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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 25/09/2019 Scarica PDF

Natura, funzioni e regole di contabilizzazione dell'Up-front nei contratti di Interest rate Swap

Angelo Paletta, Docente di Economia Aziendale presso l'Università di Bologna


Pricing di uno swap

I prodotti finanziari derivati e i termini tecnici che li caratterizzano, tra i quali “mark to market”, “fair value”, “funzione speculativa/copertura”, “par/non par”, sono entrati a far parte del linguaggio giuridico, generando tuttavia punti di vista contrastanti non solo nella giurisprudenza civilistica, ma anche in quella contabile e amministrativa. Con particolare riguardo ai contratti di swap sui tassi di interesse continua a permanere una certa indeterminatezza sul significato di Up-front. Lo scopo di queste note è di approfondire sul piano economico finanziario la natura dell’Up-front, la sua funzione all’intero dei contratti di Interest Rate Swap (IRS) e le conseguenti regole di contabilizzazione, questioni su cui è peraltro attesa a breve una pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (cfr. Ordinanza di rimessione n. 493/2019 della Prima Sezione civile della Cassazione).

Nella forma più semplice, avuto riguardo al processo di formazione del prezzo di un IRS, il valore di uno swap plain vanilla deriva da due serie di flussi di cassa di segno opposto. Per calcolare il valore attuale del contratto è necessario individuare con esattezza tali flussi ed attualizzarli. Dalla differenza tra i due flussi è possibile determinare il valore corrente dello swap.

Come noto, uno dei due flussi è detto “gamba fissa” ed è costituito da versamenti periodici calcolati ad un tasso fisso; mentre l’altro flusso è detto “gamba variabile” poiché determinato da versamenti periodici calcolati ad un tasso variabile di riferimento (frequentemente l’Euribor). La cedola della “gamba fissa” in ogni periodo è il prodotto tra il capitale nozionale, il tasso fisso e i giorni di conteggio. Quando l’IRS è di tipo amortizing, le cedole vengono calcolate in riferimento al debito residuo del periodo.

Per il calcolo della “gamba variabile” vengono utilizzati tassi variabili, non noti alla stipula e agganciati a determinati indici di riferimento. I tassi variabili, detti tassi forward, vengono ricavati dalla struttura per scadenza quotata dal mercato alla data di valutazione. Si assume, cioè, che i tassi futuri del mercato, che determineranno le future quote di interesse, siano uguali ai tassi a termine impliciti nella struttura a pronti osservata sul mercato alla data corrente. Ciò significa assumere che alla data di valutazione, il mercato, che incorpora le aspettative degli operatori, valuta i futuri tassi uguali ai tassi a termine impliciti nella struttura a pronti osservata alla data corrente.

Una volta determinati i tassi forward sarà possibile calcolare i flussi variabili futuri. La somma del differenziale tra un flusso certo e un flusso incerto, così determinato, attualizzato per tutte le scadenze determina il valore del contratto alla data in cui si è determinata la curva dei tassi impliciti.

Si ipotizzi che un generico cliente, indebitato a tasso variabile su una preesistente passività sottostante, effettui un’operazione di Swap perché interessato a gestire il rischio di un possibile aumento dei tassi di interesse. Entrando in uno Swap con una banca, il cliente si obbliga a corrispondere un tasso fisso, mentre ha diritto a ricevere un pagamento ad un tasso variabile. Nella sua forma più semplice, il fair value di uno swap è semplicemente la ricerca del tasso fisso che rende nullo il valore attuale delle due “gambe”. Per contro, se il contratto derivato è sottoscritto in condizioni “non par” a sfavore del cliente, ciò indica che il valore attuale dei flussi di cassa della “gamba fissa” è superiore al valore attuale dei flussi di cassa della “gamba variabile”, portando alla luce l’esistenza di “costi” a carico del cliente. Tali “costi”, la cui entità rimane implicita a meno che non si proceda nello stesso contratto al c.d. unbundling del valore del derivato – hanno la natura di commissioni corrisposte all’intermediario a titolo di copertura (cost of hedging) e di margine (mark-up). La componente “costo di copertura” rappresenta lo spread denaro/lettera applicato in condizioni normali di mercato quale costo di gestione del rischio e di strutturazione del prodotto, mentre la componente “margine” copre il rischio di credito e tutti gli altri rischi riconducibili all’operatività in derivati, quali i rischi operativi e legali, oltre ai costi di gestione ed amministrativi.

Il cosiddetto “anticipo” o “Up-front”, consiste in una somma corrisposta alla data di negoziazione o di inizio del contratto affinché la differenza attualizzata tra la “gamba fissa” e la “gamba variabile” sia nulla.


Natura e funzioni dell’Up-front

Il concetto di Up-front è precisato dalla Consob nell’Indagine conoscitiva sulla diffusione degli strumenti di finanza derivata davanti al Senato della Repubblica, 6° Commissione Finanze e Tesoro, 18 marzo 2009, nella quale si afferma quanto segue:  Un contratto plain vanilla può essere par o non par. I contratti par sono strutturati in modo tale che le prestazioni delle due controparti sono agganciate al livello dei tassi di interesse corrente al momento della stipula del contratto; a tale data il contratto ha quindi un valore di mercato nullo per entrambe le controparti. I contratti non par, invece, presentano al momento della stipula un valore di mercato negativo per una delle due controparti, poiché uno dei due flussi di pagamento non riflette il livello dei tassi di mercato. In generale, i termini finanziari della transazione vengono riequilibrati attraverso il pagamento di una somma di denaro alla controparte che accetta condizioni più penalizzanti pur di incassare la somma di denaro; tale pagamento, che dovrebbe essere pari al valore di mercato negativo del contratto, prende il nome di up front”.

Più in generale, l’espressione “Up-front” può indicare l’importo monetario erogato in sede di stipulazione o di rinegoziazione di un derivato al fine, rispettivamente, di costituire una provvista liquida in favore del cliente a inizio contratto ovvero di dotare il cliente del controvalore necessario a neutralizzare una perdita nel frattempo registrata dal derivato (cd. unwinding di uno swap). Il riconoscimento di un “premio di liquidità” è collegato alla circostanza che tali contratti, come detto, presentano al momento della stipula un fair value negativo per una delle due parti. Pertanto, i termini finanziari della transazione vengono riequilibrati attraverso il pagamento di una somma di denaro alla parte che accetta condizioni maggiormente penalizzanti; tale pagamento, può essere di importo tale da eguagliare il valore di mercato negativo del contratto, oppure essere di importo inferiore nel caso in cui persistano commissioni non regolate finanziariamente.


L’Up-front come passività finanziaria di un costo pluriennale

L’up front è dunque la manifestazione finanziaria di uno squilibrio prestazionale che trova origine economica in un costo pluriennale rappresentato dalle commissioni da corrispondere alla banca. In assenza di commissioni, il valore atteso (attualizzato) delle obbligazioni del cliente sarebbe uguale a quello della banca e il prodotto derivato, al momento della negoziazione, avrebbe fair value pari a zero. La presenza di commissioni determina una strutturazione del contratto con valore di mercato negativo: il valore atteso delle obbligazioni del cliente è superiore al valore atteso delle obbligazioni della Banca.

Tecnicamente, nel pricing di uno swap plain vanilla questo significa che il tasso parametro cliente (il tasso fisso) viene fissato ad un livello più alto di quello che sarebbe sufficiente per eguagliare il valore attuale dei flussi di cassa calcolati con il tasso parametro banca (il tasso variabile). Tale differenza costituisce la commissione che il cliente dovrebbe pagare alla banca e che ha natura di costo pluriennale da imputare pro-quota su un orizzonte temporale corrispondente all’intera durata del derivato. Si tratta di oneri derivanti dal modo in cui è stato strutturato il calcolo dei tassi di interesse: il tasso parametro cliente è stato fissato ad un livello (atteso, alle condizioni di mercato al momento della negoziazione) superiore rispetto all’aspettativa del tasso parametro Banca. Il contratto parte dunque con uno squilibrio strutturale a carico del cliente, essendosi esposto al rischio di regolare in futuro differenziali maggiormente sfavorevoli.

Nella misura in cui la banca non incassa alcuna commissione dal cliente, ma al contrario fornisce provvista al cliente attraverso un “Up-front”, di fatto la banca sta finanziando l’investimento del cliente, ovvero anticipa denaro al cliente per sostenere il costo pluriennale rappresentato dalle commissioni implicite nel contratto. In questi termini allora l’Up-front deve essere considerata una passività finanziaria da iscrivere tra le passività dello stato patrimoniale.

Alla medesima conclusione si perviene anche in ipotesi più complesse rispetto a quelle qui considerate di uno swap plain vanilla. E’ il caso di operazioni di unwinding con le quali un cliente decida di sostituire un derivato che presenti un fair value negativo e che in conseguenza della sostituzione sottoscriva un derivato composto dalla combinazione di un plain vanilla swap con la vendita di un portafoglio di opzioni sui tassi. Il nuovo contratto non ha valore pari a zero all’atto dell’accensione, ma un valore uguale e di segno contrario al fair value del derivato che sostituisce. Come è stato giustamente osservato, dal punto di vista finanziario, la sostituzione del derivato può avvenire a saldi finanziari bilanciati (nell’estratto conto bancario del cliente appariranno due movimenti di importo uguale e di segno contrario), ma solo apparentemente a costo zero. In realtà il cliente ha realizzato una perdita sul primo derivato e percepito degli incassi (Up-front) per il secondo derivato, ricollegabili alla vendita di opzioni sui tassi con conseguente assunzione di una posizione di rischio. Contabilmente, in contropartita della perdita il cliente dovrebbe registrare un’uscita di cassa; tuttavia, l’Up-front bilancia l’uscita di cassa, generando una passività di pari importo.

In linea con questa posizione è quanto previsto dall’“Osservatorio per la finanza e la contabilità degli enti locali”, istituito presso il Ministero dell’Interno, che nel suo contributo del Marzo 2004 denominato “Principi contabili degli enti locali: finalità e postulati dei principi contabili degli enti locali” ha affermato che i flussi in entrata “una tantum” conseguenti la rimodulazione temporale o la ridefinizione delle condizioni di ammortamento a mezzo di ricorso a swap - i cosiddetti “up front”, appunto - vengono contabilizzati come entrate straordinarie nel Titolo IV delle Entrate.


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