Sovraindebitamento


Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 19/02/2020 Scarica PDF

Il piano del consumatore al vaglio della giurisprudenza di merito: il Tribunale di Avellino sulla dilazione ultrannuale del pagamento dei creditori prelatizi e sul sindacato di meritevolezza

Vittorio Sellitto, Dottore


Sommario: 1. Pagamento ultrannuale dei creditori prelatizi: limiti di ammissibilità. - 2. Il sindacato di meritevolezza.

     

1. Nel procedimento n. 3017/2019 R.G., G.M., unico percettore di reddito del proprio nucleo familiare, deposita presso il Tribunale di Avellino una proposta di piano del consumatore ex l. n. 3/2012 (l.s.)al fine di risolvere il proprio stato di sovraindebitamento causato dalla involontaria e temporanea disoccupazione.

Il ricorrente, infatti, a causa della precaria situazione lavorativa si trovava nell’impossibilità di soddisfare regolarmente le rate del mutuo ipotecario contratto con la X banca S.p.A. finalizzato all’acquisto della casa di abitazione.

Il Tribunale di Avellino, con provvedimento che si preannuncia interessante per l’innovativo piano argomentativo e ricostruttivo adottato, procede ad un’analisi dettagliata delle discipline coinvolte – in particolare l’art. 8, comma 4, l.s. – esaminandole alla luce dei più recenti orientamenti della giurisprudenza di legittimità.

E’ da rilevare che l’art. 8, co. 4, della l.s. stabilisce, relativamente al piano del consumatore, che è possibile “una moratoria fino ad un anno dall’omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione”.

Nel caso in esame, il Tribunale di Avellino, con decreto interlocutorio del 25 luglio 2019, aveva rilevato alcune criticità relativamente alla proposta del ricorrente e all’uopo aveva segnalato che l’art. 8 co. 4 l.s., così come evidenziato sopra, non ammette dilazione ultrannuale del credito ipotecario salvo che non sia concluso con il creditore munito di tale prelazione un accordo stragiudiziale basato sulla condivisione del piano proposto.

Il Tribunale invitava, pertanto, il proponente, in via alternativa: a) a raggiungere in via stragiudiziale un accordo con la banca (titolare di ipoteca di primo grado capiente), che consentisse di rimodulare il piano di ammortamento del mutuo, già scaduto ed interamente esigibile, mediante previsione di rate compatibili con l’esecuzione del piano; b) a modificare la proposta da piano del consumatore ad  accordo di ristrutturazione dei debiti, essendo in tal caso consentito il maggior sacrificio del ceto creditorio prelatizio astrattamente capiente a fronte della possibilità di esercitare il diritto di voto (cfr. per queste soluzioni, rispettivamente, Trib. Padova 13 aprile 2018 e Trib. La Spezia 13 giugno 2018, entrambe su www.ilcaso.it).

La ricostruzione del giudice irpino trova riscontro in una recentissima pronuncia della Corte di Cassazione la n. 17834 del 03 luglio 2019, in cui i giudici di legittimità hanno sancito che: “negli accordi di ristrutturazione dei debiti e nei piani del consumatore è possibile prevedere la dilazione del pagamento dei crediti prelatizi anche oltre il termine di un anno dall'omologazione previsto dall'art. 8, comma 4, l.s., ed al di là delle fattispecie di continuità aziendale, purché si attribuisca ai titolari di tali crediti il diritto di voto a fronte della perdita economica conseguente al ritardo con cui vengono corrisposte le somme ad essi spettanti o, con riferimento ai piani del consumatore, purché sia data ad essi la possibilità di esprimersi in merito alla proposta del debitore”.

Il Tribunale di Avellino propone una lettura combinata dell’art. 8 co. 4 l.s. con l’art. 186, comma 2, lett. C, l. fall., norma da cui desume, quale principio generale delle procedure concorsuali in cui il debitore intenda conservare la proprietà dei beni soggetti a prelazione, che sono ammissibili dilazioni ultrannuali di pagamento per i creditori prelatizi capienti a condizione, però, che a questi ultimi venga offerta la possibilità di esprimere la loro volontà di adesione o non adesione. Si deve, infatti, desumere che quando il debitore decide di conservare la proprietà di un bene gravato dalla prelazione e non offre di pagare i creditori privilegiati entro l’anno, deve necessariamente offrire agli interessanti la possibilità di esprimere loro il consenso.

La citata pronuncia ha chiarito che tale possibilità si esplica, in caso di accordo di composizioni della crisi, in modo analogo a quanto avviene nel concordato preventivo, essendo anche in quel caso prevista la manifestazione del consenso mediante espressione del voto, ipotesi, questa, non prevista nella procedura del piano del consumatore.

La Corte di Cassazione ha chiarito a riguardo che tale asimmetria “può essere colmata, al fine, in via interpretativa, nell’ambito delle regole che attengono a quel piano; regole che, per come formulate, non escludono la possibile rilevanza di libere e appropriate forme di manifestazione di volontà cui associare la tutela del creditore”.

Secondo il Giudice del merito, dunque, è possibile aprire la strada ad accordi “parancorsuali” con i creditori prelatizi, che consentano a questi ultimi di aderire al piano del consumatore, ferma restando la possibilità per il proponente, che non riesca ad acquisire il consenso spontaneo degli interessati, di coartarne la volontà mediante conversione della procedura in accordo di composizione della crisi.

Vieppiù, il Giudice adito ritiene, inoltre, che detto “switch procedurale” deve ritenersi senz’altro consentito dalla flessibilità connaturata alle forme di regolazione della crisi ed alla possibilità tuttora offerta al consumatore di avvalersi, indifferentemente, dell’una o dell’altra procedura (facoltà invece esclusa quando entrerà in vigore il codice della crisi d’impresa, ma alla luce di un impianto di regole nella materia in discorso del tutto rinnovato).

Nella fattispecie esaminata i proponenti non hanno optato per la trasformazione del rito, né sono riusciti a conseguire il consenso stragiudiziale di X banca S.p.a., destinataria di un’apposita proposta negoziale. Ciò ha condotto alla declaratoria di inammissibilità della proposta per violazione dell’art. 8 co. 4 l.s. e per difetto di fattibilità giuridica, comportando la chiusura anticipata della procedura (Trib. Avellino decr. 21 ottobre 2019).

 

2. In altro giudizio, portante il n. 977/2019 R.G., il Tribunale di Avellino si è occupato, inoltre, della questione relativa al sindacato di meritevolezza che viene effettuato dal giudice all’esito dell’udienza prevista per l’omologa del piano del consumatore, fissata ai sensi dell’art. 12-bis comma 1 l.s.

La citata disposizione stabilisce che il giudice, per procedere all’omologa, deve escludere, ex art. 12 bis comma 3, l.s., che “il consumatore abbia assunto obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere ovvero che non abbia colposamente determinato il sovraindebitamento anche per mezzo di un ricorso al credito non proporzionato alle proprie capacità patrimoniali.”

Nel caso in esame la mancanza di meritevolezza è stata considerata ragione dirimente per il rigetto della domanda di omologa del piano.

Il Tribunale si è dunque soffermato sulla condizione soggettiva che giustifica la concessione del beneficio di legge, approfondendo con ampia motivazione l’istituto.

Si legge nell’ordinanza di diniego dell’omologa che “il giudizio di meritevolezza è infatti tutto incentrato sulla condotta del consumatore e sulle ragioni che hanno determinato la situazione di sovraindebitamento, atteso che l’accesso al beneficio di legge è precluso in caso di ritenuta colpevolezza dell’interessato; solo in presenza dell’elemento soggettivo della colpa, dunque, le condotte descritte dalla norma, da ritenersi esemplificative e non esaustive- vale a dire l’assunzione di obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere ed il ricorso al credito non proporzionato alle capacità patrimoniali – rendono inammissibile la proposta.”

Il piano é quindi omologabile quando la causa dell’indebitamento appare “meritevole” e quando il consumatore è stato “diligente”, ben valutando le proprie capacità di rimborsare il debito che stava assumendo.

La descritta prospettiva ermeneutica consente in definitiva di apprezzare come meritevole non solo la condotta del consumatore che contrae il debito per far fronte ad esigenze impreviste e sopravvenute (si pensi ai costi da sostenere per un’improvvisa malattia; sul punto Trib. Napoli, 11 gennaio 2018 su www.ilcaso.it), ma anche quella del consumatore che, benché già sovraindebitato per situazioni altrettanto involontarie (es. perdita del lavoro), abbia dovuto contrarre ulteriori obbligazioni onde conservare risorse fondamentali alla propria vita (si pensi a finanziamenti contratti per onorare il mutuo stipulato per l’acquisto dell’abitazione), ovvero per far fronte a primarie esigenze di vita personale e familiare.

La prospettiva offerta dal provvedimento in commento è dunque diversa da quella più rigida espressa da altra parte della giurisprudenza di merito, la quale attribuisce rilevanza decisiva alla circostanza che alla data di insorgenza di nuovi debiti, il consumatore fosse già sovraindebitato.

Secondo il giudice avellinese occorre invece valutare in ogni caso i motivi dell’assunzione di nuove passività, occorrendo dare rilevanza tanto alla destinazione delle risorse ottenute dalle nuove obbligazioni contratte, quanto all’entità dell’accresciuto indebitamento, onde verificare se esso sia o meno proporzionato alle esigenze personali ed irrinunciabili rappresentate dal ricorrente.

Nel caso in questione è stato ritenuto indice di non meritevolezza il fatto che il ricorrente, pur versando in una condizione di già evidente peggioramento della propria solvibilità (a causa del sopravvenuto decesso della madre) e perdurando la necessità di onorare un precedente mutuo ed il mantenimento del figlio non economicamente autosufficiente, decise di contrarre un nuovo assai oneroso finanziamento ipotecario, la cui destinazione è rimasta del tutto incerta.

Per questi motivi ed alla luce di quanto evidenziato, il ricorso non è stato ritenuto meritevole di accoglimento, il giudice ha dunque respinto il ricorso per l’omologa del piano del consumatore compensando le spese processuali (Trib. Avellino, ord. 23 dicembre 2019).


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