Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 20562 - pubb. 03/10/2018

Diligenza del professionista attestatore nell’adempimento della prestazione

Cassazione civile, sez. I, 25 Settembre 2018, n. 22785. Est. Campese.


Concordato preventivo – Fallimento – Relazione di attestazione – Adempimento del professionista attestatore – Apertura della procedura di concordato – Irrilevanza



In tema di opposizione allo stato passivo fallimentare, il professionista che abbia chiesto, ma non ottenuto, in ragione di carenze evidenzianti il difetto della dovuta diligenza, il riconoscimento del credito professionale per l'attività di predisposizione della relazione redatta, ai sensi dell'art. 161, comma 3, L. Fall., su incarico della società proponente il concordato preventivo e poi dichiarata fallita, non può invocare, a dimostrazione del suo agire diligente, l'avvenuta ammissione della società stessa alla procedura concordataria.

Infatti, la valutazione compiuta dal tribunale ex art. 163, comma 1, L. Fall. non costituisce un'approvazione della relazione, nè un apprezzamento di competenza esclusiva del tribunale in ambito concordatario, in quanto il provvedimento di ammissione a detta procedura non assevera definitivamente, con valore di giudicato, l'esattezza dell'adempimento del professionista, potendo la suddetta valutazione essere successivamente smentita dal medesimo tribunale, in sede di procedura fallimentare, per effetto di quanto acclarato a seguito di un più approfondito controllo da parte del commissario giudiziale (nella specie, di accertamento dell'inattendibilità di rilevanti dati esposti nella relazione). (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


Massimario Ragionato



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. - Presidente -

Dott. TRICOMI Laura - Consigliere -

Dott. VELLA Paola - Consigliere -

Dott. FALABELLA Massimo - Consigliere -

Dott. CAMPESE Eduardo - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

 

ORDINANZA

 

1. B.D. ricorre per cassazione, affidandosi a sette motivi, ulteriormente illustrati da memoria ex art. 380-bis cod. proc. civ., comma 1, e resistiti dalla curatela del fallimento della (*) s.r.l. in liquidazione, avverso il decreto del Tribunale di Firenze, depositato l'8 maggio 2014, reiettivo dell'opposizione dal primo proposta avverso la mancata ammissione al passivo della menzionata procedura concorsuale, in prededuzione o, in subordine, in privilegio ex art. 2751-bis c.c., n. 2, del proprio preteso credito di Euro 64.325,84, oltre IVA, derivante da prestazione professionale (redazione di relazione ex art. 161, comma 3, L. Fall.) svolta in favore della suddetta società in bonis.

1.2. Per quanto qui di interesse, quel tribunale, considerato pacifico il conferimento e lo svolgimento dell'incarico, lo ritenne, in accoglimento della corrispondente eccezione ivi formulata dalla curatela, adempiuto dal professionista senza la dovuta diligenza, evidenziando le gravi carenze riscontrabili nella relazione ex art. 161, comma 3, L. Fall. predisposta dal B. in occasione del deposito della domanda di concordato preventivo da parte della suddetta società.

2. Con i formulati motivi, il ricorrente deduce:

1) "Violazione o falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), in relazione all'art. 161, comma 3, L. Fall., all'art. 162, comma 2, L. Fall., all'art. 163, comma 1, L. Fall. ed all'art. 173, commi 2 e 3, L. Fall.". Si assume, in sostanza, che l'ammissione alla procedura di concordato preventivo comporta una valutazione sulla veridicità dei dati presentati e sulla fattibilità del piano che si esaurisce all'interno di detta procedura, e che la verifica dei requisiti di ammissibilità della proposta concordataria (nella specie, la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano) si consolida qualora, come nella fattispecie in esame, nel corso del procedimento di concordato il tribunale non abbia revocato ex art. 173 L. Fall. l'ammissione. Da qui la conclusione che, una volta ammessa la (*) s.r.l. in liquidazione alla procedura di concordato preventivo, ed in assenza di provvedimenti di sua revoca adottati ex art. 173 L. Fall. (la declaratoria di inammissibilità del concordato essendo stata dovuta, invero, al mancato raggiungimento delle maggioranze prescritte), nè il giudice delegato, nè il tribunale fallimentare nella successiva fase di opposizione ex art. 98 L. Fall., avrebbero potuto opporre al B. l'asserito inadempimento della prestazione da lui svolta;

2) "Violazione o falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3),in relazione all'art. 2909 c.c. e formulazione della relativa eccezione di giudicato". Si sostiene che il provvedimento di ammissione alla procedura di concordato preventivo, ove non revocato ex art. 173 L. Fall., conterrebbe un accertamento giudiziale definitivo, ex art. 2909 c.c., sui presupposti della procedura di fattibilità del piano e veridicità dei dati, da cui discenderebbe, automaticamente, la diligenza dell'opera professionale prestata dal B., come tale insuscettibile di essere messa in discussione dal giudice del fallimento in sede di ammissione allo stato passivo;

3) "Violazione e/o falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), in relazione all'art. 111, comma 2, L. Fall.". Si rappresenta che il credito di cui si discute è sorto necessariamente in funzione della procedura concorsuale, per la sola circostanza di essere stato ammesso tra i crediti della procedura di concordato, e l'opera professionale prestata è stata sicuramente svolta nell'interesse dei creditori, sicchè non può essere ascritto al ricorrente alcun inadempimento nello svolgimento del proprio incarico;

4) "Violazione e/o falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), in relazione all'art. 1460 c.c., all'art. 135 c.p.c. ed all'art. 98, penultimo comma, L. Fall. e/o comunque nullità del decreto impugnato ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all'art. 112 c.p.c. ed ai richiamati art. 135 c.p.c. e art. 98 L. Fall.". Si lamenta che la curatela non avrebbe proposto, davanti al tribunale, formalmente e sostanzialmente, alcuna eccezione di inadempimento ai sensi dell'art. 1460 c.c., e che, comunque, detto articolo non sarebbe applicabile poichè la ratio della norma è quella di sollecitare il contraente nei cui confronti è rivolta ad eseguire una prestazione ancora possibile, oltre a mancare il requisito della contemporaneità. Il decreto impugnato, dunque, avrebbe pronunciato su un'eccezione non proposta ex adverso, e, non avendo motivato sul punto, lo stesso sarebbe affetto da nullità per omessa motivazione;

5) "Omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e nullità del decreto impugnato ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4". Ci si duole di un'asserita carenza motivazionale del provvedimento impugnato per avere lo stesso accolto i rilievi del commissario giudiziale e trascurato quelli del B.;

6) "In merito alla natura prededucibile del credito dell'odierno ricorrente e/o, in denegata ipotesi, riconoscimento del privilegio di cui all'art. 2751-bis c.c., n. 2", ulteriormente insistendosi sulla natura di credito prededucibile, o, quanto meno privilegiato ex art. 2751-bis c.c., n. 2, del credito invocato;

7) "In merito alle spese processuali", auspicandosi che l'accoglimento dell'opposizione comporterà necessariamente un nuovo regolamento delle spese processuali, da porsi integralmente a carico della curatela fallimentare.

3. Il primo motivo di ricorso è, nel suo complesso, non meritevole di accoglimento.

3.1. Esso, come si è già anticipato, lamenta, sotto il profilo della violazione di legge, che, in sede di opposizione allo stato passivo, il Tribunale di Firenze abbia svolto una valutazione di inutilità dell'attività svolta dal professionista attestatore nella procedura di concordato preventivo antecedente la dichiarazione di fallimento della (*) s.r.l. in liquidazione. Valutazione spettante, invece, unicamente al tribunale adito in sede di concordato preventivo che, nell'ammettere a tale procedura la menzionata società, poi fallita, aveva già delibato l'utilità dell'operato del B.. Inoltre, nessun provvedimento previsto dall'art. 173 L. Fall., era stato adottato in sede concordataria dal tribunale fiorentino che, pertanto, ammettendo il proponente alla procedura richiesta, aveva riconosciuto l'esistenza dei presupposti di ammissibilità del concordato, attestati dall'odierno ricorrente.

3.2. Rileva il Collegio che B.D. svolse l'incarico affidatogli, consistito nella predisposizione della relazione ex art. 161, comma 3, L. Fall. da allegarsi alla domanda di concordato preventivo della (*) s.r.l., fra il 18 ottobre 2011 ed il 10 marzo 2012, sicchè deve trovare applicazione l'art. 161, comma 3, L. Fall., nella formulazione ("Il piano e la documentazione di cui ai commi precedenti devono essere accompagnati dalla relazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all'art. 67, comma 3, lett. d), che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesimo") vigente prima della modifica apportatagli dal D.L. n. 83 del 2012, art. 33, comma 1, lett. b), n. 2), punto b), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012.

3.2.1. Il concordato preventivo suddetto venne dichiarato aperto (cioè ammesso), ex art. 163, comma 1, L. Fall., il 20-26 giugno 2012, ma successivamente, a seguito della relazione negativa del commissario giudiziale ex art. 172 L. Fall. e del mancato raggiungimento delle maggioranze di cui all'art. 177 L. Fall., il tribunale decise, alla stregua del combinato disposto dell'art. 179, comma 1, e art. 162, comma 2, L. Fall., per il fallimento della società proponente il concordato preventivo.

3.2.1.1. Nella sua relazione, il commissario giudiziale evidenziò la sostanziale inattendibilità dei dati contenuti nella proposta concordataria, come esaurientemente esposti nel decreto oggi impugnato (cfr. pag. 4-5), ove vengono analiticamente descritte le gravi ed insuperabili carenze ed inesattezze della relazione dell'attestatore che accompagnava la già citata proposta concordataria.

3.3. La valutazione di inadempimento del professionista attestatore alla propria obbligazione - chiaramente non sindacabile in questa sede, implicando giudizi di merito qui preclusi - non può che condurre al diniego del riconoscimento del suo credito professionale, dovendo respingersi l'assunto del B. secondo il quale l'avvenuta ammissione del proponente alla procedura concorsuale di concordato preventivo rappresenterebbe una sorta di omologazione del suo operato e di riconoscimento dell'esattezza della sua prestazione.

3.3.1. Invero, come condivisibilmente osservato dal sostituto procuratore generale nella sua requisitoria scritta, il tribunale, nel momento in cui ammette il proponente alla procedura, non dispone ancora di una relazione del commissario giudiziale (salvo il caso specifico del cd. pre-commissario giudiziale, introdotto dal D.L. n. 69 del 2013, art. 82, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 98 del 2013, qui, però, inapplicabile ratione temporis) atta ad evidenziare le criticità, le carenze, le inesattezze e quant'altro eventualmente non consenta alla proposta di raggiungere il proprio scopo. La valutazione del tribunale, in tale fase della procedura, non può, dunque, costituire una sorta di approvazione della relazione dell'attestatore. In altri termini, l'ammissione del proponente alla procedura non assevera definitivamente l'esattezza del suo adempimento (cfr. Cass. n. 7959 del 2017; Cass. n. 5825 del 2018).

3.3.2. Nè può affermarsi che il provvedimento di ammissione costituisca condizione necessaria e sufficiente per l'insorgenza del credito del professionista attestatore, quasi che sullo stesso gravasse una obbligazione di risultato (rappresentato, quest'ultimo, dal decreto di ammissione), raggiunto il quale, la prestazione si deve ritenere correttamente eseguita. Invero, anche riconoscendo al tribunale, nella preliminare fase di ammissione alla procedura, un penetrante potere di indagine sul merito della proposta e della relazione che l'accompagna (cfr. Cass. n. 5825 del 2018), ciò non significa ancora che tale valutazione non possa essere smentita in un secondo momento, a seguito del più approfondito controllo del commissario giudiziale che rilevi - come accaduto nel caso di specie - la sostanziale inattendibilità dei dati esposti nella relazione.

3.3.3. Il mancato ricorso alla procedura prevista dall'art. 173 L. Fall., è, poi, affatto irrilevante ai fini qui di interesse, atteso che la stessa viene intrapresa solo allorquando il commissario giudiziale abbia accertato atti di frode o atti non autorizzati. E' di tutta evidenza, però, che l'omesso accertamento di condotte di tal genere non rappresenta certo una valutazione di esattezza dell'adempimento dell'obbligazione incombente sul professionista attestatore. L'in sè della prestazione di quest'ultimo, infatti, è rappresentato dalla attendibilità della sua asseverazione dei dati contenuti nella proposta concordataria - sia pure temperata dal carattere necessariamente valutativo del suo operato - ed è in oggi sancita anche penalmente dall'art. 236-bis L. Fall.: norma che, malgrado la sua inapplicabilità, ratione temporis, al caso di specie, comunque altro non ha fatto che inasprire la disciplina del carattere non veritiero della relazione (ed anche la semplice omissione di informazioni rilevanti) ed esprime tutta l'attenzione del legislatore al debito di credibilità del professionista attestatore, certamente preesistente l'introduzione della fattispecie incriminatrice e discendente anche dal carattere di terzietà che riveste la figura in esame (cfr. Cass. n. 607 del 2017).

4. Analoga sorte negativa merita il secondo motivo di ricorso del B., secondo cui il provvedimento di ammissione alla procedura di concordato preventivo conterrebbe un accertamento giudiziale definitivo, parificabile al giudicato, sull'esistenza delle condizioni per l'ammissione alla procedura e, pertanto, sulla veridicità dei dati attestati dal professionista, e, in definitiva, sulla bontà del suo operato.

4.1. La censura - come ancora condivisibilmente osservato dal sostituto procuratore generale nella sua requisitoria scritta - contrasta con tutta la struttura della menzionata procedura concorsuale, che si articola in successivi passaggi, volti, per l'appunto, a verificare la fondatezza della proposta concordataria e la sua fattibilità, sia giuridica che economica. Il decreto di ammissione ex art. 163, comma 1, L. Fall., quindi, altro non rappresenta che il primo dei suddetti steps ed è il frutto di una prima valutazione, necessariamente provvisoria, del tribunale, suscettibile di rivisitazione una volta depositata la relazione del commissario giudiziale ex art. 172 L. Fall., e, come tale, palesemente inidonea a creare un qualsivoglia giudicato.

4.2. Va, dunque, affermato, con riferimento ai due motivi fin qui esaminati, il seguente principio di diritto: "In tema di opposizione allo stato passivo fallimentare, il professionista che abbia chiesto, ma non ottenuto, in ragione di carenze evidenzianti il difetto della dovuta diligenza, il riconoscimento del credito professionale per l'attività di predisposizione della relazione redatta, ai sensi dell'art. 161, comma 3, L. Fall., su incarico della società proponente il concordato preventivo e poi dichiarata fallita, non può invocare, a dimostrazione del suo agire diligente, l'avvenuta ammissione della società stessa alla procedura concordataria. Infatti, la valutazione compiuta dal tribunale ex art. 163, comma 1, L. Fall. non costituisce un'approvazione della relazione, nè un apprezzamento di competenza esclusiva del tribunale in ambito concordatario, in quanto il provvedimento di ammissione a detta procedura non assevera definitivamente, con valore di giudicato, l'esattezza dell'adempimento del professionista, potendo la suddetta valutazione essere successivamente smentita dal medesimo tribunale, in sede di procedura fallimentare, per effetto di quanto acclarato a seguito di un più approfondito controllo da parte del commissario giudiziale (nella specie, di accertamento dell'inattendibilità di rilevanti dati esposti nella relazione)".

5. Il terzo motivo di ricorso, che lamenta la violazione dell'art. 111, comma 2, L. Fall., che prevede il carattere prededucibile dei crediti sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla legge fallimentare, è invece, inammissibile.

5.1. Esso, infatti, non attiene alla effettiva ratio decidendi del provvedimento impugnato, che ha respinto l'opposizione ex art. 98 L. Fall. del B. negando direttamente l'esistenza del credito da lui invocato in ragione dell'accertato inadempimento ascrittogli.

5.1.1. La norma di cui si lamenta la pretesa violazione e/o falsa applicazione, dunque, non rileva, considerato che si tratta non di riconoscere, o meno, il carattere prededuttivo del credito insinuato, ma l'esistenza stessa della ragione di credito, in mancanza di adempimento del professionista attestatore alla prestazione dovuta.

6. Anche il quarto motivo non merita, nel suo complesso, accoglimento.

6.1. Come già riferitosi, esso assume la pretesa, mancata formulazione della eccezione di inadempimento da parte del curatore fallimentare: eccezione non rilevabile di ufficio dal giudice delegato, nè dal tribunale in sede di opposizione allo stato passivo.

6.2. Rileva il Collegio che l'exceptio inadimpleti contractus di cui all'art. 1460 cod. civ. non richiede l'adozione di forme speciali o formule sacramentali, essendo sufficiente che la volontà della parte di sollevarla sia desumibile, in modo non equivoco, dall'insieme delle sue difese, secondo un'interpretazione del giudice di merito che, se ancorata a correnti canoni di ermeneutica processuale, non è censurabile in sede di legittimità (cfr. Cass. n. 1214 del 2017).

6.2.1. Nella specie, nello stesso ricorso del B. si legge (cfr. pag. 4) che, costituendosi, il 10 giugno 2013, nel giudizio ex art. 98 L. Fall. innanzi al Tribunale di Firenze, la curatela fallimentare della (*) s.r.l. in liquidazione, aveva chiesto respingersi la pretesa dell'opponente assumendo, tra l'altro, che "l'attività svolta dal dott. B.D., quale professionista attestatore della veridicità dei dati aziendali e della fattibilità del piano, manifestava gravi carenze, visto che vi erano notevoli divergenze tra i numeri presentati dalla società (ed oggetto di asseverazione) e quelli esposti dal commissario giudiziale nella relazione ex art. 172 L. Fall.". Non può, quindi, ragionevolmente dubitarsi in ordine al fatto che una tale affermazione della curatela intendesse sottoporre all'attenzione del tribunale una condotta, ritenuta inadempiente, ascritta al professionista attestatore, dovendosi così, ravvisare, in essa, proprio la proposizione della suddetta eccezione, sulla quale, pertanto, - in quanto già oggetto del giudizio perchè ivi ritualmente introdotta - il menzionato tribunale ben avrebbe potuto pronunciarsi senza doverne giustificare la ragione.

6.2.2. L'argomentazione secondo la quale l'eccezione di inadempimento presuppone la contestualità delle prestazioni appare poi genericamente prospettata, considerato, peraltro, che, quanto evocato dal ricorrente concerne, invece, l'ipotesi - simmetrica, rispetto a quella oggetto di questo procedimento - in cui sia il contraente che per primo deve eseguire la sua prestazione ad opporre l'eccezione di inadempimento all'altro contraente, il cui termine per la prestazione non sia ancora scaduto (cfr. Cass. n. 3787 del 2003; Cass. n. 12609 del 2002).

6.3. A nulla rileva, poi, che, in sede concordataria, il commissario giudiziale avesse negato il carattere prededucibile del credito dell'attestatore, senza, però, contestare l'esistenza in sè del credito.

6.3.1. Infatti, come condivisibilmente osservato dal sostituto procuratore generale nella sua requisitoria scritta, non è dato sapere come il curatore della successiva procedura di fallimento possa essere vincolato da quanto espresso nella precedente procedura di concordato preventivo dal commissario giudiziale, quand'anche vi sia coincidenza personale fra i suddetti organi.

7. Il quinto motivo deve ritenersi assorbito alla stregua delle argomentazioni esposte respingendosi il primo motivo, ed analoga sorte tocca alle ulteriori censure di cui al sesto (atteso quanto si è detto per giungere alla declaratoria di inammissibilità del terzo motivo, anch'esso riguardante l'invocata prededucibilità del credito in esame) e settimo motivo (in tema di spese processuali, di cui l'invocata modificata auspicata presupponeva l'accoglimento - invece mancato - dell'odierna impugnazione).

8. Il ricorso andrebbe dunque respinto, restando le spese di questo giudizio regolate dal principio di soccombenza, e dandosi atto - mancando ogni discrezionalità al riguardo (cfr., tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass., Sez., U. 27/11/2015, n. 24245; Cass., Sez., U. 20/06/2017, n. 15279) - della sussistenza dei presupposti per l'applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (applicabile ratione temporis, essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione: norma in forza della quale il giudice dell'impugnazione è vincolato, pronunziando il provvedimento che definisce quest'ultima, a dare atto della sussistenza dei presupposti (rigetto integrale o inammissibilità o improcedibilità dell'impugnazione) per il versamento da parte dell'impugnante soccombente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione proposta, a norma del comma 1-bis del detto art. 13.

 

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il B. al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie, nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del B., dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, giusta il comma 1-bis, dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Prima sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 16 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2018.