Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 707 - pubb. 01/07/2007

Errata iscrizione di ipoteca e risarcimento del danno

Tribunale Mantova, 10 Luglio 2003. Est. Bernardi.


Beni immobili - Errata iscrizione di ipoteca giudiziale - Risoluzione di promessa di vendita - Diritto al risarcimento del danno - Sussistenza.



 


 


omissis

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato in data 17-12-1999 il dott. Rossi F., di professione notaio, assumeva che l'appartamento sito in Magnacavallo, via P. n. 18, fg. 36, m.n. 638 e di cui era divenuto proprietario (unitamente ad Verdi C.) sin dal 30-4-1993 con atto trascritto il 25-5-1993 ai n. 4292 R.G. e 2884 R.P. fosse stato colpito da ipoteca giudiziale iscritta dalla banca convenuta in data 3-2-1999 per effetto di decreto ingiuntivo ottenuto nei confronti del geom. S. F., precedente proprietario del cespite in questione.

L'istante assumeva che, a causa dell'esistenza della predetta formalità, era stato costretto a risolvere un contratto preliminare stipulato il 12-1-1999 con la sig.a Bianchi V. la quale, avuta notizia dell'esistenza dell'iscrizione, aveva manifestato l'intenzione di recedere dal contratto di compravendita dell'appartamento il cui prezzo era stato determinato in £ 600.000.000: di qui la richiesta di ristoro del danno patito.

La banca, premettendo che l'iscrizione era stata dovuta ad un involontario errore, chiedeva il rigetto della domanda  evidenziando la natura strumentale del contratto preliminare (non registrato né trascritto e quindi inopponibile ai terzi), preordinato unicamente ad ottenere il risarcimento, nonché la colpevole inerzia del dott. Rossi il quale avrebbe potuto accorgersi dell'esistenza del gravame prima della stipula del definitivo fissata per il 30-6-1999 segnalando l'inconveniente all'istituto che avrebbe subito assentito alla cancellazione della formalità (come poi avvenuto con atto del 1-7-1999 trascritto il 23-7-1999) anziché accettare passivamente il recesso della promissaria acquirente.

Esperita l’istruttoria orale la causa veniva trattenuta in decisione sulle conclusioni delle parti in epigrafe riportate.

Motivi

La domanda è parzialmente fondata e va accolta nei limiti che seguono.

Preliminarmente va rilevato che non sono controversi i fatti materiali che hanno dato luogo alla presente controversia posto che la banca ha espressamente ammesso di avere erroneamente iscritto, in data 3-2-1999, ipoteca giudiziale sull'appartamento sopra descritto, divenuto di proprietà dell'attore con atto, trascritto, del 30-4-1993 in forza di un titolo (decreto ingiuntivo) ottenuto nei confronti del precedente dante causa del dott. Rossi.

Va inoltre osservato che l'erronea iscrizione ipotecaria costituisce atto potenzialmente dannoso inducendo una, sia pure temporanea, difficoltà nella circolazione dei beni (in tal senso vedasi Cass. 14-6-1967 n. 1346; Cass. 12-3-1971 n. 711; Cass. 2-4-2001 n. 4793): peraltro, non essendo stata chiesta una pronuncia di condanna generica, occorre verificare se l'attore, in concreto, abbia subito da tale fatto un pregiudizio patrimoniale (cfr. Cass. 3-11-1994 n. 9039).

Fatte tali premesse deve escludersi che il preliminare stipulato dall’attore sia stato posto in essere fittiziamente atteso che la teste Verdi (da ritenersi attendibile non emergendo dagli atti indicazioni in senso contrario peraltro neppure adombrati dalla controparte, essendole del tutto indifferente l’esito del presente giudizio ed avendo reso una dichiarazione esaustiva, non contraddittoria con gli altri elementi acquisiti e contenente l’indicazione di ulteriori persone a conoscenza della vicenda) ha affermato di avere sottoscritto l’atto in questione per persona da nominare già in precedenza individuata in un proprio cliente (menzionato nel verbale d’udienza) di cui avrebbe dovuto arredare l’appartamento una volta acquistato. Quanto alla notazione secondo cui il preliminare non era né registrato né trascritto, premesso che tale figura negoziale è tuttora assai diffusa nella pratica degli affari sicché, una volta ritenuta la sua realtà, la mancata stipula del definitivo per l’esistenza dell’iscrizione ipotecaria, deve considerarsi integrare un fatto dannoso, va comunque osservato che la disciplina di cui all’art. 2704 c.c. è dettata per la esclusiva tutela dei terzi ed opera, quindi, soltanto qualora dalla scrittura si vogliano, in relazione a quella data, conseguire gli effetti negoziali propri della convenzione contenuta nell’atto e non nel caso in cui (come nel caso in esame) la scrittura sia invocata come mero fatto storico, del quale è consentita la prova con qualsiasi mezzo, anche con presunzioni (in tal senso vedasi Cass. 25-1-1995 n. 868; Cass. 1-6-1993 n. 6066; Cass. 6-4-1993 n. 4112; Cass. 24-1-1986 n. 456; Cass. 15-9-1981 n. 5105).

La Verdi ha poi asserito che, una volta scoperta l’esistenza dell’iscrizione ipotecaria, il suo assistito aveva preferito ritirarsi dall’affare né è contestato che esso non si sia mai più perfezionato: il lasso di tempo poi intercorso fino alla cancellazione della formalità (avvenuta il 23-7-1999 non per spontaneo riconoscimento dell’errore commesso da parte della banca ma solo per effetto dell’intervenuto pagamento del debito da parte del soggetto destinatario del decreto ingiuntivo) e le complicazioni conseguenti alla scoperta dell’iscrizione, rendono plausibile il venir meno dell’interesse all’acquisto del cespite da parte del promissario compratore.

Né può addebitarsi alcun rimprovero al dr. Rossi, nemmeno sotto il profilo di cui all’art. 1227 c.c., per non avere controllato prima della data fissata per la stipula del definitivo l’esistenza di iscrizioni ipotecarie atteso che egli, ben sapendo di non essere debitore di altri, non aveva ragionevole motivo per svolgere con largo anticipo indagini sul proprio patrimonio e, in ogni caso, a tutto volere concedere, una siffatta ispezione non poteva che essere effettuata in prossimità della stipula del rogito senza pertanto che gli esiti pregiudizievoli potessero essere evitati.

Quanto alla determinazione del danno esso va individuato nella mancata disponibilità della somma che sarebbe stata ricavata dalla vendita e che, in considerazione della sua entità (non contestata nella misura risultante dal preliminare e che, pertanto ex art. 116 II co. c.p.c., va assunta come parametro per la liquidazione) e della professione esercitata dall’attore, sarebbe stata presumibilmente reimpiegata: tenuto conto della natura del cespite oggetto della vendita appare equo fare riferimento al rendimento medio netto per l’anno 1999 dei B.O.T. aventi scadenza trimestrale (pari al 2,81%) in relazione al periodo di mesi sei, apparendo ragionevole supporre che, entro tale lasso di tempo, l’attore avrebbe trovato un altro acquirente e che, in difetto di diverse indicazioni sul punto e considerato il breve intervallo temporale, egli avrebbe presumibilmente ricavato il medesimo corrispettivo.

Il danno, calcolato secondo il criterio sopra evidenziato, corrisponde a £ 16.860.000 e va ridotto alla metà (€ 4.353,73) essendo l’attore comproprietario dell’immobile in questione.

Trattandosi di debito di valore il maggior danno va liquidato anche d’ufficio (cfr. Cass. 20-3-2001 n. 3996; Cass. 6-11-1998 n. 11190): l’importo di euro 4.353,73 va quindi rivalutato e corrisponde in valori attuali ad euro 4.812,95 cui debbono aggiungersi gli interessi al tasso legale, dalla data di verificazione del danno (da individuarsi nel 30-6-1999, giorno della mancata stipula del rogito) sino al momento della sentenza, sulla somma di euro 4.353,73 rivalutata anno per anno secondo gli indici Istat ex art. 429 c.p.c.: al totale così ottenuto vanno aggiunti gli interessi al tasso legale dalla data della sentenza sino al saldo definitivo.

La consistente riduzione dell’entità del risarcimento riconosciuto giustifica la compensazione nella misura della metà delle spese di lite che vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

il Tribunale di Mantova, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione reietta, così provvede:

condanna l’istituto bancario convenuto a pagare all’attore la somma di euro 4.812,95 oltre agli interessi legali sulla somma di euro 4.353,73 , rivalutata anno per anno secondo gli indici Istat ex art. 429 c.p.c., dal 30-6-1999 alla data della sentenza e sul totale così ottenuto vanno ulteriormente aggiunti gli interessi legali dalla data della sentenza sino al saldo definitivo;

condanna l’istituto bancario convenuto a rifondere all'attore le spese di lite, compensandole nella misura della metà e, per l’effetto, liquidandole in complessivi euro 1.966,02 di cui € 140,55 per spese, € 675,47 per diritti ed € 1.150,00 per onorari, oltre al rimborso forfetario delle spese ex art. 15 T.P., ed oltre ad I.V.A. e C.P.A. come per legge.