gennaio 2004. Est. Bernardi.


Istanza di revocazione di crediti ammessi al passivo - Termine per la proposizione e vis attractiva ex art. 24 l.f. - Errore essenziale di fatto relativo alla sussistenza del raporto di lavoro.



All'istanza di revocazione ex art. 102 l.f. non è applicabile il termine di cui all'art. 325 c.p.c., in quanto il rimedio previsto dall'art. 102 l.f. è distinto ed autonomamente regolato da quello previsto dall'art. 325 c.p.c..

Rientrano nella competenza del giudice fallimentare tutte le controversie relative a rapporti di lavoro in cui la sussistenza della fonte contrattuale costituisce oggetto di un accertamento incidentale in forza del quale si intende chiedere il riconoscimento di una pretesa obbligatoria.

E' censurabile e revocabile ex art. 102 l.f. l'ammissione al passivo di un credito di lavoro che sia il frutto di un errore essenzial. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


 


Svolgimento del processo

Con ricorso ex art.102 l.f. notificato in data 30-11-2000 l’I.N.P.S. sosteneva a) che Ascari Giorgio, con decreto dichiarato esecutivo ex art. 97 l.f in data 2-7-1997, era stato ammesso al passivo del fallimento Alfa per l’importo di £ 962.249.560 in via privilegiata; b) che la domanda di ammissione era fondata sul rapporto di lavoro subordinato che sarebbe intercorso fra l’Ascari e la Alfa; c) che esso istante, con verbale redatto il  21-10-1997 a seguito di accertamento ispettivo, aveva annullato la posizione assicurativa dell’Ascari per il periodo dal gennaio 1991 fino alla cessazione del rapporto di lavoro, avendo verificato che il predetto non aveva svolto funzioni di settimo livello come denunciato bensì, eventualmente, quelle di dirigente, soggetto quindi all’assicurazione presso l’I.N.P.D.A.I.; d) che, in particolare, l’insussistenza del rapporto di lavoro poteva desumersi dalle dichiarazioni di alcuni lavoratori e dell’Ascari nonché dalla circostanza che costui risultava essere comproprietario delle quote societarie in misura pari al 50% con la propria moglie, titolare delle restanti quote; e) che, sospesa dall’istituto, la liquidazione di ogni prestazione previdenziale, l’Ascari aveva convenuto in giudizio l’I.N.P.S. e l’I.N.P.D.A.I. per sentire dichiarare il suo diritto all’attribuzione delle prestazioni previdenziali negative, ritenendole alternativamente a carico dell’uno o dell’altro ente; f) che, pur essendo pendente siffatto giudizio, era interesse dell’I.N.P.S. ottenere anche in sede fallimentare la sospensione della liquidazione di ogni somma in favore dell’Ascari onde evitare una lesione all’interesse proprio ed a quello di tutti i creditori ammessi al passivo; g) che, per effetto del contratto d’affitto d’azienda - stipulato il 19-11-1996 fra la Alfa e la Humbert Progetti s.r.l. e prodotto dai difensori dell’Ascari nel procedimento radicato avanti al giudice del lavoro – negozio che contemplava il passaggio diretto di tutto il personale dipendente dalla prima alla seconda, gli oneri relativi al rapporto di lavoro avrebbero dovuto fare carico unicamente alla società affittuaria e non, quindi, al fallimento.Alla luce delle svolte considerazioni l’I.N.P.S. chiedeva la revoca del provvedimento di ammissione al passivo del credito in questione sotto il profilo a) dell’errore di fatto essendo stato considerato erroneamente di natura subordinata il rapporto di lavoro dell’Ascari; b) del dolo stante la consapevolezza da parte di quest’ultimo che l’affitto dell’azienda avrebbe comportato l’assunzione di ogni onere retributivo in capo alla Humbert s.r.l.; c) del rinvenimento di documento decisivo costituito  dal mezionato contratto.

L’Ascari si costituiva chiedendo il rigetto del ricorso sostenendo a) che il ricorso doveva ritenersi inammissibile per decorso del termine previsto dall’art. 325 c.p.c. da ritenersi applicabile anche nell’ambito del procedimento concorsuale; b) che la pendenza del procedimento avanti al giudice del lavoro avrebbe dovuto comportare la sospensione del presente giudizio; c) che l’assunto avversario, sotto il profilo della ricorrenza dell’errore di fatto, doveva ritenersi infondato non potendosi riconoscere valore probatorio alle valutazioni svolte dagli ispettori le quali, peraltro, avrebbero trovato smentita nelle emergenze del giudizio radicato avanti al giudice del lavoro; d) che non era configurabile l’ipotesi del dolo non avendo l’Ascari messo in opera artifici o raggiri  essendosi limitato ad insinuare il proprio credito sulla base di un rapporto di lavoro mai contestato da alcuno, dolo vieppiù insussistente con riguardo alla prospettazione della sua derivazione dalla conoscenza dell’esistenza del contratto di affitto non potendo ciò determinare la traslazione di ogni suo diritto di credito dal fallimento alla Humbert; e) che l’insinuazione al passivo fallimentare dell’asserito accredito di contributi figurativi  relativi alla posizione dell’Ascari da parte l’I.N.P.S., avrebbe dovuto valutarsi come esplicita convalida della posizione assicurativa e rinuncia ad ogni contestazione. 

Il Curatore rimaneva contumace e, anche su sua istanza, veniva disposto l’accantonamento delle somme ex art. 102 IV co. l.f..

Esperita l'istruttoria orale la causa veniva trattenuta in decisione sulle conclusioni delle parti in epigrafe riportate.

Motivi

Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

Rilevato che la difesa dell’Ascari ha provveduto al ritiro del fascicolo di parte senza poi provvedere né al deposito dello stesso né a redigere scritti conclusionali, occorre preliminarmente osservare che la prospettata inammissibilità del giudizio per mancato rispetto del termine di cui all’art. 325 c.p.c. non sussiste atteso che il rimedio previsto dall’art. 102 l.f. costituisce rimedio distinto ed autonomamente regolato rispetto a quello disciplinato dall’art. 395 c.p.c., proponibile per tutta la durata della procedura concorsuale senza l’osservanza di alcun termine (cfr. Cass. 22-7-1995 n. 8051; Cass. 10-6-1981 n. 3752).

Infondata deve poi ritenersi la richiesta volta ad ottenere la sospensione del presente procedimento in attesa della definizione di quello radicato avanti al giudice del lavoro, rientrando nell’ambito di competenza del giudice fallimentare tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro in cui la sussistenza della fonte contrattuale costituisce oggetto di un accertamento incidentale in forza del quale si intende chiedere il riconoscimento di una pretesa obbligatoria (cfr. Cass. 30-3-1994 n. 3151; Cass. 4-7-1991 n. 7361).

Quanto all’interesse dell’I.N.P.S. al promuovimento del presente giudizio, messo in dubbio nel corso dell’istruttoria, va osservato che il piano di riparto parziale nel frattempo predisposto prevede il pagamento all’I.N.P.S. delle sole somme spettanti ex art. 2751 bis c.c. laddove l’istituto è anche creditore (per oltre £ 2.500.000.000) per contributi omessi e sanzioni civili (e quindi anche per un credito chirografario) laddove l’attivo ricavato non consente l’integrale soddisfacimento di tutti i creditori come si desume dagli atti del fascicolo fallimentare.

Rilevato inoltre che l’I.N.P.S. ha ricevuto comunicazione dell’avvenuta dichiarazione di esecutività dello stato passivo in data 7-7-1997, va osservato che l’istituto solo a seguito degli accertamenti ispettivi disposti e, quindi, in data 21-10-1997 ha potuto avere piena cognizione dell’insussistenza del rapporto di lavoro subordinato dell’Ascari e ciò vale anche ad escludere che il ricorrente abbia implicitamente riconosciuto l’esistenza di tale rapporto.

Orbene se la qualità di socio di società di capitali non è di per sé di ostacolo alla sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato con la società, quando sia ravvisabile in concreto, almeno in via potenziale, un rapporto di subordinazione fra tale socio e l’organo societario preposto all’amministrazione (in tal senso vedasi Cass. 19-5-1987 n. 4586; Cass. 28-10-1983 n. 6413; Cass. 8-6-1977 n. 2360), dall’istruttoria espletata emerge come l’Ascari non si trovasse in posizione di soggezione gerarchica.

In primo luogo viene in considerazione la circostanza (pacifica) secondo cui l’Ascari era titolare del 50% delle quote della società mentre dell’altra metà era proprietaria la moglie, investita della carica di amministratore.

Inoltre il resistente era inventore di brevetti industriali il cui sfruttamento costituiva parte essenziale dell’attività di impresa (vedi dichiarazioni rese dall’Ascari agli ispettori dell’I.N.P.S. in data 9-9-1997).

Le numerose testimonianze assunte hanno poi evidenziato che l’Ascari si dedicava, in completa autonomia, all’attività di invenzione e di progettazione della rubinetteria nonché alla ricerca dei clienti (a cui egli poteva concedere sconti in caso di riscontro di difetti nel materiale), mentre la moglie si occupava dei rapporti con le banche e della tenuta della contabilità: nessuno dei testi ha invece affermato che il resistente fosse in qualche modo condizionato nello svolgimento della propria attività o che ne dovesse rendere conto ed anzi emerge come, trattandosi di una impresa a ristretta base familiare (vi erano impiegati anche i figli), gli ordini venissero impartiti da entrambi i coniugi (significativa è l’espressione usata dal teste Sarasini secondo cui l’Ascari era “l’anima dell’azienda”).

Non può poi andare sottaciuto che l’Ascari aveva rilasciato fideiussioni per rilevanti importi contribuendo così in modo decisivo al sostegno economico della società.

Da ultimo anche la sentenza n. 162/03 emessa dalla Corte d’Appello di Brescia a seguito dell’impugnazione promossa avverso la sentenza parziale del giudice del lavoro di Mantova ha riconosciuto, sulla base di materiale probatorio pressoché analogo a quello in esame, l’insussistenza del rapporto di lavoro subordinato anche dirigenziale.

Siffatte emergenze convergono a dimostrare come l’Ascari operasse sia all’interno che all’esterno della società senza essere assoggettato ad un potere di supremazia gerarchica dell’organo amministrativo - che si estrinseca non nel semplice controllo ma in sistematiche direttive da parte dell’imprenditore (in tal senso vedasi Cass. 7-4-1987 n. 3402; Cass. 15-2-1985 n. 1316) - e che anzi egli cogestiva l’impresa sicché si deve concludere che la veste formale attribuita dalle parti al rapporto era stata effettuata per poter consentire al resistente di beneficiare dei vantaggi soprattutto previdenziali derivanti da tale configurazione.

Ciò posto ne deriva che l’ammissione dell’Ascari al passivo del fallimento è derivata da errore essenziale di fatto concernente la sussistenza del rapporto di lavoro, errore emergente dai convergenti elementi raccolti nel corso del presente giudizio.

Lo stesso verbale di accertamento ispettivo dell’I.N.P.S. datato 21-10-1997 può positivamente valutarsi come documento decisivo al fine della revocazione del credito ex art. 102 l.f..

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo nel rapporto fra l’I.N.P.S. e l’Ascari, dovendo invece essere interamente compensate in quello fra il ricorrente ed il fallimento Alfa.

P.Q.M.

 

il Tribunale di Mantova, in composizione collegiale, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione reietta, così provvede:

dichiara la contumacia del fallimento Alfa s.r.l.;

dispone la revoca, ex art. 102 l.f., del credito insinuato da Ascari Giorgio ed ammesso al passivo del fallimento Alfa s.r.l. con decreto dichiarato esecutivo dal Giudice Delegato in data 2-7-1997;

condanna Ascari Giorgio a rifondere al ricorrente le spese di lite liquidandole in complessivi euro 13.422,84 di cui € 12,90 per spese, € 1.409,94 per diritti ed € 12.000,00 per onorari, oltre al rimborso forfetario delle spese ex art. 15 T.P., ed oltre ad I.V.A. e C.P.A. come per legge;

compensa integralmente le spese fra l’I.N.P.S. ed il fallimento Alfa s.r.l..

Così deciso in Mantova, lì 16/1/2004.