Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 61 - pubb. 01/07/2007

Fideiussione plurima e regresso

Tribunale Mantova, 03 Febbraio 2005. Est. Pagliuca.


Azione del con fideiussore che ha pagato nei confronti degli altri confideiussori – Fideiussione plurima – Azione di surroga e di regresso – Distinzione ed effetti – Fideiussione contratta nell’esclusivo interesse del con fideiussore – Effetti.



In caso di confideiussione, il fideiussore che ha pagato potrà agire nei confronti degli altri confideiussori, alternativamente, in surroga o in via di regresso: qualora opti per il primo rimedio potrà ottenere solo un importo corrispondente alla quota di debito del coobbligato nei confronti del quale agisce e, pertanto, per ottenere il residuo (esclusa ovviamente la sua quota) dovrà agire anche nei confronti degli altri confideiussori, richiedendo a ciascuno la quota di sua pertinenza (salva sempre, ovviamente, la possibilità di agire in regresso per l’intero nei confronti del debitore principale garantito, ex art. 1950 c.c.).
In applicazione dei principi desumibili dall’art. 1298 c.c., il confideiussore che ha pagato avrà diritto di regresso per l’intero solo ove dimostri che il debito era stato contratto nell’esclusivo interesse del confideiussore a cui viene chiesto il pagamento.
Qualora invece il confideiussore decida di agire in surroga dei diritti del creditore avrà diritto ad ottenere dal confideiussore nei confronti del quale agisce non solo la quota di debito di pertinenza di quest’ultimo (come nel caso di regresso) bensì l’intero importo pagato al creditore decurtato unicamente della quota di debito di sua pertinenza.


 


Svolgimento Del Processo

Con decreto n. 417 in data 21.12.01 il Tribunale di Mantova  ingiungeva ad E. G. e G. C. il pagamento, in solido, a favore di M. P. della somma di lire 24.812.000, oltre interessi legali e spese. Affermava nel ricorso l’ingiungente di essersi a suo tempo costituita fideiussore nei confronti della Banca Agricola Mantovana spa a garanzia di un credito ex mutuo contratto nei confronti di quest’ultima da parte di E. G., di aver in tale veste provveduto al pagamento a favore della banca dell’importo di lire 24.811.626 e di avere pertanto diritto ad agire in via di regresso per l’intero sia nei confronti di E. G. – quale debitrice principale garantita –, che di G. C. – quale suo confideiussore.

Avverso detto decreto, notificato in data 22.2.02, proponeva tempestiva opposizione G. C. il quale rilevava che nelle lettere fideiussorie allegate al ricorso per d.i. non risultava alcun suo personale obbligo di garanzia a favore di E. G. atteso che dai documenti prodotti dall’ingiungente risultava che la confideiussione a favore di quest’ultima era stata prestata unicamente dalla madre M. P. e dal padre A. G.. Rilevava inoltre l’opponente che difettavano comunque nella fattispecie i presupposti perché potesse operare la surroga legale dell’ingiungente nei diritti delle Banca Agricola Mantovana spa; ciò in quanto al momento del pagamento la banca aveva già provveduto al pignoramento di un’abitazione di proprietà dell’opponente stesso e della debitrice principale E. G. avente valore ben superiore alla somma richiesta, di talchè difettava in capo all’ingiungente l’interesse al pagamento del debito previsto dall’art. 1203, n. 3 c.c. perché possa operare la surrogazione legale.  

Rilevava infine l’opponente che l’ingiungente, agendo in via di regresso o di surroga, avrebbe comunque potuto ottenere al massimo una quota di quanto pagato alla banca e non l’intero importo versato.

Tutto ciò premesso gli opponenti concludevano chiedendo la revoca del d.i. opposto.

M. P., costituitasi in giudizio, ribadiva che anche l’opponente si era costituito fideiussore a favore di E. G. e a prova di ciò produceva lettera fideiussoria a firma di G. C., inviata alla Banca Agricola Mantovana spa. Nel merito contestava in fatto e diritto l’opposizione proposta facendo presente che la garanzia fideiussoria era stata prestata per consentire all’opponente e alla moglie E. G. l’acquisto della casa coniugale e rilevando altresì che in quanto coobbligata aveva certamente diritto ad estinguere il debito di E. G. nei confronti della banca.

Tutto ciò premesso l’opposta concludeva chiedendo il rigetto dell’opposizione con integrale conferma del decreto ingiuntivo e con condanna, in ogni, caso dell’opponente al pagamento della somma di lire 24.812.000, oltre interessi legali sino al saldo effettivo.

Con ordinanza in data 23.1.03 il G.I. rigettava l’istanza, avanzata dall’opposta, di concessione della provvisoria esecutività del d.i..
La causa, istruita documentalmente, veniva trattenuta in decisione all’udienza del 27.10.04 sulla base delle conclusioni delle parti riportate in epigrafe.

Motivi Della Decisione

1) Premessa in diritto

Preliminarmente appare opportuno riassumere le norme ed i principi di diritto applicabili alla fattispecie per cui è causa.

In tema di fideiussione relativa al medesimo debito ed a favore dello stesso debitore bisogna distinguere tra: a) garanzia unica costituita da più fideiussori, anche se non necessariamente con un unico atto, ma con l’intento di prestarla insieme e per un comune interesse,  e b) garanzie plurime prestate separatamente da più fideiussori, ciascuno dei quali ignora l’assunzione della garanzia da parte dell’altro, o comunque in assenza di un collegamento tra le garanzie fideiussorie dei singoli giustificato dall’esigenza di perseguire un comune interesse. 

La prima situazione, definita di confideiussione, dà luogo ad un obbligazione solidale tra i fideiussori, atteso che con il medesimo atto o con atti tra loro collegati tutti gli obbligati assumono congiuntamente la medesima obbligazione nei confronti del creditore.

Ed è proprio in considerazione della natura solidale dell’obbligazione tra confideiussori che la dottrina e la giurisprudenza (Cass. 4632/02, Cass. 2459/99, Cass. 3575/98, Cass. 4594/90, Cass. 1834/79, Trib.Milano 11.9.97, Trib.Monza 2.5.02), concordemente, ritengono che il diritto di regresso tra fideiussori di cui all’art. 1954 c.c. sussista solo nell’ipotesi di confideiussione e non anche nel caso di fideiussioni plurime. Invero l’art. 1954 c.c., il quale assolve alla funzione di ridistribuzione nei rapporti interni tra confideiussori del carico della prestazione gravata solo su uno di essi nei rapporti esterni con il creditore, costituisce con tutta evidenza un’applicazione, nel campo della fideiussione e dei rapporti interni tra fideiussori, della disciplina generale in materia di obbligazioni solidali di cui agli artt. 1298 e 1299 c.c. che, sulla base della divisione dell’oggetto della obbligazione nei rapporti interni, accorda al condebitore solidale che ha pagato il regresso pro quota verso gli altri.

L’ipotesi sub b), caratterizzata da fideiussioni plurime aventi fonte in titoli diversi e non tra loro collegati per il perseguimento di uno scopo comune a tutti i fideiussori,  non dà invece luogo ad una obbligazione solidale tra i vari fideiussori; di conseguenza non può essere riconosciuto il diritto di regresso a favore del fideiussore che ha pagato, non potendo in tale situazione trovare applicazione gli artt. 1954 e 1299 c.c., in mancanza di una fonte dell’obbligazione unica per tutti i fideiussori.

Tuttavia in questa ipotesi, secondo condivisibile indirizzo giurisprudenziale (Cass. 4632/02, Cass. 2459/99, Cass. 3575/98), opererà a favore del fideiussore che ha pagato la surrogazione legale nei diritti del creditore, che potrà essere fatta valere non solo in confronto del debitore (secondo quanto previsto in generale dall’ art. 1203, n. 3 c.c. e, con specifico riferimento alla fideiussione, dall’art. 1949 c.c.), ma anche in confronto dei suoi garanti e perciò degli altri fideiussori (secondo quanto stabilito dall’art. 1204 c.c.)[1].

La surrogazione legale potrà poi operare, oltre che nel caso di fideiussioni plurime, anche nell’ipotesi di confideiussione (Cass. 3575/98 in motivazione, Trib. Monza 2.5.02), atteso che gli artt. 1203, 1204 e 1949 c.c. prevedono in generale il diritto di surroga del fideiussore nei confronti di altri fideiussori, senza limitarlo alla sola ipotesi in cui non possa essere esercitata l’azione di regresso ex art. 1954 c.c..

 I rimedi della surroga e del regresso sono poi tra loro divergenti. Infatti la surrogazione dà luogo ad un fenomeno di successione nel diritto surrogato, per cui il soggetto che agisce in surroga esercita un diritto altrui (nella fattispecie di pluralità di fideiussori, il fideiussore che agisce in surroga nei confronti degli altri fideiussori esercita il diritto del creditore garantito e pagato, diritto nel quale è succeduto), mentre nell’azione di regresso il soggetto che agisce esercita invece un diritto proprio derivante dalla rapporto di coobbligazione che lo lega agli altri coobbligati (diritto attribuitogli dall’art. 1299 c.c. e, in caso di confideiussione, dall’art. 1954 c.c.) .

Autorevole dottrina e la prevalente giurisprudenza (Cass. 3575/98 in motivazione, Cass. 1120/87, Cass. 10968/95, Cass. 1818/81, Cass. 3265/79, Cass. 1744/72) ritengono che i rimedi della surroga e del regresso, ove entrambi esperibili (come in caso di confideiussione), debbano tuttavia essere fatti valere in via alternativa e non possano essere cumulati.

Da ultimo deve rilevarsi che a seconda del rimedio prescelto varierà anche l’entità della quantum dovuto dal coobbligato nei cui confronti la pretesa sia fatta valere.

Infatti, secondo la prevalente giurisprudenza (Cass. 4632/02, Cass. 3575/98, Cass. 2459/99), mentre nel caso di regresso colui che ha pagato potrà pretende dal coobbligato unicamente il rimborso della parte della somma pagata corrispondente alla quota di debito di quest’ultimo nei rapporti interni tra coobbligati (quote che, sino a prova contraria, si presumono uguali ex art. 1298 c.c.: Cass. 1712/67, Cass. 398/69, Cass. 1843/79, Cass. 4594/90), nell’ipotesi di surrogazione potrà invece pretendersi l’intero importo pagato al creditore, decurtato unicamente della quota di pertinenza di colui che ha estinto il debito, atteso che nei limiti di questa egli ha pagato un debito proprio.

In sostanza, salva l’ipotesi in cui vi siano due soli confideiussori per quote uguali nei rapporti interni (ipotesi in cui evidentemente colui che ha pagato avrà diritto alla medesima somma, sia che esperisca l’azione di surroga che quella di regresso) laddove i fideiussori siano tre o più per il coobbligato che ha pagato sarà certamente più vantaggioso agire in surroga, piuttosto che in regresso (vantaggio peraltro bilanciato dal fatto che in caso di surroga il condebitore potrà opporgli tutte le eccezioni che avrebbe potuto formulare al creditore; il che non è consentito in caso di regresso trattandosi, come detto, di diritto autonomo che nasce in capo al  coobbligato al momento del pagamento).

Pertanto, riassumendo:

1) in caso di confideiussione, il fideiussore che ha pagato potrà agire nei confronti degli altri confideiussori, alternativamente, in surroga o in via di regresso.  Qualora opti per il primo rimedio potrà ottenere solo un importo corrispondente alla quota di debito del coobbligato nei confronti del quale agisce e, pertanto, per ottenere il residuo (esclusa ovviamente la sua quota) dovrà agire anche nei confronti degli altri confideiussori, richiedendo a ciascuno la quota di sua pertinenza (salva sempre, ovviamente, la possibilità di agire in regresso per l’intero nei confronti del debitore principale garantito, ex art. 1950 c.c.). Inoltre, poiché nei rapporti interni tra confideiussori le quote in cui si suddivide il debito si presumono uguali, graverà sul fideiussore che alleghi la maggior entità della quota di pertinenza degli altri confideiussori fornire la relativa prova. Del pari, sempre in applicazione dei principi desumibili dall’art. 1298 c.c., il confideiussore che ha pagato avrà diritto di regresso per l’intero solo ove dimostri che il debito era stato contratto nell’esclusivo interesse del confideiussore a cui viene chiesto il pagamento. 

Qualora invece il confideiussore decida di agire in surroga dei diritti del creditore avrà diritto ad ottenere dal confideiussore nei confronti del quale agisce non solo la quota di debito di pertinenza di quest’ultimo (come nel caso di regresso) bensì l’intero importo pagato al creditore decurtato unicamente della quota di debito di sua pertinenza.

2) in caso di plurime fideiussioni, il fideiussore che ha pagato potrà unicamente agire in surroga dei diritti del creditore e, conseguentemente, potrà ottenere dal fideiussore nei confronti del quale agisce l’importo indicato alla fine del punto precedente. 

2) Individuazione del tipo di domanda proposta dall’opposta

Ciò premesso in punto di diritto è quindi in primo luogo necessario verificare se nella fattispecie oggetto di causa ricorra un’ipotesi di confideiussione o, invece, di pluralità di fideiussioni.

E’ documentalmente provato che a garanzia della restituzione della somma di lire 55.000.000 mutuata ad E. G. dalla Banca Agricola Mantovana spa (d’ora in poi, per brevità, la Bam)in data 19.9.88 (doc. 5 di parte opposta) si erano costituiti quali fideiussori nei confronti di quest’ultima l’opponente G. C., nonché l’opposta M. P. ed il marito di quest’ultima A. G., il primo con autonoma lettera di fideiussione (doc. 4 di parte opposta), i secondi mediante dichiarazione contenuta in uno stesso atto (doc. 1 allegato al fascicolo del monitorio).

Nel ricorso per decreto ingiuntivo l’opposta ha espressamente qualificato l’opponente quale suo confideiussore e detta qualificazione non è mai stata contestata dall’opponente, il quale nel corso del giudizio non ha mai affermato che la sua obbligazione fideiussoria era invece autonoma e distinta rispetto a quella contratta dall’opposta e da A. G..

Oltre a ciò deve considerarsi che la debitrice principale garantita E. G. è, rispettivamente, moglie dell’opponente e figlia dell’opposta e di A. G., di talchè appare evidente, proprio in considerazione degli stretti rapporti familiari, la sussistenza al momento del rilascio della garanzia (essendo del tutto irrilevante la crisi coniugale intervenuta successivamente tra l’opponente ed E. G.) di un comune interesse di tutti i predetti soggetti a rendere possibile, attraverso il rilascio delle fideiussioni richieste dalla banca, l’erogazione del mutuo a favore della comune familiare.

Nella fattispecie, pertanto, ricorre senz’altro un’ ipotesi di confideiussione tra l’opponente, l’opposta e A. G..

Sulla scorta di quanto sopra affermato in punto di diritto, quindi, l’opponente, dopo aver interamente pagato il debito di G. E. verso la Bam, aveva la possibilità di agire nei confronti dell’opponente, alternativamente, in via di regresso o di surroga.

E’ quindi in primo luogo necessario verificare quale delle due azioni abbia in concreto esperito l’opposta, non essendo possibile come detto ricorrere contemporaneamente ad entrambi i rimedi.

A tal fine ritiene questo giudice che debba aversi riguardo a quanto affermato dall’opposta nel ricorso per decreto ingiuntivo nel quale, come è noto, viene già formulata dal creditore la domanda di pagamento nei confronti della controparte e nel quale, quindi, egli deve già indicare anche la causa petendi su cui la medesima si fonda.

Ebbene in detto atto l’opposta, dopo aver precisato che la propria pretesa creditoria nei confronti dell’opponente è sorta in quanto quest’ultimo era suo confideiussore, afferma testualmente di voler agire nei confronti di C. G. “in via di regresso”.

E’ pur vero che nel corso del giudizio le parti hanno ampiamente discusso e preso posizione in merito alla sussistenza della pretesa creditoria dell’opposta sia se azionata in via di surroga che se fatta valere in via di regresso ma, non potendosi ritenere formulate contemporaneamente entrambe le azioni e dovendosi pertanto necessariamente individuare quale delle due avesse inteso esperire l’opposta, ritiene questo giudice che in mancanza di dati univocamente deponenti per la proposizione della domanda di surroga[2], debba necessariamente prevalere il dato formale e, pertanto, ritenersi che l’opposta avesse proposto domanda di regresso, conformemente a quanto testualmente dichiarato nel ricorso, al momento della formulazione della domanda.

3) Accoglimento solo parziale della pretesa dell’opposta – revoca del decreto ingiuntivo

E’ documentalmente provato (docc. 4 e 6 del fascicolo monitorio)[3] che in data 10.5.01 l’opposta aveva corrisposto a favore della Bam l’importo di lire 24.811.626, così estinguendo il residuo debito ex mutuo per capitale, interessi e spese della debitrice principale E. G..

Detto importo corrisponde a quello indicato nell’atto di precetto notificato alla stessa E. G. nel marzo 2001 (doc. allegato alla memoria 15.12.01 di parte opponente), documento da cui si evince peraltro che all’epoca il debito di quest’ultima nei confronti della banca ammontava alla maggior somma complessiva di lire 28.632.679, così composta:

a) lire 17.979.382 a titolo di residuo capitale;

b) lire 9.578.727 a titolo di interessi moratori maturati dalla risoluzione del contratto di mutuo al marzo 2001;

c) lire 1.074.570 per spese legali sostenute dalla banca creditrice per la riscossione del credito.

Nelle lettere di fideiussione sottoscritte dall’opponente, dall’opposta e da A. G. era espressamente stabilito che la fideiussione si estendeva a tutto quanto dovuto dalla debitrice principale per capitale, interessi anche se moratori ed ogni altro accessorio, nonché per ogni spesa anche se di carattere giudiziario.

Ne deriva che, oltre alla debitrice principale E. G., anche ciascuno dei tre confideiussori era tenuto al pagamento nei confronti della Bam dell’intero credito per capitale, interessi e spese.

Né può affermarsi che l’obbligazione dell’opponente fosse limitata ad importo più ridotto in considerazione del fatto che questi con raccomandata in data 7.5.97 (doc. allegato alla memoria 15.12.01 di parte opponente) aveva comunicato alla Bam la sua volontà di recedere dal rapporto di fideiussione in essere.

Infatti, come ben chiarito da Cass. 3575/98 (in motivazione) l’esercizio del recesso comporta la conseguenza che il fideiussore receduto non può essere chiamato a rispondere solamente degli effetti obbligatori di nuove operazioni che vengano eventualmente poste in essere dal debitore garantito dopo la data in cui il recesso acquista efficacia nei confronti del creditore. Tuttavia, nel caso di mancato tempestivo pagamento subito dopo il recesso (come nella specie, atteso che l’opponente si è limitato a recedere senza contestualmente corrispondere alcunché alla Bam) egli resta tenuto oltre che al soddisfacimento del debito quale esistente alla suddetta data e in tale misura cristallizzato, anche degli ulteriori interessi che a titolo moratorio abbiano a maturare su tale importo fino alla data del pagamento da chiunque effettuato. Ciò in quanto nella fattispecie l’incremento del debito non deriva da nuove operazioni ed è anzi diretta conseguenza dell’inadempimento (anche) del confideiussore receduto. Analoghe considerazioni, a parere di questo giudice, valgono anche relativamente alle spese sostenute dal creditore per ottenere il pagamento, atteso che anche queste si sono evidentemente rese necessarie solo ed esclusivamente a causa dell’inadempimento dei vari coobbligati e quindi pure del confideiussore receduto.

Ciò premesso deve osservarsi che l’importo oggetto del precetto e successivamente interamente pagato dall’opposta (lire 24.811.626) è di entità inferiore al debito complessivo della banca nei confronti della debitrice principale nel marzo 2001 (lire 28.632.679) perchè la creditrice aveva portato in compensazione, sottraendolo dal debito complessivo, l’importo di lire 3.821.053 costituente il saldo creditore di un conto corrente intestato all’opponente G. C..

E’ perciò evidente che il complessivo debito di E. G. nei confronti della Bam, pari a complessive lire 28.632.679, era stato onorato quanto a lire 3.821.053 dall’opponente (mediante compensazione con sue ragioni creditorie nei confronti della banca) e quanto a lire 24.811.626 dall’opposta (a mezzo del versamento di cui sopra).

Pertanto, nella determinazione del rimborso dovuto dall’opponente all’opposta dovrà tenersi conto anche della parte di debito estinta dall’opponente stesso.

Tuttavia, prima di procedere a detta quantificazione è necessario appurare se effettivamente, come sostenuto dall’opposta, l’obbligazione fideiussoria era stata contratta dai tre fideiussori nell’esclusivo interesse dell’opponente, atteso che in questo caso il peso dell’obbligazione dovrebbe andare a gravare integralmente su quest’ultimo e l’opposta avrebbe perciò diritto ad esercitare il regresso per l’intera somma pagata, conformemente a quanto stabilito dall’art. 1298 c.c.

Ritiene questo giudice che ciò debba essere senz’altro escluso.

In primo luogo non è stata neppure allegata dall’opposta l’esistenza tra i confideiussori di un accordo nel senso che, ferma restando la solidarietà verso il comune creditore, nei rapporti interni il peso dell’obbligazione dovesse andare a gravare unicamente sull’opponente. D’altra parte dall’atto di mutuo in atti (doc.  5 di parte opposta) si evince che la somma di lire 55.000.000 mutuata a favore di E. G. non era vincolata all’acquisto dell’abitazione coniugale in comproprietà tra quest’ultima e l’opponente, di talchè la mutuataria, volendo, avrebbe potuto disporne a suo piacimento e non necessariamente utilizzarla per l’acquisto dell’abitazione. In ogni caso, anche a voler ritenere che l’importo di cui sopra fosse stato mutuato per coprire la spesa di acquisto della casa coniugale, deve ritenersi che un interesse esclusivo dell’opponente sarebbe stato configurabile solo nel caso in cui l’immobile fosse stato integralmente intestato al medesimo. Invero, in questo caso il vero beneficiario delle operazioni poste in essere (mutuo contratto da E. G. con impiego delle somme per l’acquisto dell’abitazione, nonché prestazione di garanzia fideiussoria da parte dell’opposta e del marito) sarebbe stato solo l’opponente, il quale avrebbe potuto divenire proprietario dell’immobile solo grazie alla garanzie prestata dagli altri due fideiussori.

Tuttavia, poiché l’immobile appartiene in comunione per quote uguali all’opponente e ad E. G. non può certo dirsi che l’opposta ed il marito A. G. avessero assunto l’obbligazione fideiussoria nell’esclusivo interesse dell’opponente, dovendosi anzi presumere che ciò avessero fatto in principalità proprio per consentire alla propria figlia di poter acquisire la comproprietà sull’immobile. Del resto, poiché l’acquisto dell’immobile è precedente la concessione del mutuo (essendo avvenuto in data 29.7.88: cfr doc. 6 di parte opposta) e tenuto conto del fatto che generalmente il prezzo dichiarato nel rogito è inferiore a quello reale, deve ritenersi che il costo sostenuto per l’acquisto fosse ben superiore a quello indicato nell’atto (lire 50.000.000) e che, conseguentemente, i coniugi attraverso il mutuo avessero provveduto a coprire solo una parte della spesa, reperendo aliunde la differenza. Pertanto, nell’ipotesi in cui, ad esempio, fosse accaduto che la somma mutuata ad E. G. corrispondeva al valore della quota di comproprietà sull’immobile di pertinenza di quest’ultima, mentre il residuo prezzo era stato versato dallo stesso opponente, è di tutta evidenza che l’intera operazione sarebbe andata invece ad esclusivo vantaggio della stessa E. G., in quanto in sostanza finalizzata a farle acquisire la quota di comproprietà di sua pertinenza.  Trattasi ovviamente di mere ipotesi che comunque, in quanto possibili e non escluse dalle emergenze di causa, comprovano ulteriormente che non può ritenersi esistente, neppure a livello indiziario, la prova dell’assunzione delle obbligazioni fideiussorie nell’esclusivo interesse dell’opponente.

Né può inferirsi l’esistenza dell’interesse esclusivo dell’opponente per il fatto che il pagamento da parte dell’opposta ha evitato che, a seguito del pignoramento immobiliare effettuato dalla banca, fosse disposta la vendita dell’intera abitazione coniugale. Infatti, come noto, la sussistenza dell’ interesse esclusivo deve sussistere al momento in cui viene contratta l’obbligazione fideiussoria (Cass. 4594/90, in motivazione), essendo irrilevanti le eventuali modificazioni dell’interesse delle parti all’adempimento  successivamente sopravvenute.

In conclusione, in assenza di prova dell’assunzione dell’obbligazione fideiussoria nell’esclusivo interesse dell’opponente, deve escludersi che l’opposta abbia diritto di regresso per l’intera somma versata. Inoltre, in assenza di elementi da cui inferire una diversa suddivisione dell’obbligazione dei rapporti interni, deve presumersi l’uguaglianza delle quote di riparto del debito tra i tre confideiussori.

Ciò comporta che nei rapporti interni il debito complessivo di E. G. (lire 28.632.679) deve gravare su ciascun confideiussore nella misura di lire 9.544.226 (28.632.579 : 3), importo che costituisce anche il limite entro il quale ciascun confideiussore è tenuto a fronte dell’azione di regresso intentata nei suoi confronti da altro confideiussore.

Pertanto, poiché l’opponente ha già estinto il debito garantito per importo pari a lire 3.821.053 è evidente che egli è obbligato a versare in via di regresso all’opposta solo la differenza rispetto alla quota di sua pertinenza e, quindi, la somma di lire 5.723.173 (9.544.226 – 3.821.053).

Inoltre l’opposta detratta dall’importo pagato alla Bam (lire 24.811.026) la somma ottenuta in via di regresso dall’opponente (lire 5.723.173) nonchè la quota di 1/3 del debito complessivo che deve su di essa gravare (lire 9.544.226), potrà poi ottenere il rimborso dell’ultima parte di quanto pagato alla Bam, ossia di ulteriori lire 9.543.627 (24.811.026 – 5.723.173 – 9.544.226), agendo in via di regresso nei confronti dell’altro confideiussore A. G..

In conclusione, in forza dell’azione di regresso esercitata nei confronti dell’opponente, l’opposta ha diritto al pagamento da parte di G. C. della somma di lire 5.723.173, oltre interessi legali che in mancanza di indicazione di momento anteriore devono farsi decorrere dalla domanda (14.1.02 data di notifica del d.i.) al saldo. Ne deriva che l’attuale credito dell’opposta ammonta alla somma complessiva di lire 6.248.607 (pari ad euro 3.227,00), sulla quale dovranno poi essere corrisposti gli interessi al saggio legale dalla pubblicazione della presente sentenza al saldo.

Il riconoscimento della pretesa creditoria dell’opposta in importo inferiore a quello ingiunto comporta il parziale accoglimento dell’opposizione e, per l’effetto, la revoca del decreto ingiuntivo.

4) Spese

In  considerazione del riconoscimento in capo all’opposta di un credito di gran lunga inferiore rispetto a quello oggetto di ingiunzione e, conseguentemente, della reciproca soccombenza tra le parti (atteso che l’opponente ha comunque concluso chiedendo l’integrale rigetto della pretesa dell’opposta) ritiene questo giudice che sussistano giusti motivi per compensare integralmente le spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

pronunciando definitivamente, disattesa e respinta ogni diversa domanda, istanza ed eccezione:

- accoglie in parte l’opposizione proposta da G. C. avverso il d.i. n. 417 emesso dal Tribunale di Mantova – sezione distaccata di Castiglione delle Stiviere - in data 21.12.01 a favore di M. P. e, per l’effetto, revoca detto decreto;

- condanna G. C. al pagamento in favore di M. P. dell’importo di euro 3.227,00, oltre interessi legali dalla pubblicazione delle presente sentenza al saldo;

- compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di opposizione.

Così deciso in Castiglione delle Stiviere (Mn) il 3.2.05

Il Giudice     Dott. Luigi Pagliuca


[1] In proposito, quanto all’obiezione dell’opponente secondo cui nella fattispecie non sussisterebbero i presupposti di operatività della ipotesi di surrogazione legale di cui all’art. 1203 , n. 3 c.c. in quanto l’opposta non avrebbe avuto alcun interesse a soddisfare il credito della Bam atteso che esso era  già ampiamente garantito dal valore dell’abitazione cointestata all’opponente stesso ed alla debitrice principale oggetto di pignoramento immobiliare, basti rilevare che, come rilevato anche da Cass. 4632/02 (in motivazione), il fideiussore ha invece anche in questa ipotesi senz’altro interesse alla soddisfazione del debito, atteso che il pagamento da lui effettuato comporta la limitazione della obbligazione gravante (anche) su di lui all’ammontare maturato al momento del pagamento, impedendo che la stessa aumenti di entità, per effetto del prodursi di ulteriori interessi. Invero, pur in presenza di un’iniziativa esecutiva che prima facie appaia fruttuosa, tuttavia sino al momento della soddisfazione del creditore permane l’obbligo di pagamento del fideiussore il quale in ogni momento potrebbe vedere azionata anche nei suoi confronti la pretesa creditoria che, medio tempore, sarebbe aumentata per effetto del prodursi di ulteriori interessi. Sino al momento della soddisfazione del creditore, quindi, il fideiussore (il quale a sua volta potrà poi agire in regresso per l’intero nei confronti del debitore principale) ha quindi senz’altro interesse ad effettuare il pagamento in tal modo evitando l’aggravamento del suo debito. Del resto a riprova di quanto qui affermato deve altresì rilevarsi che il diritto di surroga del fideiussore che ha pagato nei diritti del creditore è espressamente previsto dall’art. 1949 c.c., norma evidentemente speciale rispetto a quella generale di cui all’art. 1203, n. 3 c.c. e che, soprattutto, non subordina affatto la surrogazione alla sussistenza in concreto di un interesse del fideiussore al pagamento del debito. Anche il legislatore, quindi, ha ritenuto che colui che riveste il ruolo di fideiussore sia sempre e comunque portatore di un interesse al pagamento del debito e che possa, quindi, sempre surrogarsi nei diritti del creditore soddisfatto.  

[2] Invero, qualora l’opposta avesse nel corso del giudizio formulato tutte le sue difese in modo compatibile unicamente con la volontà di surrogarsi nei diritti del creditore, si sarebbe certamente potuta ritenere proposta detta azione, nonostante l’espresso riferimento al regresso contenuto nel ricorso per d.i.

[3] Da ciò derivando la superfluità della prova orale richiesta da parte opposta da ultimo anche in sede di precisazione delle conclusioni.